Il presente scritto vuol essere una replica – a parer di chi scrive, necessaria – a quello circa le “divagazioni sul virus e dintorni”, comparso in data 6/3 sulle pagine di “Ereticamente” a firma del noto saggista e scrittore Gianfranco de Turris – che pure il sottoscritto ha avuto modo di apprezzare in un passato anche recente, nelle vesti di biografo puntuale e controcorrente della poliedrica e spesso fraintesa figura del filosofo esoterista Julius Evola, sulla quale Egli ha senz’altro piú di ogni altro contribuito a dissipare le ombre di dubbî e illazioni frutto di preconcetti e partigianeria politica “spicciola” che tanto ne hanno inquinato e distorto la percezione presso il pubblico generalista – ma che, nello specifico dell’articolo in questione e non per la prima volta, sembra ora essersi arreso anch’Egli alla vulgata “tecnosanitaristica” con la quale viene mediaticamente raccontata, da due anni a questa parte, la “favola nera” della Covid-19, e senza neanche l’ombra di un dubbio.
Tanto acritica e integrale è apparsa la sua adesione a quanto quotidianamente propalato dalla grancassa mediatica a “obici” unificati, che se Egli vede nel comportamento dell’altra parte una manifestazione di quella che ha definito “sindrome di Don Ferrante”, per la “strana” inclinazione che ha chi non è disposto a bersi come acqua fresca ogni asserzione apodittica solo perché ammantata dall’aura dell’ufficialità dogmatica – e spesso e volentieri disinvoltamente contraddetta da altre di uguale provenienza – a chi scrive invece è parso di ravvisare in tale atteggiamento un esempio lampante di quella “di Stoccolma”, volendo con ciò intendere quel comportamento intessuto di un misto di timore e fiducia nei proprî carcerieri che pare nascere in certi casi in alcune vittime di sequestri, che le renderebbe incapaci di credere che essi possano davvero rappresentare un pericolo per la loro vita a dispetto delle evidenze. In tal guisa sembra porsi l’Autore nei confronti delle autorità che hanno emanato i ben noti provvedimenti restrittivi delle libertà personali – già giudicati illegittimi e incostituzionali da piú di un tribunale, dei quali se ne citerà qualcuno nel prosieguo del presente scritto – e relative conseguenti discriminazioni sociali che ancora tanto pesantemente condizionano la vita quotidiana nella nostra Nazione (o per meglio dire, dei suoi sempre piú deteriorati residui). Per tacere del fatto che, ormai, ciò accade soltanto nella Nostra, almeno considerando solo l’Europa, cosa che meriterebbe una seria riflessione da parte di tutti gli “entusiasti” del covidismo.
Un commentatore all’anzidetto articolo ha giustamente notato che esso “andrebbe confutato punto per punto”, ed è ciò che, per quanto non facile, nella maniera piú schematica ma esauriente possibile, si tenterà di fare ora;
scrive l’Autore, con riferimento alla pretesa pandemia:
“Qui parliamo del fatto in sé e delle reazioni che sta suscitando in tutto il mondo”
È proprio “il fatto in sé” – e, ancora piú a monte, la stessa teoria del contagio batterico-virale basantesi su una frode pasteuriana poi canonizzata in verità indiscutibile, dalla quale tale “fatto” direttamente vien fatto discendere – a risultare non avente alcun fondamento oggettivo se solo si ha il coraggio intellettuale di andare fino alla radice della questione percorrendo direzioni del tutto inusitate per l’omologazione teleindottrinante, facendolo quindi a dispetto del martellamento mediatico unidirezionale h24 ammesso dall’Autore stesso, e guardare in faccia la realtà, che però in troppi ormai scambiano con la sua virtuale quanto onnipervadente artefazione mediatica. Purtroppo, come è fin troppo facile notare dall’oggettivizzante espressione usata, di essi, per quanto inopinatamente, è parte integrante anche l’Autore.
Egli usa a piú riprese, nel corpo dell’articolo, il verbo “credere”, riferendolo a entrambe le parti in causa: sia a chi, come Lui, aderisce incondizionatamente alla versione ufficiale, sia a chi invece, con suo grande, manifesto stupore, si ostina ad opporsi alle restrizioni governative, facendo quindi dell’intera opposizione alla vicenda pretesamente “pandemica” una semplice questione di “credenza”. Con la non trascurabile differenza che, dal suo punto di vista, solo quella di chi manifesta opposizione è tanto assurda e folle da dover esser nientemeno che “oggetto di una approfondita analisi sociologica e psicologica condotta da specialisti” (ai quali, viene di chiedersi date le premesse, sarebbe magari il caso di autorizzare l’emissione di TSO ad hoc per i casi piú “gravi”..?), ma non quella opposta.
Ciò non è soltanto in palese contraddizione con il valutarla una questione di “credenza” – per la quale entrambe le posizioni dovrebbero avere piena legittimità, cosa che, nonostante l’affermazione circa l’auspicato menefreghismo per chi la pensi diversamente, la succitata frase contrasta in modo stridente – ma anche del tutto scollata dalla realtà verificabile dei fatti. Non di credenza infatti si tratta, ma, al contrario, di una pura questione di conoscenza di ciò che è scientificamente accertato e di ciò che invece non è se non il secolare portato di teorie astratte spacciate – sull’onda dell’anzidetta frode pasteuriana, e per successivo tramite dei media decerebranti ora completamente asserviti alla “causa” del globalismo apolide sovranazionale nel cui alveo è stata elaborata tale vera e propria pantomima – in maniera ora “semplicemente” errata, ora deliberatamente fraudolenta, per conseguimenti scientifici indubitabili. Tali teorie affondano direttamente le loro radici nell’istituzione dei lazzaretti medievali per arginare le piaghe del tempo quali peste, lebbra e colera, nonché nella relativa eredità di suggestioni e timor panico che – come si è ampiamente visto nella vicenda Covid-19 – ancor oggi tanto pesantemente condiziona i comportamenti delle folle una volta che abbiano ricevuto l’input adatto.
Ed è invero curioso e alquanto ironico che la scienza razionalistica moderna, notoriamente avvezza – spesso del tutto a torto – a considerare quelli dell’Età di Mezzo come i proverbiali “secoli buî”, per essa sempre contrassegnati da assurde supposte superstizioni figlie dell’“oscurantismo” e dell’ignoranza scientifica dell’epoca, abbia invece innalzato sull’altare del positivismo scientistico ottocentesco che – a dispetto del parossistico progresso tecnologico di stampo elettronico-digitale ancora permea la forma mentis dell’odierna scienza ufficiale – una delle poche autentiche credenze di quel tempo: quella nel contagio, dalla quale la Civiltà Classica rimase invece sostanzialmente immune per secoli. Senza per questo scomparire soccombendo a chissà quali terribili virus!
È quindi l’esatto opposto: è la gran massa della gente che si è lasciata ipnotizzare dalle cifre snocciolate dai teleschermi come proiettili da una mitragliatrice o lasciate cadere dogmaticamente dall’alto da neosoloni d’accatto senza il minimo contraddittorio, a credere con atteggiamento a dir poco fideistico a ciò che veniva – ma avviene tuttora – propalato, senza neppure tentare di sottrarsi a tale gragnuola di colpi diretti contro ciò che rimaneva delle umane abilità cognitive per cercare di andare da sé alla radice della questione. Perché chi sa non ha bisogno di “credere”.
A parere dell’Autore “il mondo ha già sopportato pandemie gravissime, basti ricordare nel 1918 la Spagnola e nel 2003 la Sars”;
ora, a parte che ciò che si dice sia stata la Spagnola non è minimamente paragonabile con ciò che si dice sia stata la cosiddetta SARS, e che della prima non è neanche nota la cifra esatta delle vittime che le vengono attribuite, stimata di solito fra i 20 e i 50 milioni, ma ve ne sono che arrivano finanche a superare i 100… – e già questa enorme approssimazione dovrebbe far riflettere sull’attendibilità di certi “fatti in sé” dati comunemente per certi… – contro i circa invece 800 morti globali attribuiti alla SARS. Ma sono proprio le “attribuzioni” mediatiche a questo o quel virus che consentono la penetrazione delle coscienze delle masse, le quali sono – Evola insegna – la materia “plasmabile” a piacimento da qualsiasi forma di totalitarismo, sia esso politico, religioso, sociale, o, come al giorno d’oggi, tecnoscientistico-sanitario.
Tutto ciò a prescindere da quell’oggettività che sola dovrebbe costituire la “cifra” di una reale conoscenza quantomeno logico-scientifica (tralasciando in tal caso quella piú propriamente tale afferente all’intelletto spirituale, ben al di là della vicenda in questione nonché delle possibilità della scienza profana). Vi sono ottimi indizî che inducono a ritenere che la cosiddetta “Spagnola” sia stata in realtà provocata da dosaggi fuor di misura dell’allora nuovissima “aspirina” prodotta dalla Bayer, che mutava in pochi giorni di somministrazione il quadro di una semplice sindrome influenzale in quello di una polmonite fulminante[1]. Prima della diffusione su larga scala dell’aspirina nessuna moria seriale si era verificata. A quanto pare, il detto che vuole che la Storia si ripeta vale anche in àmbito medico, dal momento che la recente vicenda del discusso protocollo del Ministero della Salute denominato in modo ormai famigerato “tachipirina e vigile attesa”, che tante vittime ha davvero provocato per la sua totale antiteticità alle effettive condizioni di pazienti comunque affetti da sindromi respiratorie, poi bocciato dal TAR (sebbene ad esso sia poi seguito il “provvidenziale ripescaggio” da parte del Consiglio di Stato), sembra ricalcare fedelmente quella prima, gigantesca sequela di morti per causa iatrogena, che ancor oggi costituisce almeno la terza voce fra le cause di morte negli USA[2]. Ma anche in Italia le cose non stanno molto diversamente[3].
Quasi incredibile è lo stupore che Egli manifesta nei confronti di alcune reazioni all’attuale situazione, attribuendo inopinatamente tali episodî a un’astratta ribellione nei confronti della “pandemia”, quando è fin troppo palese e dichiarato che esse sono rivolte esclusivamente contro le misure governative fatte passare in modo surrettizio per “necessarie” e “indispensabili”; Egli afferma infatti che non gli sembra che le precedenti “pandemie”
“abbiano provocato tra la gente reazioni “negazioniste” di scetticismo o incredulità o anche rabbia tanto ampie e soprattutto radicali e violente”
è quindi tanto difficile considerare che in nessuno di tali casi si è mai arrivati alla compressione delle libertà individuali e al relativo ricatto pseudovaccinale? Non sarà forse questa l’“oscura” ragione?
Ancor piú eloquente è l’affermazione dell’Autore secondo la quale:
“non si può dubitare che la pandemia esista ed abbia provocato in Italia circa centocinquantamila morti”.
Semplicemente, ci dice il de Turris, dubitare “non si può”, ci si metta quindi l’animo in pace! E poco importa come i morti siano stati conteggiati, includendo nel novero casi nei quali vi fosse la semplice presunzione di “colpevolezza” del SARS-CoV-2 o anche se si potesse ipotizzare che esso “avesse contribuito alla morte”, come da direttive del CDC statunitense del 24/3/2020[4] riprese poi un po’ ovunque nel mondo. Peccato che, anche in Italia, chi ha approfondito la questione nello stesso àmbito medico ha potuto scoprire come il SARS-CoV-2 non sia stato nemmeno isolato[5] rendendo dunque vani tutti i fin troppo noti e strombazzati “test di positività” sui quali si fonda, tanto sul piano ideologico che su quello economico, l’intero farsesco carrozzone “pandemistico”.
Aggiunge poi l’Autore che:
“la pandemia in concreto esiste, ce lo ricordano con insistenza martellante i media”
facendo dunque di fatto assurgere il Verbo mediatico a quintessenza della Verità, che solo degli empî meritevoli evidentemente del Castigo Eterno possono essere tanto pazzi da contestare. Il blando contrappunto che Egli fa seguire a queste apodittiche affermazioni e inerente da una parte alla mancata specificazione di quanti in effetti sarebbero i morti “a causa del solo coronavirus e quanti invece per cause collaterali”, asserendo che tale differenza “non si specifica MAI” – ma non è vero, nel bollettino periodico l’ISS fornisce fin dall’inizio le cifre percentuali degli affetti da altre patologie che nell’ultimo bollettino del 10 s.m. ammonta a ben il 97%[6]! Non fornisce esplicitamente quelle attribuite al solo SARS-CoV-2 semplicemente perché la dicitura ufficiale è, dopo due anni di presunta pandemia (ma, si aggiunge volentieri, di conclamata pandemenza!), ancora quella di “deceduti positivi all’infezione da SARS-CoV-2” e non a causa di essa! C’è qualcuno disposto ad interrogarsi su questo “dettaglio”? – dall’altra la concessione che l’“indubitabile” pandemia “può essere enfatizzata e strumentalizzata”, non pare avere altra funzione – peraltro piuttosto velleitaria… – che quella di tentare di “spuntare” eventuali contestazioni a simili enormità che altro non fanno se non ricalcare pedissequamente l’attuale pensiero unico medico-mediatico.
L’Autore poi si stupisce che vi sia stata, fra le tante(?) reazioni alla decretazione emergenziale, anche
“un assalto di medici no vax con tanto di camice durante una assemblea del loro ordine”
omettendo però il niente affatto trascurabile “particolare” che quei medici protestavano per le sospensioni dal lavoro decise per chi non si era piegato al ricatto pseudovaccinale[7]. Ma su questo evidentemente l’Autore non ha nulla da obiettare.
Quello in cui Egli si produce piú volte nel breve spazio del proprio scritto, insomma, è un totale capovolgimento della normale prospettiva: anziché biasimare chi si è reso responsabile della discriminazione di fatto di milioni di persone, poste sotto il ricatto della sospensione dello stipendio, quindi dei mezzi di sussistenza per sé e per l’eventuale nucleo famigliare, rivolge la sua critica a coloro che a tali arbitrî “inauditamente” si ribellano anziché ubbidire proni all’ingiunzione di mettere a disposizione della “collettività” – entità subpersonale da cui guardarsi dal far parte, come insegna il pensiero tradizionale… – il proprio stesso corpo; invece di coltivare qualche sano dubbio sull’impressionante unisono dei mezzi di deformazione di massa nei quali mai vengono messi in discussione i dogmi “virologistici” ormai entrati a far parte del bagaglio niente affatto “culturale” ma, piuttosto, pregiudiziale del teleutente medio, si stigmatizza chi mantiene nonostante tutto la propria indipendenza di pensiero dalla quale ricavare un proprio metro di valutazione delle cose che tenga conto proprio di quei fatti cui l’Autore pure dice di riferirsi ma che scambia per contro con gli arte-fatti mediaticamente plasmati.
Analogo capovolgimento di prospettiva si ha quando afferma:
“E’ come se questo atteggiamento “anti”, se vogliamo negazionista, fosse appunto diventata una vera e propria ideologia alla quale si aderisce aprioristicamente nonostante le prove in contrario”
La prospettiva può, anzi deve essere ribaltata, controbattendo che è proprio quella “covidista” ad essere diventata anche piú di un’ideologia, avendo ormai da tempo assunto gl’inconfondibili contorni del fenomeno “religioso”, e anzi sostituendosi alla religione vera e propria – tanto piú a quella Cattolica, ormai agonizzante nella stagnante palude dolciastra del finto buonismo caramelloso dell’attuale Pontefice, di fatto “collaborazionista” dei peggiori disegni globalisti di controllo totalizzante da esso palesemente appoggiati – con tanto di riti e dogmi alternativi e relativo fanatismo “conversionista” e/o “esclusivista” nei confronti dei “miscredenti”! Ed è davvero insolito che questo non venga notato da uno scrittore tradizionalista ma sia stato altresí evidenziato da filosofi che dalla Tradizione sono lontanissimi, quali Giorgio Agamben e Diego Fusaro nelle loro lucide e puntuali analisi del fenomeno. Quanto all’apriorismo, in chi aderisce alla vulgata tecnosanitaria non v’è altro che quello, dal momento che i dubbî non albergano certo da quelle parti… e come lo si può viceversa addebitare a chi non perde l’abitudine di porsi domande su ciò che gli viene “scaraventato” addosso a tempo pieno? Sembra la piú chiara quanto frequente “dinamica dello specchio” che spinge inconsapevolmente ad accusare altri di ciò che in fondo si avverte appartenere a sé stessi.
Per il de Turris le “prove in contrario” di cui sopra, poi, sarebbero i “malati, ricoveri, terapie intensive, morti”;
non accorgendosi – o forse semplicemente non curandosene – che tutto ciò che cita quale prova provata e probante ha un’unica fonte: l’unisono mediatico conformisticamente compattato dall’esigenza di non permettere a nessuna crepa di insinuarsi nel granitico muro della lugubre “favolistica” ufficiale. Ciò, perché, con ogni evidenza, Egli non mette minimamente in discussione la versione mediatica della vicenda, rendendola anzi la premessa di ogni sua considerazione; ma da premesse errate non possono che arrivare conclusioni altrettanto errate. Inoltre, per dirla con Eraclito, “chi non si aspetta l’inaspettato non troverà la verità”. Come detto, appena ci si provi a “indagare” un po’ in maniera realmente svincolata da dogmi di qualsiasi genere, ci si trova di fronte a ben altra realtà. Bisogna volerlo, però…
Ancora, Egli si lancia nella valutazione della qualifica tecnica dei preparati farmacologici spacciati per “vaccini” dicendo:
“Tutto ciò viene spesso spiegato come paura/rifiuto nei confronti di un vaccino ancora sperimentale e che in fondo tale non è (pur se approvato dagli enti sanitari europeo e italiano)”
incorrendo purtroppo in una doppia, e anche molto grave inesattezza. Lo status tecnico di tutti i preparati formalmente “anti-covid19” è quello di “autorizzato ma non approvato[8]”, che costituisce una esplicita – per quanto capziosa e foriera di malintesi con ogni probabilità puramente voluti come questo – classificazione emergenziale da parte dell’EMA, l’agenzia europea per l’approvazione dei farmaci, che come tale viene rilasciata sulla base “di dati meno completi di quelli normalmente richiesti[9]”, ammettendone cosí di fatto anche la sperimentalità. Quindi nessun preparato farmacologico, genico o meno, ad oggi nominalmente in uso “contro” la Covid-19, è stato formalmente “approvato”. E proprio per tale motivo sí, in fondo (sperimen)tali sono!
Inoltre anche tale affermazione è facilmente ribaltabile “ipotizzando” che forse chi non osa mettere in discussione la versione ufficiale potrebb’esser proprio egli guidato dal “rifiuto psicologico” di accettare che la scienza ufficiale sulla quale lo sradicatissimo e solidificato – nell’accezione puramente guénoniana del termine – uomo contemporaneo basa la sua “nuda vita” – per citare la felice espressione di Agamben – mera esistenza di un involucro biologico autoreferenzialmente fine a sé stesso, si fondi su una frode, anzi, su una serie di frodi che si reggono a vicenda. E che pertanto tutte le nostre esistenze condotte nell’alveo non per nulla vieppiú asettico e sterilizzato di questa civiltà materialistica terminale siano nient’altro che infingimenti piú o meno consapevoli, avendo smarrito da tempo qualsiasi autenticità. In poche parole, che la nostra vita e la nostra intera società postindustriale si basi sic et simpliciter sulla menzogna. Un po’ piú difficile da mandar giú, magari, di ciò che l’Autore addebita ai “miscredenti”…
Quando poi l’Autore stesso ha cura di elencare i motivi per i quali i “disubbidienti” si scagliano contro i “timorati” si oltrepassa la soglia del tautologismo:
“tu che ci credi sei un nemico mio e del popolo, sei un servo del potere, contribuisci alla nostra irreggimentazione e alla limitazione dei nostri spostamenti, al nostro controllo con la scusa della pandemia, e quindi ti combatto. E sono contro il governo (lo Stato) che mi impone questi obblighi”
Come negare, infatti, che se la maggior parte della popolazione avesse praticato la semplice disubbidienza civile, il pacifico ma fermo rifiuto a sottostare a simili imposizioni arbitrarie e infondate tanto scientificamente che giuridicamente, tutto il terrifico carrozzone della “nuova normalità” si sarebbe irrimediabilmente arrestato? Prospettiva di certo utopistica ma non per ciò meno logicamente coerente. L’Autore quindi, in un certo senso, si risponde da sé.
Egli prosegue poi affermando che tutto ciò starebbe a indicare:
“un maggiore e non ragionevole timore nei confronti della cura che non della malattia, nonostante l’immenso divario tra i morti provocati da una e dall’altra per non previste complicazioni individuali”
Questo ragionamento costituisce una vera e propria relativizzazione dei danni, e non tiene conto, com’è ovvio, della basilare artefazione dell’asserita pandemia. Forse l’Autore ignora che la cifra attuale dei decessi seguiti all’inoculazione dei preparati farmacologici nominalmente “anti-covid19” ha raggiunto, nei soli Stati Uniti, le 24’827[10] unità, mentre quella di chi ha riportato invalidità permanenti ammonta a 45’615 unità. Sembrano forse poche? Ammesso – ma niente affatto concesso – che le cose stiano come da “dogmatica” ufficiale, si tratta comunque di quasi 25’000 persone che plausibilmente – c’è sempre l’ipocrita escamotage della “nessuna correlazione” in agguato anche a dispetto dell’immediatezza con cui avvengono la maggior parte delle reazioni avverse… – hanno perso la vita, solo negli USA, per qualcosa che gli è stato propinato dalle autorità nazionali in nome della salute pubblica. Mentre se per ciò che concerne l’Unione Europea non è possibile una stima altrettanto esatta è solo per l’impossibilità pratica di poterla ottenere voluta dall’Unione stessa. Un eventuale paragone fra le due situazioni considerate dall’Autore, inoltre, sarebbe del tutto privo di logica, rappresentando il decesso per malattia un’eventualità che in ogni caso pertiene alle condizioni del singolo individuo, mentre quello per prodotti farmacologici iniettati da istituzioni sanitarie – con il ricatto lavorativo, l’obbligo legale o comunque fortissime pressioni sociali se non ancora con la forza bruta – rappresenta quantomeno un omicidio colposo, ma, più probabilmente, doloso – dovuto, per di piú, a sostanze che vengono inoculate con l’asserito opposto scopo di “immunizzare” da una malattia.
Perfino nell’utilizzo del linguaggio con cui l’Autore ha realizzato il proprio scritto si manifesta l’entità dell’adesione incondizionata alla tele-ufficialità; usare il monocorde gergo neo-orwelliano linguisticamente mortificante che ormai tutti conoscono e caratterizzato dal continuo ricorso all’uso arbitrario della negazione, per di piú in una lingua straniera, e perfino abbreviata! – e che chi scrive si rifiuta finanche di citare per non oltraggiare la propria e altrui intelligenza, oltreché per non “rinforzare” oltremodo la corrente psichica cosí artatamente suscitata – per definire chi mantiene libertà di pensiero, oltre ad esser la spia di quanto appena detto, costituisce l’ennesima inversione di prospettiva:
non si tratta infatti di negare qualcosa di oggettivamente esistente ma di affermare l’inesistenza di qualcosa di virtuale: la pandemia e tutti i suoi “cascami”!
Analogamente, non si tratta di essere contro qualcosa di normale e di scontato, di “buono e giusto”, ma per l’affermazione della normalità (quella vera, autentica, originale e naturale, e non quella che, codinamente, si pretenderebbe essere “nuova”).
Non è infatti chi non vuole sottoporsi all’inoculazione di sostanze artificiali dietro ricatto a essere contro la normalità, ma l’inoculazione di sostanze artificiali – tanto piú se dietro ricatto – a essere contro la norma naturale!
Quanto poi alla minimizzazione operata nell’articolo riguardo all’effettivo controllo che comporta l’istituzione di ciò che deve certificare l’avvenuta inoculazione di uno dei diversi preparati farmacologici, asserendo che “noi siamo da un pezzo, anche per causa nostra, già tutti controllati”, tirando in ballo cellulari, smartphone, reti sociali virtuali, telecamere stradali, e via menando il can per l’aia, è un’apoteosi del qualunquismo banalizzante piú scontato e avvilente, riassumibile in un classico “tanto peggio, tanto meglio”. La logica qui usata sembre essere: siccome le porte sono già state socchiuse, tanto vale spalancarle, ed entri pure ciò che vuole. Ma qualsiasi paragone in realtà è inadeguato, perché né i cellulari o smartphone che siano, né le reti sociali comportano il ricatto: chi non possiede i primi non si vede sospendere lo stipendio, né chi non apre un profilo pubblico su Facebook, Twitter o Instagram si vede negato l’ingresso in un locale pubblico, in banca o alla posta! Né, men che meno, per averne uno è necessario sottoporsi a un trattamento farmacologico indesiderato. Infine, in nessuno dei succitati casi l’oggetto del controllo riguarda i dati piú intimi di una persona, quali quelli della propria stessa costituzione psicofisica e relative condizioni di salute. L’unica cosa su cui si può concordare è che tutto ciò che è stato citato, non ha fatto che contribuire alla progressiva psicodigitalizzazione dell’umano – necessario prodromo alla fisiodigitalizzazione che ha avuto inizio con l’inoculazione degli attuali sieri tecnogenici – preparando cosí il terreno all’attuale regime infosanitario digitalizzato – che a sua volta costituirebbe la piú compiuta manifestazione dell’abominio transumanista, ormai penetrato nei ganglî nevralgici dei principali Direttorî mondiali – nel quale l’unico “diritto” riconosciuto è quello di ubbidire ai tecno-diktat di governi antipatriottici eterodiretti dal verticismo globalista sovranazionale.
“Santa ingenuità!”
esclama quindi l’Autore, quando sarebbe piuttosto il caso di dire “diabolica incomprensione!”; di tutto ciò che rende quanto sta accadendo privo di qualsiasi confronto con quanto accaduto in passato.
Per non parlare del fatto che tutto il resto non aveva finora prodotto conseguenze estreme come per il momento sta accadendo nel solo Canada, dove molti camionisti tuttora protagonisti di una pacifica rivolta civile contro l’istituzione del controllo sanitario di massa, si sono visti bloccati i conti correnti[11], cosí come la stessa sorte è toccata persino a chi si è azzardato a elargire loro delle donazioni. Tutto questo dovrebbe segnalare a chiunque mantenga un minimo di giudizio critico, che con la pantomima della Covid-19 si è varcata una soglia del controllo capillare di ogni aspetto della vita quotidiana del singolo individuo dalla quale, nelle intenzioni di chi l’ha ideata, non si deve piú tornare indietro.
Ma anche quando si avventura in campo giuridico-costituzionale le cose non vanno di certo meglio; infatti Egli scrive:
“come già ho scritto in passato esistono due articoli della ”Costituzione più bella del mondo” (copyright Benigni) che prevedono proprio restrizioni e limitazioni della libertà individuale per motivi sanitari in caso di epidemie e pandemie. E allora?”
“E allora” c’è che quest’affermazione è del tutto priva di fondamento giuridico-costituzionale, tanto è vero che in piú sentenze già emesse dai giudici di diversi tribunali[12] si è stabilito che:
“la libertà di circolazione non può essere confusa con la libertà personale: i limiti della libertà di circolazione attengono a luoghi specifici il cui accesso può essere precluso, perché ad esempio pericolosi; quando invece il divieto di spostamento non riguarda i luoghi, ma le persone allora la limitazione si configura come vera e propria limitazione della libertà personale[13]”.
Qualsiasi commento appare qui superfluo.
La frase “il famigerato gr**n pa** che volete che sia”, poi, da sola dà la misura della superficialità e dell’approssimazione cui tutto l’articolo è improntato. Caratteristiche ravvisabili fin dalle storpiature della terminologia scientifica nelle quali si incorre citando per esempio la SARS (secondo l’Autore acronimo di “coronavirus da sindrome respiratoria acuta grave” anziché il contrario; mentre, sempre secondo l’Autore, “la definizione scientifica dell’attuale coronavirus è Sars-Covid-2” invece che SARS-CoV-2, ché Covid è l’acronimo della pretesa patologia e non del virus) dalle quali sovente deriva una rigida compartimentalizzazione cognitiva, ampiamente diffusa oggigiorno, poiché in troppi fra gli intellettuali umanisti quando si tratta di scienza si girano dall’altra parte in un rifiuto aprioristico ad esaminarne da vicino le questioni e rimettendosi quindi passivamente al cosiddetto “principio di autorità”, conferendo in tal modo un’autorevolezza a figure iperspecializzate, come i virologi, in gran parte oggi usurpata. I risultati sono evidenti, per chi voglia e possa vederli.
Incomprensibile a chi scrive rimane alla fine come chi, da posizioni tradizionali, non si renda conto che l’iperrazionalismo scientistico ormai imperante, del quale l’attuale sedicente “scienza medica” costituisce la “testa di ponte” piú avanzata, sia quanto di piú antitradizionale sia possibile immaginare: alla sintesi intellettuale oppone infatti l’esasperata analisi razionalistica; alla visione d’insieme dalla quale trarre conclusioni universalmente valide, quella del “particulare” che conduce a conclusioni arbitrariamente estese a ogni àmbito; ai principî generali, i dettagli – spesso capziosamente – specifici e fini a sé stessi, privi cioè del riferimento a una prospettiva piú ampia, di un’“ottava” superiore. Il risultato è la perdita progressiva di quella che si potrebbe definire – con una metafora tecnologica quanto mai appropriata al “tecnodegradato” contesto contemporaneo – “ampiezza di banda cognitiva”, causando un considerevole quanto deleterio restringimento dell’orizzonte intellettuale oggigiorno davvero angusto e inoltre vieppiú restringentesi, con l’inavvertenza persino di chi, per storia personale e retroterra culturale, dovrebbe invece trovarsi in prima linea nell’avversare tale degenerescenza intellettuale che affligge l’intera civiltà odierna; quella che proprio Evola, con definizione invero profetica, gratificava con la sprezzante quanto meritatissima espressione di “civiltà della macchina”.
In conclusione, tutto il sorprendente atteggiamento dell’Autore è forse riassumibile nell’ormai forse abusato ma sempre valido aforisma di Mark Twain secondo il quale “è piú facile ingannare la gente, piuttosto che convincerla di essere stata ingannata”.
immagine copertina: web
NOTE
[1] https://academic.oup.com/cid/article/49/9/1405/301441?l
[2] https://www.bmj.com/content/353/bmj.i2139
[3] https://www.rainews.it/archivio-rainews/articoli/boom-di-infezioni-ospedaliere-in-Italia-49mila-morti-anno-9be9182b-1e30-4d24-a166-9424981a3e3e.html
[4] https://www.cdc.gov/nchs/data/nvss/coronavirus/Alert-2-New-ICD-code-introduced-for-COVID-19-deaths.pdf
[5] Il riferimento è al dott. Fabio Franchi, medico infettivologo, autore del documento “Pandemia di Covid19: analisi critica” scaricabile al seguente indirizzo: https://drive.google.com/file/d/1JWLOmzI9hukDO2SgYT7mObx9BQJkE96J/view?usp=sharing
[6] https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Report-COVID-2019_10_gennaio_2022.pdf
[7] https://www.iltempo.it/attualita/2021/12/19/news/ordine-medici-no-vax-scatta-rissa-roma-29844551/
[8] https://www.europeanconsumers.it/2021/08/18/sperimentazione-di-gregge-e-piattaforme-vaccinali-covid-19-a-confronto-autorizzate-ma-non-approvate-un-funesto-malinteso/
[9] https://www.ema.europa.eu/en/human-regulatory/marketing-authorisation/conditional-marketing-authorisation
[10] I dati di cui sopra sono forniti dal VAERS (acronimo di Vaccine Adverse Event Report System), liberamente disponibili dietro interrogazione del relativo database al seguente indirizzo: https://www.medalerts.org/vaersdb/index.php
[11] https://www.2duerighe.com/esteri/140805-in-canada-sono-stati-congelati-diversi-conti-correnti-di-camionisti-impegnati-nelle-proteste.html
[12] Tra i quali si ricordano il giudice di Pace di Frosinone, uno del Tribunale di Roma e suoi omologhi dei Tribunali di Reggio Emilia e Pisa.
[13] Stralcio tratto dalla sentenza n°1842 del Tribunale Monocratico di Pisa, depositata in data 17/2/2022 e scaricabile all’indirizzo: https://www.studiocataldi.it/visualizza_allegati_news.asp?id_notizia=43903
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