12 Ottobre 2024
Filosofia

Nietzsche: il sangue e gli antenati – Umberto Iacoviello

Friedrich Wilhelm Nietzsche dimostrò un precoce interesse per il legame con i suoi antenati, nonostante le informazioni che possedeva sui suoi progenitori fossero molto vaghe, ad appena diciotto anni scrisse ‹‹L’attività dell’uomo non comincia solo con la nascita, bensì già nell’embrione e forse – chi può mai stabilirlo – già nei genitori e nei progenitori››. Nello stesso anno compose due pezzi per pianoforte in memoria dei suoi antenati. Tale vincolo con gli antenati non si limita al sangue ma è qualcosa che lo trascende, il filosofo tedesco in Aurora scrive ‹‹Che altro è il talento se non un nome per una parte più antica d’apprendimento, d’esperienza, d’esercizio, d’appropriazione, d’assimilazione, sia pure al tempo dei nostri padri o ancora prima!››.  Egli torna sul tema in numerose opere. Occorre in questa sede citarne alcune, non solo per sottolineare che il “sangue” non è un elemento secondario nel pensiero di Nietzsche, ma anche per far fronte a quell’insegnamento liceale del filosofo che lo vuole in qualche modo estraneo e ‘vittima di una strumentalizzazione’ da parte di chi – poco dopo mise il Volk al centro della propria politica.

In Al di là del bene e del male scriverà ‹‹Per ogni mondo elevato occorre esserci nati; o, per dirla a più chiare note, occorre essere allevati: un diritto alla filosofia -prendendo questa parola in senso lato- lo si ha unicamente in virtù della propria origine, gli antenati, il ‘sangue’ sono anche questo caso decisivi. Molte generazioni devono aver cospirato in precedenza, con la loro opera, alla nascita del filosofo; ognuna delle sue virtù deve esser stata individualmente acquisita, coltivata, trasmessa in eredità, assunta nella propria carne.›› e ancora ‹‹È incancellabile dall’anima di un uomo quello che i suoi antenati hanno amato fare più di qualsiasi altra cosa e nel modo più costante: sia che essi fossero, ad esempio, assidui risparmiatori, addetti in a una scrivania o a una cassaforte, moderati e borghesi nei loro desideri, moderati perfino nelle loro virtù; sia che vivessero mane e sera abituati al comando, propensi a rozzi piaceri e accanto a questi, forse, a doveri e responsabilità ancora più rozzi; sia che avessero finito per sacrificare, a un certo momento, antichi privilegi di nascita e di proprietà allo scopo di vivere interamente per la loro fede – per il loro ‘Dio’ –, essendo individui dalla coscienza implacabile e delicata, che arrossisce di ogni accomodamento. È del tutto impossibile che un uomo non porti incarnate le qualità e le predilezioni dei suoi genitori e dei suoi avi: checché possa dire in contrario l’apparenza.››

Ne L’Anticristo scrive che l’Übermensch può manifestarsi non solo individualmente ‹‹nei più disparati angoli della terra›› ma anche attraverso il sangue, questo tipo superiore può nascere da ‹‹intere generazioni, stirpi, popoli.››. Un altro esplicito riferimento alle razze – nello specifico quella ariana distinguendo dominanti e dominate, lo troviamo in Genealogia della morale ‹‹In latino, malus (al quale metto accanto mélas) potrebbe essere designato l’uomo volgare, in quanto individuo dal colore scuro, soprattutto nero di capelli (“hic niger est”), l’autoctono preariano del suolo italico, che per il colore della pelle si distaccava, con la massima evidenza, dalla bionda razza dominante, cioè quella ariana dei conquistatori: il gaelico mi ha quanto meno offerto il caso esattamente corrispondente  – fin (per esempio nel nome Fin-Gal), il termine distintivo dell’aristocrazia e infine il buono, nobile, puro, originariamente la testa bionda in antitesi agli scuri abitanti primevi dai capelli neri. I Celti, sia detto incidentalmente, erano senz’altro una razza bionda; si cade in errore se si mette in relazione a una qualche origine celtica o a una qualche mescolanza di sangue – come fa ancora Virchow – quelle zone di una popolazione completamente nera di capelli che si possono osservare sulle più accurate carte etnografiche della Germania: è piuttosto la popolazione tedesca preariana a predominare in quei luoghi. (La stessa cosa vale all’incirca per l’intera Europa: in sostanza, la razza sottomessa ha finito per riprendere qui il sopravvento, con il suo colore, la forma larga del cranio e forse perfino con i suoi istinti intellettuali e sociali: chi ci garantisce che la moderna democrazia, l’ancor più moderno anarchismo, e specialmente quella tendenza alla “commune”, alla forma più primitiva di società, che è oggi comune a tutti i socialisti d’Europa, non debba significare essenzialmente un enorme contraccolpo – e che la razza dei conquistatori e dei signori, quella degli ariani, non sia per soccombere anche fisiologicamente?…)››

In un frammento della primavera 1888 rincara la dose ‹‹I portatori degli istinti di decadenza (del risentimento, del malcontento, degli impulsi distruttivi, dell’anarchia e del nichilismo), compresi gli istinti servili, della viltà, dell’astuzia e della canaglieria propri degli strati sociali tenuti a lungo in soggezione, si mescolano al sangue di tutti i ceti: dopo due o tre generazioni la razza è diventata irriconoscibile- tutto è diventato plebe.››

In un altro frammento leggiamo ‹‹C’è soltanto una nobiltà di nascita, una nobiltà del sangue. (Qui non parlo della particella “von” e dell’Almanacco di Gotha: osservazione parentetica per gli asini.) Là dove si parla di “aristocrazia dello spirito”, di solito non mancano motivi per celare qualcosa: come è noto, questa è una locuzione comune fra gli ebrei ambiziosi. Lo spirito da solo, infatti, non nobilita; ci vuole piuttosto, prima, qualcosa che nobiliti lo spirito. Di che cosa c’è bisogno a tale scopo? Del sangue.››

Curt Paul Janz nella sua opera monumentale su Nietzsche ricorda che non è in contraddizione con quello che abbiamo finora scritto, ciò che il filosofo scrive in Così parlò Zarathustra ‹‹Non solo la ragione di millenni – anche la loro follia erompe in noi. È pericoloso essere eredi.›› (Parte I – Della virtù che dona). E ancora ‹‹Fratelli miei, la vostra nobiltà non deve guardare indietro, ma davanti a sé! Degli espulsi da tutte le terre dei padri e degli avi dovete essere!›› (Parte III – Di antiche tavole e nuove); il filosofo riconosce il patrimonio del proprio retaggio anche quando questo viene avvertito come un pericolo e quindi superato.

Per Janz quanto scritto nello Zarathustra rappresenta una eco della condizione personale di Nietzsche: oltre alla solitudine il filosofo era consapevole di sapere ben poco dei suoi antenati. Aveva appreso dalla sua famiglia che il cognome Nietzsche deriva da una stirpe nobile della Polonia di nome Nietzsky, famiglia emigrata in Germania nel XVIII secolo a causa delle persecuzioni religiose: la famiglia Nietzsky era protestante. La sua avversione nei confronti dei tedeschi a lui contemporanei non poteva che renderlo fiero delle sue origini polacche (si legga a tal proposito ciò che scrive in Crepuscolo degli idoli nel capitolo Ciò che manca ai tedeschi). “Nonostante” la madre tedesca e la nonna paterna tedesca, Friedrich si sentiva polacco, nel fisico e nello spirito.

Questa nobile genealogia polacca sostenuta anche dalla sorella Elisabeth – che parlava di un Nietzsky come stretto collaboratore di Augusto II di Polonia non è sostenuta da documenti. In realtà ‹‹è possibile che i Nietzsche (Niczen) emigrassero dalla Boemia, e precisamente nel secolo XVI, ma nulla indica una commistione di sangue slavo; i più di duecento antenati diretti di Nietzsche, alcuni dei quali risalgono al XVI secolo, hanno tutti nomi tedeschi, anche nella linea di discendenza femminile. Quanto al nome, esso ricorre nelle forme più varie: Nietzsche, Nitsche, Nitzke, ecc. con straordinaria frequenza in tutta la Germania centrale. I linguisti lo riconducono al nome di persona Nikolaus, Nick, pronunciato sotto l’influsso dello slavo Nitz, Nitsch, ovvero all’antico alto tedesco nît = invidia, in origine gelosia, odio.›› (Curt Paul Janz)

Dalle ricerche fatte da Max Oehler (1875-1946) cugino di Friedrich da parte della madre Franziska Oehler (a capo dell’Archivio Nietzsche dalla morte della sorella di Friedrich, Elisabeth, avvenuta nel 1935) risulta che gli antenati del filosofo provengono quasi tutti dall’alta borghesia. Tra le generazioni dei Nietzsche provenienti dalla Lusazia superiore, si susseguono dal 1540 macellai, coloni, funzionari statali e solo a partire dal nonno Friedrich August Ludwig Nietzsche (1756-1826) incontriamo il primo pastore protestante che nel 1817 ricevette grazie ai suoi scritti il titolo di dottore in teologia, anche il padre Carl Ludwig Nietzsche (1813-1849) diventerà pastore protestante.
Da parte materna si ha una situazione analoga: gli Oehler sono almeno dal XVII secolo macellai e borghesi provenienti dalla Turingia. Il primo pastore della famiglia è il nonno materno David Ernst Oehler (1787-1859). La nonna paterna portava il cognome Krause, anch’essa proveniva da una famiglia di ecclesiastici dal XVII secolo.

Gli antenati di Nietzsche provengono – con poche eccezioni da un territorio bel delimitato: Lagensalza, Sangerhausen, Eisleben, Eilenburg, Zwickau, Plauen, Saalburg e Stadtilm. Il sopracitato Max Oehler cugino primo di Friedrich Nietzsche scrive che da questo territorio provengono molte menti eccelse. Non solo, riuscì anche a risalire a parentele importanti come quella di Friedrich Nietzsche con Richard Wagner, le madri erano consanguinee:

“L’antenato comune è il borgomastro di Saalburg a sud di Schleiz Caspar Spörel (Spörl), vissuto dal 1530 al 1600 circa. Questo dato finora poco noto aggiunge una nota caratteristica alla storia dell’amicizia tra Nietzsche e Wagner e della loro rottura, che ebbe tanta importanza per la vita di Nietzsche” (Curt Paul Janz).

Non mancano parentele con altri personaggi noti: il poeta Johann Elias Schlegel, il feldmaresciallo Neithart von Gneisenau, Samuel von Pufendorf, Julius Sturm. Studi fatti quando Nietzsche era ancora in vita, lo vollero imparentato addirittura con Goethe. Tale “studio” venne subito smentito e lo stesso Friedrich ne rise di gusto. Tornando ai caratteri ereditari occorre segnalare ciò che scrisse il nonno Friedrich August Ludwig Nietzsche (1756-1826) in un testo in cui sembra quasi prefigurare la figura del superuomo delineata dal nipote ‹‹Non si conviene a un uomo di eletto sentire sospirare e piangere continuamente: piuttosto, egli deve essere del tutto indifferente, non dare alcun peso al suo dolore, mostrarsi più forte della sofferenza e anche sotto i colpi più duri e dolorosi del fato, comportarsi come se non gli fosse accaduto alcunché di spiacevole.››. Una spiccata intelligenza potrebbe non essere l’unico tratto ereditario, Franziska Ernestine Rosaura Oehler (1826-1827) la madre di Friedrich Nietzsche, aveva ben dieci fratelli: una sorella si suicidò e altri tre soffrivano di disturbi mentali, ma questa è un’altra storia.

 

Riferimenti bibliografici:
Opere 1870/1881. Nietzsche (Newton Compton editori, 1993)
L’Anticristo, Friedrich Nietzsche (Newton Compton editori, 2013)
Genealogia della morale, Friedrich Nietzsche (Adelphi edizioni, 2018)
La volontà di potenza, Friedrich Nietzsche (Bompiani, VIII edizione agosto 2013)
Così parlò Zarathustra, Friedrich Nietzsche (Fabbri editori, 1991)
Vita di Nietzsche. Il profeta della tragedia (1844-1879), Curt Paul Janz Edizioni Ghibli-2014.

 

Umberto Iacoviello

 

 

 

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