di Luca Cancelliere
Con la nuova edizione di un classico francese (titolo originale: “Les volontaires”, Presses de la Cité, Paris 1963), pubblicato per la prima volta in Italia nel 1983 dalle edizioni “Sentinella d’Italia” del compianto Antonio Guerin, l’amico Alberto Manca di Solarussa (Oristano) ci regala la seconda opera della nuova esperienza editoriale intrapresa a seguito del suo ritorno nella natìa Sardegna.
“I volontari” di Saint-Loup appartiene a quel filone della memorialistica francese di guerra che si colloca a metà tra il racconto romanzato e il documento storico, cui si possono ascrivere anche altre opere dello stesso autore come “Gli eretici”, dedicato alle vicende della Divisione francese delle Waffen-SS “Charlemagne” e “I nostalgici”, concentrato sulle vicende dell’immediato dopoguerra, nonché gli scritti di Saint-Paulien (“I leoni morti”) e del prolifico Jean Mabire. Questi autori sono accomunati, oltre che dallo stile narrativo, da una visione del mondo incentrata sull’adesione incondizionata alla collaborazione con il nazionalsocialismo tedesco nell’ottica di un’Europa unificata sotto l’egemonia di Berlino, dal rifiuto del cristianesimo nel nome del recupero delle tradizioni pagane dell’Europa e dal sostegno ai movimenti localistici ed etno-regionalisti (Saint-Paulien e Jean Mabire collaborarono rispettivamente con i movimenti etno-regionalisti della Bretagna e della Normandia).
L’idea europeista e germanocentrica, germogliata negli ambienti intellettuali e politici della Collaborazione francese con il 3° Reich, dopo il 1945 fu rifiutata tanto dalla destra moderata di De Gaulle quanto dalla destra radicale di Le Pen, che saggiamente gli preferirono le parole d’ordine dell’Europa delle Patrie e della sovranità e indipendenza della Repubblica Francese. Per ironia della storia, l’idea di un’Europa unita sotto l’egemonia tedesca, anche se in un contesto storico e politico completamente diverso, trovò la propria concreta realizzazione quarant’anni dopo, con l’Atto Unico Europeo (1986) e il Trattato di Maastricht (1992), sotto le due presidenze del socialista François Mitterrand (1981-1995). E’ tuttavia coincidenza degna di nota che Mitterrand, tra il 1941 e il 1943, avesse lavorato per il governo di Vichy presso la “Légion française des combattants et des volontaires de la révolution nationale” e il Commissariato per il reinquadramento dei prigionieri di guerra, collaborando altresì alla rivista “France, revue de l’État nouveau”.
Saint-Loup, al secolo Marc Augier (Bordeaux 1908 – Parigi 1990), appassionato di motociclismo, automobilismo e alpinismo, protagonista di viaggi avventurosi in Lapponia e nel Sahara, dopo una fugace collaborazione con il governo di sinistra del Fronte Popolare nel 1936, divenne ammiratore dell’esperienza nazionalsocialista tedesca. A seguito della sconfitta e dell’occupazione della Francia da parte delle forze armate tedesche nel 1940, Marc Augier entrò a far parte di un movimento collaborazionista denominato “Groupe Collaboration”, sorto per influenza dello scrittore Alphonse de Chateaubriant, e del “Parti Populaire Français” di Jacques Doriot.
E’ in questa fase che Marc Augier venne coinvolto personalmente nelle vicende relative alla formazione e all’impiego nel conflitto russo-tedesco scoppiato il 22 giugno 1941, a fianco della Wehrmacht, della “Légion des volontaires français contre le bolchévisme” (L.V.F.), arruolandosi nella medesima e partendo per il fronte bielorusso. Alla costituzione della L.V.F. contribuirono tutti i partiti e movimenti di ispirazione nazionalista, che avevano animato la scena politica francese degli anni ’30 e che dopo la sconfitta francese del 1940 e la divisione della Francia tra zona di occupazione militare e regime di Vichy, scelsero di intraprendere la collaborazione con l’occupante tedesco: il Rassemblement National Populaire di Marcel Déat, i “Francistes” di Marcel Bucard, il “Mouvement Social Revolutionnaire” dell’ex “cagoulard” Eugène Deloncle, il “Parti Populaire Français” di Jacques Doriot, la “Ligue Française” di Pierre Costantini. Ferito in guerra e rimpatriato nel giugno 1943, Marc Augier si dedicò all’attività giornalistica come direttore di “Le Combattant européen”, rivista della L.V.F..
La dotazione iniziale della L.V.F., costituita ufficialmente l’8 luglio 1941, era di circa 2.500 uomini, reclutati negli ambienti più disparati: membri dei partiti francesi collaborazionisti, militari smobilitati, disoccupati, persino ex appartenenti alle Brigate Internazionali della guerra civile spagnola. Con i reclutamenti successivi, la L.V.F. arrivò a impiegare un totale di 5.800 uomini. L’addestramento iniziale delle reclute si svolse a Debica (Polonia). Il trasferimento in prima linea, in un’area a circa 60 km da Mosca, avvenne il 1° dicembre 1941, con gravi perdite per i combattimenti e il freddo. Ricostituita nella primavera del 1942, la L.V.F. fu impiegata da allora in poi quasi esclusivamente nella repressione della guerriglia partigiana. Tra il 26 e il 27 giugno 1944, 600 soldati della L.V.F. guidati da Jean Bridoux fermarono l’avanzata russa nei pressi del fiume Bobr in Bielorussia. Secondo Saint Loup, i Russi, sorpresi dall’accanita resistenza dei Francesi, ritenevano di avere di fronte due divisioni e non soltanto 600 uomini! Questo episodio valse alla L.V.F. la menzione nel bollettino dell’O.K.W. (Oberkommando Wehrmacht) e le felicitazioni del comandante in capo della IV Armata della Wehrmacht, Gotthard Heinrici. Nel luglio successivo fu annunciato lo scioglimento della L.V.F. con decorrenza dal 1° settembre 1944. I 1.200 superstiti furono raggruppati con elementi provenienti da altre unità ausiliarie francofone nella 33° Divisione Waffen-SS “Charlemagne”, che verrà Divisione sarà praticamente spazzata via nei primi mesi del 1945 sul fronte della Pomerania, con perdite particolarmente pesanti durante la difesa di Danzica. Sei anni prima, per ironia della sorta l’allora leader socialista e poi tra i principali esponenti della collaborazione con i tedeschi e cofondatore della L.V.F., Marcel Déat, aveva esortato i suoi connazionali a non “morire per Danzica”.
Fuggito in Italia e poi in Argentina (dove sarebbe stato maestro di sci di Evita Peron e istruttore dell’esercito) dopo il 1945, condannato a morte in contumacia nel 1948, Marc Augier non rinunciò all’attività pubblicistica nemmeno durante la latitanza, quando adottò lo pseudonimo “Saint-Loup” per firmare alcuni articoli senza essere identificato. Graziato nel 1953, tornò in Francia dalla latitanza per proseguire la sua prolifica attività di scrittore, sempre con lo pseudonimo di Saint-Loup, pubblicando una trentina di libri sugli argomenti a lui più cari: la 2° Guerra Mondiale e la Collaborazione, le “Patrie carnali”, la montagna.
Nei suoi libri si rinviene la testimonianza spirituale di un grande Francese, che seppe coniugare la coerenza dell’uomo fedele alla propria visione del mondo con il talento del grande scrittore.
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