Nelle ultime parti della nostra trattazione abbiamo visto che la posizione preminente occupata nella narrativa fantastica come altrove dagli autori di lingua inglese dipende fuori di dubbio dal peso acquisito nel mondo occidentale e a livello planetario dagli Stati Uniti in conseguenza delle due guerre mondiali, e che la Germania, per impedire la cui ascesa questi conflitti furono scatenati, aveva tutte le potenzialità per uno sviluppo altrettanto o maggiormente significativo. Nell’articolo precedente ci siamo fermati poco prima di incontrare quello che forse, assieme a Gustav Meyrink, è stato il maggior autore fantastico di lingua tedesca del XX secolo, Hanns Heinz Ewers.
La ragione per cui Ewers è oggi un autore praticamente dimenticato, va probabilmente ricercata nella sua adesione al nazionalsocialismo, sebbene essa fosse nei fatti assai meno fervida e più problematica di quella di Karl Hans Strobl di cui abbiamo parlato. C’è tra l’altro una diffusa leggenda (riportata anche da Wikipedia) secondo cui Ewers sarebbe stato l’autore del testo dell’Horst Wessel Lied, l’inno del partito nazionalsocialista, intitolato a Horst Wessel, comandante delle SA morto in uno scontro con un comunista. In realtà, tale leggenda è priva di fondamento, perché il testo di questo inno è un brano dello stesso Horst Wessel. Il fatto che tale leggenda sia diffusa, lo si comprende facilmente, non ha certo contribuito a far apprezzare Ewers dopo il secondo conflitto mondiale.
Ma adesso cerchiamo, senza paraocchi, di capire Ewers scrittore e uomo. Hanns Heinz Ewers (1871-1943), fu scrittore, poeta, autore di teatro, e a differenza di Strobl che ebbe una produzione letteraria piuttosto differenziata, fu un autore del fantastico e dell’horror “puro” e incarnò in una qualche misura il cliché dello scrittore “maledetto”, un puro esteta dell’orrido e del surreale, amava firmare i suoi lavori teatrali con l’inquietante pseudonimo Le mouton carnivore (il montone carnivoro). Nella prefazione all’antologia Il ragno (1972), Gianna Tornabuoni ha scritto:
“Di questo animale quasi mostruoso, che stranamente attrae e respinge, che affascina e che contemporaneamente ispira un’insormontabile repulsione, Ewers fece il suo emblema personale, innalzandolo alla dignità di simbolo. È Le mouton carnivore che esercita la propria signoria sui giardini della follia umana, che simboleggia in certo modo quel misticismo pronto in un momento a rifiutare la vita di ogni giorno per elevarsi al disopra dell’umano destino”.
Il romanzo più noto di Ewers è Alraune, storia di un essere vivente (1911), “Alraune” in tedesco significa mandragora, e la storia di Ewers è appunto ispirata alla leggenda medioevale su questa mitica pianta (che fornì il destro dell’ispirazione anche a Machiavelli). Secondo la leggenda, questa pianta dai poteri magici, insieme prodigiosi e pericolosi, il cui apparato radicale sarebbe una sorta di omuncolo, nascerebbe dalla terra fecondata dal seme di un impiccato. Ewers immagina che uno scienziato decida di creare una mandragora con mezzi moderni, fecondando appunto con il seme di un impiccato una prostituta.
Da notare che il protagonista maschile della storia, Frank Braun, nipote dello scienziato Jakob Brinken, colui che dà vita ad Alraune e la alleva in una villa lussuosa, è il protagonista di altri due romanzi di Ewers: Der Zauberlehrling (L’apprendista stregone) e Vampir, è una sorta di alter ego dell’autore.
Purtroppo, Alraune, pubblicato nel 2017 dalle edizioni Hypnos e l’antologia Il ragno sono le due sole cose di Ewers disponibili in lingua italiana (col che, si può dire che in ogni caso ci è andata meglio che con Strobl, di cui, a parte un paio di racconti contenuti nell’antologia Der Orchideengarten, non è disponibile nulla). Tuttavia, basterebbero da soli i racconti dell’antologia Il ragno (Die Spinne) per dimostrarci di avere a che fare con uno scrittore di alto livello, meritevole di essere annoverato tra i classici della narrativa fantastica.
In questa antologia, la prosa e le tematiche di Ewers padroneggiano in maniera ammirevole il surreale, il grottesco, l’orrido, l’erotico. Il ragno, il racconto che dà il nome all’antologia, è un piccolo capolavoro di raffinatezza psicologica dove troviamo la stessa miscela di erotismo e di orrido di Alraune. Al livello soggettivo del protagonista, la storia evidenzia il lirismo e l’erotico; al livello oggettivo di uno spettatore esterno, i toni predominanti sono l’orrido e il grottesco (e la narrazione si muove avanti e indietro fra i due poli), infatti “la fanciulla” di cui il protagonista si innamora non è altro che un grosso ragno che l’ha ipnotizzato (che Stephen King con It abbia tratto spunto da lì?).
Delle altre sette storie che compongono l’antologia, senz’altro da ricordare (nel senso che non riesce possibile dimenticarle) sono senz’altro La Mamaloi, delicata e tragica sullo sfondo di una Haiti impestata dal vudù, Il cuore trafitto, una vera lezione su di un segreto che l’autore fantastico ha sempre posseduto, che l’orrore non risiede in una dimensione metafisica, ma è un risvolto della realtà quotidiana che nasce dal rapporto con gli uomini e le cose, infine quel vero piccolo gioiello che è Il ghigno, ispirato alla vicenda di Oscar Wilde.
Ewers fu certamente un nazionalsocialista, e questo probabilmente spiega l’almeno parziale damnatio memoriae che la sua opera ha subito nel dopoguerra, tuttavia i suoi rapporti con il NSDAP non furono facili. Su incarico di Joseph Goebbels redasse una biografia di Horst Wessel che il partito intendeva presentare come un eroe (e probabilmente questa è l’origine della leggenda che attribuisce a Ewers il testo dell’Horst Wessel Lied), purtroppo però questa biografia metteva in luce gli aspetti non proprio encomiabili della vita privata del capo delle SA. In conseguenza di ciò, oltre che per l’esplicito contenuto erotico di Alraune, l’opera di Ewers fu bandita con l’accusa di oscenità nel 1935.
Rimane comunque fondamentale l’apprezzamento verso lo scrittore tedesco manifestato da H. P. Lovecraft nel saggio L’orrore soprannaturale nella letteratura:
“L’esponente più insigne dell’attuale generazione di scrittori dell’orrore tedeschi. Hanns Heinz Ewers lascia trasparire nelle sue tenebrose concezioni una reale conoscenza della moderna psicologia. Romanzi quali Der Zauberlehrling e Alraune, e racconti come Die Spinne, possiedono particolari pregi che li innalzano al rango di classici”.
Ernst Jünger (1895-1998) è stato probabilmente uno dei personaggi più complessi della cultura tedesca moderna, scrittore, filosofo, politicamente impegnato. Dopo un breve periodo nella legione straniera francese e dopo essersi arruolato come volontario nella prima guerra mondiale, fu autore di un libro, Im Stahlgewittern (Nelle tempeste di acciaio) dedicato alle esperienze belliche che lo fece considerare l’anti-Remarque, il contraltare dell’atteggiamento anti-militarista di Niente di nuovo sul fronte occidentale. Nell’immediato dopoguerra fu vicino alle posizioni del nazionalbolscevismo di Ernst Niekisch (questo movimento singolare fu certamente il prodotto di circostanze storiche che vedevano l’opposizione aristocratica e le idee di sinistra convergere nell’ostilità verso i movimenti liberal-democratici di estrazione borghese e di origine franco-britannica, il liberalismo era concordemente identificato con il nemico che aveva sconfitto la Germania e l’aveva stretta nella morsa di Versailles). Le idee di Jünger si potrebbero forse definire un utopismo aristocratico.
Fra le sue opere più note, è da ricordare Der Arbeiter (L’operaio) a cui Julius Evola dedicò un ampio commento: L’operaio nel pensiero di Ernst Jünger, dove in sostanza si ipotizza l’unione delle forze produttive ed eroiche contro la degenerazione del mondo borghese.
Con l’avvento del nazionalsocialismo, i nazionalbolscevichi dovettero scegliere se confluire in esso o trovarsi perseguitati in quanto marxisti. La prima scelta fu ad esempio compiuta da Joseph Goebbels che proveniva dalle file del movimento di Niekisch. Jünger preferì una linea più defilata. Nella seconda guerra mondiale prestò servizio fra le forze di occupazione in Francia, dove ebbe contatti con gli intellettuali di destra francesi (e uno storico litigio con Celine), per essere poi congedato nel 1944 a seguito di contatti con i cospiratori dell’attentato di Von Stauffenberg (con cui peraltro non fu sospettato di avere qualcosa a che fare). Dopo la guerra, oltre a numerosi scritti fra cui Il trattato del ribelle, va menzionato Oltre la Linea scritto in collaborazione con Martin Heidegger.
I nazionalsocialisti, si può dire, amarono Jünger di un amore non ricambiato. Joseph Goebbels scrisse a tal proposito nei suoi Diari: “Gli facemmo ponti d’oro che egli non volle mai attraversare”.
In questa sede, Jünger ci interessa come autore di romanzi fantastici. Ne possiamo ricordare tre: Sulle scogliere di marmo, Le api di vetro, e soprattutto Heliopolis.
In Sulle scogliere di marmo un’irreale comunità umana fra l’aristocratico e il monastico deve fronteggiare un’oscura dissoluzione derivata dall’emergenza di forze elementari, è forse uno dei pochi romanzi dell’epoca moderna il cui contenuto si può definire realmente mitico. Le api di vetro, nelle cui pagine si muovono automi fantastici e delicati si potrebbe definire quasi fantascientifico. Tuttavia, il suo più importante romanzo fantastico rimane incontestabilmente Heliopolis, che si potrebbe forse definire una geografia completa del fantastico mondo interiore di Jünger, oltre che esempio di una narrazione che si pone a cavallo fra l’utopia e la distopia orwelliana, infatti in esso a Heliopolis, “la città del sole” strutturata secondo i suoi ideali aristocratici, fa da pendant il potere oscuro del podestà, basato sui principi populisti del totalitarismo moderno.
Una curiosità, una bizzarria se vogliamo, che l’autore ha posto all’interno di Heliopolis, è Il racconto di Ortner, un racconto fantastico che Jünger immagina essere opera di uno dei protagonisti del romanzo.
Il racconto di Ortner è forse una delle poche versioni moderne veramente interessanti della storia di Faust: il protagonista di cui non conosciamo il nome perché è sempre nominato in prima persona, incontra un giorno uno strano “oculista”, il dottor Fancy, figura certamente mefistofelica, che gli, apre la “seconda vista” che gli permette di cogliere gli aspetti segreti delle cose e delle persone.
La conoscenza che gliene deriva dei segreti nascosti, gli permetterà di diventare in breve tempo ricco e potente, ma allora si accorgerà che la sua vita è diventata un gioco troppo facile, e ben presto ogni cosa perderà senso e interesse fino a sprofondarlo in un abisso di tedio. A salvarlo sarà l’amore ingenuo e provincialotto di una ragazza borghese molto poco Margherita. L’alternativa non è più tra il bene e il male, ma tra il male e la mediocrità, questo sembra essere il sarcastico messaggio di Jünger.
Sul fantastico di lingua tedesca, vi sarebbero ancora molte cose da dire, ad esempio sul romanzo Metropolis della scrittrice Thea Von Habou, ma poiché quest’ultimo è noto soprattutto per aver ispirato l’omonima pellicola girata dal marito, il regista Fritz Lang, ne parleremo prossimamente, trattando della cinematografia tedesca di ispirazione fantastica.
Sarà invece il caso di menzionare Alfred Kubin (1877-1959). Come Strobl, Kubin, nato a Leitmeritz oggi Litomerice, era uno dei figli di quella Boemia di lingua tedesca facente parte dell’impero austriaco, che fu cancellata nel 1919 per far posto alla Cecoslovacchia, ed è stato insieme pittore e autore del fantastico, caratteristica che lo accosta a Hoffmann.
Pittore espressionista e simbolista, attratto dai temi del macabro e dell’orrido, Kubin è anche l’autore di un romanzo, Die andere Seite (L’altra parte), pubblicato nel 1909, che è probabilmente una delle opere più singolari della letteratura di lingua tedesca.
“L’altra parte” o “l’impero del sogno”, “il contrario del mondo” che Kubin ebbe l’ambizione di descrivere, è un’utopia alquanto singolare che occupa un posto a sé stante anche nell’ambito della narrativa utopica. Kubin immagina sia la creazione di un milionario eccentrico, Claus Patera che, ci dice l’autore, “nutre una forte avversione per tutto ciò che è progresso”, di cui il protagonista è un amico da questi chiamato a visitarlo, si tratterebbe di un’area di circa 3000 chilometri quadrati situata in una lontana regione della Mongolia e separata dal resto del mondo da possenti opere difensive, lì, governate da una élite di saggi ed esteti, vivrebbero 65.000 persone scelte fra i disadattati: sognatori, alcolisti, ipocondriaci, persino criminali, o persone con imperfezioni fisiche. Un po’ come se “i vinti” di Verga si fossero presi la rivincita.
La nostra storia non è finita, innanzi tutto perché, se è vero che dopo il 1945 la Germania, come notava Gianantonio Valli, è stata pesantemente “rieducata” e, anche nel campo del fantastico, come in altri settori e nel resto d’Europa, si è vista l’importazione/imposizione di moduli espressivi di origine anglosassone, in primis la fantascienza, e non sarà certo il caso di dimenticare nel campo della fantasy quello che può essere considerato un po’ il Tolkien tedesco, Michael Ende, tuttavia attraverso di esse la Germania ha continuato a manifestare un proprio spirito peculiare, poi sarà senz’altro il caso di parlare del fantastico nella musica, dove abbiamo il grande, grandissimo esempio di Richard Wagner che si ispirò alle antiche saghe germaniche, nella cinematografia, nelle arti figurative, ma tutto questo lo vedremo approfonditamente nella ventitreesima parte.
NOTA: Nell’illustrazione, a sinistra Alraune di Hanns Heinz Ewers, al centro Heliopolis di Ernst Jünger, a destra Die andere Seite (L’altra parte) di Alfred Kubin.