Nella vasta produzione libraria di Julius Evola, Metafisica del sesso, la cui prima edizione vide la luce nel 1958, per diverse ragioni riveste un ruolo centrale. Innanzitutto, perché affronta un tema, quello della sessualità, considerato tabù nell’Italia degli anni Cinquanta, che è divenuto di stringente attualità nella realtà del secolo XXI, vista la confusione che regna in tema. Quest’opera, inoltre, assieme a Gli uomini e le rovine e a Cavalcare la tigre, segna il percorso ideale del pensatore tradizionalista nel dopoguerra. Per celebrare i Se
Andrea Scarabelli ricostruisce, con dovizia di particolari, la storia editoriale del volume, entrando nelle vive cose della teoria e pratica dell’eros evoliano, presentata nella cornice concettuale della fenomenologia del sacro. Un contributo questo, molto ampio e ricco di significative informazioni per il lettore. Paola Giovetti, nota giornalista televisiva, affronta, con persuasività argomentativa, il problema della femminilità in Evola e della difesa del pudore, al di là di ogni moralismo di facciata. Non mancano, infine, stimolanti analisi comparative di quest’opera evoliana, quali quella di Luca Siniscalco, che mette a raffronto le posizioni del tradizionalista con quelle di Eliade o di Roberto Cecchetti, che si occupa della sessualità in Jung ed Evola. Interessante lo scritto di Guido Andrea Pautasso che si intrattiene sul tema dell’eros nel dadaismo. Intendiamo qui soffermarci sulla relazione del filosofo Romano Gasparotti. Egli sostiene che vi sia stretta relazione tra l’idealismo magico e la teoria dell’eros evoliano.
L’analisi muove dall’idea di physis (natura) in Evola. La physis: «non circoscrive affatto l’orizzonte che originariamente si differenzia da quello dello spirito, né la dimensione che si oppone alla cultura, bensì comprende tutto ciò che trae da se stesso la capacità di sorgere, trasformarsi e divenire […] la forza di esistere come exsistere, uscire da sé per protendersi sino all’apparenza e proiettarsi oltre ciò che si è e si ha, secondo una finalità senza scopo» (p. 47). Questa affermazione del pensatore veneziano è di grande rilievo. Il protendersi oltre se stessi proprio degli enti di natura, per Evola è forza magico-erotica. Il filosofo, argomenta Gasparotti, ha assunto nel suo sistema la potenza in una accezione diversa da quella attribuitale da Aristotele. Lo Stagirita formulò una teoria privativa della potenza, in quanto tale potestas può: «solo essere retroattivamente pre-supposta come tale a partire dalla realtà della sostanza determinatamente attuatasi» (p. 48). Tale potenza de-potenziata si è riversata su gran parte del pensiero occidentale, che ha giustificato il divenire a partire dalla dottrina aristotelica della potenza-atto, dando luogo, per tale ragione, ad una serie infinita di filosofie dell’impotenza. Al contrario, quella evoliana risulta essere filosofia della potenza in quanto tale potestas: «si identifica con l’atto stesso quale enérgeia, quale potere all’opera» (p. 48).
L’Eros circolante nella physis, tiene insieme gli enti, determina tra essi l’attrazione simpatetica che realizza la mixis. La medesima propensione è presente negli uomini e in particolare, come rilevò Platone, in chi tra essi si dedichi alla filosofia. Essa si dà: «senza (determinare) alcuna fusione ad unum, bensì nel senso dell’unitas multiplex» (p. 50). Non si tratta di realizzare l’Uno androginico, ma di lasciar essere la forza magico-erotica, le tensione che spinge verso l’Uno. La physis-mixis è visione radicalmente diversa da quella prevalsa in Occidente, divisiva, analitica e staticizzante indotta dal logocentrismo, dal dominio del concetto, dell’essenza e dell’ universale. Tale potente natura trova espressione nell’immagine. In essa tutto è in tutto e: «la forma […] delimitando apre, senza fissare, senza differenziare» (p. 52). Il singolo, l’esistente, la presenza nuda per Evola vale non per quello che è astrattamente, ma per ciò che è capace di realizzare, di fare, in virtù del grado di potenza conseguito. Anche nell’ambito erotico sessuale. Nella pratica erotica vengono così ricongiunte etica, estetica e metafisica, separate, al contrario, nelle filosofie dell’impotenza. Conclusivamente per Evola: «l’agire è […] irresistibile esercizio di potenza magico-erotica, la quale non si acquieta mai in alcun cadaverico oggetto né da mai luogo ad alcuna astratta trascendenza» (p. 54).
Un libro, Eros, Magia, Sacro in J. Evola. Per un eroticamente (s)corretto, che oltre a ribadire il tratto anagogico dell’eros inteso in senso tradizionale, apre interessanti scenari per la filosofia evoliana, ribadendone originalità e imprescindibilità per la comprensione critica del nostro tempo.
Giacomo Rossi
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