Lo scenario internazionale è in forte movimento. Guerre, scontri, conquiste occupazioni perdite di territorio si susseguono dal Medio Oriente fino l’Europa Orientale. Suona come una constatazione banale, alla portata di “tutti”, ma oltre ciò ci sono osservazioni più sottili. Questo stato di cose non è solo il serio rischio per una nuova “polveriera” su scala mondiale, ma può anche essere l’humus per nuove alleanze e nuovi “impasti” ideali.
Il tempo nel quale ci troviamo a vivere sta divenendo sempre più veloce. Più di 25 anni sono trascorsi dal crollo del Muro di Berlino, e “La Fine della storia” del politologo statunitense Francis Fukuyama non solo non è avvenuta, ma oggi la storia sta imprimendo una brusca accelerata verso un nuovo ed interessantissimo percorso.
Tutte le vecchie classificazioni, gli antichi discrimini della politica divengono desueti e anacronistici. “Destra” e “Sinistra” con la dipartita delle ideologie e dei “blocchi” politici di esse espressione, entrano sempre più nello status di paragrafo dei libri di storia e con il disincantamento sociale e la loro progressiva perdita di identità e diversificazione, si vanno a confondere l’una con l’altra. Lasciando una grande indecisione difronte il problema di categorizzare ciò che sia di “Destra” e ciò che sia di “Sinistra”.
Più di un venticinquennio, come detto, è passato dalla distruzione del muro che divideva politicamente e fisicamente non solo l’Europa, ma anche tutto il mondo in due parti, almeno formalmente, l’una agli antipodi dell’altra. Una emblema del capitalismo, il così detto “mondo libero”, capeggiata dagli U.S.A.; l’altra “il paradiso del proletariato” sotto l’ombrello dell’U.R.S.S.. La guerra, “fredda” “calda” o quella che sia, l’hanno vinta gli americani. Ma attenzione a cantare vittoria. Perché la potenza oltreatlantico è la prima che maledice quel 9 novembre del 1989. Lo fa, soprattutto, oggi alla vista di quello che sta accadendo, del “forte terremoto” che scuote la scacchiera internazionale. Fin quando è esisto il “Muro” ed il Blocco Sovietico, l’America aveva un nemico da contrapporre al globo sotto la sua sfera di dominio, un “nemico” contro cui rinsaldare i ranghi. Caduto “l’impero del male”, ammainata la bandiera rossa sul Cremlino, il nemico non c’era più. E anni di assenza di un pericolo pressante, hanno reso i capi di “Casa Washington” spavaldi, avidi. Troppo, fin troppo, sicuri di loro! Tanto da credere che bastasse muovere guerra, conquistare intere porzioni di territorio, per stroncare chiunque avesse messo in dubbio il dominio americano. Ma la spocchia, in particolare modo in politica estera e militare, si paga a caro prezzo nel lungo andare. Oggi gli U.S.A. cercano disperatamente un “nemico”, un avversario con cui tornare nuovamente a rinsaldare i ranghi. Dopo una cieca geopolitica e geostrategia, le tante roccaforti del suo “vasto impero” stano cedendo sotto i suoi occhi. Che fare allora? Giocarsi il tutto per tutto: perché solo questo ad essa e rimasto. Nazioni, popoli che fino ad oggi erano rimasti nell’ultimo posto nel “concerto delle nazioni”, Paesi che qualche decennio fa venivano additati come “Terzo Mondo”, si stanno ergendo decisi a cambiare “le carte in tavola”. Pronti a far valere la loro voce.
“Trovare il nemico” questo il leitmotiv americano. E qui la martellante propaganda contro il terrorismo islamico da una parte e le “pericolose nazioni” conquistatrici, “l’asse del male”, dell’altra. Una classificazione la seconda, dove la Russia dei nostri giorni gioca un ruolo fondamentale tra gli “spauracchi” agitati dagli americani.
L’organizzazione dei due diversi schieramenti, quello dell’Occidente e quello delle forze nascenti, sta avvenendo su basi strategiche, geopolitiche e militari. Ma è ancora assente il dato più saliente, quello che informa i grandi scontri epocali. Manca, ancora, una profonda separazione ideologica a questi fronti contrapposti.
Se non altro, ne è privo per il momento il più giovane fra i due contendenti mondiali.
L’Occidente sotto l’aspetto di “visioni del mondo” non ha nulla di nuovo. Ovvero la sua ideologia è la stessa che si porta appreso dallo scontro con la “vecchia” U.R.S.S.. Capitalismo, liberismo, progressismo, mondialismo, queste sono le linee guida che distinguono l’essenza occidentale con a capo l’America. Nelle forme e nei slogan molto probabilmente “evoluti”, e più “agguerriti” nella concezione dell’individuo e de suoi legami e delle sue forme associative e comunitarie. Esempio, scontato ma emblematico, la sempre maggiore denaturalizzazione e destrutturalizzazione del concetto di “famiglia” nel civilizzato binomio di “Europa – America”. Ma, comunque, nulla di nuovo sotto il sole. Un agglomerato di stati, nazioni monolitiche: non esprimono differenze complesse le une con le altre. Ciò che si può riscontrare, i canoni di vita, a New York è facilmente ritrovabile a Milano quanto a Londra. Una lunga striscia di terra, separata dall’oceano, differenziata nel suo interno solo dai molti nomi dei vari stati, ma profondamente omologata e compatta nello spirito. Una “Piramide” nella cui punta massima stanziano gli U.S.A. e sotto di essa a scalare i suoi tanti feudi. Si potrebbe pensare ad una moderna forma d’Impero. Invece no: ne è se mai la sua faccia oscura. L’Impero è una costruzione, se vogliamo, si “Piramidale”. Ma con una profonda differenza che ne informa tutta la struttura rispetto al “tipo” di quello americano. Nell’Impero come teoria classica, sussistono delle diversità complesse tra le terre, o parti, che lo compongono. Non solo formali, superficiali, come nell’Occidente di oggi giorno, ma profonde e sostanziali, e che ne costituiscono la ricchezza. Specificità queste che si riassumono in un’unica guida, in un unico potere. Un vero e proprio corpo dove ogni diverso organo collabora al funzionamento dello stesso, con al vertice massimo la testa e dietro di essa l’anima che da senso al tutto.
Da quest’altra parte un nascente fronte eterogeneo, dove convivono terre e popoli diversissimi. Non solo per il puro dato geografico, ma per diverse specificità etniche, culturali, tradizionali e, soprattutto, politiche! Di questo ne fanno parte, o almeno tentano, fra i tanti: la Russia, varie nazioni dell’America Latina, la Cina, la Corea del Nord, la Sira, l’Iran. Non vi è ancora una visione univoca. Vi sono tante idee quante le nazioni che compongono questo assetto antioccidentale. Sono presenti il Comunismo Juche della Corea del Nord; il Socialismo del XXI secolo dei “frizzanti” paesi dell’America Latina; il Tradizionalismo dell’Iran e quello rinascente dell’odierna Russia. Tutti uniti questi popoli per la difesa delle loro nazioni dalla forte America.
Volendo fare una summa ideologica di tutto ciò, si potrebbe racchiudere l’insieme nel trinomio: “Socialismo, Tradizione, Nazione”.
Come detto non un unico paradigma, bensì un’alleanza di Paesi con diverse espressioni ideali. Ma un’idealità unica ci vuole! I grandi corpi alla lunga ne abbisognano, soprattutto se chiamati alla guerra. Alla lunga dovranno esprimere quali canoni e quali distanze vorranno andare a contrappore all’avverso.
In sostanza se si rimane mera coesione contingente di più corpi diversi, c’è il rischio che prima o poi si vacilli nel duro impatto con i colpi di un nemico compatto. Che si creino durante la marcia interessi e obbiettivi diversi che poi sfaldino il tutto. Bisogna divenire corpo organico! E il corpo organico, così come per l’Impero, all’apice ha un solo concetto che racchiude i molti. Un ideale che faccia da traino.
Ma se una siffatta eterogena alleanza, potesse essere nella sua originaria pluralità il magma giusto per un nuovo paradigma?
L’epoca che ci attraversa necessità di nuovi fini, di diversi obbiettivi, di originali propositi. I fatti sociali e internazionali sono molto più creativi e sensibili del semplice sentire degli uomini, anzi è un fatto che i primi determinano i secondi. La prima guerra mondiale è stato questo. Senza il suo scoppio e il diverso posizionamento di forze in campo non sarebbero morti i vecchi dogmi, e non sarebbero nati i nuovi che avrebbero fatto da terreno di scontro nella seconda guerra mondiale.
Dunque i “fatti”, i “nuovi scenari”. Questa nascente alleanza tra Socialismo, Tradizione e Nazione, ora solo su base materialistica di difesa o attacco verso un nemico comune, potrebbe essere il preludio di un’ideale sintesi, connubio, un nuovo connubio!, tra queste tre differenti ideologie per partorirne una! E creare nuove passioni che vadano a declinare anche nel politico per costituire nuove categorie politiche.
Del resto alla fine del primo conflitto mondiale una simile sintesi vi era stata. E pioniera su tutti fu l’Italia. Certo è che il socialismo in più parti sta ritornando prepotentemente sulla scena, e con accostamenti al profondo senso nazionale. Nel Donbass, per fare un esempio, alcuni “volontari europei” hanno affermato di combattere per il “Socialismo europeo”. Riproporre anche in Italia una formula aggiornata di questa idea, prendendo e facendovi confluire i nomi più altisonanti della nostra storia nazionale, dai protosocialisti militari del Risorgimento ai sindacalisti rivoluzionari che dettero il sangue per la causa irredentista e che furono l’humus culturale da cui ebbe il suo primo vagito il Fascismo, passando per le intuizioni tricolori di Craxi? Forse. Ciò che è lampante oggi è che si abbisogna di una nuova “idea forza” che sappia ricreare le grandi passioni della lotta. Le grandi affermazioni e le grandi negazioni.
Socialismo, Tradizione, Nazione potranno avere la forza necessaria per rispondere a questo bisogno di nuova linfa ideale? Il Socialismo nella sua diramazione più vera cioè quella di “comunità”, volontà sociale di uno gruppo di individui simili per etnia, cultura e quindi intimamente legati da principi, credi, fede religiosa che nei secoli si sono trasmessi creando un’unica Tradizione. Indefessamente innamorati del proprio suolo natio, della propria Nazione, per guardare poi oggi, nel nostro contesto continentale, alla più grande nazione che racchiude le tutte: la Grande Europa. Se tutto ciò possa diventare il nuovo fulcro da cui far ripartire diversi steccati ideologici, non è dato saperlo per il momento. Ma sicuramente una coesione simile ha già in se la scintilla che preannuncia il fuoco.
Federico Pulcinelli
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