9 Ottobre 2024
Tradizione

Osservazioni necessarie sulla essenza unitaria della Tradizione – Giandomenico Casalino

Ai fini di un retto discernimento tra ciò che è in Ordine e ciò che non lo è, ritengo che sia doveroso, a proposito di quanto a volte si legge o si dice intorno alla visione tradizionale, affermare ed evidenziare alcuni concetti che, quali solventi, rendano le Acque quanto più chiare sia possibile.

Hegel insegna (ma nessuno lo sa!…) che il Vero è l’Intero e tale Logos, unitamente a ciò che afferma Evola in ordine al principio che ogni Simbolo è Realtà ed ogni Realtà è Simbolo, custodiscono e tutelano la Verità fondamentale di ogni approccio che voglia anche lontanamente avvicinarsi a quello che si suole definire: organico e tradizionale!

Qualsiasi discorso, pertanto, che non rispetti la Salvezza dell’Athanòr (che è l’Intero…) e di tutti i suoi Elementi fino alla feccia e alle ceneri dove occhieggia e luccica Quello che è presente ma che non vediamo… e che invece prepari, introduca, legittimi o, addirittura, si articoli sulla frattura, la separazione, lo schizzinoso e cicisbeo allontanamento dell’Alto dal Basso,

Ca 2 è radicalmente e scandalosamente antitradizionale, è modernità pura, è antropocentrismo, e quindi è umanesimo intriso di intellettualismo astratto, è Dualità (nel significato platonico del termine…) cioè dualismo e quindi è il Due che, come è noto (dovrebbe esserlo…), non è amato dal Dio!

Il Dio è Uno ed Egli ama (esotericamente…È) il Dispari…!

Da tutto ciò discende che, per esempio (ed è un errore ricorrente), la separazione, il porre su piani ontologicamente differenti e non gradati, il Fascismo, come fenomeno epocale europeo e la sua spiritualità e la Tradizione indoeuropea nonché l’Idea vivente di Roma Aeterna, non può non incontrare, la più ferma censura, promossa non dal mio punto di vista, ma secondo il Principio metafisico che è il Logos dell’Intero che è il Vero: la Tradizione è una Montagna, se la si vive e vi si riconosce in Essa, la si vive e la si ama Tutta, dalla Base al Vertice e la Tavola di Smeraldo è testimone della veridicità di quanto sto affermando!

Non vi può essere lì nei Cieli “qualcosa” che osiamo definire “tradizione” ed a cui diciamo di credere o fingiamo di guardare e, nel contempo, qui nel Mondo “qualcosa” che non è “degno” non solo della nostra “augusta” attenzione ma è, intrinsecamente, alieno, altro da ciò a cui aspiriamo o crediamo di aspirare: questo è esattamente l’Acosmismo galileo o guenoniano che dir si voglia e, cioè, in una parola: asiatico; talché con lo stesso Spirito indoeuropeo, con la natura più intima della stessa Romanità, esso Acosmismo, che è in sostanza paura-odio e rifiuto del Mondo, non solo non ha nulla in comune ma ne è il primo nemico mortale, poiché, ab aeterno, tenta pervicacemente di spezzare l’Unità del Fascio onde disperdere i Molti che Esso unisce e tiene in salvo con le verghe come il fasciame tiene unita la fiancata della nave o come il Cosmo Intero è tenuto unito da Anànke (la Necessità), secondo l’insegnamento del Divino Platone.

Il Sottile, l’Invisibile, la Potenza evocativa delle Forze profonde degli Animi (ed Evola insegna che Tutto nell’Opera inizia e termina nel Mercurio che è la profondità e la vastità della Potenza dell’Anima…) le Fedi, il Sangue e lo Spirito, la vettorialità dell’Apparire e dell’Essere in pieno XX secolo di “qualcosa” di misterico, di arcaico e di ancestrale che divampa, aggredisce more barbarico, nega e contesta, o da Cartesio in poi o da Cristo in poi, tutto ciò che si è detto e pensato in Occidente e ne vuole, pretende ed esige la Distruzione catartica con il Fuoco: non si allontana né da se stessi né dal Vero (che è sempre l’Intero!) con qualche battutina di “pochissimo spirito”; e tutto ciò al netto serio e severo di tutti i limiti enormi e delle grossolane leggerezze umane troppo umane di tutti i “nostri uomini” (così li definisce testualmente Evola in Orientamenti…!) che hanno combattuto la guerra (santa) del Sangue contro l’Oro, che è, sotto il profilo della Metafisica delle vicende umane (che la modernità chiama “storia”), una delle Battaglie Cosmiche ed encosmiche della Luce contro le Tenebre, non per distruggerle ma per illuminare la loro Oscurità così come l’Uno è presente sin negli Abissi della cosiddetta (dagli ignoranti…) “materia”, come la Luce del Sole, seppur fioca, giunge sin nelle profondità del mare!

SeCa 3 tutto ciò è stato compreso e valutato, sin dall’Inizio, dall’Avversario (il quale ci conosce molto più e molto meglio di noi stessi…!) che ha, pertanto, scatenato, con profondo Odio, malcelata Paura e pervicacia planetaria, tutte le sue potenzialità Arimaniche onde cancellare non solo la Riapparizione ma il Ricordo medesimo della Luce dell’Europa e dei Canti come inni alla Vita della sua Gioventù; allora tutto ciò ha a che fare con “qualcosa” che È da sempre, al di là e al di sopra dei suoi vettori contingenti (uomini, Regimi, visioni del Mondo, esperienze politico-sociali ed economiche, radicalmente rivoluzionarie poiché propositive di una nuova e altra modernità da coniugare con il Sacro ancestrale…), e questo “qualcosa” è il Sacro Indoeuropeo e Romano che, come è riapparso in quei vettori, riappare exàiphnes (in un Istante, secondo l’insegnamento platonico…) nel dialogo di un film o nelle ricerche e negli studi, certamente accademici e profani, di docenti come il Bettini e il Carandini (o di tanti altri che nei miei libri ho ampiamente citato) dove il primo afferma, sulla spiritualità magico-intensiva ed attiva della religiosità Romana ed il secondo sulla “storia che è la metafora del Mito!” ciò che, in eroica solitudine ed incompresi, pensavano e scrivevano gli Evola, i Reghini, i De Giorgio ed altri nel secolo scorso; e se un exemplum di Pensiero vivente e di Azione traente verso l’Alto come un Pio Filippani Ronconi, non ha niente a che fare con Luce di Roma, e se l’Idea di Roma non la si vede nella sua Vita come Militia, nel suo volto e nel suo sguardo, a “causa” della sua appartenenza al credo ortodosso o per la sua adesione all’insegnamento di Steiner, devo con tristezza pensare che grande è la confusione sotto il Cielo!

Giandomenico Casalino

 

2 Comments

  • Paolo 25 Marzo 2016

    Caro Giandomenico,
    leggo questa tua, inaspettatamente, mentre mi trovo al monumentoTrofeo delle Alpi, Limes Italiae.
    Quale miglior omaggio potrebbe dunque essere ad Augusto questa tua mirabile sintesi del significato di Tradizione Romana: Universalitá come specchio del Noumenico e interprete Fenomenico dell’Intero.
    Sono parole pesanti le tue, che ci fanno intendere sia quale forza e quale potenza rechi Roma a chi la comprende, sia la sua grande (e poco narrata) “capacita” sottile, sia infine per quale ragione sia tanto osteggiata con altrettanta sapienza sottile.
    Non esistendo dunque le coincidenze casuali e in omaggio alla stupefacente capacità inclusiva dell’Urbe figlia del suo universalismo, che il tuo Demone non manca mai di sottolinearci, abusando pure dell’ospitalità di Ereticamente, riporto qui di seguito l’iscrizione de La Turbie, con tutto l’elenco degli “inclusi”, scomparsi dalla storia:
    《All’imperatore Augusto, figlio del divo Cesare, pontefice massimo, acclamato imperatore per 14° volte, essendo investito per la 17° volta della potestà tribunizia, il senato e il popolo romano [eressero] poiché sotto la sua guida e i suoi auspici tutte le genti alpine, che si trovavano tra il mare superiore e quello inferiore sono state assoggettate all’impero del popolo romano.
    Genti alpine sconfitte:
    I Trumpilini
    I Camunni
    I Venosti
    I Vennoneti
    Gli Isarci
    I Breuni
    I Genauni
    I Focunati
    Le quattro nazioni dei Vindelici: Cosuaneti, Rucinati, Licati, Catenati
    Gli Ambisonti
    I Rugusci
    I Suaneti
    I Caluconi
    I Brixeneti
    I Leponzi
    Gli Uberi
    I Nantuati
    I Seduni
    I Veragri
    I Salassi
    Gli Acitavoni
    I Medulli
    Gli Ucenni
    I Caturigi
    I Brigiani
    I Sogionti
    I Brodionti
    I Nemaloni
    Gli Edenati
    I Vesubiani
    I Veamini
    I Galliti》

  • Paolo 25 Marzo 2016

    Caro Giandomenico,
    leggo questa tua, inaspettatamente, mentre mi trovo al monumentoTrofeo delle Alpi, Limes Italiae.
    Quale miglior omaggio potrebbe dunque essere ad Augusto questa tua mirabile sintesi del significato di Tradizione Romana: Universalitá come specchio del Noumenico e interprete Fenomenico dell’Intero.
    Sono parole pesanti le tue, che ci fanno intendere sia quale forza e quale potenza rechi Roma a chi la comprende, sia la sua grande (e poco narrata) “capacita” sottile, sia infine per quale ragione sia tanto osteggiata con altrettanta sapienza sottile.
    Non esistendo dunque le coincidenze casuali e in omaggio alla stupefacente capacità inclusiva dell’Urbe figlia del suo universalismo, che il tuo Demone non manca mai di sottolinearci, abusando pure dell’ospitalità di Ereticamente, riporto qui di seguito l’iscrizione de La Turbie, con tutto l’elenco degli “inclusi”, scomparsi dalla storia:
    《All’imperatore Augusto, figlio del divo Cesare, pontefice massimo, acclamato imperatore per 14° volte, essendo investito per la 17° volta della potestà tribunizia, il senato e il popolo romano [eressero] poiché sotto la sua guida e i suoi auspici tutte le genti alpine, che si trovavano tra il mare superiore e quello inferiore sono state assoggettate all’impero del popolo romano.
    Genti alpine sconfitte:
    I Trumpilini
    I Camunni
    I Venosti
    I Vennoneti
    Gli Isarci
    I Breuni
    I Genauni
    I Focunati
    Le quattro nazioni dei Vindelici: Cosuaneti, Rucinati, Licati, Catenati
    Gli Ambisonti
    I Rugusci
    I Suaneti
    I Caluconi
    I Brixeneti
    I Leponzi
    Gli Uberi
    I Nantuati
    I Seduni
    I Veragri
    I Salassi
    Gli Acitavoni
    I Medulli
    Gli Ucenni
    I Caturigi
    I Brigiani
    I Sogionti
    I Brodionti
    I Nemaloni
    Gli Edenati
    I Vesubiani
    I Veamini
    I Galliti》

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