8 Ottobre 2024
Tradizione

René Guènon e il “tradizionalismo integrale” – Julius Evola

In altra sede (ne La Destra, maggio 1972), abbiamo rilevato la necessaria relazione del concetto di una Destra autentica e non improvvisata con quello di Tradizione. Cosi dei riferimenti ad autori ad orientamento tradizionale possono essere utili, per affrontare una complessa problematica. Per intanto, vogliamo dare un ragguaglio sulle idee di René Guénon (1886- 1951), che è stato considerato come il propugnatore del «Tradizionalismo integrale ». Il Guénon è già abbastanza conosciuto anche in Italia. Suoi libri sono stati tradotti prima della guerra, altri sono stati ripubblicati recentemente e a Torino esiste un gruppo guénoniano con una rivista che è un fac-simile della francese Études Traditionnelles, di cui il Guénon è stato pars magna e che esce tuttora a cura di guénoniani di stretta osservanza. Oggi il Guénon viene considerato come un maestro e un capo-scuola, e in Francia ha finito con l’essere accettato anche dalla cultura ufficiale e accademica, seppure con varie riserve. L’opera del Guénon è complessa ma anche organica. Anzitutto è da considerare una critica radicale del mondo moderno, la quale si differenzia da quella di vari autori di ieri e di oggi per il suo avere un punto di riferimento positivo, che è il «mondo della Tradizione », mondo di cui quello moderno è l’antitesi. Come «tradizionale» viene descritto un tipo universale di civiltà che, in forme varie ma omologabili, si è realizzato più o meno compiutamente sia in Oriente che in Occidente.

La civiltà tradizionale – afferma il Guénon – ha punti di riferimento metafisici. È caratterizzata dal riconoscimento di un ordine superiore a tutto ciò che è umano e contingente, dalla presenza e dalla autorità di élites che traggono da questo piano trascendente i principi e i valori necessari per fondare una organizzazione sociale ben articolata, per aprire le vie verso una conoscenza superiore, infine per conferire alla vita un vero significato. Al polo opposto sta la civiltà moderna alla quale sono proprie una desacralizzazione in grande, il disconoscimento sistematico di tutto ciò che è superiore all’uomo, come individuo o come collettività, il materialismo, l’impulso a realizzazioni del tutto profane e temporali, un insano attivismo. I due libri del Guénon, La crise du monde moderne e Le règne de la quantité et les signes des temps, contengono l’essenziale di tale critica, ove temi già accennati da vari autori di ieri e di oggi acquistano un particolare mordente e un piu saldo fondamento. Essa è svolta anche nel libro Orient et Occident, ma associata ad assunzioni che nel frattempo sono divenute impugnabili. Infatti, se il Guénon riconosce – e non può non riconoscere – che civiltà di tipo tradizionale sono esistite sia in Oriente che in Occidente, nel libro ora accennato afferma che esse sono ormai reperibili nel solo Oriente (avendo in vista soprattutto l’India) e che un riferimento ad esse può essere efficace per una reintegrazione occidentale. Ora, questa tesi può essere valida al massimo per il retaggio sapienziale orientale, non certo per la fattualità dell’Oriente. Il Guénon era convinto del sussistere in Oriente, malgrado tutto, di gruppi tuttora depositari della Tradizione. Praticamente egli ebbe rapporti diretti propriamente col mondo islamico, dove vene iniziatiche (sufi e ismaelite) esistono tuttora accanto alla tradizione exoterica (cioè religiosa). Ed egli si « islamizzò» ad oltranza. Stabilitosi in Egitto, aveva ricevuto il nome di Sheikh Abdel Wahid Yasha ed anche la cittadinanza egiziana. In seconde nozze, sposò un’araba.

Il Guénon non fa misteri del fatto che dopo varie esperienze deludenti in ambienti « occultistici » francesi, grazie ad esponenti dell’Oriente riuscì a trovare la giusta via, quella della «conoscenza iniziatica» o «metafisica». Tale sapienza fa da fondamento, dichiarato o implicito. alle dottrine esposte dal Guénon in vari libri, segnatamente in Le symbolisme de la Croix, Les états multiples de l’étre e L’homme et son de venir selon le Vedanta. Una riserva che qui s’impone, è che spesso quel che il Guénon presenta come una «metafisica» in un senso speciale trascendente, a parte la terminologia, in fondo poco si differenzia da quel che ha tale nome nella storia della filosofia profana occidentale e spesso si esaurisce in astrazioni piuttosto tediose, come ad esempio nel caso di tutte le dissertazioni sulla «Possibilità Universale» e simili. Purtuttavia resta valido ciò che il Guénon afferma, ossia che il razionale non è il limite noetico estremo dell’uomo e che la normale condizione umana può essere rimossa, l’uomo «non rappresentando, in realtà, che una manifestazione transitoria e contingente dell’essere vero ». Cosi, in via di principio, gli sarebbe possibile tendere verso un piano superiore in cui significando il conoscere essere la cosa conosciuta, con il conoscere l’individuo si trasforma e si integra. Analoga era l’antica concezione della «gnosi ». L’iniziazione sarebbe la via più diretta e regolare per una tale realizzazione. Il Guénon la distingue nettamente da tutto ciò che è semplice misticismo. La Tradizione, in un primo senso, concerne l’insieme di questa conoscenza d’ordine «metafisico» e non semplicemente umano. Essa ammette una varietà di forme, pur restando una nella essenza. In relazione a tale unità il Guénon parla anche di una «Tradizione primordiale ». Un concetto del genere era stato formulato prima di lui. Se ne trovano accenni nello stesso De Maistre, in un Fabre d’Olivet, ed in un certo modo di recente esso è stato accettato anche dal cattolico Padre Schmidt nella sua poderosa opera sull’« idea di Dio ». Propriamente, in questo concetto si deve però distinguere un aspetto metafisico da un aspetto storico. Per il primo aspetto, bisogna riferirsi a forme l’affinità delle quali non deriva da trasmissioni materiali e storicamente accertabili; una stessa legge può dar luogo a forme distinte ma corrispondenti e omologabili, come in diversi punti di una corrente possono formarsi vortici distinti aventi una stessa forma per effetto di una stessa legge e di una stessa situazione. Per il secondo aspetto, ci si deve riferire all’origine concreta comune e prima di un complesso di tradizioni, per il che il Guénon accetta l’idea di una «tradizione iperborea » situata all’inizio del presente ciclo di civiltà (segnatamente delle civiltà di ceppo indoeuropeo). Tale idea era stata già affermata da altri autori ad orientamento esoterico (ma anche nel campo profano. Herman Wirth nella sua grossa opera, di diseguale valore. Der Aufgang der Menschheit, aveva cercato di fondare tale idea). Tutto ciò porta alla tesi dell’ « unità trascendente delle forme tradizionali» (in particolare, sull’ « unità trascendente delle religioni» ha scritto in un libro F. Schuon, discepolo del Guénon).

Una delle capacità attribuite a colui che si è innalzato fino al sapere superiore di cui si è detto poco sopra, sarebbe quella di scorgere tale unità, come pure, per converso, quella di esprimere un dato contenuto nei termini dell’una o dell’altra tradizione, così come si può esprimere un concetto con parole della una o dell’altra lingua (simbolicamente, questo sarebbe il «dono delle lingue », e per un altro verso il fondamento di un « ecumenismo» essenziale, ben diverso da quello squallido e velleitario affacciatosi nel clima post-conciliare cattolico). Il Guénon ha dato prove concrete di possedere quella capacità, di là da quanto è proprio ad una mera erudizione. Per la critica del mondo moderno il Guénon utilizza parimenti idee tradizionali. Per lui non fa dubbio che oggi ci si – trovi vicino alla fine di un ciclo, nel Kali-yuga o « età oscura» preconizzato dalle antiche dottrine indii ma previsto anche da altre tradizioni (per es. l'<<età del ferro>> esiodea). Negazione, dunque di ogni fisima progressistica. Fuor dal campo materiale (dove, peraltro, esso esige spesso un altro prezzo), pel Guénon il progresso non è che una superstizione dell’uomo occidentale. Il Guénon è uno degli autori che hanno interpretato in un senso involutivo e decisamente antimarxista il corso della storia, indicandone propriamente il significato nei termini della cosiddetta « regressione delle caste ». Il punto di riferimento qui è l’articolazione tradizionale della società in quattro caste o « classi funzionali »: al sommo, gli esponenti dell’autorità spirituale e sacrale, poi l’aristocrazia guerriera, poi la borghesia, infine le masse lavoratrici. Ebbene, una società retta dalla prima casta retrocede ormai in lontananze quasi mitiche. Il successivo regno della seconda casta si chiude col declino delle grandi monarchie. Subentra il regno del Terzo Stato, della borghesia, dell’industrialismo e del capitalismo. Infine l’emergenza della corrispondenza della quarta casta e la sua lotta pel dominio del mondo: marxismo e comunismo. Ogni interpretazione di Destra, antimarxista, del corso della storia dovrebbe far proprio questo schema essenziale, da noi stessi sviluppato in più occasioni.

Una delle tesi del Guénon è che una civiltà normale, ossia tradizionale, sarebbe caratterizzata dal primato della contemplazione e della conoscenza pura sull’azione, e tale è anche uno dei fondamenti della sua critica al mondo occidentale moderno, dove egli constata l’opposto, ossia la preminenza dell’azione. Questo è però proprio il punto in cui bisogna cominciare ad avanzare delle riserve. La contestazione può prender le mosse dall’indicazione della natura elettiva del potere che stava al vertice o al centro delle civiltà tradizionali. Non è esatto che esso fosse tenuto da élites che coltivassero la «contemplazione» o la «pura conoscenza» in termini più o meno sacerdotali. Storicamente, ciò non si verificò nemmeno nell’India, perché, pur avendo una civiltà prevalentemente brahmanica, essa conobbe dinastie regali e esponenti della casta guerriera in possesso del sapere tradizionale. In realtà, l’accennato vertice è caratterizzato piuttosto da una unità indivisa di sacralità e di regalità, di autorità spirituale e di potere temporale. A parte l’antica Cina e tutta una serie di altre civiltà antiche, quasi fino ad oggi il Giappone ha mantenuto tale livello, ed è significativo, per quel che riguarda le idiosincrasie del Guénon, che egli non si è mai riferito al Giappone e alla sua specifica « tradizionalità », perché non corrispondeva al suo schema. La constatazione del carattere completamente desacralizzato e deviato dell’Occidente moderno non ha impedito al Guénon di considerare il problema di una sua possibile rettificazione, di un suo redressement.

Partendo dalla convinzione, che se I’Occidente ha avuto una tradizione, essa ha corrisposto al cattolicesimo, egli a tale riguardo aveva visto come punto di partenza una integrazione «tradizionale» dello stesso cattolicesimo, per il che non aveva escluso l’opportunità di contatti anche con elementi orientali. Ma ancor prima che i recenti orientamenti post- conciliari del cattolicesimo indicassero lo stato di fatto (e qui sarà bene rilevare che 1’«ecumenismo» velleitario di tale cattolicesimo postconciliare non ha nulla in comune con ciò che il «tradizionalismo integrale» aveva in vista), egli a tale proposito non si era fatte troppe illusioni; lo dichiarò anche in una lettera che ci scrisse, confessando che per principio si era sentito in dovere di non escludere certe possibilità, senza però attendersi dei risultati. Di fronte ad istanze del genere il cattolicesimo è rimasto insensibile, come lo era stato di fronte a quelle che, sia pure ad un livello assai più basso, a suo tempo aveva avanzato lo abbé Constant (alias Éliphas Lévi). L’unico risultato è che proprio attraverso il Guénon diversi cattolici sono giunti a penetrare il senso più profondo del cattolicesimo, dei suoi simboli e dei suoi dogmi. Purtroppo, non si tratta di persone che abbiano peso nelle gerarchie ufficiali e che quindi possano esercitare un’influenza di rilievo. D’altra parte un teologo cattolico rileverebbe probabilmente delle incompatibilità fra le verità della ortodossia e ciò che deriva dalla «metafisica» cui il Guénon si rifà, tanto da opporre une fin de non recevoir al «tradizionalismo integrale ».

Il Guénon era allergico per tutto ciò che è politica in senso stretto, ritenendo che non vi sia nessun movimento attuale a cui potesse aderire (acconsenti, però, eccezionalmente, che estratti di suoi scritti con la sua firma venissero pubblicati come articoli in una pagina speciale culturale da noi organizzata, unica nel suo genere, nel 19.34-1943, il «Diorama », del giornale Regime fascista di Cremona). Tuttavia, egli appartiene di pieno diritto alla cultura di Destra. Nel Guénon la negazione di tutto ciò che è democrazia, socialismo e individualismo disgregatore è radicale. Egli va anche più oltre, si porta in domini appena toccati dall’attuale contestazione di Destra; oppone alla scienza moderna e allo scientismo la conoscenza tradizionale e le «scienze tradizionali », non ha paura di rivalorizzare queste ultime dopo averne segnalato il vero senso, indicando non solo i limiti della conoscenza scientifica profana ma anche le devastazioni derivanti inevitabilmente dalla corrispondente visione del mondo e dalle applicazioni di essa.

Una frase del Guénon riassume lapidariamente il senso dell’avventura a cui si è dato l’uomo occidentale a partire dal Rinascimento: «Si è staccato dai cieli con la scusa di conquistare la terra ». E si può citare qui il detto estremoorientale: «La rete del Cielo ha larghe maglie ma nessuno vi passa attraverso », quando egli indica il giuoco delle azioni e delle reazioni concordanti che ha condotto fino all’attuale «età oscura» (oscura, malgrado i suoi «putrescenti splendori », come dice H. Miller). A parte ciò che riteneva possibile partendo da un cattolicesimo “integrato”, per un’azione rettificatrice il Guénon si era riferito a quella che potrebbero esercitare delle élites intellectuelles. E’ possibile che qui egli abbia avuto in mente il genere di quelle che già esercitarono – però in un senso opposto, sovvertitore – le cosiddette societés de pensée, fino alla Rivoluzione Francese e in margine alla massoneria. Ma anche se “intellettuale” nel Guénon non ha il senso corrente ed anche. se egli non si riferisce agli intellettuali di oggi, bensì ad una intellettualità d’impronta conservatrice e. tradizionale” pure quel concetto nelle condizioni attuali mantiene alcunche di astratto. Se mai, a noi sembrerebbe più adeguata la concezione. di. una specie di Ordine, riunente personalità fedeli a determinati principi, radicate nella spiritualità tradizionale ma anche in un più diretto contatto e confronto con la realtà e con le correnti storiche. Peraltro, quest’Ordine costituirebbe la spina dorsale di una vera Destra, e se i suoi membri, non tenuti ad ostentare questa loro qualità riuscissero a poco a poco ad occupare alcune posìzionì chiave nella società e nella cultura contemporanea, un’azione rettificatrice sarebbe possibile. Tutto ciò, in via di principio, perché l’ambiente e gli uomini oggi sono tali da lasciare scarse possibilità a iniziative, di tal genere. Come ripiego, resta più o meno quel che Il Guenon ,aveva in vista ossia la formazione di centri di una intellettualità tradizionale con un’azione da considerare realisticamente limitata al solo dominio culturale. Anche una tale azione non sarebbe da sottovalutare. Oggi è venuto abbastanza in voga parlare di una «cultura di Destra », senza però che risulti chiaro che cosa essa dovrebbe essere e senza che si possa evitare la sensazione di qualcosa di improvvisato. Comunque un suolo favorevole sembra essere presente, e varie iniziative editoriali lo confermano. In questo contesto, una utilizzazione (però non pedissequa) del Guénon è auspicabile.

Data la varietà e la molteplicità del. soggetti da lui trattati, sarà bene però lasciare da parte quelli che hanno una particolare relazione con l’esoterismo, la «metaflsica» e l’iniziazione. Benché in lui essi siano il fondamento ultimo di tutto il resto, non vi è bisogno che, col metterli in primo piano, data la loro inusitatezza, si allarmi una certa cerchia di lettori e si forniscano pretesti per un ostracismo. Certo, a parte il lato intellettuale vi è il lato esistenziale. Il sapere tradizionale, come si è detto, di rigore è anche realizzazione. L’assioma nietzschiano: «L’uomo è qualcosa che può essere superato », è anche il postulato della conoscenza superiore e – lo si è rilevato – parte dall’idea che lo stato umano della esistenza non va ipostatizzato, che esso è solo uno degli stati multipli dell’essere. Solo che si deve indicare quanto occorre per prevenire ogni distorta, sbagliata o rischiosa sua applicazione. Delle considerazioni particolari su questo dominio realizzativo, con un esame del libro del Guénon Aperçus sur l’initiation, questa non è la sede più adatta. Noteremo solo che vi sono delle riserve da fare circa le possibilità che il Guénon quasi esclusivamente considera. Egli insiste sulla necessità del collegamento con una data «catena », con una data «organizzazione regolare», trasmettitrice di una influenza spirituale. Per un chiarimento, una analogia può essere offerta dalla consacrazione di un sacerdote da parte di un vescovo, amministratore delle influenze spirituali di cui la Chiesa si ritiene sia la depositaria. Nel caso del Guénon, quel collegamento deve essersi principalmente realizzato – come abbiamo detto – con «catene» islamiche. Ma a chi non se la sente di rimettersi a musulmani e ad Orientali, il Guénon offre assai poco. Chi ha letto, ne La Destra (marzo 1972), gli estratti di una corrispondenza che avremmo con lui, ricorderà che noi non abbiamo potuto seguire il Guénon nell’idea che la massoneria attuale, malgrado la sua degenerescenza (da lui ammessa), in via di principio resti una organizzazione dispensatrice di una iniziazione reale e non soltanto simbolica e rituale. Vi sono personalità in Occidente che hanno avuto di certo un rango di Maestri, quali ad esempio il Gurdjieff e, sulla cosiddetta «Via della Mano Sinistra », Aleister Crowley. Oppure bisognerebbe cercare qualche sopravvivente ramo del cabalismo operativo, che di nuovo non può considerarsi una tradizione occidentale. Naturalmente, le sette e le conventicole occultistiche, teosofiche, pseudorosicruciane, ecc., pullulanti ai nostri giorni rappresentano qualcosa di spurio e di inautentico, e non possono in alcun modo entrare in quistione. Così la situazione è dìfficile, il problema per i più resta aperto e forse deve essere riformulato in termini diversi da quelli indicati dal Guénon. Però il tema del “tradizionalismo integrale” può venir staccato da tale problematica ed essere utilizzato nello schieramento di una cultura di Destra.

 

Julius Evola

(articolo tratto da La Destra n. 4, Roma, aprile 1973)

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