di Fabio Calabrese
Vi devo confessare che avrei tantissima voglia di voltare del tutto le spalle a quel che si chiama “il teatrino della politica” e di dedicarmi solo a temi metapolitici, culturali e spirituali, come mi riprometto di fare per l’avvenire, ma di fronte a un evento – una catastrofe epocale come la svolta che imporrà all’Italia, prevista, prevedibile ma non per questo meno dolorosa, questa sciagurata ma non certo anomala tornata elettorale del 2013, è impossibile non dire qualche parola. Diciamolo pure: l’Italia ha compiuto un passo decisivo verso l’orlo del baratro.
Io non ho proprio intenzione di vantarmi di aver centrato in pieno tutte le previsioni sull’esito di questa consultazione che ho fatto in “Come la sinistra sta sprofondando l’Italia nel baratro”; erano purtroppo previsioni molto facili da trarre: siamo in tempi di pesante crisi economica, e quando questo succede, per una sorta di atavico riflesso condizionato, l’elettorato tende a schierarsi a sinistra come se la sinistra fosse ancora quella di cent’anni fa, come se la tutela delle classi subalterne, delle classi lavoratrici non fosse l’ultimissima delle sue preoccupazioni.
L’aspetto paradossale di ciò è proprio il fatto che in questo modo le masse popolari tendono precisamente a mettersi nelle mani di coloro che aggraveranno la crisi nella quale si dibattono, e che ne sono quanto meno corresponsabili. Per quale arcano motivo la sinistra (o il centrosinistra, che è la stessa cosa), tutte le volte che ha avuto in mano le redini governative, ha inaugurato una politica di inasprimenti fiscali, cosa che oggi, con un’economia in recessione, non può che comprimere ulteriormente i consumi, mettendo ancor più in difficoltà le aziende e creando nuova disoccupazione, cioè aggravare ancor di più la già pesante spirale recessiva?
In parte questo dipende a mio avviso da una deformazione mentale insita nella mentalità marxista. L’idea è sempre quella di confiscare la ricchezza prodotta da una società per ridistribuirla secondo criteri che si suppongono equi, ma ciò di cui “I compagni” al potere sembrano incapaci di accorgersi, attaccati a una visione ottocentesca del lavoratore come proletario che contrasta con il fatto banalissimo che il lavoratore è anche titolare di beni, fra cui – primario – il possesso dell’abitazione, che non a caso oggi è il bene più tassato. In teoria, molto in teoria, lo stato come lo concepiscono “i compagni” dovrebbe rimettere in una tasca del cittadino-lavoratore sotto forma di servizi quanto gli toglie dall’altra come prelievo fiscale. Nella realtà le cose vanno ben altrimenti, perché in questo passaggio da una tasca all’altra la classe politica esercita una “cresta” davvero pesante, e questo è tanto più vero in Italia dove abbiamo la classe politica, la “casta” più famelica e corrotta dell’intera Unione Europea che solo di “rimborsi elettorali” si prende dieci volte il costo del finanziamento pubblico ai partiti in Germania, Gran Bretagna, Spagna, e non parliamo dei privilegi della casta, le auto blu e via dicendo, solo per limitare il discorso agli accaparramenti alla luce del sole, a fianco dei quali c’è un “sommerso” di mazzette e corruzione quasi sterminato.
Di fatto sappiamo che quando l’Italia è stata governata da governi di sinistra o centrosinistra (compreso il governo “tecnico” di Monti) abbiamo sempre avuto inasprimenti della pressione fiscale di cui hanno fatto le spese soprattutto le classi lavoratrici, fino alla situazione attuale di una fiscalità che “si mangia” oltre la metà (addirittura i due terzi secondo alcune stime) del PIL, ed è causa diretta della recessione e del crollo della nostra economia.
Questa però, come vedremo, è solo una parte della spiegazione.
Devo dire che a livello personale Pierluigi Bersani mi suscita un’antipatia molto inferiore a quella che avverto nei confronti degli ex democristiani che hanno studiato da comunisti e si sono diplomati a pieni voti, come Franceschini e Rosy Bindi (a parte una certa somiglianza con Gargamella, l’arcinemico dei puffi, guarda caso azzurri come si dichiarano gli esponenti del PDL), non credo nemmeno che sia ottuso come persona, a livello privato probabilmente non lo è, è semplicemente il rappresentante più in vista di una classe irrimediabilmente ottusa, quella della nomenklatura, degli apparatcik, dei burocrati di partito. Questo non toglie però che sia un uomo pericolos
o tanto quanto le forze che lo sostengono, e la stessa cosa si può dire di Matteo Renzi a cui Bersani sta semplicemente facendo da apripista.
o tanto quanto le forze che lo sostengono, e la stessa cosa si può dire di Matteo Renzi a cui Bersani sta semplicemente facendo da apripista.
Il nostro destino l’hanno già deciso ed è chiarissimo: l’impoverimento economico progressivo è solo una parte: il resto è dato dalla cessione sempre più massiccia di sovranità nei confronti di “istituzioni europee” che di fatto si riducono alla BCE, cioè un organismo PRIVATO, e dall’inquinamento etnico portato da un’immigrazione che troverà le porte sempre più spalancate, finché del nostro popolo costretto alla senilità e alla sterilità – come degli altri popoli europei, ma prima di altri – non rimarrà più nulla. Non a caso, uno dei progetti più cari a Bersani e al PD è la concessione della cittadinanza italiana ai figli degli immigrati. Essere o no “italiani” diventerà soltanto una parola scritta su un documento a cui non corrisponderà nessuna sostanza reale.
Rispetto a tutto ciò, la premiata ditta “Cinque stelle”, Grillo, Casaleggio & Co., non rappresenta in alcun modo un’alternativa, ma è un momento della realizzazione di questo piano. A beneficio dei gonzi, si recita la sceneggiata dell’ingovernabilità, e certamente si dovrà faticare a trovare qualche formula, qualche alchimia, “governo tecnico” (di nuovo!), “governo a tempo”, “governo istituzionale”, che serva a mascherare l’accordo sottobanco o – come si dice adesso – l’inciucio.
Il M5S serve precisamente a questo, a canalizzare il dissenso, la rabbia, la disperazione in una direzione “di sinistra” e innocua per il sistema, dando alla gente una falsa alternativa.
Gli indizi in questo senso sono piuttosto chiari: durante la campagna elettorale una candidata “grillina” ha invitato gli elettori a non votarla perché solo dopo aver accettato la candidatura si è accorta che in realtà è tutto un gioco truccato con il Movimento Cinque Stelle già d’accordo in partenza con Bersani e con Monti, ma fanno ancora più testo le parole dello stesso Grillo secondo cui è grazie al suo movimento che la crescente protesta degli Italiani non si è indirizzata verso un equivalente dell’ “Alba dorata” ellenica, cioè in una direzione populista e anti-europeista. Egli in sostanza ha ammesso qual’è la sua funzione: canalizzare il dissenso in una direzione inutile alla difesa della sovranità e dell’identità nazionale, quindi inutile anche alla difesa dalla nostra spoliazione economica da parte “dell’Europa”.
La proposta di Berlusconi di un “governissimo” PD-PDL “per tenere fuori Grillo” è stata accolta dal PD formalmente con indignazione, indignazione formale che probabilmente cela in realtà un sorriso di compatimento. Quest’uomo è molto meno furbo di quel che crede di essere, e non ha ancora capito di essere ormai fuori dai giochi. La sua unica funzione possibile è ormai quella di babau, di spauracchio per indurre i grillini ad appoggiare il PD allo scopo di evitare il suo ritorno.
E a proposito di persone che non si rendono conto di essere fuori dai giochi, devo fare una rettifica rispetto a quanto ho scritto in precedenza: le listine dell’ “Area” presenti a queste elezioni non erano tre ma quattro. Oltre a “La Destra”, il MSI-FT e “Forza nuova” era presente anche Casapound, e tutte insieme hanno totalizzato appena l’1% o poco meno. Torno a ripeterlo: io non penso che questo insignificante 1% costituisca tutto il nostro elettorato potenziale. A Trieste alle scorse elezioni amministrative era presente una sola lista dell’ “Area” che conseguì un rispettabile 10%. Certo, si deve fare la tara di situazioni locali e della differenza fra amministrative e politiche, ma presentarsi in maniera così frazionata, un frazionismo che esprime solo la litigiosità e l’egocentrismo dei capetti dell’ “Area”, è in ogni caso un invito a non dare un voto che andrebbe comunque sprecato.
Recentemente, prima dell’inizio delle consultazioni ufficiali, c’è stato un lungo incontro tra Monti e Matteo Renzi i cui contenuti sono stati tenuti riservati ma sono facili da intuire: un passaggio di consegne fra il vecchio premier dimissionario da novembre ma tuttora in carica, e il suo probabile erede destinato a catturare le simpatie dei grillini nel caso che Bersani non riuscisse a persuaderli. Come volevasi dimostrare!
Forse non occorrerebbe nemmeno preoccuparsi di dimostrare questo punto, ma è un fatto che l’atteggiamento del premier-senatore a vita che nessuno ha eletto, che nessuno al di fuori della casta ha voluto, è stato e continua a essere di totale malafede nei confronti del popolo che è stato messo sotto i suoi artigli; ne è un esempio eclatante proprio l’IMU, l’imposta più odiata da lui introdotta. Monti ha più volte sostenuto che l’IMU sarebbe un’imposta che era stata già prevista dal precedente governo di centrodestra. In realtà si tratta di una falsificazione (relativamente) ben congegnata: sotto questa sigla, infatti, il governo precedente intendeva unificare una serie di tributi locali preesistenti, e non meditava di introdurre la feroce gabella sulla casa del professore bocconiano. Monti ha mentito, così come mente e ha sempre mentito prospettando una ripresa sempre dietro l’angolo e sempre rinviata.
Io ammetto di non essere stato preciso nel titolo che ho dato a questo articolo; infatti non ci dobbiamo occupare di una sola razza cialtrona ma di due. La prima è ovviamente “la casta” dei nostri ineffabili politici, ladri e parassiti quanto ignoranti e incompetenti; l’altra il grande capitale bancario e finanziario internazionale, predoni della stessa voracità di un branco
di squali.
di squali.
Tra l’una e l’altra, per la verità, esistono molti raccordi: lo stesso Mario Monti, Romano Prodi ex funzionario della Goldman Sachs (ma non si esce mai davvero da quei circoli), il grande maneggione della finanza Carlo De Benedetti che è anche il grande sponsor della sinistra radical-chic.
Se la sinistra, e non solo in Italia, è diventata il complice più entusiasta del capitalismo finanziario, soprattutto in questa fase in cui esso attivamente spogliando delle loro ricchezze i popoli europei, questo non dipende solo dal fatto che essa è prigioniera di una visione anacronistica e deformata dei rapporti sociali, incapace di considerare il fatto che i lavoratori sono anche titolari di beni.
Dal 1991, con la caduta dell’Unione Sovietica, la sinistra ha scoperto la convergenza molti dei suoi presunti ideali con gli obiettivi del grande capitale mondialista: il mondialismo favorito dall’immigrazione e il meticciato etnico, lo sradicamento di etnie, culture, nazionalità. Anche questa spiegazione tuttavia è molto parziale. Il fatto è semplice: SONO LORO!, lo stuolo dei figli dell’alta borghesia radical-chic che hanno iniziato facendo i contestatori nel ’68 e poi sono diventati funzionari di partito e/o hanno proseguito le carriere familiari. Naturalmente, esiste anche un buon numero di illusi che credono che la sinistra sia ancora quella operaia di un secolo fa, ma quelli contano quanto il due di picche.
Alla fine, tutto si tiene, e la possibilità di evitare il baratro dipende dalla rinascita di uno spazio “euroscettico” (scettico verso QUESTA Europa in mano agli usurai), populista e identitario. Per ora siamo molto lontani da ciò, ma non si sa mai dove può portare la disperazione.
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