di Fabio Calabrese
Qualche giorno fa, un mio conoscente che so essere persona di discreto acume, ha postato in internet un’analisi della situazione politica che prevedeva, in caso di elezioni anticipate da lui ritenute probabili, che la partita si sarebbe giocata tra PDL e grillini, con il PD costretto a scegliere o a dividersi fra l’uno e gli altri. Tale scenario non è assolutamente realistico, e ora che la crisi di governo minacciata pochi giorni or sono dal PDL è rientrata, sicuramente non si proporrà nemmeno dopo che la legislatura sarà giunta al suo termine naturale.
Tuttavia questa impostazione riflette il punto di vista di molte, moltissime persone, e sarà forse il caso di spiegare perché le cose NON POSSONO andare in questo modo.
Il Movimento cinque stelle, arrivato in parlamento sull’onda di una protesta radicale quanto epidermica, si è subito mostrato profondamente diviso fra quanti volevano collaborare con il PD (e gli hanno subito dato una mano a eleggere il presidente del senato) e quanti, secondo le direttive di Grillo, preferivano sedere in neghittoso disdegno senza fare nulla, si è condannato all’immobilismo, ha cominciato quasi subito a “perdere pezzi” e sicuramente solo una minoranza di coloro che l’hanno votato alle scorse elezioni politiche, lo voterebbe di nuovo.
Il PDL che oggi tenta un’impossibile rigenerazione risuscitando la denominazione e il simbolo di “Forza Italia”, già prima della minaccia di scissione di Angelino Alfano e degli altri ministri nel governo Letta, preoccupati di salvare le poltrone governative su cui hanno adagiato le chiappe, ha mostrato chiari sintomi di dissoluzione. Quando è stato fatto il gesto SIMBOLICO delle dimissioni dei deputati e senatori del PDL consegnate ai rispettivi capogruppi (gesto privo di reale efficacia se le stesse non erano (e difatti non sono state) consegnate alle presidenze delle rispettive Camere, alla “conta” mancavano cinque senatori. Cinque che erano già pronti a saltare il fosso e che, aggiungendosi ai quattro vitalizi di recente nomina e a qualche altro transfuga del PDL o dei grillini, erano pronti a dare al PD quella maggioranza che ha alla Camera ma gli manca al senato per governare con la sola COMPLICITA’ di Scelta Civica (il partitino del caro Monti di cui non ci siamo dimenticati e dell’UDC, magari anche con l’appoggio di Vendola, per rendere il tutto più SINISTRO.
Berlusconi e quelli che gli sono rimasti fedeli hanno dovuto cambiare idea all’ultimo minuto votando la fiducia a Letta per far rientrare la scissione minacciata da Alfano, facendo così l’ennesima figura di sterco. E’ improbabile, con questa situazione che viene ad aggiungersi alle note grane giudiziarie del “cavaliere”, che da un eventuale prossimo confronto elettorale il PDL (o Forza Italia) possa uscire altro che drasticamente ridimensionato. Il vincitore di un simile confronto e con grande distacco su tutti gli altri, il vero asso pigliatutto non potrebbe essere altro che il PD, come del resto lo è dal 2011, da quando la UE ha deciso di “staccare la spina” all’uomo di Arcore, dandoci almeno con chiarezza il messaggio che in democrazia il voto popolare non conta un accidente di nulla.
Già ben prima di allora, i PD (e/o la coalizione/le coalizioni che l’hanno preceduto: DS e Margherita, “l’Ulivo”, ecc… – le maschere cambiano, il grugno sotto di essa resta repellentemente uguale) ha governato l’Italia per dodici dei venti anni del presunto “ventennio berlusconiano”, e quando si è trovato a essere TEORICAMENTE all’opposizione, ha mantenuto un saldo controllo sull’apparato dello stato, sulla maggior parte delle amministrazioni regionali e degli enti locali, sulla magistratura, sull’informazione, sulla scuola.
Se noi guardiamo a ritroso la nostra storia, esercizio che pochi sembrano ancora capaci di fare, scopriamo che l’Italia è stata governata da governi di centrosinistra già dal lontano 1962, più di mezzo secolo fa, e che già prima di allora, da immediatamente dopo a conclusione della seconda guerra mondiale, era sempre la stessa cosa: contrapposizione di facciata e collaborazione sottobanco fra democristiani e comunisti, lo stesso regime che continua da settant’anni.
Semmai la domanda davvero interessante, è il perché e il come di questo basso profilo, come mail il PD, erede della DC e del PCI sia riuscito a celare il fatto di avere, e di avere sempre avuto sostanzialmente in mano il potere politico.
Sul perché, non ci possono essere dubbi: abbiamo a che fare con una delle classi dirigenti (o digerenti) più inefficienti, ladre, parassitarie d’Europa, che ha messo e continua a mettere e mani sulla cosa pubblica per i propri privati interessi e che senza ombra di pudore si è dotata di infiniti privilegi, a un livello di sopruso istituzionalizzato più da Terzo Mondo che da nazione europea, e gente di questa fattispecie ha un bisogno cronico di avere qualcun altro su cui scaricare le proprie responsabilità
, e in democrazia vince chi è più abile a mentire.
, e in democrazia vince chi è più abile a mentire.
La domanda più impegnativa riguarda piuttosto il come, come gli “ex” comunisti e gli “ex” democristiani riescano a non farsi percepire come IL POTERE, IL REGIME che effettivamente sono, nonostante che il PD attualmente detenga la presidenza della repubblica (e se credete all’imparzialità di Napolitano, potete credere anche a Babbo Natale), quella del Consiglio, quella delle due Camere, la maggior parte delle giunte regionali e degli enti amministrativi e via dicendo.
Anche questo non è un mistero: tecnica, furbizia, accorto uso dei media di regime da esso ampiamente controllati a cominciare dalla RAI. Siamo al punto che pur essendo IL PARTITO DI REGIME, il PD alle prossime consultazioni, anticipate o nei termini, si potrà presentare come falsa alternativa incanalando nel proprio alveo e a proprio favore precisamente i malumori e i malesseri causati da una politica di cui ha di gran lunga la maggiore responsabilità.
Si è costruito con cura questa auto-alternativa che – non è un mistero per nessuno – sarà il Kennedy in sedicesimo, l’attuale sindaco di Firenze Matteo Renzi (non dico Kennedy “dei poveri” perché appartiene a una delle famiglie più facoltose della Toscana, così come figlio e nipote di banchieri e speculatori sul mercato azionario è Mario Monti. Non è strano che questa sinistra che pretende di rappresentare i lavoratori, recluti così spesso i suoi quadri dirigenti fra le classi privilegiate, e mentre vorrebbe imporci a tutti i costi lo “ius soli” per farci pisciare in testa più ancora di quanto non accade oggi dagli immigrati clandestini, pratichi al suo interno il più rigoroso “ius sanguinis” da almanacco di Gotha?).
Matteo Renzi, una bella faccia mediatica, un atteggiamento disinvolto e giovanilista al punto da portare la giacca sempre e solo appoggiata sulla spalla, e quanto a rinnovamento concreto, nulla.
Su scala ridotta, qualcosa di simile alla futura leadership renziana è già stato sperimentato alla guida della regione Friuli Venezia Giulia. La formula è la stessa: una persona giovane, mediaticamente attrattiva, una bella etichetta messa sopra la solita vecchia politica con la solita nauseante sporcizia.
Per quanto mi riguarda, non è che io ce l’abbia con Debora Serracchiani eletta alla presidenza della regione Friuli Venezia Giulia alle ultime regionali più di quanto detesti visceralmente ogni politico del PD, è che mi fa veramente specie che una regione come quella in cui sono nato e vivo, e che ha alle spalle un vissuto storico impressionante: le foibe, l’esodo, l’estenuante lotta per l’affermazione dell’italianità di Trieste durante gli anni del TLT, ma anche ad esempio la strage di Porzus (qui a essere massacrati dai comunisti dopo essere stati circondati con l’inganno, non furono “fascisti” o presunti tali, ma una brigata partigiana non comunista, la Osoppo, che aveva rifiutato di mettersi agli ordini del IX Corpus jugoslavo), sia oggi governata dagli ex comunisti. Questo significa che la memoria storica senza la quale un popolo è solo una massa di gente alo sbando, è andata perduta.
Con quell’aria di eterni perdenti, i “compagni” del PD sono riusciti a prendere per i fondelli tutti quanti, e il sofferente Pierluigi Bersani in questo è stato davvero un ineguagliato maestro. Una tecnica che secondo un noto detto popolare, potremmo anche chiamare “fare lo scemo per non pagare il dazio”. Ma il dazio o stanno facendo pagare a noi tutti, e pesantissimo.
20 motivi per votare PD
1. Essere un dirigente o un funzionario del PD
2. Essere un dipendente del PD
3. Essere stato eletto a una carica pubblica nelle liste del PD
4. Sperare di essere eletto a una carica pubblica nelle liste del PD
5. Essere stato eletto a una carica pubblica nel Movimento 5 Stelle ed essere passato al PD sperando nella riconferma.
6. Essere un dirigente o un funzionario della CGIL.
7. Essere un industriale che fa affari sottobanco con il PD
8. Essere un giornalista, un funzionario o un dipendente dell’ “Unità”
9. Essere un giornalista o un dipendente della “Repubblica” o dell’ “Espresso”
10.Essere un giornalista, un funzionario, un dipendente, un “artista” della RAI
11.Essere un dirigente o un funzionario dell’Unipol o del Monte dei Paschi di Siena.
12.Contare di ottenere lavoro (o casa) grazie a una raccomandazione PD
13.Avere uno stand alle Feste dell’Unità
14.Voler sposare il proprio/la propria partner (dello stesso sesso)
15.Aver ottenuto la cittadinanza italiana e contare sullo ius soli per piazzare in Italia tutto il parentado.
16.Appartenere a una minoranza etnica privilegiata (esempio: Sloveni).
17.Essere un fabbricante di attrezzi da lavoro e contare sui Kabobo per rilanciare il mercato dei picconi.
18.Essere rom, gay o “nuovo italiano”.
19.Odiare l’Italia e volerla vedere ridotta in rovina prima possibile.
20.Non capire un tubo di politica.
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