di Enrico Desii
A due settimane di distanza dall’alluvione che ha investito la Sardegna , si può essere certi che non solo si sono verificati danni incalcolabili ma, come sempre, non si ricaverà nessun insegnamento da quanto accaduto.
L’unica cosa sicura, evidente anche ai profani, è che, si tratti di un evento meteorologico oltre le soglie della normalità o di un terremoto, non esiste più un angolo del territorio nazionale che possa sentirsi al sicuro. Sia nel caso di fenomeni che sono oggigiorno prevedibili con una certa ampiezza temporale ed una certa esattezza geografica, sia nel caso di quelli che rientrano nell’imponderabile, in Italia, infatti, si risponde ancora in base all’improvvisazione ed in maniera difforme a seconda del luogo. Si ricorderà che il terremoto emiliano del 2012 ha insegnato che anche in una delle zone ritenute più evolute e rigorose nell’applicare le normative di sicurezza, specialmente quelle a tutela di chi lavora, furono riscontrate diverse lacune, purtroppo fatali.
La questione fondamentale, dalle nostre parti, resta aver scritto nero su bianco una procedura. Se questa si dovesse limitare a rimanere sulla carta, tutto funzionerebbe benissimo. Ma il punto, naturalmente, non è questo. Ad un determinato e tragico momento, le norme vanno trasferite nella pratica e solo allora ci si rende conto della difficoltà che incontra il loro funzionamento concreto, della complessità di mettere in relazione immediata realtà che sono profondamente diverse, per dimensioni, possibilità di analisi della situazione, strumenti a disposizione, operatività. Spesso i linguaggi utilizzati sono completamente diversi.
Dopo che la catastrofe si è verificata, si mette in moto la solita logica aberrante, quella dove ognuno è impegnato a difendere esclusivamente e fanaticamente il suo operato. Dalla parte centrale si afferma che “noi il fax ve lo abbiamo inviato in tempo” (si tratta di uno strumento che, alla velocità tecnologica di oggi, è quasi ridicolo e che la legge stessa vieterebbe di usare per le comunicazioni tra pubbliche amministrazioni e, per di più, arriva di domenica ed in orari dove i piccoli comuni sono regolarmente chiusi da ore anche nei giorni lavorativi). Oppure “noi abbiamo inviato un sms al sindaco, toccava a lui richiamare”, che, mi perdonino le vittime, sembra un discorso tra due innamorati litigiosi non la trasmissione di un allarme di tale portata. Dall’altra parte, dal territorio devastato, si replica che non si è in grado di capire cosa significhi in realtà “criticità elevata“, che di messaggi del medesimo tenore ne arrivano, quasi sempre inutilmente, diversi in un anno, che le procedure di emergenza non sono praticabili vista la scarsità di risorse a disposizione. Una visione complessiva degli eventi non esiste, non fa parte della nostra cultura.
L’apoteosi è costituita dal politico di turno che, durante l’ennesima ed inutile trasmissione televisiva, non sa che nello scantinato di Arzachena, la famiglia di origini brasiliane non vi aveva cercato rifugio, ma vi abitava. Evidentemente, a qualcuno pare impossibile che, ancora oggi, ci siano persone in Italia che vivono in una cantina. Se possiamo stare certi che il pudore non consiglierà alla medesima persona di tenersi un po’ in silenzio per i prossimi mesi, è inevitabile notare come il sistema politico attuale selezioni soggetti che non solo non eccellono in alcuna delle qualità che sarebbero necessarie per svolgere la funzione loro affidata, ma, anzi, molto spesso evidenziano dei caratteri addirittura squallidi. Hai voglia a modificare la legge elettorale…
Poco si è potuto sapere sul ruolo svolto dalla protezione civile regionale. Eppure la sua avrebbe dovuto dirla, quantomeno a livello di coordinamento delle attività dei comuni. Si tratta, tra l’altro, di una regione a statuto speciale, che ha molte risorse a disposizione e che della corretta gestione (e quindi della tutela…) del suo territorio, a fini turistici, agricoli e pastorali, dovrebbe fare uno dei suoi punti di forza. In realtà il rapporto equilibrato dell’uomo con il territorio ove vive, la cura del secondo da parte del primo, sono elementi che, in un’economia globalizzata come l’attuale, proiettata allo sfruttamento intensivo ed alla standardizzazione, non solo non ci appartengono più ma non suscitano nemmeno interesse. Eppure catastrofi naturali gravissime avvengono non solo nei contesti urbani ma anche nei territori dove l’opera dell’uomo, per un motivo o per l’altro, è scomparsa, lasciando fare alla natura il suo corso in maniera indisturbata.
Per quanto riguarda le strutture di volontariato, delle quali sentiamo spesso tessere lodi a tutto tondo, resta il fatto che se non vengono indirizzate prima e coordinate correttamente nel momento dell’emergenza, continuano ad essere quello che sono, una serie di minuscoli gruppi parcellizzati che operano sul territorio in maniera autonoma, con molta buona volontà, certo, ma anche con diffuso interesse a ricevere contributi e vantaggi indiretti dagli enti pubblici. La sintesi, anche in questo caso, competerebbe ad altri.
Grande assente, come dicevo all’inizio, è stata una seria analisi tecnica di quanto è accaduto e di dove sono state le inefficienze. Ragionando seriamente, sulla base degli errori, di quanto si possa fare concretamente in futuro, perché l’imperativo dovrebbe essere cercare di evitare che situazioni di tali gravità abbiano a ripetersi con conseguenze analoghe.
Una figura molto dignitosa e matura, invece, mi sembra abbia fatto la gente sarda. Durante la tragedia qualcuno si è comportato da vero e proprio eroe, elemento ancor più significativo in una società che bandisce sistematicamente ogni educazione al coraggio, alla forza, al va
lore. Nei momenti successivi, pur avendo spesso perso molti dei riferimenti fondamentali che caratterizzano la vita degli uomini, tutti hanno mostrato di guardare avanti e di contare sulle proprie forze, senza attendersi più di tanto da quelle istituzioni che, ad ogni livello, si sono mostrate così poco consapevoli del loro ruolo.
lore. Nei momenti successivi, pur avendo spesso perso molti dei riferimenti fondamentali che caratterizzano la vita degli uomini, tutti hanno mostrato di guardare avanti e di contare sulle proprie forze, senza attendersi più di tanto da quelle istituzioni che, ad ogni livello, si sono mostrate così poco consapevoli del loro ruolo.
Siamo ancora lì, insomma. In Italia è sempre meglio contare sulle propria volontà e sulla solidarietà piuttosto che sul federalismo.