Di Enrico Desii
L’imperatore – premio Nobel per la pace Barack Obama ha, dunque, fatto tappa in Europa. Visti i suoi recenti insuccessi in politica estera, è stato costretto al tour per cercare di ricostruire la sua immagine, alquanto screditata dopo che aver sobillato gli ucraini, provocando cinicamente diverse decine di morti, non è servito a niente, dal momento che ha finito per perdere nuovamente il confronto alla distanza con Putin. E pensare che, in fondo, non sono passati che pochi mesi da un’altra figuraccia analoga, quella rimediata nella questione siriana.
La ricerca di conferme e di sudditanze europee da parte dell’attuale inquilino della casa bianca è cominciata il 24 marzo con il vertice per la sicurezza nucleare a L’Aja ed è proseguita a Bruxelles, al summit tra Unione europea ed Usa. Quest’ultimo palesemente organizzato, con la complicità delle istituzioni europee, in chiave antirussa. Non sono mancati, infatti, messaggi mafiosi ed avvertimenti più o meno bellicosi indirizzati a Putin.
A Bruxelles, Obama non ha dimenticato di mettere a segno una stoccata anche nei confronti degli alleati, tante volte a questi venisse in mente di alzare la testa. Ci ha fatto sapere di essere “preoccupato” per i tagli al bilancio della difesa che molti paesi appartenenti alla Nato stanno studiando in questo periodo. L’Ucraina, ha dichiarato, ci ha ricordato che “la libertà non è gratis, dobbiamo spendere per avere un forza Nato credibile e deterrente”. Chissà come risolverà il governo Renzi la questione degli F-35…
A conclusione di questa rapida campagna europea, Obama deve aver pensato che nonostante Roma e l’Italia intera costituiscano oramai uno scenario del tutto marginale per la politica internazionale, si tratta pur sempre di un bello sfondo, recentemente anche rivalutato sotto il profilo cinematografico, per lanciare proclami e per farsi qualche fotografia da far girare su internet. E poi gli italiani accolgono sempre bene gli americani, figuriamoci questo che è così amato anche a sinistra (ricordate? Tutti a cantare, anche dai microfoni della Rai, “four more years” prima e dopo la sua rielezione alla casa bianca… come se a noi cambiasse qualcosa se a Washington comanda Obama oppure Paperino). Già, chissà perché i nostri ambienti intellettualoidi lo stimano così tanto, evidentemente non hanno altri idoli di livello adeguato… ma, in effetti, ci si poteva porre la stessa domanda anche per altri presidenti americani, Clinton ad esempio, un altro che andava alla grande negli stessi salotti e che “convinse” un presidente del consiglio ex comunista a partecipare, quindici anni or sono, all’operazione Nato di bombardamento della Serbia.
Noi, come è noto, nell’organizzare i “grandi eventi” non siamo secondi a nessuno. E allora vai con Roma bloccata per ore, misure di sicurezza da film, cellulari oscurati, telegiornali mobilitati per la diretta, Colosseo chiuso per consentire la visita del monarca assoluto. Ci siamo veramente impegnati a fondo per far capire al presidente americano che, nonostante tutto, quello che comanda più di tutti al mondo è lui. Sia Napolitano che Renzi, estremi opposti ma concordi delle generazioni politiche italiane, hanno confermato la nostra sudditanza, politica ed economica, alle necessità americane.
Naturalmente Obama non si è fatta mancare la benedizione del papa. Anzi, ha sottolineato che Bergoglio è fondamentale per ricordare agli uomini di governo i problemi derivanti dall’emarginazione sociale e il dovere di combattere contro le discriminazioni. Come ed in che modo ovviamente non è dato sapere, perché quelli che si sono incontrati ieri in Vaticano sono due attori consumati, ben consapevoli che non devono affrontare la realtà ed i suoi problemi ma soltanto interpretare un ruolo a beneficio dei media. Non a caso si sono trovati perfettamente a loro agio a sorridere, stringersi calorosamente la mano e recitare la parte loro assegnata.
Ma non tutto è così semplice per il buon Obama. Specialmente con i tedeschi le cose non vanno tanto bene. A parte il fatto che la cancelliera non ha ancora digerito il fatto che gli americani le spiassero il telefonino, recentemente il popolare quotidiano Bild Zeitung, testata da sempre schierata su posizioni filoamericane, non si è trattenuto dal giudicare fallimentare la politica del presidente americano, definito un chiacchierone che parla del mondo come dovrebbe essere e non come realmente è. Un sondaggio condotto sempre in Germania, inoltre, ha evidenziato come, per il 51% dei tedeschi, Putin non abbia tutti i torti e che la politica condotta dai russi in Crimea sia, in fondo, comprensibile. Mercoledì, infine, mentre Obama era Bruxelles, il capo della Siemens è stato autorizzato dal governo tedesco ad andare a Mosca ad incontrare Putin. Per parlare d’affari, naturalmente, mica come noi italiani che, in Libia, i nostri interessi ce li siamo bombardati…
Probabilmente in Germania, fregandosene della posizione dell’Unione europea, hanno compreso che l’atteggiamento americano, le paventate sanzioni contro la Russia e la sua esclusione dal G8, tutti elementi che sembrano riportarci ai tempi della guerra fredda, sia sotto il profilo soggettivo dei protagonisti che sotto quello oggettivo delle iniziative, non hanno niente a che vedere con una tutela delle aspirazioni del popolo ucraino ma servono solo a dividere l’Europa ed a renderla più debole sotto il fondamentale profilo dell’approvvigionamento energetico. Il tentativo è quello di cercare di ricacciare la Russia nell’angolo orientale, perché la sinergia tra questa e l’Europa potrebbe creare scenari inimmaginabili per chi si è formato sulle tesi espresse ne La fine della storia.
Tra pochi mesi ricorreranno venticinque anni dall’abbattimento del muro di Berlino. Forse sarà il caso che qualcuno lo racconti ad Obama ma noi dovremmo essere i primi a ricordarcene.