- Il nome. Nonostante la mescolanza fra i due gruppi, il nome del popolo deve rimanere quello dei «nati sul luogo» (indigenae): dovranno chiamarsi Latini, non Troes o Teucri.
- La lingua. I discendenti dei matrimoni misti dovranno mantenere il patrius sermo dei Latini, la lingua paterna. In altre parole essi dovranno continuare a parlare latino, non dovranno adottare la lingua dei Troiani.
- Le vesti. Il futuro popolo dovrà mantenere l’abbigliamento tradizionale dei Latini. Si tratta di un punto che a noi moderni potrebbe sembrare secondario, perlomeno rispetto a nome e lingua. Per quanto, se si pensa ai conflitti provocati anche in Italia dall’uso del velo femminile, per non parlare del burka – o agli episodi di intolleranza che l’adozione dell’abbigliamento occidentale da parte delle donne provoca simmetricamente all’interno di alcune comunità di immigrati –, si comprende subito che anche al mondo d’oggi il vestire non costituisce affatto una materia neutra. In ogni caso, è bene rilevare che per la cultura romana l’abbigliamento faceva strettamente parte dei mores, i costumi, ovvero modelli culturali che caratterizzano un certo popolo rispetto agli altri. Come sappiamo da Virgilio stesso, i Troiani hanno fama di indossare tuniche fornite di maniche, vesti di bisso (una sorta di seta naturale marina) fulgenti perché colorate di croco (un giallo zafferano) e di porpora, mitre con nastrini usati per il sottogola. Questo abbigliamento, considerato effemminato, dovrà essere eliminato e sostituito con il mantenimento di quello latino.
- La geografia e la storia, se così si può dire. La dea vuole che continui a esserci il Latium (e non, poniamo, una nuova Troas, come accadde ad esempio a Londra, di cui pochi sanno che il suo antico nome era Troia Nuova, perché fondata da Bruto, figlio di Silvio, nipote d’Ascanio e pronipote d’Enea, costretto a lasciare l’Italia per aver accidentalmente causato la morte dei genitori, finché, secoli dopo, per corruzione della stessa parola divenne Trinovantum o Troynovant); la dea vuole anche che nel futuro ci siano i re di Alba, una parte fondamentale della storia di Roma, tra Enea e la sua fondazione.
- La potenza e la virtù dei posteri. Sit Romana potens Itala uirtute propago: Giunone chiede che la Romana propago, la stirpe ulteriore che avrà nel Lazio le sue radici, possa fondare la sua potenza sulla virtus italica, e non sul carattere troiano. In questo verso virgiliano è esemplarmente racchiuso il medesimo e unico destino d’Italia e di Roma. Dalla riconciliazione dei contendenti e dalla loro fusione, come vedremo, sorgerà quella generazione a cui Giove promette una pietas superiore a quella degli uomini e degli dei e il dominio del mondo.

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