RIFLESSIONI SU GEORGE ORWELL
I volti contorti dai due minuti d’odio, la sorveglianza capillare sulla popolazione, il passato costantemente riscritto e mistificato: l’immaginazione di Orwell sembra aver travalicato i confini della sua epoca, per approdare nell’intimo del tempo presente, indicarne le storture e gli abomini.
L’immaginazione, certo, ma anche l’esperienza vissuta.
Anni di collaborazione con i servizi informativi inglesi: la BBC, sbocco ultimo di quell’ampio apparato propagandistico che, nell’Anglosfera, ha sempre lavorato a pieno regime per avere il predominio sull’oscuro istinto delle masse.
Nell’estate del 1942, Orwell promuoveva ancora la guerra mondiale come un’opportunità rivoluzionaria: «Non possiamo vincere la guerra con la struttura sociale ed economica che abbiamo al momento», scriveva in una delle sue London Letters destinate alla rivista americana, Partisan Review, per la quale fu corrispondente da Londra.
Non sapeva, forse, che gli interessi economici e politici dietro la guerra non avrebbero permesso a nessuno di virare la nave bellica verso i sognanti mari dell’equità sociale?
Forse sì, lo sapeva; ma era anche il momento di dare un obiettivo allo sforzo bellico, di far credere alla gente che, sull’ecatombe in corso, sarebbe sorto un nuovo benessere, un nuovo modello di convivenza. Orwell però, di fatto, scriverà di tutto nella sua London Letter dell’inverno ‘44-‘45 pur di farsi perdonare l’eccessivo entusiasmo rivoluzionario e il conseguente abbaglio, non l’unico dei suoi anni da reporter.
Come spiegare tali repentini cambi di posizione?
È possibile che Orwell, nei suoi slanci da attivista politico, non abbia seguito solo auspici e passioni personali. Nel ’45, le strategie della propaganda alleata gli erano già da tempo note e familiari; troppo perché non ne fosse permeato o comunque influenzato. Non si spiegherebbe altrimenti la bizzarra analisi geopolitica pubblicata a pochi mesi dalle atomiche di Hiroshima e Nagasaki: Tu e la bomba atomica.
Una delle stragi di civili più spietate che la storia ricordi. Ma, alla mostruosità dello sterminio voluto dagli americani, Orwell non fa un solo accenno. Egli si limita a parlare dell’incombente “guerra fredda”: un’espressione che può curiosamente e agevolmente rientrare nella categoria del bipensiero orwelliano, soprattutto se riferita alla tecnologia bellica nucleare appena vista all’opera.
È dunque lecito pensare che Orwell abbia fatto ricorso, in alcune occasioni, alle pratiche che denuncerà, poi, nella sua famosa distopia. Che collaborò con i servizi inglesi è d’altronde cosa certa; non solo per la sua attività all’interno della propaganda alleata, ma anche perché, nel 1949, stilò una sorta di lista di proscrizione per l’Information Research Department contenente i nomi di quegli intellettuali ritenuti non idonei a svolgere campagne antirusse. Si tratta della Orwell’s list, nota come tale dal 2003, quando venne desecretata dal Foreign Office britannico e, con indignazione, gli inglesi vi lessero i termini diffamatori con cui Orwell additava i vari proscritti.
Di fronte a questi fatti, 1984, certamente una delle opere più rivelatrici del secolo scorso, appare meno fantascientifica o distopica e più autobiografica.
La possibilità che Orwell abbia fatto proprie le stesse strategie comunicative narrate in 1984 trova più conferme che smentite in Quale tiranno tiene legata la tua vita, un’antologia di inediti di recente pubblicazione; infatti, in diverse occasioni, lo scrittore inglese vi nega, o sminuisce, crimini documentati che però vanno contro la propria parte politica, ad esempio. Ed effettivamente, il suo destino, quello di un uomo irretito nelle trame di un potere che mistifica puntualmente la storia, troverà un alter ego molto credibile nel personaggio di Winston Smith.
Se tutto ciò non esaurisce la questione, l’atteggiamento intellettuale e le operazioni culturali portate avanti da Orwell tra gli anni Trenta e Quaranta non vanno comunque sottovalutate. In tal modo, si comprenderà ancora meglio fino a che punto 1984 descriva pienamente l’approdo ultimo dell’anticiviltà occidentale, il miraggio della giustizia sociale che assume forme repressive, il potere che promette solo per ingannare, le fatue meraviglie del progresso tramutate in un feroce incubo.
Gianfranco Strazzanti
Traduttore dell’antologia di inediti di George Orwell
Quale tiranno tiene legata la tua vita London Letters, articoli sulla guerra, recensioni letterarie, poesie
Collana: I fili nascosti della storia
Capponi Editore, 2022