Ho dimostrato nei mei libri con abbondanza di testimonianze e di documenti la totale ed assoluta fedeltà di Reghini e dei suoi sodali alla patria. E se la calunnia, come immagino, nasce dal fatto che Reghini era stato un massone del Grande Oriente d’Italia (filo-inglese), non posso fare altro che ripetere quanto altre volte ho detto e ripetuto e cioè che tra i massoni italiani di quel tempo – e sottolineo di quel tempo – ci furono fior di patrioti e di fascisti che non anteposero mai i doveri verso la patria agli obblighi derivanti dalla loro appartenenza alla loggia.
Ci andrei piano, caro signore, ad ironizzare sull’episodio, non sottovalutato dallo stesso Evola che ne parlò seriamente in diverse occasioni, della visita di emissari pagani che mostrarono a Mussolini alcune cose che lo fecero trasalire. Non è un film di fantascienza alla Spielperg. D’altra parte, le conclusioni dell’avventura politica di Mussolini sono a noi note e danno ragione a coloro i quali avevano esortato il Duce a non submittere fasces alla croce, ossia alla chiesa, perché le conseguenze non potevano che essere nefaste. Se poi i fasci di origine etrusca, come afferma correttamente il lettore, non appartenevano alla Tradizione pura, non lo spieghi a me, caro amico, ma agli antichi romani, notoriamente incolti in cose sacre e divine, che lo presero a simbolo sacro dell’imperium.
della gente comune. Conosciamo ormai le mosse delle sette internazionaliste, delle trilaterali, i progetti contro la Siria, l’Iran, la geopolitica, i paesi emergenti, etc.; la faccia brutale del colonialismo atlantico e quella inesorabile dell’usura finanziaria. Chi, a destra e a sinistra, ha ancora il coraggio di giustificare la propria pavidità e il palese servilismo, senza provare vergogna di fronte alla nazione umiliata e in crisi? Abbiamo bisogno che a Roma, faro di civiltà, sbarchino i russi o i musulmani per insegnarci a come affrontare questi nemici del genere umano?
Peggio ancora sono i suoi attuali seguaci alla Sestito, che vomitano al solo pensiero del Concordato senza avere capito la portata storico-politica dell’avvenimento. Non è quindi il rigore ideologico e dottrinale che non condivido, anzi. È la stupidità politica che non condivido, perchè li porta alla fine ad essere, di fatto, allineati con il nemico. Ed è un peccato perché dottrinalmente sono inoppugnabili. L’articolo di Lamendola s
u Calvino di “Rinascita” lo condivido al cento per cento. Ora da un “evoliano” come me è possibile sentire apprezzamenti sinceri su Reghini (Evola stimava Reghini). Da una rivista evoliana come “La Cittadella” si arriva a pubblicare persino uno studio di omaggio a Reghini, ma da loro non riceverai mai niente di apprezzamenti ad Evola o al Fascismo. Solo disprezzo. È la loro pochezza politica e il loro settarismo che non mi piace, non la loro cultura. E pensare che siamo in teoria tutti sulla stessa barca. Peccato che si mettono a remare contro per odio e solo per odio mascherato da rigore dottrinale. Cosi non si arriva da nessuna parete. Sestito sarà sempre un eroico solitario. Auguri. Reghini si, reghiniani no.
Spero di esserti stato chiaro.
che dall’altra parte, non reggono al cospetto della storia, all’interno della quale le civiltà e le rivoluzioni spirituali non hanno mai cesure nette. E anche il cristianesimo si è nutrito delle culture precristiane, tanto che molti aspetti della cultura antica si sono salvati proprio grazie al cristianesimo che l’ha conservata e tramandata. Sembra un controsenso, ma così non è. Il cattolicesimo romano ha desunto molti dei suoi schemi istituzionali proprio dalla romanità. Negarlo sarebbe anacronistico, settario e persino puerile.
la NOTA di Maurizio Barozzi
Cercherò di esprimere alcune considerazioni in merito all’intervista a Roberto Sestito pubblicata in questo Sito e in riferimento a questo due lettere. Le mie saranno delle semplici considerazioni, più che altro di carattere storico, ambito nel quale mi sento più a mio agio. Eviterò in ogni caso di entrare in considerazioni di carattere dottrinale, per non dire “esoterico”, per le quali non credo di essere all’altezza, anche se intuisco che, nella contrapposizione in atto, che oltretutto non è recente, ci sono significative differenze ideologiche.
La prima valutazione che mi sento di dare, riguarda l’opportunità per Mussolini di arrivare al Concordato, i cui approcci risalgono al 1923 quando ci furono sotterranei contatti tra Mussolini e la Chiesa. Al tempo il Duce, da poco al potere, coltivava l’idea di formare un governo con l’ala moderata dei socialisti e i popolari, partito nel quale fosse però stata annullata l’infausta opera di Don Sturzo. Questi contatti avevano dato certi frutti e il Vaticano già stava preparando la strada per la messa da parte di Sturzo. Poi venne il delitto Matteotti, un episodio di sporchi interessi petroliferi, ma che avrebbe dovuto portare anche alla caduta del governo di Mussolini. L’interesse massonico, in questo senso, tra le altre cose, era anche dovuto alla preoccupazione di questi “contatti” tra il Duce e la Chiesa.
Infine, durante il ventennio, nel 1929 si arrivò alla Conciliazione tra Stato e Chiesa. Le leggi della politica sono spesso spietate ed è quindi consequenziale che questo Concordato non poteva che produrre la messa da parte di alcune componenti che pur erano state vicino al fascismo.
In particolare viene lamentata la messa in disparte di quella corrente, non estranea alla massoneria, che si rifaceva ad una tradizione Pitagorica e ad una via iniziatica italico-romana, nomata anche “Imperialismo pagano” che presentava alcuni aspetti molto interessanti.
Con il senno del poi possiamo oggi dire che il Concordato, fu per il fascismo nefasto, in quanto la Chiesa, non solo da un punto di vista dottrinale (la sua visione egualitaria degli esseri umani e le sue stesse tradizioni giudaico cristiane, seppur contemperate da altre tradizioni neoplatoniche e da un certo cattolicesimo), alla lunga sarebbero entrati in contraddizione con la visione della vita e del mondo del fascismo. Ma ancor più, quando la storia contrappose i paesi fascisti a quelli democratici, il Vaticano optò subdolamente, ma decisamente per i secondi.
Ma queste sono considerazione, appunto, fatte con il senno del poi, perchè Mussolini, quando negli anni ’20 decise di arrivare alla Conciliazione, faceva altre considerazioni ed aveva altri interessi. In realtà Mussolini, in quel momento, non aveva degli obiettivi ideologici da conseguire, ma si era proposto dei traguardi importantissimi in ambito nazionale. Egli mirava a far raggiungere all’Italia una vera unità in tutti i settori, al fine di proiettarla verso una crescita sociale e politica ed elevarla al rango di medio-piccola potenza in grado di svolgere un ruolo, per noi vitale, nel mediterraneo e in Africa.
In vista di questi obiettivi, Mussolini aveva la necessità di mobilitare tutte le energie della nazione e di incanalare tutte le sue più importanti componenti culturali, sociali e politiche verso questi traguardi. Poteva quindi continuare a tenere la Chiesa fuori dallo Stato?
In pratica di fronte al Duce vi erano due grandi componenti culturali, sociali e storiche, ma tra loro antitetiche: la massoneria che aveva avuto una grandissima parte nel risorgimento e nella nascita della nostra economia e finanza, legata però agli interessi anglo francesi, e la Chiesa cattolica.
È indubbio che la Massoneria, sia da un punto di vista ideologico, che per influssi geopolitici che gli provenivano dalle centrali londinesi e americane, si era messa di traverso al fascismo, mentre la Chiesa, con la sua solita politica melliflua era molto più disponibile. Ma quello che fece sicuramente decidere Mussolini verso la Chiesa fu il fatto che questa, con le sue parr
occhie in ogni paesino e con la forte partecipazione cattolica del popolo italiano, era una realtà molto più popolare e importante della massoneria. Certo, l’accordo con la Chiesa portò alla marginazione della corrente pagana, italico romana di Reghini e dei suoi amici, ma Mussolini, per gli obiettivi sopra esposti, in quel momento aveva bisogno di una forza reale, concreta, presente in tutto il paese, non di una componente minoritaria.
Questi sono i motivi per i quali si arrivò al Concordato, e se ci proiettiamo a quei tempi, non credo che la scelta di Mussolini possa essere criticata.
Potremmo semmai criticare il fatto che una volta che furono stabiliti certi assetti e compromessi: la diarchia con Casa Savoia, il Concordato con la Chiesa, la mancata sottomissione dell’esercito e dell’Industria, ecc., tutti questi equilibri di potere vennero gestiti male, tanto che, queste componenti, al momento opportuno, ovvero durante la crisi bellica del 1942-’43, si ritrovarono più forti del fascismo e intesero liberarsene.
La seconda valutazione che mi sento di esprimere riguarda le possibilità che avrebbe potuto avere la corrente di Reghini di fornire al fascismo una certa “forza”, se non ci fosse stata l’interferenza ostile della Chiesa ed avesse invece potuto contare su un appoggio incondizionato da parte di Mussolini.
A quanto mi pare di capire si avanzano qui delle convinzioni circa il fatto che forse si sarebbe potuta evitare una certa via romano-germanica che portò alla alleanza con il Terzo Reich e soprattutto che forse sarebbe stato anche possibile correggere, da di dentro, la deviazione della massoneria verso le sue correnti giudaiche e anglo americane.
Per il primo aspetto, non mi pronuncio perchè, per mia ignoranza, non ho ben capito in cosa consisterebbero le differenze sostanziali, tra queste due tendenze Tradizionali, nelle loro conseguenze politiche.
In ogni caso l’alleanza con la Germania era inevitabile, non un capriccio o una ripicca, perchè gli stati Nazional popolari che il fascismo e il nazionalsocialismo avevano creato in Europa erano esiziali soprattutto per i sogni di dominio mondiale dell’Alta finanza. Mai il fascismo avrebbe potuto sopravvivere in accordo le democrazie occidentali, sia per conflitto di interessi geopolitici che per la sua stessa valenza di Stato e dirigismo governativo che la Finanza internazionale non avrebbe mai potuto tollerare.
In ogni caso se, ad esempio, dobbiamo criticare Evola per la sua miopia politica che lo faceva attestare su un conservatorismo non più adeguato ai tempi, siamo sicuramente d’accordo, ma se invece dovremmo negare al fascismo l’adesione a certi Valori, espressi anche nelle esposizioni di Evola, allora non ci siamo proprio.
Per l’altro aspetto, quello di una “correzione” della Massoneria, possiamo solo dire che l’esperienza storica ci dice che mai nessuna componente, dissidente o divergente all’interno della Massoneria, ha avuto modo di affermarsi. Sempre e comunque, nei momenti veramente cruciali e decisivi, le centrali di Londra e New York hanno imposto la loro volontà e superato e sottomesso ogni diversità all’interno della massoneria. Non crediamo quindi che il tentativo di Reghini, almeno sul piano politico e geopolitico, pur teoricamente molto interessante, avrebbe avuto possibilità di successo.
Un ultima osservazione. Ho dato una lettura ad alcune pagine del “Cammino del Cinabro” di J. Evola e mi sembra che l’autore esprime delle considerazioni alquanto positive su Arturo Reghini. Allora mi domando: possibile che queste due tendenze, oggi che certe situazioni non sono più in essere, non siano conciliabili?
Maurizio Barozzi
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