10 Ottobre 2024
Cultura

Sir Roger Scruton, l’ultimo conservatore – Roberto Pecchioli

Il 12 gennaio scorso è morto Sir Roger Scruton, filosofo, docente, artista, musicista, cacciatore, baronetto di Sua Maestà britannica, l’ultimo grande conservatore. La sua morte fisica è stata preceduta da quella civile – il rogo dell’eretico sul patibolo del politicamente corretto a causa delle opinioni da “suprematista bianco, omofobo e sessista” espresse qualche mese fa in un’intervista alla rivista New Stateman che ha portato alla sua espulsione – da parte del governo britannico autodefinito conservatore, – dalla commissione “Building better, building beautiful” (costruire meglio, costruire bello). Aveva già dovuto scontare la dittatura del progressismo regressivo con la proscrizione dalle istituzioni universitarie, lui, docente di lungo corso, uomo di raffinata e profonda cultura. Nessuno con le idee di Scruton ha posto in una democrazia moderna, ha affermato il parlamentare laburista Andrew Gwynne, che va ringraziato per la sua sinistra franchezza.

Sir Roger ha affrontato entrambe le morti con l’elegante fortezza di gentiluomo vittoriano – un biotipo in via di estinzione, insieme a tanti altri pezzi di identità britannica- mentre si confessava nel suo libro estremo England, An Elegy, pervaso da una malinconia non lontana dalla poesia di Philip Larkin, altro conservatore, il più amato poeta inglese del secondo Novecento. Gli fu diagnosticata la malattia fatale a luglio. “Il mio reumatologo prima mi parla della mia conferenza su Parsifal; poi, allarmato da ciò che ha visto nella scansione radiologica, mi mette nelle mani di un oncologo, che inizia a lavorare con me immediatamente, altrimenti potrei morire di cancro in una settimana. Quella settimana si è prolungata per il momento, ma per quanto ancora? Tuttavia, come è successo con l’intervista progettata per distruggermi, il bene supera il male. Mai prima d’ora mi sono arrivate così tante espressioni di affetto, e grazie al mio oncologo sono stato in grado di continuare a lavorare alla mia scrivania.”

In A Political Philosophy, (in italiano Manifesto dei Conservatori) Scruton aveva scritto che il conservatore sa che la sua lotta contro il caos è destinata a fallire di fronte alla seconda legge della termodinamica: “L’entropia cresce sempre e ogni sistema, ogni organismo, ogni ordine spontaneo cadrà prima o poi nel caos. Anche se ciò è vero, il conservatorismo non è uno sforzo vano in termini di pratica politica, proprio come la medicina non è inutile semplicemente perché a lungo termine saremo tutti morti. Dovremmo piuttosto riconoscere la saggezza di Lord Salisbury quando ha sottolineato che il ritardo è vita.”

L’ultima frase dell’ultimo articolo di Scruton è: quando ti avvicini alla morte, inizi a capire cosa significa vita e cosa significa gratitudine. La gratitudine verso il bene, il vero e il bello e la loro affermazione sono l’essenza del conservatorismo di Scruton. Ripeteva che il conservatorismo riguarda l’amore, e quindi la volontà di preservare tutte le cose preziose che abbiamo ricevuto dagli antenati. Il conservatore sa che “le cose buone vengono facilmente distrutte, ma è molto più difficile crearle. Ciò è particolarmente vero quando si tratta di beni collettivi come la libertà, la civiltà, lo spirito pubblico, la sicurezza della proprietà e la vita della famiglia “(Essere conservatore).

Scrisse anche “quando ti avvicini alla morte, inizi a capire che significa vita e che significa gratitudine.“ Il conservatorismo non è lo spirito del tempo. “L’ideologia dominante è progressiva: il passato è stata una lunga notte di maschilismo, omofobia, razzismo e dominio di classe; antico è sinonimo di oppressivo e discriminatorio- L’argomento che tronca ogni dibattito? Ma vuoi gettarci indietro di X anni? “

Nato nel 1944 in un famiglia modesta , con un padre socialista amante della natura, passione ereditata da Scruton, esperto di cavalli, proprietario di una fattoria e autore di una filosofia verde , era rammaricato che l’ambientalismo sia stato sequestrato dalla sinistra, o meglio, trascurato dalla destra. Sosteneva che il conservatore deve aspirare alla conservazione della bellezza in ogni sua forma, a partire da quella della natura e del paesaggio. Scruton, studente eccezionale, iniziò la sua vita intriso di quel progressismo che già negli anni ’60 era la visione del mondo predefinita di Oxbridge, il nomignolo collettivo delle due università più prestigiose del regno, Oxford e Cambridge.

La conversione avvenne nel fatidico maggio 1968 a Parigi, dove frequentava un corso di specializzazione. “Ero nel Quartiere Latino a guardare gli studenti che rovesciavano automobili, frantumavano i finestrini e lanciavano pietre, e per la prima volta nella mia vita ho sentito un’ondata di indignazione politica. Improvvisamente mi sono reso conto che ero dall’altra parte della barricata. Quando ho chiesto ai miei amici cosa stessero cercando di ottenere, hanno risposto con un sacco di frusti luoghi comuni marxisti. Questo mi ha irritato e ho pensato che ci doveva essere un modo per tornare alla difesa della civiltà occidentale. I soixante-huitards (sessantottini) avevano goduto di tutte le benedizioni di quella civiltà: prosperità (la Francia cresceva del 5% ogni anno negli anni 60), accesso all’istruzione superiore (200.000 studenti universitari nel 1958, 500.000 nel 1968), libertà, democrazia. La loro reazione fu di considerare tutto questo un inganno fascista. La libertà è “libertà”: le virgolette dispregiative furono il gran contributo intellettuale del 68, e / o una noia. Non c’è più Guernica, non c’è Auschwitz, non c’è Hiroshima. Bravo! Ma E l’impossibilità di vivere, la mediocrità soffocante e l’assenza di passione? , scriveva Raoul Vaneigem, uno dei situazionisti tanto influenti nel 1968. Come rifiuto del modo di vivere dei loro genitori, la generazione che aveva subito l’occupazione nazista, la dura ricostruzione, la guerra dell’Algeria, decisero di diventare maoisti proprio nel momento in cui la Rivoluzione Culturale devastava in Cina ogni vestigia di civiltà.”

In realtà, i sessantottini non avevano in mente alcunché di realistico nel rifiuto del benessere prosaico e nella “falsa libertà” dei loro genitori: la loro era la negazione della negazione, il grande rifiuto proclamato da Marcuse nell’Uomo a una dimensione. Ma né Marx né Lenin avevano un’alternativa praticabile all’ordine sociale, civile e valoriale generato faticosamente da prove ed errori attraverso secoli di storia – come testimoniato dal fallimento del socialismo, evidente nel 1968 per chi aveva occhi per vedere. Se l’essenza del conservatorismo è l’affermazione, la conservazione è l’amore – perché “il bene supera il male” – quella della sinistra è la negazione, la distruzione e l’odio.

Scruton dedicò un’opera (Fools, Frauds e Firebrands: Thinkers of the New Left) alla confutazione dei mâitres-à-penser del Sessantotto, Sartre, Foucault, Althusser, Lacan, Deleuze. Nel capitolo conclusivo di quel libro, che scatenò una tempesta di critiche e accelerò la sua uscita dall’Università, affermava che, data la passione con cui la sinistra rifiuta la destra (“una volta identificate come destra, le tue opinioni sono irrilevanti, la tua reputazione è sporca, la tua presenza nel mondo è un errore: non sei più un avversario da contrastare, ma una malattia che deve essere curata”), si dovrebbe pensare che la sinistra abbia un modello sostitutivo infinitamente migliore. Al contrario, “osservando il paesaggio desolato che ho trattato in questo libro, trovo solo smentite”. La sinistra è come il Mefistofele di Faust: lo spirito che sempre nega.

La sinistra rappresenta come strutture di dominio “tutto ciò che gli altri considerano semplicemente strumenti dell’ordine civile”, famiglia, impresa, mercato, morale sessuale, proprietà, religione, nazione, scuola (almeno, la scuola tradizionale, dedicata alla trasmissione della conoscenza), associazioni comunitarie, volontariato, i piccoli plotoni -little platoons- di Edmund Burke, che Scruton aveva sempre sulle labbra.

Prima di lasciare un’università già trasformata in feudo neo-marxista, Scruton ebbe il tempo di assistere alla vittoria di Margaret Thatcher (1979). Il suo rapporto con il thatcherismo fu ambiguo: da un lato, accolse con favore l’apparizione di una destra intellettualmente assertiva e l’impegno per il l’alleggerimento del ruolo dello Stato. Tuttavia, lamentava la ristrettezza di una visione che aveva l’obiettivo di vincere la battaglia intellettuale sulla sinistra solo in base a “soluzioni di mercato”, “economia dell’offerta” e “sovranità dei consumatori”. Credo che libertà non sia una risposta sufficiente alla domanda: in che cosa credono i conservatori, sbottò in Essere conservatore. Non certo perché la libertà non sia un valore, ma perché è un valore penultimo: “Come Matthew Arnold, credo che la libertà sia un cavallo eccellente da cavalcare, ma per andare da qualche parte”.

La libertà ha valore se serve a raggiungere fini preziosi. Il liberalismo, per avere un senso, ha bisogno di una gerarchia oggettiva di valori, ovvero del conservatorismo. Scruton respinse la famosa affermazione di Margaret Thatcher secondo cui la società non esiste. In fondo, pensava, la Thatcher sapeva che l’economia di mercato poteva funzionare solo in un quadro politico-culturale molto specifico, composto da elementi che vanno oltre l’economia. Uno di questi è, ad esempio, lo stato-nazione. “I suoi discorsi più importanti, e anche le sue politiche, derivano da una coscienza di lealtà nazionale”, ma, pur essendo una patriota, non sapeva come esprimere il suo patriottismo. “Peccato che non avesse una filosofia con cui articolare quell’ideale”. In realtà, il liberalismo è nemico del patriottismo, argine alla dismisura del mercato globale.

Un aspetto del conservatorismo di Scruton incompatibile con il fondamentalismo liberista e libertario, è il patriottismo. È una fisionomia del suo pensiero rafforzata dalla stretta collaborazione con dissidenti anticomunisti nell’Europa centrale negli anni ’80. “Ho sentito un’affinità immediata con quelle persone. E ho scoperto che nulla era più importante per loro della sopravvivenza della loro cultura nazionale.” Fiero difensore della Brexit, Scruton riteneva che la “mano invisibile” di Adam Smith, se esiste, richieda un quadro di corresponsabilità basato su un’identità comune. ”Il mercato può realizzare un’allocazione razionale di beni e servizi solo laddove esiste una fiducia preventiva tra i partecipanti”. (Essere conservatore)

La fiducia iniziale, naturale, è quella tra compatrioti, coloro che condividono il senso del “noi” nazionale (che si estende non solo alla generazione attuale, ma, come diceva Burke, ai morti, ai vivi e a coloro che devono ancora nascere. “La società nazionale è un’eredità condivisa per la quale siamo disposti a fare sacrifici, che ci consente di sentirci parte di una catena di trasmissione, ricezione e consegna, e di riconoscere che non abbiamo il diritto di rovinare le cose buone che ereditiamo”. Lo stato-nazione è anche l’ambiente naturale per l’esercizio delle libertà politiche: “È perché siamo in grado di definire la nostra cittadinanza in termini territoriali che nei paesi occidentali godiamo delle libertà elementari”. Scruton contrappose altresì la territorialità etnica, civile e culturale delle nazioni europee ed occidentali all’universalità teocratica dell’umma islamica. “La democrazia ha bisogno di confini, e quei confini sono quelli dello stato-nazione”.

Il liberismo economico thatcheriano era asfittico: non aveva interesse né coscienza dell’insostituibilità di istituzioni come la famiglia. Al più, dava per scontata la loro conservazione, senza capire, tanto meno contrastare, il loro rapido declino, frutto della liberazione dei costumi, legato nichilista del 1968. “Il fondamentalismo libertario saluta lo scioglimento dei legami familiari, insopportabili per la libertà individuale; concepisce il matrimonio come un contratto che può essere rotto facilmente.”

Scruton scrisse altresì pagine profonde sulla differenza tra contratto e voto (vow), nell’accezione “religiosa” di impegno definitivo, promessa solenne, consacrazione totale a un principio o a una causa. Non ci sono voti contrattuali, solo clausole, mentre l’autentico impegno è morale, include le corde dell’anima e dell’onore, esclude quelle del corrispettivo, del dare e avere del rapporto di scambio. Un contratto prevede obblighi definiti e ha una durata limitata. Un voto implica una mutazione esistenziale. “I voti sono impegni indefiniti, che legano le parti a un destino condiviso. Un voto è la consegna definitiva di se stessi, in cui l’altro è invitato a fidarsi. Il paradigma del voto è il matrimonio, come è stato concepito fino a poco tempo fa. Le società che non insistono più su quell’impegno, o che consentono l’erosione del matrimonio, ridefinendolo prima come un semplice contratto e poi come un’opzione tra le altre, sono società che non offrono più sicurezza ai figli “(Sulla natura umana) “In ogni società sostenibile, l’ordine degli accordi volontari è inquadrato in un ordine superiore, in cui gli obblighi sono trascendenti, legami sacri “.

Le società non durano se i loro membri non sono capaci di sacrificio. Parole inaudite quelle di Scruton, sgradevoli per l’uomo contemporaneo, permeato di egoismo, diritti, libertà, tutto e subito. Il tema del sacrificio permea l’intera opera di Scruton. È inseparabile dal senso del sacro ed entrambi sono principi perduti nel mondo contrattuale della massimizzazione del profitto. “Nessun contratto spingerà il soldato a dare la vita per il suo paese, una madre a sacrificare tutto per i suoi figli, o una coppia a legarsi fino alla morte.”

Una comunità, ha quindi bisogno del senso del sacro. Gli impegni familiari definitivi- degli sposi tradizionali e dei genitori con i loro figli- guardano al soprannaturale, indicano linee di vetta. Così è per l’esperienza estetica, il senso della bellezza a cui Scruton ha dedicato diversi libri. “La musica ci trasporta oltre i limiti della realtà naturale, la bellezza sembra non appartenere a questo mondo.” Ebbe anche il coraggio denunciare il carattere informe dell’arte dopo l’avanguardia degli anni Venti del secolo passato e la disumanità dell’architettura razionalista dopo Bauhaus. Insistette molto sull’eterna aspirazione umana alla conoscenza, oltre i bisogni pratici della sopravvivenza. “Avremmo potuto evolvere come specie senza dover capire il regno delle verità matematiche. La nostra curiosità si estende all’infinito oltre i problemi che dobbiamo risolvere “(Sulla natura umana).

Per Scruton, il fatto che sentiamo il richiamo, il presentimento del soprannaturale, non implica che il soprannaturale esista. Il futuro baronetto suonava l’organo da ragazzo nella chiesa anglicana locale- un anglicanesimo più estetico che teologico- ma era ambiguo sulla questione dell’esistenza di un Dio personale. “Non posso rispondere alla domanda su come un essere che esiste al di fuori dello spazio e del tempo possa manifestarsi al loro interno” Cioè, Dio è un mistero, come la libertà umana, postulati incomprensibili per la ragione teorica. Negli ultimi anni, orientò spesso la riflessione sulle verità ultime, su un senso della vita che includesse il trascendente. Crediamo di non sbagliare affermando che Scruton fu un cristiano naturale, un credente istintivo che taceva dinanzi al mistero e all’indicibile.

“La fede ci chiede di imparare a vivere con i misteri, non a cancellarli, perché cancellandoli cancelleremmo anche il volto del mondo; in questo senso, possiamo ritenere la religione una devozione dell’essere.” Da domenica 12 gennaio dell’anno di Dio 2020, Roger Scruton è uscito dal tempo e ha potuto vedere che la lotta per il vero, il bello, il giusto a cui ha dedicato la vita, non è stata solo un rinvio, alla maniera dell’amato Lord Salisbury, ma il primo tempo della vittoria finale sul Nulla.

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