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Torniamo a parlare del libro Mistica Volkisch di Federico Prati, Luca Lionello Rimbotti e Silvano Lorenzoni. Il motivo è che questo testo è a mio parere di importanza fondamentale per capire l’orizzonte politico, matapolitico e spirituale nel quale ci stiamo oggi muovendo.
Questo libro, lo ricordiamo, è stato scritto dai tre autori nel 2014 per celebrare il decimo anniversario dell’associazione etnonazionalista volkisch “Identità e tradizione”. A mio parere, la sua importanza che ne fa un testo fondamentale, è data dal fatto che, essendo in totale controtendenza rispetto all’orientamento politico, ideologico, spirituale prevalente nella nostra epoca, ne svela pienamente i retroscena, quei sottintesi che il più delle volte sono dati per scontati come delle ovvietà, ma sono in realtà delle assolute menzogne.
Noi sappiamo che la seconda guerra mondiale non è stata solo un conflitto politico e militare, ma che in essa si sono affrontate due visioni del mondo e dell’uomo assolutamente incompatibili: “il sangue contro l’oro” o per usare una terminologia “scientifica”, l’importanza accordata all’eredità biologica e razziale o all’ambiente, alla situazione economica, alla ricchezza, nel determinare ciò che siamo; una contrapposizione radicale, a seconda che si concepisca l’uomo come radicato nella propria eredità, nel legame con i propri antenati, nella propria etnia, o come un individuo atomico plasmato dalle circostanze, una foglia mossa da qualsiasi vento. Da questo punto di vista, si nota chiaramente che il bolscevismo è identico alla sua presunta antitesi capitalista, non si tratta che di due aspetti dello stesso fenomeno.
D’altra parte, è ovvio che non si tratta di una contrapposizione puramente teorica: IL POTERE che si cela dietro la facciata delle democrazie vuole la prevalenza, la vittoria schiacciante e assoluta della concezione atomico-ambientalista perché vuole un’umanità effettivamente sradicata, composta da individui fra i quali non esiste nessun legame intrinseco, e di conseguenza facilmente manipolabili e schiavizzabili.
La conclusione disastrosa della seconda guerra mondiale ha segnato il trionfo dell’oro sul sangue, ma non dobbiamo pensare che i settant’anni passati da allora abbiano lasciato le cose esattamente come stavano. Da un lato, l’operazione tesa a cancellare dalla nostra cultura qualsiasi traccia degli sconfitti valori del sangue, ora etichettati come “fascisti” e “razzisti”, come deprecabili per definizione, si è fatta sempre più massiccia e oppressiva, anche contravvenendo ai principi TEORICI di libertà ipocritamente affermati dal sistema democratico per mascherare il suo volto tirannico. Dall’altro, il processo di sbriciolamento, fusione, omogeneizzazione dei popoli e delle culture in un grande tritacarne planetario, in modo da creare dovunque società multietniche, meticce, i cui membri proprio per la disomogeneità etnica fa l’uno e l’altro, siano privi di quella solidarietà reciproca che nasce dall’affinità e li preserverebbe dal diventare i nuovi schiavi del potere mondiale, è proceduto speditamente soprattutto dopo la caduta dell’Unione Sovietica; rivelando così che il comunismo sovietico non era altro che una fase ormai conclusa dello stesso piano di assoggettamento planetario.
Ben venga dunque un libro come questo, un richiamo forte agli eterni valori del sangue, quegli stessi che la democrazia vorrebbe per sempre cancellare. Riprendiamolo in mano, e vediamo di approfondire ulteriormente alcuni punti.
Io credo che i tre autori del libro, i membri del gruppo “Identità e tradizione” siano ben consapevoli del fatto che l’orientamento etnonazionalista Volkisch è in totale conflitto con quelli che sono gli orientamenti culturali e politici oggi predominanti, che tendono a privilegiare la democrazia, il liberismo economico, il cosmopolitismo, l’individualismo, i rapporti fra le persone di tipo contrattualistico e meccanico. Il punto è precisamente questo, la visione ORGANICA della società come famiglia naturale unita da legami di sangue in contrapposizione a quella economicistica e meccanica propria delle democrazie (compreso lo pseudo-socialismo marxista).
Un dubbio che potrebbe venire leggendo il libro, è che in esso si faccia la storia di un momento certamente importante ed interessante della cultura tedesca, ma che non rappresenti qualcosa di trasponibile o riproponibile oggi e in un contesto, il nostro, molto diverso da quello germanico.
E’ un punto riguardo al quale occorre un’attenta riflessione. Secondo molti, anche in ambienti che si definiscono “nostri”, c’è un rifiuto dell’idea dell’esistenza del popolo italiano come unità/continuità/identità di stirpe biologica-ereditaria. In parte, ciò può risalire a un certo tipo di mentalità che non saprei definire in altro modo che “cattolica” anche quando non è legata a uno specifico contesto religioso, cioè quando si suppone che “il collante” dell’Italia e dell’italianità sia un elemento culturale rappresentato dall’eredità romana (fraintesa) e dal cattolicesimo, la civiltà comunale, Dante, la controriforma, Manzoni und so weiter, mettendo del tutto in secondo piano la continuità e l’affinità di sangue. E’ un modo di pensare che sbocca nella sterilità e nel formalismo, perché bisogna chiarire che una cultura è SEMPRE l’espressione di una stirpe e non sopravvive senza di essa.
In parte mischiata alla prima, in parte a sé stante, c’è la tendenza ad accentuare la diversità esistente fra le varie parti dell’Italia e della popolazione italiana per motivi separatistici-campanilistici; non si vuole essere italiani, si vuole essere piuttosto padani o bi-siculi (delle Due Sicilie) perché – diciamolo fuori dai denti senza falsi pudori – settant’anni di repubblica democratica e di una delle repubbliche democratiche più corrotte che il disastro della sconfitta nella seconda guerra mondiale abbia installato in Europa, ma non è di essere italiani, quanto piuttosto di questa democrazia corrotta e bugiarda che dobbiamo provare schifo e vergogna.
La genetica dà torto a tutti costoro: essa dimostra che c’è una certa differenza fra la popolazione del nord e del Sud della Penisola: nella prima si nota un’impronta celtica, nella seconda, una ellenica risalente alla Magna Grecia, ma sono differenze minori di quanto i ricercatori si aspettassero, e non certo tali da non permettere di parlare del popolo italiano come realtà geneticamente unitaria.
Questi gli esiti di una ricerca condotta da genetisti stranieri sul nostro patrimonio genetico. A suo tempo, mi trovai duramente contestato per averne riportata menzione in un articolo su “Ereticamente”: SI VUOLE essere padani, bi-siculi, celti, longobardi, Magni Greci, tutto meno che italiani. Avere prodotto negli Italiani la nausea di essere tali, non è la colpa minore che possiamo imputare a questa democrazia corrotta e corruttrice, ma il nostro riscatto, dovesse mai esserci, dovrà di necessità passare sulla riscoperta della nostra identità come Volk.
Gli autori del testo partono dal presupposto di uno stretto legame fra la visione religiosa-trascendente e l’agire politico o metapolitico. Ebbene, a mio parere proprio riguardo alla questione religiosa si nota meglio che il testo non è il prodotto di un’unica mano: si nota una certa disomogeneità rispetto a questa tematica, peraltro legittima e non tale da precludere un agire comune. In alcuni punti si parla di una divinità o di un creatore in termini personali, in altri pare di scorgere i lineamenti di una religiosità di tipo naturalistico-panteistico. Questo è un punto d’importanza tutt’altro che secondaria, e ci ritorniamo più avanti.
In ogni caso, mi sembra che questa religiosità non possa essere di tipo cristiano-abramitico. Nelle religioni abramitiche è centrale l’idea di rivelazione che le porta su di un piano che si pretende l’essere umano non possa attingere con le sue forze, ma si raggiunge attraverso la manifestazione di Dio stesso a una persona speciale (Mosè, Maometto) oppure un emissario, un avatar della divinità che si rivela agli uomini (Gesù Cristo). Ora, se invece questa trascendenza si può attingere semplicemente ponendosi in rapporto con la natura, sia l’ambiente naturale esterno, sia la natura interna portata dal sangue e dall’ascendenza di ciascuno di noi, questo concetto della rivelazione diventa inutile, una ridondanza, un pleonasmo.
Detto questo, ed essendo evidente il fatto che il tipo di religiosità presupposto dalla Mistica Volkisch non mi sembra per nulla compatibile con il cristianesimo, ma dovrebbe essere piuttosto una forma di spiritualità pagana o neopagana, tuttavia gli autori documentano chiaramente che diversi esponenti dell’etnonazionalismo volkisch hanno cercato di integrare la religione cristiana nella loro concezione, di dare forma a un cristianesimo germanico dove Gesù Cristo era interpretato come un dio solare ariano, idea che in tutta franchezza mi sembra destituita di qualsiasi parvenza di storicità. Per puro caso, tempo fa ho recensito su “Ereticamente” il libro sulla Ahnenerbe di Gianfranco Drioli. La società nazionalsocialista che si occupava dell’eredità degli antenati si è dedicata anche alla ricerca della Vehme (la lancia di Longino), il Graal, l’Arca dell’Alleanza. A parte il Graal che verosimilmente risale a una simbologia pre-cristiana, questo interesse dei nazionalsocialisti per l’armamentario di una simbologia ebraico-cristiana mi sembra un’incoerenza assoluta. E’ vero che all’epoca il cristianesimo non era quello di oggi, schierato compattamente a favore di immigrazione e meticciato, e coi papi che vanno in sinagoga a prosternarsi davanti ai rabbini, ma già allora sarebbe dovuto essere chiaro che il cristianesimo è per sua natura cosmopolita, universalista, anti-razzialista, del tutto incompatibile con la concezione Volkisch.
Qui noi abbiamo a che fare con un malinteso storico gigantesco. Il cristianesimo è una religione mediorientale, semitica, non-europea, in una parola come eresia dell’ebraismo, e di ciò conserva un’impronta indelebile. La sua diffusione nell’impero romano ne ha provocato il declino oppure è essa stessa un sintomo della progressiva rarefazione nell’impero di quell’elemento romano-italico ed europeo, che l’aveva creato.
Non bisogna essere manichei, dobbiamo riconoscere che in età medioevale, mentre l’Europa si cristianizzava, il cristianesimo si europeizzava, e per un lasso non trascurabile di secoli, da Poitiers a Lepanto passando per Kosovo Polje, è stato la bandiera della resistenza europea alle aggressioni e invasioni allogene. Fosse ancora quello, si potrebbe passare sopra agli aspetti teologici, al suo ineludibile marchio abramitico. Conoscere la verità è importante, ma sopravvivere viene prima.
Oggi tuttavia le cose non sono più in questi termini: le Chiese cristiane a partire da quella cattolica, hanno riscoperto le loro radici semitiche-abramitiche e stanno sempre più perdendo la patina europea acquisita dal cristianesimo nei secoli. Abbiamo visto papi andare a pregare nelle moschee e prosternarsi ai “fratelli maggiori” nelle sinagoghe. Certamente, quando Silvano Lorenzoni ha parlato della convergenza dei monoteismi, è stato buon profeta.
Soprattutto oggi la Chiesa cattolica fa concorrenza alla sinistra come grande fautrice del mondialismo, dell’immigrazione, dell’imbastardimento e genocidio silenzioso dei popoli europei, e non possiamo avere alcuna esitazione a contarla fra i nostri nemici.
Molti camerati mi citano Corneliu Codreanu e la Legione dell’Arcangelo Michele, oppure Leon Degrelle, il cui movimento nacque come associazione cattolica, “Christus Rex”. Quello di cui costoro non tengono conto, è che il cristianesimo cui facevano riferimento Codreanu e Degrelle, era completamente diverso da quello di oggi.
E’ inutile nascondersi che il problema con cui tocca confrontarsi è di un’estrema delicatezza. Con che cosa sostituire il cristianesimo, sapendo bene che una religione non s’inventa, perché una cosa è il desiderio o anche la volontà di credere, tutt’altra il credere effettivamente. Per fare un esempio banale ma facilmente comprensibile, qualcuno potrebbe voler credere di essere ricchissimo e potentissimo, ma questo pio desiderio non può nulla contro la consapevolezza che le cose stanno ben altrimenti.
A questo punto, la risposta non può essere che personale, dipendente dalla cifra esistenziale di ciascuno. Come ho già spiegato, non è un caso che nel testo si noti una certa differenza di posizioni fra gli autori, che oscillano fra una concezione personale della Provvidenza-Divinità e un panteismo naturalistico.
Tuttavia è possibile, io penso, dire qualcosa di più, definire i contorni se non proprio di una diversa religione, di una diversa religiosità-sacralità intesa come rapporto fra la dimensione umana e il Divino comunque concepito.
Escluso il cadere in un ateismo-materialismo di tipo marxista (e qui di nuovo fa testo Silvano Lorenzoni con la sua eccellente dimostrazione del fatto che l’ateismo marxista non è altro che una forma di cristianesimo laicizzato e mascherato, la quarta potremmo dire delle religioni abramitiche), la via che resta aperta è quella, in ogni modo, del paganesimo-neopaganesimo, ossia di una spiritualità non abramitica.
Il fascismo italiano ai tempi che furono cercò di introdurre il concetto di “mistica fascista”, ma come fece giustamente notare Julius Evola, è tutt’al più di “etica fascista” che si sarebbe potuto parlare. Di fatto, cercando a tutti i costi un modus vivendi con la Chiesa cattolica, il fascismo si privò della possibilità di incidere profondamente nella mentalità degli Italiani, con tutte le conseguenze che poi si videro.
Un’opzione che rimane sul tavolo è quella del tradizionalismo integrale formulato da Julius Evola e René Guenon, ma il meno che si possa dire, è che rimane un’opzione fragile, come dimostrano sia la conversione di René Guenon all’islam sia quella di tanti evoliani al tradizionalismo cattolico, nella quale persiste cioè una tendenza a ricascare nella mentalità abramitica che andrebbe quanto meno controbilanciata da una robusta infusione di spirito volkisch.
Anche per chiudere un’annosa polemica che si trascina nei nostri ambienti e che ha avuto i suoi echi anche sulle pagine di “Ereticamente”, io penso che sia giusta considerare Evola e Guenon degli intellettuali che hanno portato importanti frecce nella nostra panoplia, alla stessa stregua però di altri che non hanno mostrato interesse per il trascendente, a cominciare dal grande, grandissimo Friedrich Nietzsche, ma che non sia il caso di farne dei nuovi messia.
Alla fine, lo spirito volkisch, la mistica del sangue fondata sul dato innegabile della continuità biologica con i nostri antenati, rimane la via più certa, a condizione di rifiutare il sofisma abramitico che vorrebbe ridurla a un “materialismo biologico”, perché “Anima è razza vista dall’interno, razza è anima vista dall’esterno”.
La conclusione del libro ha un’intonazione pessimistica, del resto pienamente giustificata dallo svolgersi degli eventi, là dove si parla dell’uomo europeo che grazie ai fascismi e soprattutto al nazionalsocialismo, trovò “per un attimo” i mezzi per invertire il cupo destino di decadenza che la modernità ha preparato per lui. Certamente, non vi sono molti motivi di speranza, ma allora è meglio tenere le posizioni fino all’ultimo, secondo l’antico detto germanico non contare i nemici finché non li si hanno uccisi. Tuttavia oggi mi sembra che un tenue barlume di speranza si possa cominciare a intravedere nelle reazioni di ribellione sempre più consistente che in diverse parti d’Europa comincia a manifestarsi nei confronti dell’immigrazione e del suo favoreggiamento da parte dei governi, specie di sinistra, che sembrano considerare quello di stravolgere e distruggere la fisionomia dei nostri popoli e il loro retaggio di sangue un obiettivo primario. L’Italia da questo punto di vista è messa peggio di altre nazioni europee, perché all’azione malefica e disgregatrice della sinistra si unisce quella della Chiesa cattolica, che certe volte riesce a essere persino peggiore.
Tuttavia, nel quadro desolante della modernità, di fronte a forze ostili schiaccianti, non è possibile fare altro che resistere, tenere duro. Vengono alla mente i trecento di Leonida e i volontari stranieri delle Waffen SS delle divisioni Charlemagne e Viking alla battaglia di Berlino, che difesero allo stremo non tanto la capitale del Reich morente, quanto un’idea di Europa ben diversa da quella che oggi ci viene imposta dagli usurai della UE e dai loro complici. Semplicemente, arrenderci non è nella nostra mentalità.