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3 Febbraio 2025
Cultura & Società

Rudis – Gianluca Padovan

In latino il rudis è il campo non coltivato. E noi, metaforicamente parlando, quando giungiamo su questa Madre Terra, ci ritroviamo in uno spazio da coltivare: il nostro io interiore ed esteriore. Ci ritroviamo in uno spazio da coltivare nel senso che stiamo in un qualcosa di imperfetto, ma perfettibile, non lavorato, ma lavorabile. È la nostra condizione di esseri umani: nudi per vestirci, ignoranti per imparare. Grezzi, ma per lavorare sodo su noi stessi, stando su questa Terra.

Parafrasando Tito Livio potrei ripetere: «rudis gens ad pedestria bella», ovvero «gente inesperta nel combattimento a terra». Intendendo, mi si conceda, come su questa Terra tutto si debba apprendere, dal vivere al morire. Perché, non lo si neghi, la vita è un combattimento continuo e la nostra unica certezza è quella di morire. Ma, rammentando un antico detto vichingo, potrei aggiungere: «Tutti siamo soggetti alla morte, ma una cosa sopravvive ed è la reputazione che ci lasciamo alle spalle, dopo la nostra morte».

Oggidì leggo sui giornali e sui siti web quotidiane lagnanze, continue dolenze, continue recriminazioni riguardanti taluni aspetti della nostra vita. Aspetti generalmente legati alla politica, alla conduzione della nostra società, ora su questo, ora su quello.

Il rudis è il bastone o il legno modellato a forma di spada, con cui si allenavano i soldati e i gladiatori. Noi non siamo nati schiavi e dobbiamo batterci per non diventarlo. Schiavi di un’idea, di una religione, di un partito, di una droga, di una pulsione, di una moda, di una movenza, di un costume sociale. Schiavi di una televisione. Schiavi di false informazioni. Nella condizione in cui oggi versiamo ci inducono a credere di essere comunque schiavi. Ebbene sia, in un modo o nell’altro, veri o presunti, diamoci da fare, rimboccandoci in senso lato e in senso stretto le maniche e lavoriamo innanzitutto su noi stessi. Impariamo. Conosciamo. Battiamoci.

Battiamoci a fronte alta e conquistiamoci il RUDIS, ovvero il gladio di legno che nell’antichità romana veniva donato al gladiatore che si conquistava la propria libertà.

 

Fonte immagine copertina

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