Secondo Cicerone «nella nostra mente dimora un desiderio insaziabile di verità». Conoscere il vero è ciò cui tende naturalmente l’intelletto umano, come l’amore è ciò cui tende la nostra anima. Tuttavia, ‘verità’ è un concetto elusivo. Non è facile comprendere come sia possibile avere una conoscenza reale del mondo. Né possiamo illuderci di poter indagare su tale argomento in totale libertà, senza dipendere da strutture mentali innate, convenzioni linguistiche, inconsci pregiudizi, dai retaggi potenti e invisibili della nostra educazione intellettuale.
Ammessa tale riserva, io credo si debba concepire la verità come fondamento del valore. Ciò che è falso – una banconota falsa, un amore falso, una notizia falsa ecc. – è ciò che non ha valore. Tuttavia, quello che a noi può apparire falso è talvolta solo la realtà percepita da un’altra prospettiva. Pare dunque vi possano essere tante verità quanti sono i punti di vista. Ma i diversi piani prospettici non sono in contraddizione con la verità. Essi anzi si integrano e si armonizzano l’un l’altro, dandoci un’immagine più completa del reale.
Noi cerchiamo la verità attraverso un processo di conoscenza – forse infinito – che consiste nel raccogliere informazioni sul mondo fuori e dentro di noi, e trarne un senso. Questo non solo ci permette di soddisfare i nostri bisogni, evitare i pericoli ecc., ma crea in noi un ordine affettivo, morale, intellettuale, un insieme di valori ideali ai quali possiamo persino sacrificare la vita (mentre nessuno rinuncerebbe a vivere per difendere ciò che reputa falso).
L’elemento portante di tale processo è un ‘assenso interiore’, intendendo con questa espressione l’atto mentale con cui attribuiamo carattere di verità a certe cose. Non sempre, anzi raramente siamo consapevoli di questo assenso. Tutti possediamo certezze per noi talmente ovvie da divenire inconsci postulati che inavvertitamente ci guidano.
Il penetrare in noi di una convinzione, ossia di un assenso, e il suo consolidarsi fino a confluire nel nostro metabolismo interiore, è un fenomeno misterioso. Non solo le certezze del senso comune – “esisto, ho un corpo, una mente, sono parte di un mondo” ecc. – hanno in sé qualcosa di abissale, anche la superficie della coscienza ospita una pletora di certezze – fisiche, morali, affettive, religiose, filosofiche ecc. – che diamo per evidenti solo perché senza di loro ci sarebbe impossibile pensare e comunicare.
Come attingiamo queste certezze e arriviamo a essere sicuri di qualcosa? Ovvero, considerata l’immensa quantità di opzioni che ci si offre, cosa ci induce a dare il nostro assenso a una proposizione invece che a un’altra, a ritenere vera questa e falsa quella? Temo che tentare di rispondere a questa domanda non farebbe che creare nuove domande. Mi limiterò quindi a indicare per sommi capi le ragioni generali che mi pare formino la dinamica dell’assenso, le quali coincidono per altro con le strutture fondamentali dell’essere umano.
La prima è la nostra immediata esperienza, un ‘assenso fisico’. “Piove” è per noi un fatto evidente senza che qualcuno ce lo dimostri. La seconda è l’inferenza, o ‘assenso logico’. “Vedo del fumo, quindi qualcosa brucia”. Questo assenso può riferirsi a idee astratte (per es. matematiche) o a fatti empirici. In quest’ultimo caso implica un assenso complementare che chiamerei ‘mnemonico’ perché legato al ricordo di altre esperienze. La terza si basa su un ‘assenso sentimentale’. Siamo indotti ad accettare alcune idee perché in risonanza col nostro temperamento individuale, le nostre inclinazioni emotive, o perché soddisfano un nostro desiderio. La quarta è ritenere vere le affermazioni altrui. È un ‘assenso fiduciario’: crediamo ai testimoni oculari di un fatto, chiediamo informazioni a un passante, seguiamo un corso scolastico ecc.
V’è infine un ‘assenso spirituale’. Alcune certezze non dipendono infatti dall’esperienza dei sensi, dall’inferenza logica, dai nostri umori o dalla comunicazione di altri, ma si formano per altre vie, spesso difficilmente definibili: sogni, intuizioni, rivelazioni, stati religiosi e mistici ecc. È attraverso questo tipo di assenso che spesso apprendiamo qualcosa di essenziale su noi stessi e sulla vita, benché il nostro razionalismo inibisca l’accesso dell’uomo al mondo dell’anima e alle sue conoscenze.
È importante notare come tutti questi assensi presuppongano come condizione fondamentale la ‘fede’. Dobbiamo a priori fidarci dei nostri sensi, delle facoltà mentali nostre o di altri, dello stesso mistero che non comprendiamo. In sostanza, tutta la nostra conoscenza poggia su un ‘meta-assenso’ che, liberando il termine dai suoi limiti zoologici, potremmo definire ‘istinto’. Il nostro essere è permeato di una indefettibile fede nella Coscienza, nell’emergere spontaneo di ‘Ciò che è’. E il nostro divenire è il dispiegarsi di questa fede, la sua avventura, il suo tradursi in idee e in azioni.
Ma ai fini del mio discorso non sono necessari scandagli metafisici. Vorrei invece rivolgere l’attenzione a quel tipo di certezza che ho definito ‘fiduciaria’. È normale che la gente conceda il suo assenso a un’enorme quantità di asserzioni di cui non può avere cognizione diretta, e che regoli la sua esistenza sulla base di questo assenso. È questo un aspetto essenziale della nostra vita sociale ma anche, io credo, un fattore decisivo della sua crisi.
L’assenso fiduciario è un fenomeno naturale. Il bambino, ad esempio, vede nel genitore un magistero indubitabile. Questa fede ingenua e spesso illusoria viene in seguito proiettata su insegnanti, personalità religiose, ‘esperti’ e personaggi dal forte ascendente intellettuale o morale. Gli ‘assensi’ di questo tipo son quelli da cui dipende il nostro presunto sapere storico o scientifico. Così, crediamo che Napoleone morì a Sant’Elena, che la Terra giri intorno al Sole, che un virus causi il raffreddore ecc. Da questo assenso derivano in gran parte anche i nostri giudizi etici, le prospettive filosofiche e le credenze religiose.
Questo non significa che si prescinda così dalle altre forme di assenso – empirico, razionale ecc. Tuttavia, la fiducia nel nostro ‘informatore’ o la soggezione a una certa autorità sono l’elemento prevalente. Per altro, senza un’istintiva credulità e un certo mimetismo intellettuale, nessuna trasmissione di conoscenza sarebbe possibile. È normale che una società si riconosca in una certa uniformità di pensiero, di premesse ideali. Un pluralismo senza limiti, in cui ognuno persegue significati, valori, scopi diversi e discordanti, porterebbe a una rapida disgregazione. La fiducia reciproca è necessaria per la coesione di una comunità di individui.
Noi riceviamo continuamente messaggi dall’ambiente circostante. L’importanza di un sistema di informazioni corrette, che discrimini tra vero e falso, non si esaurisce nel suo semplice valore cognitivo. La conoscenza della realtà infatti sollecita in noi una serie di comportamenti, ci induce a definire valori e significati, a stabilire degli orientamenti per la nostra esistenza. Col tempo impariamo che le persone possono mentire e ingannare deliberatamente il loro prossimo. Oppure sbagliarsi in buona fede. Il dubbio e l’esame critico diventano perciò essenziali quanto la fiducia. Occorre far uso delle proprie capacità di giudizio e procedere da sé alla ricerca del vero, vagliando le informazioni autonomamente, senza accettare passivamente l’opinione altrui.
Ma l’uomo moderno sembra aver perso fiducia in sé stesso, e l’assenso fiduciario ha finito col creare un grave pericolo per la sua libertà di pensiero. I grandi organi di informazione son diventati sempre più influenti e pervasivi, fino a formare una sorta di sensorium comune, di intelligenza collettiva che surroga le facoltà percettive e intellettuali degli individui. I media divengono i portavoce di una Mente Unica le cui affermazioni hanno carattere apodittico. La conoscenza assume carattere rigidamente monocratico, uniforme e normativo.
Su temi cruciali che riguardano non solo la vita politica e sociale ma gli stessi rapporti umani, le opzioni morali ecc., l’uomo tende a dare un assenso incondizionato alle informazioni e ai messaggi che riceve dai media ufficiali, cui assegna inconsciamente funzione di ‘genitore’, di mentore e maestro. Il suo senso critico, la libertà di indagare, si riducono a misura che aumenta la dipendenza dal dogmatismo dell’informazione di massa. Questo implica il potere di dirigere i pensieri, le emozioni e i comportamenti della gente. Di fatto, l’esercizio di questo immenso controllo è esercitato oggi da persone che possono definirsi ‘professionisti dell’informazione’ come le prostitute potrebbero definirsi ‘professioniste dell’amore’.
La ‘verità’ è diventata appannaggio di individui pronti a raccontare ogni genere di menzogna pur di averne un tornaconto personale. Attraverso la comunicazione di massa la falsità è divenuta consustanziale alla società moderna quasi per contagio epidemico. I più percepiscono la realtà e conformano la propria condotta attraverso un ‘assenso fiduciario’ concesso non solo a giornalisti corrotti ma a varie tipologie di soggetti ‘autorevoli’ – politici, medici, scienziati, esperti – il cui scopo nella vita non è certo la verità ma la carriera, il denaro, il successo personale.
La coscienza comune è immersa nell’ufficialità dell’informazione come in un liquido amniotico, e questo ha prodotto una drammatica atrofia del nostro senso di realtà. La gente dà meccanicamente il proprio assenso a qualsiasi idiozia o falsità abbia carattere ufficiale e, per converso, è pronta a scagliarsi ferocemente contro chiunque esprima un dissenso, non importa quanto logico, motivato, documentato.
Questo plagio mentale, che potremmo definire ‘ufficialismo’, ramifica fino a coprire ogni area del conoscibile, legando le nostre certezze a un unico tipo di assenso che surroga, assorbendoli in sé, tutti gli altri. L’esperienza dei sensi, la razionalità, l’intuizione ecc., si ritirano sullo sfondo di una coscienza invasa da una rete di messaggi mediatici, slogan e parole d’ordine, stimolazioni nervose e suggestioni subliminali che non hanno alcun nesso necessario con la verità.
L’ufficialismo si basa su simulazioni d’analisi e di testimonianza obiettiva, calate in strutture fiabesche dove si mescolano archetipi e stereotipi dal chiaro intento pedagogico. Non riferisce la realtà ma la crea. La leggenda dell’Orrido Virus e del Sublime Vaccino langue? L’immaginario comune viene riacceso e ricompattato intorno alla mitologia della guerra, alla lacrimevole retorica, ai rozzi manicheismi. Complice l’abulia mentale della gente, si distorce l’eziologia degli eventi, si alterano le prospettive, si rievoca la sinistra figura del ‘dittatore pazzo’, immagine di orco politico che, da Nerone a Hitler, ha il magico effetto di inibire l’intelligenza storica dei fatti.
Quelli che condannano gli effetti tremendi della guerra sono gli stessi che ne traggono profitto. Sono le stesse vipere farisaiche il cui veleno da tempo corrode il cuore dell’Occidente, portando ovunque rovina e macerie. Sono grottesche le loro litanie di pace, la loro indignazione. Sublime ipocrisia di un potere imperialista e guerrafondaio, senza onore, che firma trattati e accordi solo per poterli disattendere, che pone ovunque i semi della guerra, e quando ne spuntano i frutti dà ad altri la colpa; che mistifica e cancella la storia, che ha fatto della menzogna un’arma di distruzione di massa.
Ovviamente il problema non è solo la falsità in sé, ma la credulità di chi la accetta come verità di fatto e di valore. Questo assenso produce non solo un’allucinazione di massa ma anche un comportamento aggressivo e tribale verso i soggetti devianti, cioè chiunque si sottragga alla logica del coro. Si forma un branco conformista, omologato, che avoca a sé ogni giudizio di moralità e verità, lanciando anatemi e scomuniche contro gli spiriti liberi che ne restano fuori. Così, chi oggi non è toto corde ‘democratico’, ‘omofilo’, ‘vaccinista’, ‘anti-russo’ ecc. perde ogni rispetto umano, è privato di dignità e diritti.
Perciò sorrido quando sento che dobbiamo difendere ‘i valori dell’Occidente’ e il ‘mondo libero’. I valori dell’Occidente li abbiamo distrutti noi da tempo. E solo ironicamente si può definire ‘libero’ un mondo dove per lavorare, per muoverti, per vivere, sei obbligato a diventar cavia di case farmaceutiche; un mondo in cui chi obietta o dubita viene brutalmente zittito, messo alla gogna, perseguitato; dove si definisce ‘emergenza sanitaria’ un piano di demolizione economica e sociale, dove i bombardamenti si chiamano ‘operazioni di pace’.
Se fossi mazdeo direi che il nostro mondo è dominato da Angra Mainyu, spirito della menzogna. Un cristiano lo direbbe sotto la giurisdizione di Satana, il grande mentitore. Certo, la sincerità non fu mai una virtù universale, e il politico mente come respira, si sa. Ma oggi è l’a stessa natura del pensiero a venir falsificata. Questo significa che la gente è ormai incapace di distinguere il vero dal falso. Anche la pace che la gente reclama è una falsa pace, maschera di un sistema per sua natura bugiardo e assassino. Falsa come le nostre famiglie artificiali, come la filantropia dei grandi usurai. Falsa come la nostra medicina, semplice rimozione di sintomi che serve a nascondere il male. Falsa come la nostra conoscenza, che ci porta sempre più lontani dal vero.
Chi oggi vuol distruggere la verità cerca in realtà di spezzare la relazione ontologica tra l’uomo e Dio, che è fonte e fondamento del vero. Chi mente uccide la realtà. Siamo avvolti da rappresentazioni fittizie, che contraddicono l’essere reale per mettere al suo posto ombre e simulacri, esistenze virtuali. La stessa evoluzione scientifica e tecnologica, con le sue speranze messianiche, è solo un’immagine capovolta. Se la raddrizzassimo vi vedremmo l’involuzione e lo smarrimento dell’anima. E il culto del profitto, che promette paradisi illusori e illusorie redenzioni, sradica dai cuori ogni vera religiosità per sostituirla col monoteismo fecale del denaro.
L’escatologia dell’Occidente sembra così compiersi attraverso una metamorfosi scatologica. La nostra informazione è una cloaca tenebrosa (perché «chi fa il male non ama la luce»). La nostra cultura è ricoperta di escrementi satanici. Molti dei nostri maîtres à penser, dei nostri capi di stato, delle nostre guide religiose, sono palesi evacuazioni del Male. La nostra civiltà è ormai lo scarico fognario del pensiero, i suoi deliri progressisti emanano il fetore del disfacimento. Una mandria di imbrattacarte, cortigiani, politicanti, plutocrati, l’ha sommersa con le sue deiezioni, come i buoi nelle stalle di Augia, e forse solo una guerra che la travolga con i suoi fiumi di sangue può ripulirla.
E dunque, pereat mundus, fiat veritas? Ci troviamo qui di fronte a due baratri. L’ipotesi di un conflitto dalle potenzialità apocalittiche suscita orrore. Ma ancor più terribile è il pensiero che la potenza satanica dell’Occidente prevalga e annienti quelle poche forze che ancora le resistono. Ogni verità sarebbe allora bandita e ogni uomo, per vivere, dovrebbe dare il proprio assenso alla Menzogna. Il mondo resterebbe avvolto da una coltre ammorbante di bugie, più tossica di qualsiasi nube radioattiva. Perciò nostro dovere è “rendere testimonianza alla verità”. Dobbiamo cercare, servire, onorare la verità. Questo è oggi il grande riassetto e l’unica rivoluzione possibile.
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