di Andrea Andrighetti
Giovedì 5 marzo, alle ore 18.30, presso lo Spazio Ritter (Via Maiocchi 28, Milano) si presenterà il libro Milano Celta: le tre fortezze.
Come ho avuto recentemente modo di scrivere per EreticaMente si tratta di un libro che sta già facendo discutere.
Le profonde radici celte della metropoli non sono mai state riconosciute dagli archeologi che si sono occupati di Milano, i quali hanno sempre dichiarato di avere individuato solo lacerti riconducibili ad un semplice e “povero” abitato sparso.
Oggi, in una città che è stata fatta invadere e dove i problemi d’ordine pubblico sono sempre più pressanti, ancor meno si presume di avere voglia e tempo d’indagarne la storia antica.
Eppure sono questi i momenti in cui maggiormente si ha bisogno d’andare a ritrovare le proprie radici per fare fronte innanzi all’iniquo processo di deculturazione e di depauperamento delle nostre tradizioni.
Anche solo leggendo i testi classici che parlano della conquista dell’attuale Lombardia da parte delle legioni di Roma ci si rende conto come queste abbiano faticato, impiegando decenni, ad insediarsi nella terra dei Celti Insubri con i loro castra stativi. Ma vi è stata vera conquista nel 222 avanti l’anno zero? Si è realmente costruita la città di Milano sul modello romano, oppure solamente nel corso dei secoli successivi si sono eretti i grandi edifici e le mura che, di fatto, racchiudevano solo una porzione della città, all’interno delle preesistenti grandi cinture terrapienate celte?
In ogni caso, negli anni a venire, si ritrovano nel senato di Roma imperiale i rappresentanti degli Insubri che, a tutta prima, si è liquidati come assoggettati e praticamente scomparsi dalla scena politica, sociale e militare della Storia.
Dopo tre millenni l’impronta lasciata dal «murus gallicus», ovvero il terrapieno difensivo, il «terraggio», è perfettamente leggibile anche nel quartiere di Porta Ticinese, una delle tre fortezze. Questo deve dare da pensare e sotto molteplici punti di vista, in primis sulla metodologia d’indagine applicata allo studio e alla documentazione del nostro passato.
È questa persistenza che deve fare riflettere, perché la storia di un popolo e di una città non si cancellano con un’invasione, un territorio non si piega con manovre economiche e politiche, nonché militari, se chi lo abita ha coscienza di chi è e di chi è stato.
Milano, in questo libro, è solo un esempio, perché si parla anche di altri borghi situati in Brianza, si parla anche di altre città, come la celta Vercelli.
Nel libro si porta ad esempio, soprattutto e innanzitutto, la metodologia d’indagine applicabile ad ogni insediamento italiano.
Noi siamo un popolo, non dei naufraghi che guardano al proprio passato come ad una nave oramai incagliata e in disarmo che la risacca del mondialismo insabbia.
Questo è il significato della ricerca: guardare per vedere realmente, documentare per essere ciò che siamo, per mantenere sempre e comunque la coscienza e la cultura di un grande popolo decisamente vivo.