Raramente i lettori di EreticaMente sono abituati a considerazioni inerenti il mondo dello sport, specialmente se legate a tutte le complesse dinamiche calcistiche, spesso un mondo che ha perso l’originario spirito agonale, sostituito ormai
Una di queste avventure, noi l’abbiamo ritrovata nel testo “Senza chiedere perdono” di Roberto De Sanctis, un romanzo autobiografico di un tifoso della Lazio, che offre una prospettiva radicale diversa rispetto a quella poc’anzi accennata. Non vi sono ingaggi milionari, non vi sono accordi sui diritti giornalistici e televisivi, non vi è discussione sui risultati o recriminazioni sulle decisioni arbitrali, nulla di tutto ciò. Leggendo questo bel libro, al contrario, abbiamo ritrovato le storie di vita, le vicende familiari di un uomo, della sua famiglia, la passione genuina, la storia di grandi amicizie, di grandi sacrifici, di sofferenze, ma anche una grande partecipazione interna, una passione incondizionata, che spesso non dona contropartite.
Quelli di De Sanctis, a nostro giudizio, sono importanti atti di rispetto e di riconoscimento nei confronti dei veri protagonisti del mondo del calcio, o almeno di coloro che dovrebbero esserlo, i tifosi, che, al di là di aver solcato o meno gli spalti di quella che comunemente viene indicata come la “curva più bella del mondo” (la Nord della Lazio) oppure di possedere una diversa fede calcistica, potranno ritrovarsi, tra ricordi di gioventù e di accresciuta maturità, nella viatico comune del sano e profondo agone sportivo, forse ultima vestigia folclorika di quelli che furono i Ludi nell’Antica Roma, nella loro importanza eroica e spirituale.
E il rispetto il laziale De Sanctis lo riserva meritatamente alle 39 vittime dell’Heysel e alle 96 di Hillsboroungh, alle vittime di Superga e del grande Torino, al genoano Vincenzo Spagnolo, ma anche alle vittime del terrorismo stragista degli anni ’70, ai presunti colpevoli ed ai sicuri mandanti, oltre agli indimenticabili Vincenzo Paparelli e Gabriele Sandri. Le pagine che si susseguono, tra la fondazione della SS Lazio ed il suo rapporto con la città di Roma, tra i protagonisti della squadra come Tommaso Maestrelli, il generale Giorgio Vaccaro, rappresentano la narrazione diversa di un mondo, la narrazione autentica che non leggeremo mai su alcuna gazzetta o alcun corriere, a cui nessun telepredicatore potrà mai accennare.
La stessa descrizione offerta dall’autore, in uno stile semplice ma profondo, arguto in molte riflessioni e affascinante nella descrizioni di fatti e luoghi, ci rimanda ad uno spazio quasi “sacro”, quello della Curva, che nell’immaginario comune è solo un ricettacolo di violenti e di sbandati. Questo testo, ci racconta un’altra storia (non dimentico l’impegno concreto degli Ultrà della Lazio e non solo della Lazio nei confronti di tanti bambini in difficoltà):
“Dentro una curva c’è confronto, sostegno, beneficenza, sana rivalità, obiettivi, rigore, rispetto ed ogni cosa si guadagna sul campo, senza che abbia importanza da dove vieni. Vale soltanto se vali, se dimostri che ci tieni. Poi c’è anche tutto il resto, per carità: litigi, schiaffi, invidie, soprusi e conflitti. Ma le stesse persone che mezz’ora prima stanno tifando all’Olimpico per la Lazio, mezz’ora dopo escono e sono al bar del quartiere a fare i clienti, due ore dopo sono a casa a fare i mariti e i figli e all’indomani, come il giorno prima, sono cittadini e lavoratori…Cosa c’entra riempirsi la bocca di violenti e di violenza quando si parla di Calcio?…In questo enorme e prezioso contesto la definizione di violenza legata al Calcio e ai suoi teppisti sembra davvero troppo riduttiva se non qualunquista o addirittura volutamente accusatoria. Un tifoso, una squadra, è troppo per essere relegato a ricoprire il teatrale ruolo del violento. Il tifoso è molto altro, ed affonda le sue radici nel tessuto della città nella quale vive, non solo ma ben oltre agli episodi di scontri che possono accadere fra tifoserie.” (Riflessioni finali, p. 286ss).
Questi ed altri temi cercheremo di approfondirli sempre con Roberto De Sanctis in una prossima intervista sempre tra le pagine di Ereticamente, oltre che a seguire le varie presentazioni del libro in variegate località italiane, presso realtà di tifoso organizzato diversificate, perché Roberto parlando della Lazio, della sua Curva, ha, in fondo, narrato meravigliosamente un pezzo di cuore ultrà che si cela dietro la personalità di molti di noi, al di là della propria fede calcistica, al di là dello sport stesso. “Senza chiedere perdono” è, infine, un racconto di eterna giovinezza!
Luca Valentini