La notizia di norma dovrebbe essere nient’altro che il riflesso di un fatto, in un rapporto verticale è il fatto che crea la notizia. Ciò che accade invece, è l’esatto opposto: è la notizia che crea una realtà indipendentemente dal fatto, dalla verità. Una delle grandi conquiste della democrazia dopo il secolo dei totalitarismi è sicuramente la “libertà di stampa”: con la democrazia terminava il tempo della censura e della propaganda totalitaria, questa convinzione poggiava sul presupposto che dopo il male assoluto è nell’interesse dello stato tenere i cittadini ben informati sulle vicende del mondo. Questo presupposto non solo è falso, ma va ricordato anche – come scrive Marco Tarchi – che chi vuole omologare le masse al proprio modo di pensare dispone oggi di strumenti per controllare le menti ben più raffinati di quelli di cui hanno fatto uso i regimi totalitari del periodo fra le due guerre mondiali, a partire dai mezzi di comunicazione audiovisiva, di cui già Goebbles aveva intuito le straordinarie potenzialità manipolative (1).
Un caso indicativo sull’uso persuasivo di immagini da parte dei media per condizionare l’opinione pubblica, è sicuramente quello della rivolta di Timisoara. Il 17 dicembre 1989 un anonimo cittadino cecoslovacco denunciò colpi di arma da fuoco sparati a Timisoara per sedare una rivolta, in due giorni la notizia (senza fonte) di un massacro fece il giro del mondo attraverso i più grandi organi di informazione. Il 22 dicembre sugli schermi di tutto il mondo apparvero le immagini del massacro: corpi mutilati e ricuciti di uomini e donne messi in fila appena disseppelliti dalle fosse comuni, l’immagine che colpì di più fu quella del corpo di una b
Questo evento calza perfettamente con la definizione di post-verità: “argomentazione, caratterizzata da un forte appello all’emotività, che basandosi su credenze diffuse e non su fatti verificati tende ad essere accettata come veritiera, influenzando l’opinione pubblica” (Treccani). La parola post-verità, è stata eletta parola internazionale dell’anno 2016 a seguito dei risultati della Brexit e delle elezioni presidenziali statunitensi, a causa della vittoria dei fronti dati per sfavoriti dal mainstream. Sebbene il termine risalga ai primi anni novanta, la post-verità è solo un vocabolo per indicare qualcosa che accompagna l’uomo fin dall’antichità; prima ci limitavamo a chiamarla falsità. Non è post-verità quando Pirandello ricorda si legge o non si legge in Quintiliano, come voi m’avete insegnato, che la storia doveva esser fatta per raccontare e non per provare (5)? Non è post-verità quando Orwell scrive chi controlla il passato, controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato (6)?
Oggi se da un lato l’élite che controlla le notizie possiede mezzi sofisticati per persuadere i telespettatori, dall’altro cresce lo scetticismo nei confronti di questi mezzi, grazie alla diffusione del web in cui il rapporto tra chi scrive e chi legge è orizzontale e non verticale come in tv. Ciò nonostante l’élite con la volontà di sopprimere le cosiddette fake news (7) trova sempre il modo per screditare le posizioni non allineate. Su questo punto occorre ricordare le dichiarazioni del segretario di stato degli USA Colin Powel che il 5 febbraio 2003 dichiarò “Il fatto che l’Iraq smentisca ogni appoggio al terrorismo vale quanto le smentite sul possesso di armi di distruzione di massa. E’ una trama di menzogne.” Mentre nemmeno un anno dopo rimangiò le sue parole affermando il 3 febbraio 2004 “Adesso lo posso dire. Se avessi saputo ciò che so ora, e cioè che non esistevano in Iraq armi di distruzione di massa, non credo che mi sarei espresso a favore di quella guerra.”(8). Morti a parte, la notizia dell’esistenza di armi di distruzione di massa nelle mani di Saddam Hussein (rivelatasi falsa) venne pubblicata sulle più importanti testate giornalistiche e da tutti i TG. Non è forse anche questa una fake news? Chi decide ciò che è vero e ciò che non lo è? Sembra di trovarsi di fronte ad un decreto del Ministero della Verità di cui parlava Orwell. Ciò che conta nella diffusione delle notizie è la forma, il contenuto è relativo: una storia falsa ben raccontata colpisce di più di una storia vera raccontata male: scriveva Schopenhauer per dare forma con chiarezza alla Dialettica si deve, senza preoccuparsi della verità oggettiva (la qual cosa compete alla Logica) considerarla semplicemente come l’arte di ottenere ragione(9).In altre parole la “verità” dipende dalla forza di chi la sostiene.
Per concludere possiamo affermare che la post-verità è sempre esistita e che – anzi – oggi più che mai, nell’era del digitale, è più facile scrostare i miti della realtà artificiale che l’élite vorrebbe imporre. Nonostante “la guerra” tra mainstream e web sia ancora ad armi impari, il risultato della Brexit e l’elezione di Trump, che hanno portato alla ribalta la parola post-verità, dimostrano come la diffidenza nei confronti dei media tradizionali cresce. L’informazione sta subendo un processo di “orizzontalizzazione” che se da una parte decostruisce l’autorità e il monopolio del mainstream trascina con se il problema del “Todos Caballeros” in cui se tutti fanno informazione, nessuno fa informazione.
Note:
(1) Nazismo e Comunismo, Alain de Benoist (Controcorrente edizioni, 2005)prefazione di Marco Tarchi.
(2) Sotto la notizia niente, Claudio Fracassi (Libera informazione editrice, 1994).
(3) Ibidem.
(4) Il Gattopardo, Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
(5) Il fu Mattia Pascal, Luigi Pirandello.
(6) 1984, George Orwell.
(7) Spesso il termine fake news viene utilizzato per screditare chi si ribella al pensiero unico, ma non tutto è oro quel che luccica, anche sul web circolano tante bufale.
(8) Non è la prima volta nella storia degli Stati Uniti d’America che viene costruito ad hoc un casus belli: già nel 1898 nel porto dell’Havana saltò in aria per cause mai chiarite la nave da guerra americanaMaine, che convinse l’opinione pubblica –attraverso una curata propaganda antispagnola- alla guerra contro la Spagna; nel 1917 gli USA ripescarono l’affondamento della Lusitania (avvenuto due anni prima) come propaganda “pro guerra” facendo leva sui civili statunitensi morti, quella nave trasportava oltre 2700 tonnellate di munizioni per l’Inghilterra e oltretutto – scrive Gary Allen – il trasporto di civili passeggeri, cittadini di uno Stato, allora neutrale, a bordo di una nave che trasportava munizioni alle nazioni in guerra, era assolutamente illegale, inoltre i viaggiatori erano avvisati che tra la Germania e la Gran Bretagna “esiste uno stato di guerra” e che quindi le “imbarcazioni battenti la bandiera della Gran Bretagna o di uno qualsiasi dei suoi alleati sono passabili di distruzione una volta entrati in quelle stesse acque”; per la seconda guerra mondiale il casus belli fu quello di Pearl Harbor descritto in un mio precedente articolo (“Pearl Harbor: noi sappiamo che loro sanno!” pubblicato su Ereticamente il 29/03/2017); similmente a quello del 1898 nel 1964 venne utilizzato l’incidente di Tonchino per intensificare l’intervento USA in Vietnam; solo per fare qualche esempio.
(9) L’arte di ottenere ragione, Arthur Schopenhauer.
Umberto Iacoviello
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