Lo scorso Venerdì 15 Febbraio, presso la Libreria Aseq, si è svolta la presentazione del libro “Sepher Yetzirah. Il libro della formazione. Istruzioni per creare mondi e realizzare il Golem”, edito dalla Mediterranee e curato da Sebastiano Fusco, che ha personalmente presentato l’opera. Senza tante storie, l’autore è andato direttamente al dunque, trascinando l’attenzione degli astanti sul problema della consistenza della realtà, così come affrontato dai parametri della microfisica quantistica di Niehls Bohr e Wolfgang Pauli, ma anche dalla Cabala e, nello specifico dal Sepher Yetzirah. A detta delle prescrizioni di questo testo, la realtà è modificabile e preformabile nella sua essenza da quell’iniziato che sappia introiettare e riassumere in sé gli insegnamenti di questa antica disciplina.
Ma, a parte questa non secondaria considerazione, quando si parla della cabalistica e dell’intero contesto religioso veterotestamentario, rimarcandone il carattere innovativo rispetto ad altre forme, si commette, a mio parere, un grave errore di valutazione. Quella cabalistica , sviluppandosi nella veste di vera e propria forma di sapere “emanazionistico”, affonda le proprie radici in quella Gnosi ed in quel Neoplatonismo che, guarda un po’, hanno la propria fioritura tra il II ed il III secolo DC, nell’apogeo del clima culturale ellenistico, durante il quale, essa elabora i suoi primi testi. Ma c’è di più. Il termine Cabala, affonda le proprie radici nei suffissi verbali egizi “Ka” e “Ba”, indicanti Anima e Spirito dell’uomo. Elementi questi che, inquadrati nella complessa gerarchia spirituale della natura umana,faranno da impalcatura alla novella forma di conoscenza ebraica.
Una forma di conoscenza che, pertanto risente di precedenti e ben più importanti influenze, quali quelle della religione babilonese e di quella iranica, per quel che attiene i successivi afflati universalistici. La qual cosa ci fa capire la natura niente affatto innovativa di molti aspetti del monoteismo veterotestamentario, contrariamente a quanto diffuso da certa vulgata.
Esemplificativo in tal senso il Fusco, il quale, al termine della sua brillante esposizione, ha voluto rammentare ai presenti, che “gli uomini sono tutti eguali dinnanzi a Dio”, non facendo in tal modo, che riconfermare l’impostazione livellatrice ed omologante che permea di sé l’intero asset di pensiero monoteista. Tale impostazione nei secoli finirà poi, per spostarsi dal piano meramente religioso a quello economico sociale, ponendo così le basi per la attuale fase di civiltà, capitalista ed usurocratica occidentale.
Fermo restando che, ogni popolo ha diritto a venerare e praticare le tradizioni dei propri padri, non si vede perché, nell’ambito di una ricerca spirituale, si debba andare a pescare da tradizioni decisamente “minoritarie” e spiritualmente periferiche, rispetto a quelle delle grandi civiltà del passato. E, spiace dirlo, ma riguardo al contesto che stiamo trattando, quella delle tribù israelitiche (come anche quella cananea o filistea d’altronde…), non può certo esser considerata una civilizzazione pari a quella egizia, mesopotamica, indù o greco-romana che dir si voglia.
La qual cosa non può e non deve assolutamente ingenerare o giustificare atteggiamenti di ottuso razzismo, ma neanche il dover prender per oro colato, o conferire diritti di primogenitura a cose che, per chiara evidenza storica, tale diritto non possono vantare. Qui nella piccola Europa, a proposito di dottrine esoteriche, possiamo tranquillamente annoverare degli illustri precedenti: dai Misteri Eleusini, alle pratiche Dionisiache, dall’Orfismo al Pitagorismo, alle misteriosofie etrusche, passando per i culti solari ed astrali, senza tener da conto dei successivi Neoplatonismo ed Ermetismo, non senza voler lanciare uno sguardo verso Nord, verso il frassino Ygdrasill e le sue diramazioni distese verso l’Infinito,verso quelle gelide nebbie, che videro il primordiale sacrificio di giganti da cui nacquero Dei ed umani, verso quelle Rune, attraverso le quali si possono altresì interpretare e manipolare le forze del cosmo… Abbiamo di che poter arricchire il nostro bagaglio esperienziale interiore senza, per questo, dover scomodare i barbuti e verbosi profeti di biblica memoria. Che poi, lo studio della Cabala possa essere annoverato tra quelle conoscenze che, una persona dalla mente aperta, possa acquisire ed esaminare, al fine di addivenire ad una visione d’insieme più ampia, raccogliendo dalla cosa spunti di ulteriore riflessione, ci sembra cosa perfettamente lecita.
La stessa idea di “Galgal/Multiverso”, altro non fa che riportarci all’idea di una realtà, non più concepita come un insieme unitario ed equalizzato, bensì come un complesso assieme di elementi differenti, accomunati da un moto circolare senza fine. Una Tradizione Primordiale che adatta i suoi motivi archetipi alle differenti sensibilità spirituali, dei vari popoli della Terra. Alla faccia di spocchiosi primati spirituali e di quanto mai falsi spiriti egualitari che, invece, tutto omologano ed ingrigiscono.
UMBERTO BIANCHI