7 Ottobre 2024
Filosofia

Rischio manifesto – Lorenzo Merlo

 

 

Per la prima volta nella storia della sua politica egemonica, gli Usa stanno vivendo il rischio di autarchia.

 

 

Quattro passi

Sospinti dal volano spirituale detto destino manifesto, a mezzo del quale si sentivano detentori della verità e, contemporaneamente, obbligati a diffonderla, gli Usa, in nome del loro dio, dapprima si sono presi la terra occupata dai nativi, una razzia di stampo unnico in terra occidentale. Successivamente, hanno distribuito ai contendenti del mondo, per informarli sulle carte che avevano in mano e sulle regole del gioco in corso, il biglietto da visita delle bombe nucleari di Hiroshima e Nagasaki. Paesi canaglia ed esportazione della democrazia in pectore. Anche se il massiccio impiego del napalm in Vietnam ne era stato un tragico-degno prodromo, nello shock incredulo del resto del pianeta per le due bombe vigliacche, forse nessuno ha potuto intendere che la dimensione etica della lealtà, presente nelle guerre combattute sul campo, era stata annientata insieme ai 214.000 civili sciolti nelle due esplosioni per mano dei buoni. Ma i preposti a riflettere, chiusi nelle loro cabine di studio, protetti dalle malevole critiche successive ai funghi atomici, erano già avanti, con quanto anticipo, sarebbe bello saperlo. Appena si verificarono le condizioni i benedetti da dio, nel 1947 posero sul tavolo mondiale la carta dell’European Recovery Program, più noto come Piano Marshall. Vale a dire vagonate di aiuti per la ricostruzione post-bellica. I buoni così fanno per obnubilare la carta giocata in Giappone e, soprattutto, per creare le condizioni necessarie al fine di piazzare in Europa, a ovest della Cortina di ferro, le loro basi militari camuffate da Nato. Erano avanti a tutti. Gli accordi di Bretton Woods, del 1944, ponevano il dollaro statunitense al centro della rete dei mercati internazionali. Per poi slegare la valuta verde dall’oro con lo Smithsonian agreement del 1971, anch’essa un’azione per proseguire ad essere l’ammiraglia della flotta dei paesi atlantici.

Se lo scopo era l’egemonia mondiale, andava da sé che era necessario predisporre quanto avrebbe impedito o contrastato un eventuale ed esiziale espansionismo sovietico. Con la resa del Giappone e le successive guerre nel sud-est asiatico, proseguiva la strategia di deterrenza del mondo non in loro possesso. La guerra fredda era un treno silenzioso per tutti ma chi vi viaggiava sapeva della sua alta velocità. Non si poteva tralasciare nulla. L’approvvigionamento di fonti di energia era fondamentale: cinque delle sette sorelle, le multinazionali che detenevano il dominio del mercato del petrolio, erano, sono statunitensi; la diffusione edulcorata del modello, del benessere e della forza americana, confluivano nella produzione e distribuzione hollywoodiana per passare, come un’endovena di piacere, nelle sinapsi delle platee, oltre che subliminali iniettori dia violenza, quale caposaldo di un’intera cultura. Tu vuò fà l’americano, il brano di Renato Carosone del 1956, ebbe grande successo perché scorrazzava entro un flusso emozionale già presente in tutti. Il boom economico del nostro dopoguerra godette anche dell’energia portata dalle note e dal testo della canzonetta.

Non si guardava in faccia a niente, quello che serviva allo scopo di stare in sella al mondo i cow boy lo facevano e basta. Il rischio di finire male, non gli permetteva di dormire sonni tranquilli. Svegli, con gli occhi sbarrati, qualunque invenzione poteva tornare utile. Se la corsa agli armamenti alimentava l’economia americana e demoliva quella sovietica, non da meno doveva essere quella allo spazio. Barare faceva, secondo i rinchiusi nella cabina, parte del gioco. L’allunaggio statunitense, già messo in discussione da tempo a causa di diversi particolari che ne potrebbero rivelare la pantomima, è ora tornato in auge per i continui rimandi della Nasa al nuovo sbarco lunare. Soprattutto all’argomento che viene addotto: la tecnologia disponibile non fornisce le garanzie necessarie ai rischi annessi. Se quella degli anni Sessanta del secolo scorso lo è stata, come si spiega che quella attuale non lo sia? Intanto pare abbiano conficcato nel suolo lunare la loro bandiera e lasciato un messaggio di pace rivolto all’universo. Se di sceneggiata si può temere, gli sceneggiatori, i buoni, non hanno tralasciato nulla, o quasi.

La caduta dell’Urss pareva corrispondere al successo pieno, quindi alla veridicità del destino manifesto. Insieme all’Unione Sovietica, si sfalda il Patto di Varsavia. La Nato non ha che da raccogliere le preghiere di paesi mendicanti, precedentemente a est della cortina di ferro. L’accerchiamento dei paesi fuori controllo prosegue, e l’egemonia veleggia nell’aria rarefatta delle vette più alte.

Non c’era altro da fare! Ma non era questo il pensiero dei progettatori della storia. La fomentazione delle rivoluzioni colorate e lo sfruttamento delle primavere arabe, facevano gioco strategico, tanto per l’accerchiamento fisico e politico, quanto per l’aspetto dell’approvvigionamento energetico. In ogni caso, da fare ce n’era. Meglio sbarazzarsi del tutto o sottomettere gli antichi nemici. Così quando la Russia, dopo essere riuscita a rimettere insieme i cocci e a risalire la scala di valori che ha di se stessa, è divenuta agli occhi americani, nuovamente preoccupante, la predisposta brace ucraina si è incendiata allo scopo di balcanizzare la Russia, per ritornare a credere nelle fine della storia.2. Da rammentare che il rispetto della dottrina Monroe, che prevede di tenere alla larga il nemico dai confini statunitensi e che i conflitti centro e sudamericano non possano vedere la presenza di forze militari extracontinentali, non è mai dimenticato, e fa sempre da sfondo alle opere di pace in giro per il mondo. A balcanizzare, c’erano riusciti in Jugoslavia e poi strappando il Kosovo alla Serbia, perché non applicare il medesimo criterio ai nemici rossi? Ammansire la Russia e con essa i paesi dell’Asia centrale – Turkmenistan a parte, piuttosto restio ad allineamenti e votato alla neutralità e a una indipendenza politica profonda – era la miglior mossa per arrivare ai confini cinesi, con ancora il vessillo del destino manifesto in mano.

La Cina, ultima arrivata nel grande gioco capitalistico, con un codazzo di altri paesi asiatici, tra cui Pakistan e India, nel silenzio mondiale, quello che avvolge le orecchie della maggioranza, aveva in pochi decenni risalito la scala della vita. Dalla miseria analfabetica era divenuta un colosso economico in grado di infastidire la corsa all’egemonia degli americani. E anche più. Il costo del capitalismo orientale, assai inferiore a quello occidentale, ha sparigliato le carte. Ci volevano altre idee. In realtà le avevano già trovate. Quelli sono avanti, mica indietro, come spesso si sente affermare. Alimentazione dell’immigrazione, cancellazione delle culture, alimentazione dell’Unione europea che non ha alcun tessuto connettivo che unisca i paesi che ne fanno parte, fluidità di genere, abbattimento delle identità nazionali e biologiche, cultura woke, ambientalismo, globalismo, economia verde, economia circolare, impatto zero, inclusività, passaporto vaccinale o dispotismo sanitario, mercificazione di uteri, uomini e scienza, ordoliberismo, precarietà, controllo digitale, vita a punti, non sono problemi in sé per i quali azzannarsi, non hanno niente a che vedere con i diritti delle minoranze e con la democrazia (o il posticcio che ne resta), come invece viene raccontato. Il tutto, disinteressandosi in modo incommentabile al nichilismo galoppante e il suo strascico di stragi, di autolesionismo e lesionismo. Anche il Great Reset, portato avanti anche a colpi di telegiornali quotidiani, di magli olimpionici, e festival canori, non è che fumo negli occhi per attirare verso le frenetiche onde dell’attualità al fine di nascondere da quelle lunghe e rivelatrici della rivoluzione capitalistica in corso. Non sono infatti che le nuove carte sul tavolo, giocate dagli americani e dai collusi europei, il cui scopo non è certo quello di libertà dichiarato, con tanto di guerre per la pace – quelle sì ossigeno puro all’economia americana – ma quello di abbassare i costi del capitalismo, altrimenti geo-perdente e quelli di autosostentamento del sistema in via di bancarotta (1) e di un apparato militare in difficoltà (2) che alimenta in tutti i modi la sua bombola ad ossigeno (3, 4). Allora sì che il destino diverrebbe autarchico.

di lorenzo merlo ekarrrt – 160824

Note

  1. https://www.sinistrainrete.info/crisi-mondiale/28704-giuseppe-masala-dove-porta-la-grand-strategy-di-washington-per-evitare-la-bancarotta.html
  2. https://www.ariannaeditrice.it/articoli/gli-stati-uniti-tra-debolezza-e-ambiguita
  3. https://comedonchisciotte.org/cosa-diavolo-sta-succedendo-a-trieste/
  4. https://www.ariannaeditrice.it/articoli/andare-a-funghi-nel-mondo-multipolare

 

 

 

 

 

2 Comments

  • Le_marquis 3 Settembre 2024

    Le capacità di attuazione della politica estera decisa a Pennsylvania Avenue hanno da sempre lasciato a desiderare, ci sarebbe da dirlo. Come se dell’antica regola parcere subiectis et debellare superbos non abian mai tenuto veramente in conto la seconda pare. O, quando l’ahho fatto, non avessero pronto un plan B, cosa facciamo dopo: abbattuto Saddam in Iraq, per esempio, si sono trovati in mano un calderone brulicante di istanze individualiste, che ha drenato risorse belliche ed economiche per un decennio, spingendoli poi ad una fuga sconsiderata. Idem in A-Stan, nei Balcani, e potrei continuare.
    Allo stesso tempo, dopo l’abbattimento dell’URSS l’Amministrazione USA finì in mano ai DEM, che non completarono il lavoro, e anzi lo tradirono. Producendo più occasioni di guerra che di espansione del dominio.
    Adesso ci si mettono le teorie MAGA, l’isolazionismo che ciclicamente ritorna.
    Se di là dall’Oceano pare esser sempre mancato un Traiano (Patton a parte, che infatti fu giubilato), le aule di Capitol Hill sembrano piene di Adriano. Non c’è, dunque, da stupirsi

  • Nemo 14 Settembre 2024

    “Così quando la Russia, dopo essere riuscita a rimettere insieme i cocci e a risalire la scala di valori che ha di se stessa, è divenuta agli occhi americani, nuovamente preoccupante, la predisposta brace ucraina si è incendiata allo scopo di balcanizzare la Russia, per ritornare a credere nelle fine della storia.”

    Questo paragrafo è incomprensibile. Anzi, comprensibile nel fatto che inverte i termini dell’equazione assumendo come “vero” qualcosa che è palesemente “falso” e ignorando la ripetizione ennesima dei meccanismi del Novecento.
    Partiamo dalla “Russia”, che non esiste.
    L’immagine che viene ripetuta nella vulgata italiana della “Russia” deriva dalla nostra storia in cui metà degli Italiani erano condizionati in una “fede” che aveva la sua “mecca” ad oriente. Vedi alla voce Peppone. Sopra gli scemi e i pazzi della “base” c’era la “Classe Dirigente” che era “atea” ma allora come oggi dalla “fede” imposta agli scemi ricavava il proprio “successo”, con tutti gli agi conseguenti. Gli scemi e i pazzi non sono spariti, anzi, si sono moltiplicati grazia alla “infantilizzazione” delle persone che rimangono eterni adolescenti e il catalizzatore elettronico. Quindi, archiviate le fandonie comuniste, è rimasta la “Russia” come concetto vagamente e confusamente “anti” che fa parte della cassetta degli attrezzi dei demagoghi che trattano la “base” con il “complottismo” per sempliciotti, vedi “novax”, vedi il Fatto Quotidiano, vedi la “pseudo-destra” da Feltri a Casa Pound.
    In realtà la “Russia” è una “federazione” da intendersi come quello che rimane di un antico impero coloniale in cui la aristocrazia slava domina su decine di popolazione autoctone di un territorio immenso e disabitato. Un tratto tipico delle aristocrazie coloniali è quello di accontentarsi della rendita di posizione senza avere interesse allo sviluppo dei territori soggetti, anzi, vedendo nello sviluppo e conseguente miglioramento della vita delle popolazioni locali come un rischio potenziale nel caso i soggetti alzino la testa dalla zolla e si facciano venire idee di emancipazione. In parole povere, a chi vive nella parte “europea” della “Russia” e in particolare alle elite di Mosca e San Pietroburgo, non interessa niente di cosa succede in Burazia, fino a che i Buriati conferiscono i tributi. Quindi i Buriati non hanno alcuna speranza di vedere il cambiamento, di non vivere nella baracca di legno in mezzo al nulla, con un buco in terra come cesso e il pozzo accanto per bere.
    L’espessione “i valori che ha di se stessa”, oltre ad essere un po’ sgrammaticata, è priva di senso perché assume che esista una “coscienza – Russia”, una sorta di intelligenza collettiva. Quando in realtà esiste una società stratificata, come tutte, in cui i vertici tengono sotto la “base” con il bastone degli sbirri e la carota della dis-educazione e della propaganda. Devo avere ancora da qualche parte la foto gialla di mio padre buonanima in divisa da balilla, sull’attenti col suo fucilino di legno. Allora bisognava somministrare all’Italia troglodita che moriva di fame dopo la Grande Guerra l’idea del valore guerriero della “razza”, le Glorie di Roma da rinverdire, le legioni che marciano per conquistare l’Impero e il “posto al sole”. Poi il fatto che l’Italia fosse ancora rurale e con una capacità industriale minima era secondario fino a che ci si limitava alle chiacchiere e alle parate. I bambini delle scuole “russe” sono sull’attenti nella loro divisa da “grande guerra patriottica” e in generale alla popolazione viene ripetuto di continuo il “mito fondativo” perché non è facile trovare qualcosa di cui vantarsi nella storia della “Russia”. Si militarizza tutto e siccome è inutile reinventare l’acqua calda, la “Russia” di oggi è molto simile alla Germania degli Anni Trenta, tanto nelle parole che nell’estetica.
    Il concetto di “scala di valori” è particolarmente fastidioso.
    Prima cosa, si assume che esistano i “valori”. Seconda cosa, si assume che questi valori abbiano un peso differente, da cui l’idea della “scala”. Mi piacerebbe tanto che chi scrive una cosa del genere esplicitasse quali sono i “valori” della “Russia” e in che scala si presentano. Però bisogna confrontare la teoria con le osservazioni, per esempio guardare i “talk show” della televisione “russa”, oppure le interviste ai prigionieri “russi” in Ucraina, oppure ancora le interviste ai passanti nei vari luoghi della “Russia”.
    Infine la faccenda di “balcanizzare la russia”.
    Questo esatto slogan mi è stato presentato ANNI FA da un amico. Lasciamo perdere tutto il castello complottista degli USA che tramano ai danni della “Russia” contro l’evidenza che la “Russia” contemporanea è stata mantenuta in vita per evitare la “balcanizzazione” proprio dagli aiuti USA, dalle derrate alimentari, passando ai soldi per smantellare i reattori nucleari arrivando alla agenzia spaziale che esiste solo perché gli Americani pagano per usare le vecchie Soyuz. Esaminiamo invece il concetto di “balcanizzare” un impero coloniale in cui, come detto, le elite moscovite tengono sotto decine di etnie autoctone delle provincie. Proprio il fatto che la “Russia” non esiste, che sia una finzione costruita dalle succitate elite, tanto ad uso propagandistico esterno che ad uso interno, crea il concetto di “balcanizzare”, dato che nei Balcani, come sappiamo, la Yugoslavia saltò per aria quando si formarono gli Stati della Slovenia, Croazia, Serbia, Montenegro, Albania, eccetera. Veniamo cioè alla contraddizione di fondo. Nella seconda metà dell’Ottocento l’Italia era una provincia dell’Impero Aaustro-Ungarico. A partire dal Cinquecento, causa dispute dinastiche tra le grandi monarchie europee, l’Italia è sempre stata divisa in territori coloniali di diversi reami. Quindi, quando i Milanesi costruirono le barricate e tirarono le tegole dai tetti sulle teste dei soldati austriaci, cosi come i loro antenati con l’imperatore tedesco, si trattava evidentemente di un complotto della Francia per “balcanizzare” l’Austria-Ungheria. In altre parole, non si capisce per quale ragione le Guerre di Indipendenza che hanno creato l’Italia nazione siano diverse da qualsiasi altra Guerra di Indipendenza in cui un Popolo reclama la propria auto-determinazione emancipandosi da un contesto coloniale che lo vede soggetto. Napoleone terzo, se non ricordo male, venne in Italia con l’esercito francese per aiutare i Savoia a scacciare gli Austriaci. Ripagammo il favore cedendo Nizza e la Savoia. Non si capisce perché quelle furono “gesta gloriose” mentre la “brace ucraina” debba essere una infamia.
    Infine, parentesi di ovvia ragione.
    Istituzioni come la Comunità Europea e la NATO esistono solo fino a quando esercitano un potere di seduzione da cui poi discende la necessità di garantire a chiunque ne faccia domanda di potere entrare a farne parte. Quindi è palesemente impossibile che Putin possa imporre il veto, vietare a Paesi, che poi Putin vuole anche avere il diritto di creare e distruggere a piacimento, di fare parte della UE e della NATO. Veniamo al punto. Se un Paese vuole fare parte della UE è perché è sedotto dai vantaggi che ne deriverebbero e li confronta con quelli che gli verrebbero da essere “fratello minore” della Russia. Il veto di Putin non ha ragioni militari o di “sicurezza”, è il riconoscimento del fallimento e di non avere niente da dire o da dare, tornando ai “valori”.

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