Recensione a cura di Manlio Triggiani
(L. M. A. Viola, Religio Aeterna, Victrix Edizioni, 2 volumi, pagg. 286 e pagg. 217, Forlì)
Mircea Eliade disse che una volta i saggi delle comunità tramandavano a voce la Tradizione e i saperi alle nuove generazioni. Oggi i saggi non ci sono, oppure non si palesano e ciò che resta per trasmettere il sapere tradizionale sono i libri. Ecco la grande importanza di certi libri: non servono solo per informare ma anche per formare, per offrire orientamenti che possono perfino determinare la svolta di una vita.
C’è da dire che in alcuni punti Viola non segue un percorso strettamente conforme a certi autori tradizionali ma nel richiamarsi alla Romanità e nel ricalcare taluni insegnamenti antichi mostra come alcune digressioni o magari discostarsi da sentieri già battuti serva ad ampliare gli spettri di conoscenza che vengono coniugati con analisi di carattere anche filosofico, certamente in una visione spirituale. Emerge un quadro ricco e interessante che forse ad alcuni potrà anche non piacere ma che offre comunque spunti di riflessione, sempre nel solco della Tradizione.
Non a caso Viola apre l’opera citando un passo di Platone sui limiti della scrittura e della parola, quindi dell’insegnamento in quanto tale ma anche della lettura in senso stretto di un’opera. Come molti altri maestri della Tradizione hanno asserito, del resto, rilevante è operare, sperimentare, vivere le dimensioni della ricerca e soprattutto dell’essere. Quindi, un sapere solo intellettualistico non risolve nulla. Del resto Viola spiega bene che i libri e le parole sono tracce mediatrici, simboli, posti alla intuizione diretta che ‘quei pochi che sono capaci’ condurranno a Verità”.
Libro e parola non sono tutto, ma sono i punti di attraversamento, di mediazione del sapere tradizionale. Insomma, per riportare proprio le parole di Viola, La Religione perenne è il momento di mediazione fra l’Intelletto e il mondo, vale a dire che collega stati e piani differenti della realtà. Insomma, la religione quindi intesa come atto metafisico puro.
La Religione eterna, quindi, è l’unità, il sostrato presente alla molteplicità delle forme religiose che si esprimono e sviluppano nei vari cicli dell’umanità e delle varie civiltà.
Quindi, come è bene espresso nel secondo volume, a ogni religione corrisponde una serie di vie di accesso e partecipazione all’essenza metafisica sulla quale si basa la religione stessa. E l’Unità trascendentale contiene quindi tutte le forme religiose determinate. Il rapporto riguarda il detto exotersimo (religione diffusa) e l’esoterismo (aspetti meno conosciuti e più interiori della religione cui possono accedere solo una ristretta cerchia di iniziati).
Non a caso se una forma religiosa si attiene strettamente al proprio Principio essenziale, è maggiormente definita. Anzi, ogni singola religione (che contiene quindi il Principio universale nell’Unità trascendentale) è peraltro nella sua realtà e costituzione adatta proprio ai popoli dove viene professata. Ogni forma conserva quindi il livello sacrale in maniera appropriata per quel popolo in quel determinato momento. Vien da pensare a un insegnamento importante della sfera tradizionale, e cioè che nulla è lasciato al caso, che tutto, in una realtà “in ordine”, ha un fondamento e un richiamo su vari livelli.
Proprio per questo Viola spiega bene che ogni forma religiosa è contemporaneamente individuale (perché si rivolge al singolo) e universale (perché ha un profondo valore metafisico e quindi ha valore verso tutti e tutto) e quindi è exoterica e esoterica, come si diceva prima. A seconda del livello di appartenenza agli stati dell’essere o alle personali capacità di accesso si può far parte di un’essenza metafisica oppure far parte di una comunità religiosa.
(pubblicata su Vie della Tradizione n. 167 Luglio – Dicembre 2014, qui riprodotta con l’autorizzazione dell’autore)
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