Le ore che si sono susseguite in Scozia sono state febbrili. Un sogno per secoli inseguito, era quasi giunto al suo agognato termine.
“Libertà! Indipendenza! Scozia nazione”. Queste le parole che hanno rimbombato nelle strade di Edimburgo e Glasgow. Scandite dagli indipendentisti.
L’antico sogno degli impavidi guerrieri dai lunghi capelli e dalle folte barbe, abili maestri nel consegnare al vento il dolce suono delle cornamuse, di William Wallace, il mitico Braveheart, e di tutte quelle immagini, anche se romanzate, degli indipendentisti che beffardi mostravano le loro “chiare chiappe” ai soldati di sua Maestà, che tanto hanno animato l’immaginario di tutti gli identitari nel mondo, persino nostrani, del sentimento di affermazione nazionale dei popoli oppressi. Quel sogno! Aveva quasi trovato il suo sfogo.
Il cuore “corre veloce” anche alla vicina Irlanda. Un’altra terra con un tormento plurisecolare; e tutt’ora oggi, in particolar modo, provato ancora nel suo nord. All’epopea del I.R.A. e del copioso sangue donato dai suoi militi. Le mani dei repubblicani, tese fuori dalle finestre delle celle di famigerati “Blocchi H”. A Bobby Sands ed ai successivi 9 martiri che, al grido di “Tiocfaidh ár lá”, digiunarono fino alla morte, l’uno dopo l’altro. Alla sacra celtica, simbolo della rinascita irlandese.
Con tanta passione nella Scozia più profonda si era sostenuto questo sogno che, mutuando una splendida frase, si è infranto al mattino.
Ha vinto il ricatto economico. Gli aguzzini della City, tramite il terrore delle forti ripercussioni sull’economia scozzese, hanno avuto la meglio. Ma la febbrilità indipendentista provata in questi giorni, che tanta “febbre” ha fatto venire ai lacchè dell’alta finanza, rimarrà come un bel ricordo e forse un giacimento per futuri “ritorni di fiamma”.
Certo l’indipendenza auspicata per la Scozia percorreva dei binari al quanto ambigui ed ostici soprattutto ad una sensibilità puramente nazionalista. Immigrazione più libera, una possibile vicinanza all’U.E., e temi di sinistra natura. Ma con ciò è difficile che ad ogni buon appassionato dei riscatti nazionali, non sia venuto un, seppur leggero, fremito di gioia nel costare la vitalità che fluiva in questi giorni nelle vene del popolo scozzese. Alle volte bisogna capire che il dato “pragmatico” sovrasta, come un segno dei tempi, il volere ideale e le sue velleità.
Tuttavia nei casi di grande euforia sociale, la febbrilità rischia di divenire anche ubriacatura.
Ne è il caso, a noi più prossimo, dei nostri pseudo indipendentisti in salsa italiana, pardon, padana. Venetisti, meridionalisti e amenità simili. Lesti sono corsi, fisicamente, come il segretario del Carroccio, in Scozia a rivendicare il referendum come una vittoria delle identità locali. E proverbialmente si sono lasciati andare a dichiarazioni di “emulazione del fatto scozzese anche per gli indipendentisti in Italia”. Niente di più offensivo per la Scozia e le rivendicazioni nazionali in genere.
La Scozia anche con tutte le invasioni ed i rimescolamenti di sangue avuti nella storia, è una Nazione. Con una sua cultura ed un comune sentire, con i suoi caduti ed i suoi martiri!
Confondere tutto questo con squallide demagogie secessioniste di chi vorrebbe dividere una nazione come l’Italia, è oltre modo esecrabile.
Questi discreti professionisti del “populismo” più becero. Incantatori e sviatori, su strade comunque congeniali al sistema eurocrate, del malcontento popolare. A ogni piè sospinto, si rimostrano per rivendersi ed accaparrare nuovi consensi. Prima con una forma quasi “nazionalistica” contro Bruxelles, ed ora con nuove sparate secessionistiche sull’onda scozzese. Ma il dato che più rammarica è che ultimamente siano riusciti ad accattivarsi le simpatie di qualche nazionalista italiano, tramite le suggestioni “rivoltose” che esprimono.
Ripercorrendo la storia dell’Italia, le sue ataviche divisioni, le guerre civili, e gli odi tra nord e sud. Forse il messaggio federalistico non dovrebbe rimanere perennemente ostico all’ambiente nazionalpopolare o destra generalmente intesa. Forse una riscoperta in chiave nazionale delle attese federali, potranno portare nuova linfa in Italia ad un messaggio di “rivolta nazionale” che sta attraversando tutta l’Europa.
Ripartire dalle identità più vicine, più direttamente sentite, le identità del “campanile”. Dare un nuovo respiro alle piccole identità per riscoprire il grande afflato nazionale. Questo oggi è forse auspicabile.
Ma con il fine di unire e non dividere.
Ed allora idealmente desti sulle cime delle montagne scozzesi e con la mente rivolta agli antichi guerrieri indipendentisti, in compagnia della “voce” della cornamusa. Rigettiamo gli incantatori di serpenti del verbo “leghista” e gridiamo “Viva la Scozia, viva l’Italia unita!”
Federico Pulcinelli
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