11 Ottobre 2024
Attualità Omosessualismo Società

Secondo natura – Enrico Marino

In questi giorni al Senato è iniziata la discussione del ddl su matrimoni e adozioni per le coppie gay, eppure fino a pochi anni fa parole come LGBT ed omofobia erano raramente menzionate dai media e completamente assenti dal nostro vocabolario quotidiano. La maggioranza dei nostri contemporanei pensa che certi cambiamenti sociali siano la normale e ineluttabile conseguenza del progresso che, come ripetono pigramente, non si può fermare.

Ma se la questione dell’omosessualità – con tutte le problematiche a essa connesse – è divenuta così centrale nel panorama politico sociale, chiediamoci come si è arrivati a imporla con tale rilievo all’attenzione dell’opinione pubblica.

Esistono tecniche di ingegneria sociale che sono utilizzate per far accettare alle masse i piani delle élite di potere e si avvalgono di specifici modelli operativi. Uno di questi è quello denominato “The Overton Window” ed è stato elaborato negli anni ’90 da Joseph P. Overton (1960-2003), vice-presidente del centro d’analisi americano Mackinac Center For Public Policy del Michigan.

Ha funzionato per introdurre l’aborto, ora è utilizzato per rendere accettabili i matrimoni gay, le immigrazioni massive e le droghe ”leggere”. Col tempo e la complicità dei mass media e della politica potrà fare accettare e legalizzare qualsiasi orientamento, persino pratiche che al momento sono ritenute ancora inammissibili come la pedofilia, l’incesto, la droga libera, ecc.

Poi chi oserà opporsi a questi cambiamenti verrà additato dai media come un pericoloso “pedofobo”, un “incestuofobo” o un “drogofobo”.

La tecnologia di manipolazione della società, per la graduale accettazione di idee considerate in precedenza aliene, si avvale di un’enorme quantità di specialisti per influenzare l’opinione pubblica, esperti in tecniche politiche, scienziati, giornalisti, esperti in relazioni pubbliche, personalità, insegnanti. É curioso che oggi temi come i matrimoni tra le persone dello stesso sesso oppure l’eutanasia non sembrino più strani. In realtà, hanno semplicemente percorso l’intero processo di trasformazione, attraversando varie fasi da quando erano considerati inaccettabili fino alla loro legalizzazione.

Per anni il tema dei matrimoni omosessuali è stato impensabile poiché la società non accettava l’idea di matrimonio tra le persone dello stesso sesso.

I mass media, però, hanno influenzato in continuazione l’opinione pubblica sostenendo le minoranze sessuali e la lotta contro le così dette discriminazioni, rilanciando dibattiti pseudoscientifici a favore dell’omosessualità, dirottando il giudizio con il ricorso ai sentimenti e ribattendo ossessivamente sul tema dell’amore per confondere le acque. I matrimoni tra persone dello stesso sesso hanno così attraversato varie fasi di accettazione, sono diventati prima accettabili con deroghe, poi semplicemente accettabili e infine neutrali. Tra poco, probabilmente, diventeranno totalmente accettabili e verrà riconosciuto addirittura il diritto per le coppie omosessuali di adottare bambini, mentre chi esprime opinioni contrarie viene tacciato di omofobia.

Sebbene l’omosessualità si possa benissimo correggere, nessun media ne parla o accenna minimamente a questa alternativa, incoraggiando invece gli omosessuali a esibire la loro condizione e bombardando costantemente l’opinione pubblica con slogan ed inviti ad essere gayfriendly.

Del resto perché bisognerebbe correggere quello che viene descritto non come una devianza o una malattia ma come un semplice e innocuo orientamento sessuale?

L’American Psychiatic Association (APA) dal 1973 ha tolto l’omosessualità dall’elenco delle malattie – anche se altri studiosi ritengono che questa presa di posizione sia stata una conseguenza di pressioni politiche influenzate dai movimenti civili e un cedimento di fronte alle proteste del movimento gay, per cui persistono nella definizione dell’omosessualità come una patologia –.

Nel maggio 2013, la stessa APA ha rilasciato l’ultima versione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM) e secondo questo anche la pedofilia può esser considerata un orientamento sessuale. Secondo l’APA, infatti, “se [i pedofili] riportano un’assenza di sentimenti di colpevolezza, peccato od ansia riguardo questi impulsi e non sono funzionalmente (nel loro vivere quotidiano) limitati dai loro impulsi parafiliaci, e se le loro storie auto-riferite o quelle legali indicano che non abbiano mai agito sulla base dei loro impulsi, significa che, in questo caso, la pedofilia è un orientamento sessuale, non un disturbo mentale”.

In quest’ottica, come può essere classificato un pensiero pedofilo, per quanto efferato sia, se questo non provoca nel soggetto alcun sentimento di disagio, disabilità o disfunzione? Non come disturbo, perché in questo caso i sintomi del disturbo non esistono. Ecco perché, nelle circostanze descritte nel manuale dell’APA, da “disturbo” la pedofilia è passata ad esser considerata “orientamento sessuale”.

Ma se dovessimo giudicare una patologia solo dalla presenza o meno “di sentimenti di colpevolezza, peccato o ansia”, dovremmo considerare orientamenti sessuali (e come tali legalizzabili) tutte le fantasie sessuali che imperversano nella mente dell’uomo, anche le più morbose e turpi, per esempio anche la zooerastia.

Cos’è allora una malattia? Se affrontiamo la questione da un punto di vista statistico dovremmo definire come malattia ciò che si discosta in modo considerevole dalla media. Ma la risposta non è semplice in quanto la definizione di malattia fornita dai manuali, come “qualsiasi alterazione dello stato fisiologico dell’organismo”, rimanda alla domanda di cosa sia fisiologico e perciò naturale.

Però oggi i progressisti hanno cancellato la parola “naturale”. Il termine “naturale” è stato bandito dal vocabolario contemporaneo. Evocare l’idea di natura come un dato di fatto organico che tende a un fine è vietato perché suggerisce l’esistenza di una inaccettabile dimensione oggettiva e regolativa nei rapporti fra viventi.

Le università americane più progredite nei gender studies hanno abolito il termine natura e ridicolizzato chi ancora osa sostenere l’esistenza di un diritto naturale; la cultura gay lo ripudia come ultimo retaggio del puritanesimo, per gli intellettuali liberal è il prodromo del totalitarismo, un intollerabile argine alla creatività dei diritti. Mettere un confine fra ciò che è conforme alla natura e ciò che non lo è appare come il primo passo verso la violenza omofoba.

Per la sinistra radical la tutela della naturalità non oltrepassa il recinto delle marce No-Ogm, degli sproloqui vegani o della cura dell’habitat associata tutt’al più all’ecologia, dove sopravvive gagliardamente sotto forma di ambientalismo e protezione degli animali. La natura è accettabile solo nella misura in cui coinvolge i cetacei e le calotte polari messi a repentaglio dall’uomo e dall’effetto serra.

La stessa Monica Cirinnà relatrice della stepchild adoption e apripista alla pratica della maternità surrogata, per la quale un bambino può venire strappato subito dopo la nascita alla donna che l’ha partorito, per quanto riguarda gli animali sembra pensarla in modo opposto. Quando era Delegata dal sindaco di Roma per le politiche dei diritti degli animali aveva fatto approvare un “Regolamento comunale sulla tutela degli animali” in cui si legge: “È vietato separare i cuccioli di cani e gatti dalla madre prima dei 60 giorni di vita se non per gravi motivazioni certificate da un medico veterinario”. Insomma, per rispetto della natura, guai strappare i cagnolini a mamma cane prima di 60 giorni, ma con gli umani chissenefrega.

Il legame tra il bambino e la donna che lo ha portato in grembo, che un’infinità di studi affermano essere importantissimo, viene in tal modo annullato e mercificato per garantire il “diritto alla genitorialità” degli omosessuali, altrimenti discriminati.

La finzione di un diritto inesistente  viene anteposta al reale diritto di un bambino ad avere una coppia di genitori, maschio e femmina. Ignorando ogni legge della natura possiamo dilettarci all’infinito, anche inventando il diritto di ciascuno ad avere occhi di un certo colore o un’altezza della misura desiderata.

Il cancro della cultura contemporanea è il non aver posto limiti alla moltiplicazione dei diritti, sovente sostenuti da potentati finanziari in nome di inconfessabili priorità economiche. Se la lobby LGBT rivendica il diritto di avere figli, si inventa una nuova legge per aggirare quella esistente (L. 40/2004) che vieta la maternità surrogata.

Si prendono a pretesto i diritti dei bambini, ma quali bambini possono nascere da unioni omosessuali? Allora si pretende di tutelare i diritti di quelli già nati (una categoria numericamente irrilevante) da precedenti vicende di uno dei due partner.

E’ evidente che tutti quelli già nati sono garantiti dalla legge vigente, che regola tanto i progetti di genitorialità priva di legami biologici con il nato, quanto il riconoscimento giuridico del rapporto di filiazione tra il nato e il genitore committente, allorché questi sia anche genitore biologico. Si tratta però di bambini per i quali, secondo la legge attuale, all’atto del concepimento è stato preveduto e accettato un futuro di unigenitorialità. Per eludere tale previsione, con la legge Cirinnà, attribuendo il diritto di adozione anche al partner, di fatto si incentiva la coppia omosessuale a ricorrere alla maternità surrogata per ottenere poi la filiazione per il committente-genitore biologico e la successiva adozione per il partner. Ecco creati dal nulla la famiglia e il diritto alla genitorialità per gli omosessuali.

Non ci sono limiti ai diritti che è possibile ottenere volendo ignorare la categoria della natura come stabile pietra di paragone dell’esperienza e il fatto che nella natura sono inscritte verità che resistono alla manipolazione dei desideri, in quanto teleologicamente orientate.

Si finge di curare l’interesse dalla prole, prodotto oggettivo dell’unione naturale, ma si vuole ignorare che il matrimonio gay non tiene conto dei figli, al massimo può arrivare all’adozione o alla manipolazione estrema e surrogata della vita, ma anche in quel caso nega ai figli la presenza di un padre e di una madre, presenze diverse biologicamente, sessualmente e anche come ruolo nella famiglia. Per aggirare questa evidenza fondamentale e ineludibile, il movimento LGBT e, soprattutto, il femminismo, aiutati dalla sociologia e dalle scienze umane, hanno costruito una mistica pseudoscientifica attorno all’indistinzione del genere. L’idea di una genitorialità neutra (1 e 2) è stata introdotta da una deriva sociologica che ha teorizzato che la natura è una prigione dalla quale occorre liberarsi, per modellarsi a proprio piacimento, perché non si riconosce nulla di inviolabile, non manipolabile e non disponibile.

Invece, noi riaffermiamo il dato naturale come una sorgente di libertà e ordine e vogliamo ribadire che le donne si realizzano in forme diverse rispetto agli uomini, che l’osservazione ci dice che i generi hanno qualità simili, ma che si esprimono in forme diverse e che su questa osservazione si sono sedimentate nel tempo le convenzioni della famiglia e la divisione dei ruoli. La Natura è la base di partenza dalla quale tutti emergiamo e la cultura dei popoli, che nasce in un secondo momento ed è la realtà con cui siamo chiamati a misurarci, s’è espressa nel tempo in convenzioni radicate nell’osservazione naturale. Ribellarsi alle inclinazioni naturali, parlare di genitorialità omosessuale e affermare l’indistinzione del genere, non riuscirà a sovvertire il dato fondamentale che natura ha a che vedere con nascita (deriva dal participio del verbo nascor) e proprio il fatto della nascita, cioè della generazione e della riproduzione, rivela che nella specie umana esiste un elemento inconfutabile in base al quale la generazione – e perciò la genitorialità – è di carattere esclusivamente bisessuale. E solo questa ha diritto a essere tutelata e agevolata dallo Stato.

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