Socrate: Possiamo, perciò, dire che vi sia una parte dell’anima più divina di quella in cui
hanno sede il conoscere e il pensare?
Alcibiade: Non è possibile.
Socrate: Ebbene, questa parte è simile al Dio, e chi la contempla e conosce tutto ciò che è divino, Dio e il Pensiero, giunge a conoscere anche se stesso il più possibile.
( Platone, Alcibiade Maggiore, 133 c ).
Tra l’illuminismo razionalista ed ateo, poiché astratto, lontano dal Mondo e, quindi, individualista e “misura” di sé stesso e la possessione bacchico-dionisiaca, irrazionalista, chiusa individualisticamente nella sua esperienza emotiva, staccata anch’essa dal Mondo, che rifiuta, volendo uscire dal Mondo medesimo; sintomi, ambedue queste spiritualità, questi modi di essere e di vedere la vita, della frattura che l’uomo greco vive nella sua terribile decadenza spirituale e politica; Platone indica, è la Via Regale (1) ed Apollinea (2) della autentica Ellenicità: la riunificazione del dato Religioso con la Conoscenza, della fondazione della Conoscenza sull’oggettività del Sacro che è tale in quanto è il Mondo nella sua Idea (il Mondo delle Idee). È la Via Regale della riproposizione della Realtà del Sacro non come esperienza fuori dall’epistéme, dalla conoscenza, estranea al Nous e quindi anche alla razionalità, alla misura, alla conseguenzialità logica, al Pensiero, alla limpida Luce dell’Intelletto, ma come discorso Religioso fondato sulla Conoscenza, in termini moderni: come Teosofia Iniziatica o Teologia Speculativa, questa è l’autentica, in quanto arcaica e quindi genuina, spiritualità indoeuropea e quindi ellenica ed omerica che riappare in Platone. Tale esperienza integrale esce dalla dicotomia che teneva l’uomo greco prigioniero di due false alternative che erano da un lato, la via orfico-dionisiaca, in uno con la cultura ed il mondo della tragedia, e dall’altro, l’individualismo nichilista e corrosivo dei Sofisti che determinava la fine triste di ogni possibilità storica di una conoscenza che fosse stabile ed incontrovertibile, reggendo alla forza dei venti della contestazione moderna che proveniva proprio dai retori e dai sofisti stessi. Platone (ri)vela il Fondamento (Arché) che è, e non può non essere fondato nella e sulla oggettività Reale (fuori ed autonoma da ogni soggettiva ed umana inclinazione psichica) dell’Anima intesa come Pensiero e congenere alle Idee, Anima che è tanto universale quanto il Principio che si manifesta a Delfi, essendo il Medesimo.
L’universalità della “parte” dell’Anima, che è il Pensiero, è la stessa Misura (méghiston màthema) che ordina il Mondo ed è Apollo; e qui è evidenziato il cosmoteocentrismo greco, che pone al centro del Mondo il Dio e non certo l’uomo (antropocentrismo cristiano).
L’essenza divina dell’Anima dell’uomo (Intelletto-nous) è la stessa essenza divina dell’Anima del Mondo, è lo Spirito come Assoluto, lo Spirito come Universale, è la autoconoscenza del Sé che sta (epìstamai) nel «Conosci te stesso!». È conoscenza indubitabile ed indistruttibile, eterna, che va oltre il Tempo e lo Spazio, perché è la Conoscenza di ciò che è sempre, e, se la conoscenza è identificazione con l’ “oggetto” conosciuto, è indistruttibile poiché è lo stesso Eterno che guarda Sè stesso, riconosce Sè stesso e ritorna in Sè stesso (Autoconoscenza dello Spirito come Assoluto), nello sfondo resta l’immagine mobile di Lui, che può ingannare, poiché è opinione e non Scienza.
Il Circolo Idea-Natura-Spirito è ciò che insegna il Sapere trasmesso da Hegel; tutto ciò nel lessico platonico si traduce nell’espressione: “conoscere l’anima – conoscere sè stessi – conoscere Colui che comanda di conoscere sè stessi”.
CONOSCENZA DEL DIVINO COME AUTOCONOSCENZA: L’ALCIBIADE MAGGIORE
Forse il testo platonico dove quanto si è esplicitato sin qui è enigmaticamente presente, in poche righe, è l’Alcibiade Maggiore, Dialogo che per gli Antichi e per il neoplatonici, in particolare Proclo che vi dedicò un commentario (3), è come una sintesi protrettica alla sophìa platonica ed alla consustanzialità tra Filosofia e Mondo Divino.
«Socrate: L’anima, dunque, ci ordina di conoscere colui che comanda di conoscere se stessi.
Alcibiade: Sembra...» (4).
È necessario, nel leggere questo passo, porre molta attenzione, poiché Platone, così all’improvviso, nel corso del Dialogo, inserisce ed espone il nocciolo della sua sapienza esoterica, nel senso di preziosa e nascosta ai più! Da una parte abbiamo un’eguaglianza: conoscere l’anima = conoscere sé stessi; dall’altra
abbiamo la necessità della conoscenza di Colui che comanda di conoscere sé stessi. Pensiamo che tale discorso, nel tentativo di essoterizzarlo, possa essere compreso se lo si considera come un sillogismo. Infatti, se il concetto del conoscere l’anima equivale, è il conoscere sè stessi, se l’anima, che è il noi stessi, ci ordina di conoscere Colui che comanda di conoscere noi stessi e cioè l’Anima medesima, il concetto di “Colui che comanda di…” è incidentale, è essoterico, può essere tolto e il significato della intera proposizione non solo non ne soffre, né entra in contraddizione, ma apparirà sempre più chiaro!
In sostanza quel dire che vi è il Soggetto, l’Altro che comanda a noi, e quindi quell’esprimere la Dualità (il Soggetto e Noi…), è una tecnica dissuasiva tipica della scrittura che nasconde un significato diverso da quello che appare. Se noi, infatti, espungiamo questo concetto (del Noi e dell’Altro…), l’intero Discorso si esprimerà in tale guisa: L’Anima ci ordina di conoscere (Colui che comanda di conoscere) noi stessi; che equivale a dire: Noi stessi ordiniamo a Noi stessi di conoscere Noi stessi (Colui) che ordiniamo (comanda) di conoscere Noi stessi! Il “momento” iniziale risiede nel prendere autocoscienza, nel dover pensare e conoscere il fatto spirituale che consiste nel comando che Noi stessi facciamo a Noi stessi di conoscere Noi stessi! Tale è il significato profondissimo di ciò che vuole indicare Platone: non è l’Altro che comanda a Noi ma siamo Noi stessi, nella parte superiore della nostra Anima, una volta svegliati e rammemoranti ciò che abbiamo obliato, che ordiniamo al nostro Essere più profondo di conoscersi: ecco annullato l’apparente ed essoterico dualismo, tipicamente religioso (direbbe Hegel) in quanto oggettivante la Divinità, rappresentandola come una Entità posta di fronte all’Io, quando invece Platone ci sta dicendo, dopo 2300 anni, che Tutto inizia e si completa, nel profondo della nostra Anima!
Si può anche dire che qui Platone ha espresso la medesima Verità in due formulazioni differenti: l’Anima ci ordina di conoscere, è la prima; e Colui che ci ordina di conoscere, è la seconda; queste appaiono infatti due proposizioni diverse, ma, alla luce dell’intero Discorso platonico, che noi sopra abbiamo tentato di esplicitare, è vero che dove, nella seconda proposizione, ci dice di “Colui”, sta affermando la stessa cosa filosofica detta nella prima proposizione. Infatti è l’Anima (Apollo) che, sola e da sempre, ab aeterno, ordina di conoscere e quindi è autoconoscenza del Comando di conoscere!
Apollo è, pertanto, il Principio dell’Anima e nell’Anima, è l’Intelletto (Nous), lo Spirito che comanda a colui il quale ancora è nel buio dell’illusione dell’Io, di conoscere Sè stesso; fugata l’illusione, acquisita la consapevolezza che non è mai esistito l’Io, si riconoscerà che il Divino nell’Anima e dell’Anima ordina a Sè stesso (che è il vecchio “Io” ormai morto) di prendere coscienza di tale evento spirituale e allora è il Dio medesimo che si rivela, è il Dio che conosce Sé stesso, è l’Universale puro che contempla, dopo il percorso del Circolo, la realizzazione e la manifestazione nell’Uomo di Sé medesimo; è lo stesso Divino, è la sua Luce, che necessita della manifestazione dell’uomo e del Mondo, per conoscersi e quell’Uomo sarà giusto verso gli uomini, santo verso gli Dei, conoscerà il Bene che deriva dalla contemplazione delle Idee e sarà amico e simile al Dio (5), per quanto è possibile all’umanità.
Note:
- G. CASALINO, Platone Maestro della Tradizione occidentale, in IDEM, Tradizione classica ed era economicistica, Lecce 2006, pp. 123 ss.
- K. KERENYI, Apollon. Studien über antike Religion und Humanitat, Lipsia 1937; R. GUARDINI, La morte di Socrate, Brescia 1998, pp. 305 ss.; A.J. FESTUGIÈRE, Contemplation et vie contemplative selon Platon, Paris 1950, pp. 421 ss.; K. ALBERT, Griechische religion und platonische philosophie, Hamburg 1980; C. SCHEFER, Platon und Apollon vom logos zurüch zum mythos, Akademia Verlag, Sant-Augustin 1996.
- Proclus, Commentary on the first Alcibiades of Plato, Amsterdam 1954.
- PLATONE,Alcibiade Maggiore, 131 A.
- S. LAVECCHIA, Una via che conduce al Divino. La “Homòiosis theò” nella filosofia di Platone, Milano 2006.
Giandomenico Casalino
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