Onestamente, ritenevo che il discorso sulla scienza, sul rapporto fra scienza e democrazia che ho svolto nelle sette parti precedenti fosse ormai completo e concluso, ma la recente presa di posizione politica della rivista “Le scienze” mi obbliga a tornarci sopra.
Poiché è bene definire esattamente i termini della questione, sarà bene cominciare con il ricordare che quella che nel mondo cosiddetto occidentale viene chiamata democrazia non risponde affatto all’etimologia di questa parola che dovrebbe significare “potere popolare”, ma indica l’insieme dei regimi che sono stati imposti all’Europa in conseguenza della sconfitta nella seconda guerra mondiale, si tratta nella realtà dei fatti di un potere tirannico, e dove c’è tirannide non ci può essere libertà, o la libertà è solo apparente, come ben si accorgono coloro che vanno a urtare contro i limiti che ci sono imposti. Di fatto nelle “libere” istituzioni democratiche è prevista una quantità impressionante di reati d’opinione (e già il fatto che un’opinione, quale che sia, possa essere considerata un reato, la dice lunga sulle mostruosità che ci governano, su chi e come ci governa, e teniamo presente che qualsiasi punto di vista sgradito al NWO, al nuovo ordine mondiale con cui i movimenti di sinistra sono oggi totalmente collusi, può essere etichettato come “fascista” e criminalizzato, con il che si vede bene che la presunta libertà delle democrazie entra totalmente in cortocircuito).
In effetti, nelle democrazie al popolo non è consentito di decidere nulla, nemmeno di continuare a esistere in quanto tale, infatti, vediamo che terminata la lunghissima pausa della Guerra Fredda, oggi ci è imposta una lenta morte per sostituzione etnica, morte “indolore” (ma andate a dirlo a Pamela Mastropietro, alle molte nostre donne stuprate dagli extracomunitari quanto è stata indolore), ma più letale e definitiva delle distruzioni visibili di un conflitto.
La libertà di ricerca scientifica non poteva non essere la prima vittima della tirannide democratica che democraticamente ci opprime.
Io credo che fin qui sulle cose che ho detto esista un generale consenso nei nostri ambienti. Ciò su cui i nostri punti di vista divergono, e riguardo a cui mi è sembrato necessario spendere una parola di chiarezza, è questo: poiché tutta la “scienza” democratica, dalla sociologia marxista alla psicanalisi freudiana, alla presunzione dell’inesistenza delle razze umane, alla leggenda della nostra derivazione dall’Africa, a una “scienza” archeologica che sminuisce costantemente tutto ciò che è europeo a favore del Medio Oriente, ci appare come una serie di armi puntate contro di noi e la nostra visione del mondo, è inevitabile e almeno in parte logico, da parte dei nostri ambienti un atteggiamento antiscientifico, e la ricerca di un sapere “diverso”.
Tuttavia, per quanto emotivamente giustificato, questo atteggiamento non tiene conto di un fatto fondamentale: la “scienza” democratica (notate che la scrivo sempre con le virgolette) non è affatto scienza, se per essa intendiamo il metodo galileiano basato sull’osservazione, la formulazione di ipotesi da mettere alla prova mediante l’esperimento, l’elaborazione di teorie a partire dai risultati degli esperimenti stessi, la disponibilità a rivederle sulla base di nuove osservazioni. La “scienza” democratica non è nulla di tutto questo, è piuttosto dogmatismo, ciarlataneria, impostura, basata sull’omissione dei fatti scomodi, farsi da Marx le cui “profezie” sul crescente immiserimento (“proletarizzazione”) delle classi medie e la rivoluzione mondiale sono state abbondantemente smentite da tutta la storia del XX secolo, arrivando alla psicanalisi dove i fatti e l’osservazione sulla vita psichica dei pazienti non contano nulla rispetto alla parola del guru Sigmund Freud (ottima e raccomandabile la demolizione di Freud che ha fatto Michel Onfray nel libro Il crepuscolo di un idolo, smascherare le favole freudiane), arrivando all’archeologia dove per sostenere la priorità del Medio Oriente nelle origini della civiltà, si fa letteralmente finta che non esistano i grandi complessi megalitici europei.
Fuffa, imbroglio, impostura, dogmatismo, ciarlataneria, che non hanno nulla a che fare né col metodo scientifico come l’intendeva Galileo, né con la matematizzazione della realtà che esso comporta, che lo storico della scienza Alexandre Koyrè ha definito “una rivincita di Platone” dopo due millenni di prevalente aristotelismo, ora non è che a noi le rivincite del grande Platone possano dispiacere.
Tutto questo mi pareva chiaro e assodato, ma ultimamente è intervenuto un fatto nuovo. “Le scienze” si è apertamente schierato politicamente, a sinistra ça va sans dire, con un attacco contro il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Io personalmente alla neutralità della “scienza” (se con questo termine non si intendono le conoscenze, ma la comunità di coloro che hanno la pretesa di ricercarle), a una sua pretesa obiettività che le permetterebbe di essere al disopra delle parti, non ho mai creduto: questa presunzione di imparzialità è un privilegio di cui gli scienziati hanno spesso abusato per comportarsi in maniera sleale verso il proprio Paese e con effetti tragici sul destino del mondo, l’esempio più noto è probabilmente quello di Werner Heisenberg, che trafugò dalla Germania i piani per l’arma nucleare facendoli avere ad Albert Einstein che a sua volta convinse il governo degli Stati Uniti a mettere in piedi il Progetto Manhattan, del che immagino che i Giapponesi, soprattutto quelli di Hiroshima e Nagasaki, non abbiano ancora finito di essere grati ai due illustri personaggi, ma diciamo che perlopiù esiste un limite di decenza formale che gli scienziati e coloro che si occupano di scienza (o hanno la pretesa di occuparsene) si guardano dallo scavalcare.
E non stupisce che questa aperta violazione della deontologia professionale venga proprio da “Le scienze”. Fuori dai denti, ho sempre trovato particolarmente triste, e certo un segno dei tempi che stiamo vivendo, il fatto che il Paese di Leonardo, di Galileo, di Marconi, di Fermi non abbia oggi una rivista di divulgazione scientifica più prestigiosa della versione in lingua italiana di “Scientific American”.
Io non sono, non mi ritengo un fan di nessun presidente degli Stati Uniti, e certo Donald Trump non è migliore (ma nemmeno peggiore) di altri presidenti USA che l’hanno preceduto e sicuramente ad esempio il sostegno all’entità sionista e alla politica genocida nei confronti del popolo palestinese è un punto fermo di tutte le amministrazioni americane, indifferente se repubblicane o democratiche, ed è senza dubbio qualcosa di totalmente inaccettabile, tuttavia per il resto, eccettuando purtroppo la politica mediorientale, esistono delle differenze.
Per fare un paragone che forse riuscirà più chiaro, il dominio sovietico sull’Europa orientale è stato del pari qualcosa di totalmente inaccettabile, espressione null’altro che di una superiorità in termini di forza bruta, tuttavia un conto era l’Unione Sovietica dei tempi di Stalin, un altro quella di quelli di Gorbacev.
Noi spesso, guardando le cose da lontano, facciamo l’errore di considerare gli Stati Uniti qualcosa di relativamente unitario, sia pure nel melting pot, nella purea etnica che li contraddistingue, in realtà esistono almeno due Americhe profondamente diverse. Quella che vediamo di più (anche se non so fino a che punto possiamo dire di conoscerla), è quella sbandierataci tutti i giorni dal sistema mediatico: l’America delle grandi città multirazziali e delle grandi imprese economiche che somiglia ogni giorno di più al set di Blade Runner, l’America plasmata secondo i desideri del NWO e dominata dall’ideologia della political correctness, il paradiso dei liberal che somiglia così tanto all’inferno, ma c’è anche un’altra America, numericamente maggioritaria, almeno per ora, anche se la forza economica e il potere politico sono sostanzialmente detenuti dalla prima, l’America profonda dei colli rossi, delle piccole comunità rurali etnicamente omogenee.
La prima deve avere fatto i suoi calcoli senza tenere adeguatamente conto del peso elettorale della seconda. A Barack Obama, il primo presidente nero (che solo per il colore della sua pelle ha avuto il più immeritato premio Nobel della storia, e il cui grande successo politico è stato nel 2008 trasferire all’Europa la crisi determinata dalla bolla speculativa dei mutui subprime, grazie al fatto che le banche europee hanno pecorescamente acquistato con denaro contante le scatole vuote dei crediti inesigibili delle banche americane. Ma sappiamo che il premio Nobel, che si è voluto assegnare a Dario Fo e Bob Dylan, ma rifiutare a Jorge Luis Borges e a Mircea Eliade, è oggi un’istituzione parecchio screditata), Al presidente nero nei piani del NWO doveva succedere il primo presidente donna nella persona di Hillary Clinton, ma questa persona, che ben conosciamo per le sue interferenze nella giustizia italiana sul caso Meredith Kercher, costringendoci a liberare l’assassina Amanda Knox e riaffermare il principio che i servi quali noi siamo non possono processare i padroni, non ha saputo recitare bene la sua parte, si è rivelata arrogante e odiosa, e il risultato è stata l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca.
Il fatto stesso che Donald Trump sia diventato presidente degli Stati Uniti ha profondamente irritato l’establishment liberal (ricordiamo che questa parola è un classico false friend, infatti, non significa “liberale” ma “di sinistra”), che non ha mai smesso di mostrare nei suoi confronti un odio implacabile. Ora anche “Le scienze” si accoda alla canea “progressista” in vista delle prossime elezioni presidenziali.
Vediamo direttamente il breve testo pubblicato da “Le scienze” il 12 ottobre, poche parole in realtà per introdurre un link a un articolo di “Nature” di ben maggiore ampiezza, ma sufficienti per capire il pensiero della pubblicazione al riguardo:
“Dal ribaltamento delle politiche sul clima con il ritiro dagli accordi di Parigi, alla revoca dei limiti sulle emissioni di carbonio, alla disinformazione sul coronavirus, le politiche e le azioni del presidente degli Stati Uniti Donald Trump hanno alterato il quadro della ricerca scientifica nazionale. “Nature” ha ricostruito la cronologia degli eventi”.
L’articolo è presentato come uno studio di quattro anni di presidenza Trump sulla scienza.
Ora bisogna osservare un paio di cose. Prima di tutto, “Le scienze”/ “Scientific American” si presta a fare da cassa di risonanza a “Nature”, pubblicazione “scientifica” un tempo prestigiosa, ma che negli ultimi tempi si è dimostrata sempre più di parte (sinistra ovviamente) presentandoci storie sempre più inverosimili di vichinghi, romani, etruschi subsahariani, nel tentativo di espropriare l’uomo bianco della sua civiltà e della sua memoria storica, ma anche “Le scienze” stessa non ha mai scherzato, presentandosi come bastione della più intransigente ortodossia out-of-africana, quindi si vede bene da che parte pende la bilancia truccata.
Ma veniamo al sodo dei capi d’accusa contro il presidente Trump. Il primo, il più grave, è quello di un atteggiamento avverso all’ecologia. Al riguardo non si può dire che Trump abbia dimostrato una particolare saggezza ma ci sono molte cose che “Le scienze”/ “Nature” non considerano: una certa insensibilità sui temi ecologici è sempre stata tipica di tutte le amministrazioni USA ben prima della presidenza Trump. Va ricordato che gli USA molto prima della presidenza Trump hanno rifiutato di firmare il protocollo di Kyoto sulle emissioni di CO2, e Barack Obama, quest’uomo che è stato ritenuto una specie di messia solo per il colore della sua pelle, non ha mai mostrato di voler cambiare le cose.
Liberal e sinistri assortiti, in ogni caso, non riconoscono le loro responsabilità. L’ecologia, a prescindere dalle ideologie, dalle differenze politiche e religiose, dovrebbe essere un patrimonio di tutti, tutti noi dovremmo avere a cuore che il mondo in cui viviamo e che lasceremo ai nostri figli non diventi un immondezzaio, ma loro hanno fatto di tutto perché l’ecologia sia percepita come “una cosa di sinistra”, prima con il cosiddetto movimento verde, oggi scomparso in Italia, ma che “tiene” altrove, poi con il fenomeno Greta Thunberg e i “gretini” che cantano Bella ciao, e poi fanno finta di stupirsi della repulsione per le tematiche ecologiche che hanno ingenerato in chi non è di sinistra.
E non teniamo conto del fatto che le restrizioni alla produzione industriale e all’economia per inquinare di meno, si vogliono imporre solo al mondo occidentale, non al Terzo Mondo, soprattutto non alla Cina che è oggi il grande inquinatore planetario.
La cosa è analoga, fortemente analoga al discorso sul controllo delle nascite: ci hanno tempestato negli scorsi decenni con l’incubo della sovrappopolazione, riuscendo a ottenere un crollo delle nascite nel mondo occidentale, mentre nel Terzo Mondo hanno continuato indisturbati a figliare come conigli, col risultato che oggi il mondo è più sovrappopolato che mai da “colorati” di tutti i tipi, ma la popolazione bianca europide è quasi sull’orlo dell’estinzione.
L’altra imputazione nei confronti di Trump è quella di aver diffuso informazioni scorrette e preso provvedimenti inadeguati almeno nelle prime fasi della pandemia di covid19, il che è semplicemente assurdo. Tutti i governi di questo pianeta, senza eccezione alcuna erano impreparati ad affrontare la pandemia.
In compenso, quanto meno Trump ha messo sotto gli occhi di tutti un fatto su cui i liberal preferiscono glissare, una di quelle cose che si sanno ma sulle quali si preferisce non attirare l’attenzione: questo virus è cinese, è uscito da uno di quei laboratori dove si confezionano armi chimiche e batteriologiche, è un regalo del comunismo al mondo, proprio come lo è stato l’incidente nucleare di Chernobyl.
Altra verità connessa alla prima da cui i liberal ci vogliono ancora a tutti i costi distrarre, esiste ancora un impero comunista, la Cina appunto, che opprime tuttora un sesto dell’umanità.
Dai tempi di Nixon, in funzione antisovietica, la Cina ha avuto da parte degli USA un trattamento privilegiato da parte degli USA nell’import-export, la “clausola della nazione più favorita”, ma Trump ha messo fine alla pacchia, altro motivo di irritazione dei liberal. Se il suo avversario nella competizione dovesse prevalere, arriverà alla Casa Bianca il vice-Obama, il vicepresidente dell’amministrazione che ci ha mollato il bidone dei mutui subprime. Speriamo invece in un nuovo travaso di bile dei liberal, dei sinistri americani e nostrani, come quello che ha accompagnato la prima elezione di Trump.
NOTA: Nell’immagine, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump con la moglie Melania.
3 Comments