10 Ottobre 2024
Fabio Mazza Julius Evola Libreria

“Ottant’anni di Rivolta contro il mondo moderno”

di Fabio Mazza
Il 7 Giugno si è tenuta a Roma, un’interessante conferenza organizzata dalla Fondazione Evola, dalla Scuola Romana di Filosofia politica e dalle Edizioni Mediterranee, presso la Sala de “L’Universale” Libreria/Galleria delle Arti, e presentata dal dott. Gianfranco De Turris, nel quarantennale della scomparsa terrena di Julius Evola. Questo è uno dei molteplici convegni che sono stati organizzati, in questi giorni, da diverse personalità ed associazioni culturali, per ricordare la vita e le opere del Barone. La particolarità di quella in oggetto è indubbiamente quella di provenire dalla Fondazione che lo stesso Evola volle nelle sue ultime volontà e nel voler discutere sulla valenza attuale di una delle sue opere più famose cioè, Rivolta contro il mondo moderno. E d’altro canto, la caratura dei relatori non ha davvero deluso le aspettative del pubblico accorso, piuttosto interessato.

Dopo la breve introduzione di De Turris, si è avuto subito un intervento importante da parte di Luca Valentini, collaboratore di Ereticamente, di Vie della Tradizione e di Elixir, nonché libero cercatore dello Spirito. Valentini ha sottolineato l’importanza di Rivolta come fonte contemporanea indispensabile per la formazione di una visione tradizionale del mondo, senza la quale tale idealità non avrebbe avuto lo sviluppo che conosciamo. Una visione che non si limita ad una “filosofia”, ma chiede ed esige una realizzazione effettiva, un “Opus” che cambi in primis la visione globale dell’esistente e dell’uomo, e in secondo luogo che dia modo di rendersi conto di quella che viene definita “terza dimensione della storia”, ossia la certezza che dietro agli eventi storici, che costellano il destino e la vita delle società e delle civiltà, non vi è nulla di “casuale”, quanto piuttosto un azione di influenze contrapposte, un “gioco cosmico” che vede scontrarsi due fronti “luce ed ombra”, tradizione ed anti-tradizione. Fronti che costituiscono, è vero, due parti della medesima realtà cosmogonica (e in questo Valentini sottolinea l’infondatezza della teoria dell’Evola “dualista”), entrambi necessari ad un certo livello del manifestato, ma che non devono far dimenticare l’importanza della lotta e del contrasto a determinate correnti apparentemente casuali, che sono invece determinate dalla “contro-tradizione”. Appunto correnti di pensiero, idee, psichismi, ideologie e convinzioni irresistibili, atavismi: tutto ciò che si può chiamare “anima di popolo o di stirpe”, e che cangia e muta non per “caso”. Esemplificativo è il riferimento al gay pride in corso nella capitale nello stesso giorno. Se c’è qualcuno che ancora si oppone a determinate derive, ciò significa che ancora una visione di Luce non è stata sconfitta definitivamente.
 
Successivamente è stato il turno del Prof. Giovanni Sessa, il cui intervento sull’importanza dell’Evola filosofo e artista si è snodato nei suoi rapporti con Schelling e con il romanticismo, fino ad inquadrare Evola come un continuatore, o meglio ravvivatore del pensiero idealista in Italia. Chiarissimo nell’esposizione e con un eloquio e una proprietà di linguaggio davvero invidiabili, non può però chi scrive non esternare l’irrilevanza, a suo parere di quegli aspetti di Evola trattati, che sono effettivamente marginali e sono gli unici presi in considerazione dai “filosofi” e dagli accademici, che dimenticano che se Evola fu qualcosa, di certo non fu filosofo, se non nel senso antico e vero del termine, o nell’accezione che di sé intesero dare gli ermetisti, quando si definirono “filosofi ermetici”, non certo nel senso corrente, ossia di dissertatore di opinioni, di cui spesso si esaltano gli intellettuali. Evola fu tanto poco filosofo, quanto molto più aristocrate, guerriero e mago. Ciò non toglie che il contributo del Sessa abbia aperto un interessante spiraglio su determinati aspetti “tecnici” del primo Evola.
 
L’intervento seguente di Stefano Arcella, ci sia consentito dirlo senza tanti giri di parole, è stato di gran lunga il più intenso. Ciò perché si è avvertito, fin dall’inizio il peso di un esperienza “diretta”, di una pratica e di una visione “operativa”, dietro alle parole pronunciate. I riferimenti puntuali alle connessioni dell’opera e del pensiero evoliani con l’opera di Rudolf Steiner, e del suo epigono italiano Massimo Scaligero, sono stati calzanti e hanno aperto, per chi sa e vuole vedere, nuove prospettive nella ricerca sull’integrazione di questi autori, che sono, per chi scrive, assolutamente complementari e indispensabili reciprocamente. L’opera di Evola ha avuto il merito di aprire il varco all’Idea e alle forze dell’Io, di una spiritualità non panteistica e sfaldata, ad un moto non cercante l’estinzione in un indefinito e mistico “tutto”, ma piuttosto un’affermazione di personalità nobilitata e divinizzata, un moto verso la super-personalità, piuttosto che al sub-personale ove spesso conducono molte vie cosiddette “spirituali”. Presupposto per capire il pensiero evoliano è, nell’analisi di Arcella, la consapevolezza della vis immaginativa, ossia della forza del pensiero creatore. Pensiero “magico”, il cui primo aspetto è il “pensiero vivente”, di cui Evola non sentiva il bisogno di parlare, in quanto egli lo possedeva naturalmente: era, per citare le parole di un illustre esponente del pensiero vivente in Italia, Pio Filippani Ronconi, un “mago nato”, ossia aveva già per dignità naturale ciò che per altri è terreno di dura lotta e conquista.
 
Per concludere, vi è stato l’intervento di Nuccio D’Anna, storico delle religioni, autore di notevoli pubblicazioni sulla spiritualità del mondo greco-romano, ha analizzato la questione della funzione di Rivolta contro il mondo moderno in relazione alla visione tradizionale dell’Ellade e di Roma, sottolineando come, a suo avviso, il pensiero evoliano su tali civiltà sia stato inficiato da un “dualismo” derivatogli da autori ottocenteschi come Bachofen. Interessanti le citazioni sulle civiltà estremo orientali nella dissertazione, a dire il vero poco lineare e vertente su molteplici aspetti,non sempre integrati in un discorso organico.
 
Al termine notevole entusiasmo del pubblico, che ha rivolto domande ai relatori. Dagli interventi posti in essere è parso evidente però come ognuno abbia capito delle esposizioni in primis, e dell’opera di Evola in secondo luogo, ciò che voleva (o forse poteva) capire, e che conforta i suoi assunti personali. In secondo luogo è parso evidente come un certo ambiente, composto da persone che spesso conobbero per età anagrafica Julius Evola, decisamente poco abbia capito di lui e della sua opera. Fa specie che questi signori, sicuramente vissuti in periodo storico difficile, ma che avrebbero dovuto passare il testimone alle nuove generazioni, si siano smarriti in rivoli e correnti che con l’opera e il pensiero evolvano non hanno nulla a che vedere. Ci si lamenta della mancanza di giovani in simili conferenze, ma ci si dimentica la triste realtà: nel “sottobosco” evoliano si agitano personaggi di dubbio valore intellettuale quando non anche morale. Si passa dai massoni pagani, che evidentemente dovrebbero rileggere l’opera del Barone per ripassare cosa egli pensasse della massoneria, fino ai cattolici tradizionalisti, che vedono nelle parole di Evola in maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo e del cammino del cinabro, una sorta di legittimazione del cattolicesimo, quando la verità è tutt’altra trattandosi piuttosto di una presa d’atto del “meno peggio” esistente, per finire alla maggioranza che ha fatto di Evola un “maestro”, cosa che egli stesso avrebbe aborrito, perché il percorso spirituale ha guide e individui di valore, mai maestri e “guru”.
 

A ben vedere sarebbe auspicabile un’opera di diffusione del pensiero evoliano pura, schietta e senza sovrastrutture ideologiche, di modo che sia il lettore a poter comprendere, più per intuizione che per ragionamento speculativo, il senso, il valore e il compito che l’opera di Julius Evola a quarant’anni dalla sua morte, ci ha lasciato. E pensare, con le parole di Leon Degrelle, che “seppur morto, egli arde”.

9 Comments

  • Anonymous 14 Giugno 2014

    “Rivolta contro il mondo moderno”una delle opere capitali del ‘900.E’ semplicemente vergognoso che una personalità come Julius Evola,venga ignorata dalle nostre università,o ferocemente attaccato da esponenti dell’Intellighenzia di sinistra(incredibili i giudizi che ne diede Furio Jesi in “Cultura di destra”qualche decennio fa).
    Eppure,persino qualche importante intellettuale progressista(con grande onestà),non ne ha potuto mettere in dubbio la grandezza:personalità come Massimo Cacciari,Massimo Donà,Roberto Saviano,etc.Anche se,di contro, dispiace non poco la postfazione della nuova edizione di”Alle radici della cavalleria medievale” di un grande intellettuale(di destra) come Franco Cardini,in cui lo studioso fiorentino pur riproponendo lo stesso testo senza censure,confessa che non avrebbe oggi inserito le note riguardanti Evola…forse cercherò una vecchia edizione di quel libro,manchevole di questa postfazione.
    “Rivolta contro il mondo moderno”è un testo fondamentale,oltretutto, perchè confuta tante false interpretazioni che vanno di moda ai nostri giorni:dall’Evola atlantista a quello tradizionalista cattolico,etc…basterebbe leggere questo libro,per togliersi ogni dubbio.
    Gottfried Benn scrisse di quest’opera:”Dopo averlo letto ci si sente trasformati”.
    Imprescindibile,puro nutrimento dello Spirito!.
    Primula Nera

  • Anonymous 14 Giugno 2014

    Per Evola la centralità dell’esercizio spirituale ( individuale, familiare o istituzionale) era rappresentato dal Rito. Gli eventi che portarono alla sua infermità, causarono l’impossibilità di procedere secondo la pratica individuale e di catena, per cui Julius Evola si dedicò, da quel momento in poi, ad un’opera di formazione ed indirizzamento intellettuale. Chi ebbe modo di frequentarlo potè avvantaggiarsi dell’elemento maieutico e carismatico, e costoro ci parlano di un Evola concentrato, anche se spesso pessimista sulle possibilità di una veloce riaffermazione, sull’idea di Tradizione. Leggiamo con piacere le precisazioni di Fabio Mazza, riferite a varie confusioni imperanti, e ne condividiamo l’essenza: ” Si passa dai massoni pagani, che evidentemente dovrebbero rileggere l’opera del Barone per ripassare cosa egli pensasse della massoneria, fino ai cattolici tradizionalisti, che vedono nelle parole di Evola in maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo e del cammino del cinabro, una sorta di legittimazione del cattolicesimo, quando la verità è tutt’altra trattandosi piuttosto di una presa d’atto del “meno peggio” esistente, per finire alla maggioranza che ha fatto di Evola un “maestro”, cosa che egli stesso avrebbe aborrito, perché il percorso spirituale ha guide e individui di valore, mai maestri e “guru”. Il Solco della Tradizione.

  • Anonymous 14 Giugno 2014

    Altrettanta attenzione bisognerebbe riservare alla ipotesi di compatibilità tra l’idea evoliana di Tradizione e la “filosofia della liberta” di Steiner ed il sincretismo antroposofico caratterizzato da elementi vetero giudaici e cristiani, anche se declinati secondo una presunta “essenza esoterica universale”. Essa appare una forzatura del tutto simile all’ipotesi di compatibilità tra Tradizione e Massoneria e Tradizione e Cattolicesimo. Agitare perennemente la figura di Pio Filippani Ronconi quale garante di questa ipotesi, appare un tentativo basato sull’alone di “santità” del quale si tenta di circondare Filippani Ronconi, giocando la carta del cavallo di Troia sillogistico. Che una persona che si diceva “patrizio romano” seguisse un culto esotico basato su una dottrina che negava la solarità essenziale della sua stirpe, è affar suo e ci guardiamo bene dal volerlo giudicare in assoluto. Ma se ciò, secondo la consueta strategia incapacitante, vuol far passare il messaggio tipico della autoreferenzialità accademica “Lo ha detto lui e quindi così è”, ebbene proprio per coloro che seguono tuttora una via coerente con la dottrina evoliana della Tradizione, non è valida, nè sufficiente, nè legittima. Continuare a tenere insieme, in ambito intellettuale, antroposofia e Tradizione, significa volersi attestare su un livello meno intenso ed incompleto, per di più pretendendo che un insieme di pratiche psichiche e filosofiche possa avere la stessa valenza della propria Tradizione avita. Ma, come diceva spesso un insigne studioso di Tradizione italica, “io un Rito steineriano di fondazione della città non lo conosco, e non credo che esista”. Il Solco della Tradizione.

  • Anonymous 14 Giugno 2014

    Criticando senza criterio la figura di Filippani Ronconi Il Solco dimostra la pochexza intellettuale di sempre e la scarsa attitudine allo studio. Ilario

  • Anonymous 14 Giugno 2014

    Nel notare l’interesse suscitato dall’articolo ci preme subito far notare quanto segue.
    1-Nessuno ha parlato di compatibilità tra il pensiero di Julius Evola e l’antroposofia,bensì della complementarità tra pensiero evoliano e Via del Pensiero vivente di cui Steiner e Scaligero sono stati gli affermatori. L’antroposofia è ciò che Evola attacca in maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo,in quanto setta,in quanto gruppo che segue Steiner come un guru,tradendo cosi lo stesso Steiner che auspicava la conquista di una superiore Libertà,non certo la creazione di nuovi “exoterismi esoterici” ci sia consentito il gioco di parole. Non sappiamo che rapporti ci siano tra presunti “elementi vetero giudaici e cristiani” e gli esercizi steineriani,che sono esercizi secchi e magici di una solarità evidente,che nulla hanno di religioso e di devozionale,né tantomeno si legano a spiritualità o religioni determinate. Certo,bisognerebbe leggere le opere senza preconcetti e patenti di “abramitismo”. La “presunta essenza esoterica universale” non è presunta,è una realtà che non è stata solo esposta da Julius Evola e da Guenon,nonché da altri autori,ma che è sapienza ancestrale di tutte le religioni e spiritualità regolari nel loro aspetto esoterico e sapienziale. Pensare che ci siano spiritualità che sono nemiche di altre è il tipico atteggiamento exoterico e devozionale di chi non comprende,e d’altro canto non è appannaggio dei soli monoteismi.
    2-Non sta a noi ricordare agli amici del “Solco” i rapporti strettissimi intrattenuti da Evola con Giovanni Colazza,prima e dopo “Ur”,e l’influenza che sul suo pensiero ebbe lo stesso. Ne sta a noi ricordare che gli esercizi di Steiner furono inseriti nel terzo volume di “introduzione alla magia”. Nemmeno dobbiamo ricordare i rapporti con Corallo Reginelli,che gli diede modo di consocere tramite Procesi,la Tradizione Romana,opera omnia e centrale del grande Guido De Giorgio.
    3-Ricordiamo incidentalmente che la pratica di “catena” è pratica isiaca e lunare,non si riferisce alla Via Secca a cui si dedicava Evola.
    continua

  • Anonymous 14 Giugno 2014

    4-Il problema non è tanto e non solo quello delle “legittimazioni a parlare di” e delle “patenti di autorevolezza”,di cui solo i pataccari hanno necessità,e di cui nessuno,in nessun modo vuole dotare una figura di valore immenso come Filippani Ronconi,(qualcuno dice che era solo un impiegato statale),la cui vita e opere parlano per lui,visto che,per quanto ci riguarda,contano i fatti e non le parole altisonanti,che spesso nella pratica e nel mondo “esoterico”, “pagano” e “identitario” sono accompagnate da comportamenti ben al di sotto della moralità media,senza scomodare i “patrizi romani”. Il problema sta nella concezione di “Rito”. Ora,per una conosciutissima e nota analogia,il macrocosmo e il microcosmo sono la medesima cosa,o per citare una massima ermetica,ciò che è in Alto è come ciò che sta in Basso. Per questo il Rito è prima di tutto un atto interiore,che si estrinseca all’esterno come proiezione e atto trasmutante e necessitante,che però ha valore solo e se l’operatore compie nello stesso momento tale trasmutazione in sè. In caso contrario si ha un mero rituale svuotato e cristallizzato,ove nulla rimane di Sacro,se non il sentimento dei partecipanti,che si convincono di evocare Dio,gli Dei,Iside e via dicendo,ma che ottengono solo di rafforzare il loro ego,quando non evocano vere e proprie larve. Parlare quindi con riferimento alla via del pensiero vivente di “pratiche psichiche e filosofiche”,è alquanto inappropriato,specie se,ma sappiamo non è il caso degli amici del Solco,ci si limita ad un atteggiamento ritualistico devozionale,con coeva convinzione di muovere forze cosmiche porgendo un grano d’incenso. Detto ciò sarebbe opportuno riflettere sul valore delle parole di Massimo Scaligero. La Tradizione non è un insieme di riti,dogmi,credenze e praticate cristalizzate ed eterne della FORMA. La Tradizione è una forza che è sempre presente in qualsiasi momento e si riafferma sempre ma MAI IN MODO IDENTICO a come è stata. Gli amici del Solco sanno meglio di noi che il Rito è in primis interiore,e solo successivamente esteriore. In caso contrario non è nulla di più che un culto devozionale exoterico,che non ha nulla di diverso dalle processioni alla Madonna,o un qualsiasi culto “abramitico”,con la differenza che spesso in questi ultimi,frequentati dalle nostre nonne e zie,si riscontra una maggior caratura morale e che nel mondo tradizionale italiano in generale. Fabio Mazza

  • Anonymous 15 Giugno 2014

    Ad Ilario anonimo specifichiamo che non è nostro interesse e volontà screditare la figura di Filippani Ronconi. Anche per chi ha scritto la propria tesi di laurea su Julius Evola, non appare logico che si pretendae l’accettazione delle idee evoliane solo in nome della caratura interiore di Evola, ed identico discorso lo riserviamo a chiunque. Sono altri che agitano Filippani Ronconi come una referenza della pratica psichica di Steiner e Scaligero. Per noi che siamo tradizionalisti romani e seguaci della via romana agli Dei, non può certo essere rilevante il fatto che Filippani Ronconi si orientasse in tutt’altra direzione, e non capiamo attraverso quali e quanti studi dovremmo poter cambiare la nostra opinione in merito. Il Solco della Tradizione.

  • Anonymous 16 Giugno 2014

    Gli studi che dimostrano che i vostri riferimenti a Evola sono fuoriluogo e che quel che esprimete è una vostra opinione, legittima, ma che in Rivolta semplicemente non esiste. D’altronde, avete puntualmente evitato di rispondere alla dissertazione del sig. Mazza. Su quanto Filippani sia stato un vero patrizio romano, nella vita e nelle opere, vi consiglio di fare uno sforzo e di leggere qualcosa a proposito di via romana agli Dei, come per esempio lo speciale de La Cittadella, n. 40, “Il Sapiente Pio”, come giustamente lo ha definito Sandro Consolato. Ilario

  • Anonymous 19 Giugno 2014

    La sagace tattica che vuol spostare il discorso dalla dottrina alla “questione personale” evidentemente ottiene i suoi risultati. Continuare a parlare di Filippani Ronconi è fuorviante, e non a caso non lo abbiamo citato noi inizialmente. Quando abbiamo espresso i nostri dubbi circa la “consistenza” tradizionale del “Pensiero vivente” di Steiner, oltre che sui vari sincretismi esoterici tipici del suo pensiero, allora ci è stato risposto che la valenza Tradizionale di certi percorsi sarebbe attestata dal fatto che Pio Filippani Ronconi fu sia seguace di Steiner che cristiano ortodosso. Non accettiamo questo sillogismo e non ci possono essere proprietà transitive, almeno nelle proprie scelte dottrinarie, spirituali e sacre. Per cui, confermiamo le nostre idee, indipendentemente dalle scelte che fece in vita Filippani Ronconi. Ringraziamo per la segnalazione, ma segnaliamo che possediamo tutta la collezione di Cittadella. Il Solco della Tradizione.

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