Il cristianesimo, come qualsiasi altra religione o movimento devozionale, fa prendere l’iniziativa al Dio iniziale, ma il Dio che crea di sua propria iniziativa (creazionismo), innesca dei problemi e delle incongruenze, non ultima quella di sollevare la creatura da ogni responsabilità, diffondendo una sensazione di arbitrio, di arbitrarietà divina, e anche questo ha contribuito molto a screditare la trascendenza, che invece è un processo reale di cui si deve tenere conto. I devozionali e i personalisti divini non si rendono conto che l’esasperazione della devozione finisce per ritorcersi contro di loro, difatti la creatura, essendo stata sollevata da ogni responsabilità, non può nemmeno essere ritenuta obbligata alla devozione! L’altra conseguenza fatale è la bestemmia, non a caso la bestemmia è così diffusa nel mondo devozionale, proprio perché si ritiene Dio responsabile di tutto, anche dei propri guai, e allora si reagisce di conseguenza.
“Dio ci ha creato per amore”, dice il devozionale. Questo è già troppo, anche se l’intenzione è buona, però è sempre il Dio che prende l’iniziativa, per ragioni sue.
“Dio ci ha creato per amarlo e servirlo in questa vita e poi goderlo nell’altra”. Questa invece è una formula blasfema, perché diffonde l’immagine di un Dio megalomane e narcisista, che crea con dei secondi fini e per necessità proprie.
“Perché Dio permette che accadano queste cose?” Tipico quesito creazionista e devozionale, una religione che induce nei suoi fedeli quesiti così assurdi, è pregata di farsi un serio esame di coscienza, circa il suo modo d’agire e la sua impostazione teologica.
Purtroppo i cristiani si sono formati due o tre bei quadrettini di estetismo moralistico e sentimentale, e stanno in mirabile contemplazione di questi quadretti, senza nemmeno chiedersi se essi sono in sintonia con i dettami della conoscenza metafisica. Un altro loro errore sta nell’assurda pretesa di rendere obbligatori la fede e la devozione, naturalmente sono buone e “bene” anche le vie devozionali, però non possono essere imposte, né rese obbligatorie.
I devozionali mancano del senso delle proporzioni, tra Dio e l’uomo può esserci la stessa differenza che c’è tra l’uomo e la formica, nessun uomo si è mai sognato di fare il seguente discorso alla formica. “Io sono il tuo Signore e Creatore, devi obbedirmi e adorarmi se no ti fulmino, se farai la brava formichina ti darò lo zuccherino altrimenti ti schiaccerò”. Se io sono il Dio della formica, vuoi che non sia in grado di disporre le cose, al livello del mondo della formica, in modo tale che il rispettivo comportamento della formica andrà a suo vantaggio o a sua rovina? Non ho affatto bisogno di intervenire personalmente come un gendarme o un giudice severo, perché la giustizia è stata resa implicita nello stesso ordine di realtà, non a caso il “male” nega per principio la logica conseguenziale di causa ed effetto. Nel cristianesimo il rivestimento esteriore di certe profonde verità è scandalosamente infantile, è stato detto di essere semplici come bambini, non di essere infantilisti! Gli ortodossi si sono dimostrati molto più saggi, hanno un maggiore stile e dignità, non si sono abbandonati a un certo sentimentalismo degenere, frutto del cristianesimo paolotto (secondo alcuni, studiato apposta per infiacchire la tempra e lo spirito degli ariani).
Nelle religioni non c’è proprio niente di assoluto, sono dei semplici supporti momentanei che servono come sostegno, il loro scopo è di diffondere una certa influenza spirituale, di orientare blandamente la massa verso l’alto e di impedire che le persone si danneggino troppo a causa della loro ignoranza metafisica e a causa della loro mancanza di qualifica. Sulla lunga scadenza, il loro scopo dovrebbe essere il rendere autonome le persone, fare in modo che esse siano in grado di stare in piedi sulle proprie gambe e procedere da sole, ma se le religioni cristallizzano troppo e si innamorano di sé stesse, può accadere che allora esse ti spezzano una gamba per costringerti al bastone!
La polemica tra monoteisti e politeisti è una polemica oziosa, monoteisti, politeisti e ateisti si trovano tutti sulla stessa barca, la barca del teismo. Di là dal teismo c’è solo il non-teismo, il quale non nega affatto il teismo, né gli si contrappone, è solo diverso e affronta la questione in un altro modo. Teismo e non-teismo rimandano all’aspetto personale e impersonale della divinità, queste distinzioni o versanti vogliono semplicemente dire che il Principio Supremo non può essere ridotto a questo o a quell’aspetto, poiché è di là da ogni aspetto possibile. La montagna è una sola ma ha due versanti, il versante è la conseguenza dell’osservare la montagna da un punto di vista unilaterale, che, come tale, stabilirà automaticamente un punto di vista opposto. Se il tuo versante lo chiami teismo, il versante opposto, appunto perché non è il tuo stesso versante, si chiamerà “non-teismo” e non anti-teismo, come pretendono stupidamente i dialettici. I due versanti della montagna si chiamano: possibilità di scelta; se non ti piace questo versante, devi cambiare prospettiva, passando a un versante diverso. Se non ti piace il teismo, basta passare sull’altro versante, che è buono e lecito anch’esso, poiché i due versanti della montagna non possono contraddirsi, essendo aspetti di una medesima realtà.
L ‘ateo, negando un Dio immaginato come esterno, in questo modo sta negando il suo principio divino, esasperando la frattura e la contrapposizione che ha in sé, perché l’esterno è lo specchio dell’interno, negando il Dio esterno, si negherà anche il Dio interno, e questo vale per qualsiasi altro principio spirituale. Il Cristo o il Verbo, per esempio, (anche se questo riferirsi al Verbo è tipico della tradizione ebraica e al relativo personalismo, tant’è vero che là in Oriente non si è mai avuto nulla di simile) può essere Persona, Principio o Funzione. Ciò che dà ragione ai personalisti cristiani è che ogni Principio o Funzione metafisica, volendo, può essere personificata (ci si mette dentro la propria coscienza e il proprio essere), quindi è possibilissima l’esistenza di un Gesù Cristo e di una Immacolata Concezione, però un essere che è un Essere che si riduca ad essere “solo” Cristo o l’Immacolata Concezione, questo non è il massimo e ha i suoi limiti.
Nonostante la molteplicità di Dei, l’etica della paganità antica era impersonale, quel: “i romani pregavano gli dei in piedi e a testa alta”, segnala appunto che la via non è devozionale, poiché ci si trova sul versante dell’impersonalità metafisica. I tanti Dei presenti possono sembrare in contraddizione con il versante impersonale, in effetti hanno esagerato un po’ troppo con la personificazione degli Dei, che sono poteri e potenzialità sovraumane e anche metafisiche, però si personificava ciò che è ancora soggetto al limite, ciò che sono gli intermediari tra il Principio Supremo e gli ordini di realtà inferiori. Là dove il Principio Supremo è lasciato impersonale, si ha un pullulare di Dei, dove invece il Principio Supremo è personificato, come nel cristianesimo, gli Dei si squagliano. I santi cristiani sono personificazioni di virtù, l’analogo degli Dei sono le Coorti angeliche. L’impersonalità del Principio Supremo, non significa che Egli non sia cosciente e vitale, ma solo che definendolo Persona, si impone un limite a una Realtà che è di là da ogni limite; Egli è “presente”, la sua presenza è più che sufficiente, è l’Immutabile fisso che fa “essere” le cose senza bisogno di “fare”.
I filosofi credono che l’infinito, per esempio, essendo tale, non potrà mai creare qualcosa di finito, quindi l’infinito deve essere limitato dal finito. Questo succede perché per loro l’infinito è un semplice concetto mentale, si deve invece tenere presente che valenze aperte come possono essere: l’Infinito, l’Incondizionato, l’Incommensurabile, l’Assoluto, se non hanno un abitante nel loro interno, coincidono col nulla. All’infinito, mettendoci dentro la coscienza, si avrà: coscienza infinita, che è sinonimo di potenza infinita. Vuoi che una potenza infinita non sia in grado di produrre qualcosa di finito? Questa è una cosa che si chiama “valenza realizzativa” o “realizzazione” (spirituale o metafisica), una cosa che è di pertinenza della metafisica e per questo i filosofi non riescono a comprenderla, perché se essi ne avessero anche solo una vaga idea, si renderebbero conto che tutte le loro arzigogolazioni mentali non portano da nessuna parte, meno che mai a “realizzarsi”!
Nel versante dell’impersonalità metafisica la responsabilità della creazione è ascritta più alla Creatura che al Creatore, perciò Dio è sollevato da ogni responsabilità, questo anche perché, più che creare, si tratta di manifestare, e si può manifestare solo ciò che è già potenzialmente presente nel Principio; è la Creatura che spinge verso la manifestazione e non il Creatore, che è costretto ad assecondarla per impedire la sua dispersione.
Per rendere l’idea, non puoi dire che sia l’architetto il responsabile della materializzazione dell’idea- edificio, architetto e muratore si mettono all’opera dietro un preciso mandato del cliente, è quest’ultimo che è soggetto a necessità e quindi è il vero responsabile della materializzazione del progetto-edificio. Il “manifestare” è il semplice passaggio dall’essere in potenza all’essere in atto; se tu ti ritrovi a esistere nella Realtà Manifesta, è perché a tempo debito non ti sei più accontentato di essere una semplice possibilità o potenzialità contenuta nell’Infinito o nell’Assoluto o in un Dio, hai voluto impadronirti della tua possibilità; questa azione già implica un fraintendimento a riguardo della propria posizione, che unito al non aver superato una certa virtualità, provoca un rovinoso distacco dal Principio, e un precipitare in basso che segue la logica dell’inversione, per cui “l’incapacità di dominare dall’alto porterà a subire dal basso con i segni capovolti”, ti ritroverai prigioniero della tua potenzialità in atto materializzata. Diverse dottrine religiose parlano di caduta originaria e con ragione, perché l’essere, in origine, ha un problema da risolvere, che si presenta sotto forma di una virtualità da superare, una virtualità che può essere descritta così: “essere come Dio ma però non essere Dio”; questo “non essere Dio” è solo virtualmente vero, ma se questa virtualità non è superata positivamente, diverrà una cosa vera, e ci si ritroverà a non essere Dio.
Nell’atto che un possibilità secondaria contenuta nella Grande Possibilità iniziale (o Infinito) è illuminata dalla grande Coscienza primaria, acquisisce coscienza di sé, così si rende conto di essere una possibilità autonoma, in questo non c’è nulla di male, ma è presente una virtualità che deve essere superata positivamente. Autonoma “nella” Grande Possibilità e non “dalla” Grande Possibilità, autonoma “in Dio” e non “da Dio”, quindi separata da Dio e contro Dio, è questa seconda posizione che porta al distacco e all’espulsione, che in realtà è una autoesclusione. A ben vedere, tutto è giocato sulla relazione Uno – Molteplice, è come se la molteplicità potenziale contenuta all’interno dell’Uno iniziale divenisse autonoma dando luogo alla molteplicità in atto, cioè realmente distinta, ma tale molteplicità non può realmente separarsi dal Principio originario, può solo sperimentare sé stessa come se fosse separata. La molteplicità in atto è ripresa in un unico contenitore, il quale si può dire che sia l’estroflessione del Principio originario. Alla fine viene così a determinarsi una situazione analoga a quella che c’è all’inizio: là c’è un Principio iniziale che contiene in sé tutta una serie indefinita di potenzialità secondarie, qua c’è l’Universo reale dove tali possibilità sono in atto, si sono realizzate, però sono contenute tutte in un unico contenitore, questa proiezione analogica ha permesso alle varie possibilità di sperimentare se stesse come se fossero effettivamente autonome e indipendenti e quindi protagoniste, mentre il Principio – contenitore è costretto a giocare un ruolo passivo.
“Il mondo è una proiezione della mia volontà, oppure io sono una proiezione del mondo. È impossibile porre il problema in un altro modo, perché non posso affermare “Io non esisto” senza invalidare questa affermazione… O il mondo è una proiezione della mia volontà, oppure Io, la mia volontà, la mia esistenza, Io, sono una proiezione del mondo. Io sono il punto centrale del problema, Che io sia la causa o l’effetto è una cosa secondaria; il problema che si pone è quello dell’Io, dell’Io in sé. Il problema non riguarda soltanto il mio Io, ma è un problema universale che riguarda la cosa in sé, poiché ogni cosa di fronte a sé stessa è Io.”
“Perché io sono? Per la necessità della causa e l’ineluttabile fine immanente alla causa, nonché il suo logico compimento. Infatti la causa è necessaria, è imposta persino al nulla. Io sono perché sono Io, Ego, e sono Ego, perché il nulla di fronte a sé stesso è Ego. La causa è inevitabile, che io accetti o non accetti qualcosa, che l’affermi o lo neghi, che capisca o no. La causa è: Io sono. E se definiamo quest’ultima causa con il termine dio, deus, Dio dice: Io sono, e il mondo, Io, tutto è. Questa è la fine ineluttabile della causa: Ego, e questa fine è immanente alla causa e si compie in una logica assoluta.”
(Brani tratti da: “Insegnamenti e scritti inediti” di R, A. Schwaller de Lubicz , Ed. Mediterranee)
Questo è un altro caso di “rigido determinismo cabalistico”, l’autore è uno studioso di ermetismo egizio e di alchimia. L’impostazione è alquanto ambigua e tipicamente immanentista con tutta una serie di obblighi, di necessità e di ineluttabilità. Che la Realtà Manifesta necessiti di una causa iniziale, su questo si può essere d’accordo, ma c’è modo e modo di gestire la cosa, qua perfino Dio, poveretto, è obbligato ad “essere” e soggetto a necessità, e pure noi siamo costretti ad esistere per la necessità della causa, cioè del nulla che di fronte a sé stesso è Ego! È ben nota la legge dell’Essere che è ciò che è, ma qui ci si trova di fronte a una sua interessata deformazione, a una sua interpretazione “laicista”. La posizione di questo autore è quasi la stessa di quella di Hegel, le loro costruzioni logiche sono molto simili, perché partono da un medesimo Principio che in realtà non è il vero Principio iniziale. Hegel fa partire tutto dall’Idea, che è la tesi e l’attivo, Schwaller de Lubicz fa partire tutto dalla Causa, che è il soggetto e l’attivo, le costruzioni di entrambi si fondano sull’immanenza, ed entrambi negano o escludono per principio la realtà Non Manifesta, che è la vera Realtà metafisica, quindi stanno facendo i conti senza l’oste.
Qualcuno dirà: “Noi siamo nella Realtà Manifesta, abbiamo un’esistenza positiva in questa realtà positiva, non possiamo interessarci del non-essere del Non Manifesto che per noi è inesistente. Errore. Di qualsiasi cosa che c’è, è “presente”, noi ne abbiamo una versione interna, quindi se anche il Non Manifesto è un dato di fatto reale, dobbiamo tenerne conto.
Causa, Soggetto, Idea, Tesi, Fare, Attivo, Mente, Uomo, Anima, Realtà Manifesta, sono tutti elementi secondari, sicuramente protagonisti in quanto tutti attivi, ma sono tutti principi secondari che come tali non possono costituire un riferimento assoluto, né essere dati come il vero Principio iniziale di ogni cosa. Il muratore è senz’altro un protagonista, perché ha creato materialmente l’edificio, ma come fai a non vedere che di là del muratore c’è l’architetto, e che questo è, di fatto, il padrone delle due possibilità, del “fare” del muratore e del “non fare” del mattone, è questo il vero principio iniziale, che, come tale, possiede la vera possibilità di scelta e quindi la vera libertà. Il muratore, come qualsiasi altro elemento analogo, è caratterizzato da quell’unico fattore che è il “fare” o l’attivo, che se è esasperato o coltivato fine a sé stesso, lo trasforma in un ossesso, dando luogo a un attivismo isterico (teorie basate sul divenirismo continuo e sull’eterno progresso, la catena continua di tesi-antitesi-sintesi). Ecco allora la necessità, l’ineluttabilità, causata dalla causa iniziale eccetera, eccetera.
Riferimenti
Raphael – Essenza e scopo dello Yoga – Fuoco dei Filosofi – Ed. Ãśram Vidiã
Giuliano Kremmerz – La scienza dei magi
A. Schwaller de Lubicz – Insegnamenti e scritti inediti – Ed. Mediterranee