“Il titolo più appropriato sarebbe: Lo stupro”
Così scriveva in una lettera Alberto Moravia presentando La ciociara al suo editore, Valentino Bompiani.
Non avrei mai voluto scrivere un pezzo del genere, non ce ne sarebbero l’utilità, lo scopo, le ragioni, dopo un ventennio di femminismo radicale.
Ma evidentemente una ragione c’è se il femminismo di ieri stigmatizzava ogni forma di sottomissione della donna, compresa quella islamica, mentre quello odierno, legato alla lobby LGBT, si è lasciato sedurre da stomachevoli boldrinismi contorti che muovono al disprezzo tutte coloro, e sono la maggioranza, che non si sentono protette da questa dittatura delle minoranze etniche e sessuali.
Non avrei mai voluto scriverlo per asfissiante mancanza di lettori o semplicemente perché, alle invettive personali, non seguono azioni correlate, efficaci, un’unione di persone fatte di carne e ossa e non di pixels.
Ma dopo l’atteggiamento completamente menefreghista e l’assenteismo delle donne che contano del non eletto governo italico, davanti alla solitudine della giovane polacca, di quella finlandese, della bambina di 11 anni sfuggita per miracolo alla violenza sessuale del solito magrebino – cronaca di ordinari stupri delle ultime calde settimane di questa rovente estate di sbarchi negrieri – la necessità è impellente.
“Urge!”, reciterebbe a teatro il Bergonzoni.
Qualcosa di sordido si sta consumando tra i palazzi del potere.
Un’inquisizione peggiore del fu autodafè cattolico.
Un Tribunale che processa le intenzioni senza giuria popolare, nè avvocati difensori, ha designato le vittime, in base alle nuove eresie decretate per statuto dal polcor onnipervasivo, da consegnare definitivamente ai roghi sempre accesi di Bruxelles, Strasburgo e L’Aja.
E tra queste malcapitate è caduta, ovviamente, l’Italia mutilata della sua espressione sovrana, della sua autodifesa territoriale, della sua storia socioculturale, dei suoi referendum e delle sue “elezioni democratiche”(sic!).
Sulla stessa pira ardono anche gli italiani che non possono e non devono più considerarsi un popolo, ma semplicemente un accidente demografico decadente sulla rotta devastante di migranti sfruttati da ONG, Soros, Chiesa, coop, mafie e imprenditoria senza scrupoli.
Autoflagelliamoci con un buonismo arcobaleno fondato sugli introiti oscuri di fondazioni e sedicenti movimenti che aspirano al 5 per mille e al ripopolamento del nostro sterile paese – al netto dei milioni di bambini italiani morti per Interruzioni Volontarie di Gravidanze negli ultimi 40 anni – e il rinfoltimento demografico è assicurato, con la gentile partecipazione della prorompente sessualità dei ragazzotti di colore, concepiti anche con la complicità missionaria ecclesiastica antipreservativo, ai quali dovremmo, per questioni di statistica e previdenza sociale, consegnare supinamente le nostre donne e le nostre bambine al primo menarca.
Tutto ciò, con il tacito consenso delle sinistre ministre che si sentono sorelle dei profughi, cittadine del mondo, soggetti da harem utopico senza schiavitù sessuale e pericolo di sottomissione – in quanto protette dai nostri denari e dalle loro posizioni istituzionali ottenute senza i nostri voti –, testimoni addolarate, a loro distorto pensare, di una Resistenza Postcoloniale infinita (vendetta), in sostituzione della defunta Rivoluzione Permanente trozkista.
Così, redistribuendo per coercizione prefettizia poveri africani e geni, si confondono corpi, menti e animi, e si costringe un’intera popolazione a immolarsi sull’altare di questa inarginabile tratta schiavistica o falsa accoglienza, imposta anche da una volontà germanica di distruzione sistematica dell’Italia, quale concorrente economico pericoloso sul piano turistico e dell’export.
Cosa si pensa e si dice nei bassifondi evitati dal potere, nelle consorterie dei pochi intellettuali dissidenti che ancora riescono a parlare liberamente fra loro?
Si afferma con forza che i veri profughi sono quegli italiani che non vogliono e non riescono ad accettare, affrontare e conformarsi al diktat inclusivo che vorrebbe passare sotto silenzio quanto sta accadendo agli occhi di tutti.
Sono gli italiani che, per mancanza di politici seri e per eccesso di buffoni teleguidati dai soliti plutopoteri, non sono e forse non sono mai stati al centro della scena né nazionale, né europea, né internazionale.
Sono gli italiani obbligati a un meticciato periferico urbano puntato verso la ricchezza decadente dei centri cittadini, come un kalasnikov sulla tempia della classe media: un cancro sociale che sta progressivamente devastando la res pubblica, divorandosi un rimasuglio di vivere comune più o meno accettabile, miccia delle prossime esplosive guerre tra disperati.
Sono gli italiani che si sentono rifugiati politici e hanno paura di uscire di casa con il pensiero di ritornare e trovarsela occupata, rischiando di non rientrarne leggittimamente in possesso.
Sono gli italiani che temono per la loro vita e quella dei loro famigliari quando gli si nega per legge la possibilità della legittima difesa.
Sono gli italiani che hanno paura di dire quello che pensano su quello che li sta strangolando.
Sono gli italiani costretti a confinarsi ancor di più nel loro atavico individualismo costellato di dipendenze di ogni genere, molte indotte dallo Stato che veglia su ogni divergenza dalla linea rossa imposta per dividere e imperare sulla loro immaturità politica.
Le budella, per fortuna, un moto di dissenso ancora lo provano, un misero disincanto sempre più generalizzato, che però non trova, nella sua forma eccessivamente atomizzata, un partito di riferimento che non sia il solito scempio reazionario o dittatoriale, destinato a implodere o a frammentarsi in uno spezzatino di ingiurie e dossieraggi, fino al raggiungimento del vitalizio parlamentare mai seriamente eliminato.
Sono sensazioni sempre più sgradevoli quelle che affiorano ogni qualvolta gli storditi italiani transitano per le trasformazioni urbane islamizzate, africanizzate, ghettizzate all’ombra di sharia, melting pot, mediazioni culturali impossibili e impraticabili, alle quali si risponde con un’ anestesia generalizzata del sistema nervoso, obbligandosi a non reagire con la violenza alla violenza, soprattutto quella praticata dai servi dell’ultraliberismo, desiderosi soltanto di schiavi più a buon mercato di quelli che cantavano il blues nelle piantagioni di cotone virginiane.
I deficienti compagni del polcor pdiota accusano gli italiani, che si sentono ancora italiani, di borborigmi populisti, neofascisti, neonazisti e, subodorando una completa disfatta elettorale nel 2018 (sempre che le oligarchie europoidi non trovino il modo di venire loro incontro a suon di innalzamento di spread e catastrofi finanziarie discorrendo), inventano leggi repressive contro i bianchi cattivi che non vogliono convivere o fare spazio all’occupazione geosociopolitica del Continente Nero.
E per dirla tutta, anche il peggiore dei comunismi possibili è solo un’ombra di se stesso, di qualche nostalgico dell’ANPI che tenta ancora di indrottinare gli idioti leghisti, i destri del M5S, i reprobi di Casapound, etc., sostenendo che il revisionismo è negazionismo, solo se mette all’indice la nomenklatura a est e a ovest della defunta cortina di ferro.
I puntelli polcor per favorire la Grande Sostituzione Etnica sono: l’islamofobia, il reato di apologia di fascismo/nazismo e il silenzio/assenso allo stupro.
In realtà è evidente che:
1) la comunità religiosa più martirizzata al mondo è la cristiana;
2) il fascismo, il nazismo, il franchismo, il destrismo più “retrivo” sono ormai spettri psicotici che svolazzano nella mente di certi ignobili politici da sottoporre immediatamente a Trattamento Sanitario Obligatorio;
3) l’unica violenza sulle donne ammessa dalla NEOSTASI, sembra essere il discutibile femminicidio che la perversione giudiziaria ha scatenato contro l’uomo bianco eterosessuale. Perché è lampante che lo stupro compiuto dagli africani, pratica che si allargherà a macchia d’olio in tutto lo stivale con l’aumento dei falsi permessi umanitari, tra non molto sarà considerata un’espressione culturale alla stregua della pedofilia, derubricata dagli psichiatri di tutto il mondo liberale come innocuo orientamento sessuale.
Che fare?
Rispondere con leggi uguali e contrarie, ad esempio: reato di apologia di comunismo, di cristianofobia, di eterofobia e quant’altro farebbe felici molti, forse l’intera maggioranza silenziosa che non vota.
Non viviamo in un’utopia post rivoluzionaria dessinistra, ma in una realtà involuta affine al tribalismo.
Tribalismo di sangue, di partito, di idee, di minoranze sessuali, etniche, roba che la mafia, la camorra e l’ndrangheta, conoscono e praticano senza bisogno di scomodare il ciarpame polcor che ne è un’ esangue imitazione per psicolabili cacciatori di nazisti sul web che vorrebbero immediatamente internare in un campo di rieducazione (sempre secondo i sacri principi dettati dall’ineffabile Carta Internazionale dei Diritti Umani).
Le affiliazioni al pensiero unico, al mondialismo, alla globalizzazione, sono espressioni irrazionali, atti di fede, il ritorno al rito e alla mitologia della società e dell’individuo costruiti sul tavolaccio dei dr. Bankenstein che applicano la vivisezione dei popoli con le leggi del Terrore di un Robespierre.
Non dovremmo scandalizzarci se i polacchi trascinassero immediatamente alla ghigliottina i quattro stupratori di Rimini.
Scandalizziamoci per i boia senza mandato che ogni giorno mozzano le nostre libertà costituzionali perché noi non siamo riusciti a cacciarli dai seggi parlamentari, dove indisturbati praticano la loro distopica visione radical chic del “volemose bene”, spalleggiati dal Sommo Checco che rincara la dose con una nefasta interpretazione letterale dell’ ”ama il prossimo tuo come te stesso”.
E questa assurda weltanschauung da quattro soldi viene praticata in spregio ai cittadini che la sovvenzionano, con tutti i sacrifici del caso, nel Parlamento che ci hanno espropriato con l’inganno e che deve essere restituito al popolo per il popolo.
Sempre che questo fantomatico popolo esista ancora o non si sia già mantecato in un’espressione gourmet rinunciataria, in una salsa fredda di occhi, bocche e stomaci famelici, vaganti alla ricerca del prossimo piatto da divorare… previo scatto da inviare con instagram a una ridda di sconosciuti amici che non si incontreranno mai.
Il Poliscriba
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