fattezze angeliche. Secondo un Vangelo diffuso al tempo, il Vangelo degli Ebioniti, ipotetica fonte di Matteo 3, 16-17 e Luca 3, 22, Giovanni Battista è testimone di un fatto straordinario: vede stagliarsi sulle acque del Giordano una grande Luce, uno splendore abbacinante; squarciati i cieli, lo Spirito Santo in forma di colomba discende su Gesù, che una voce dall’alto esalta quale «Figlio diletto in cui Dio è «prosperato» (Epiph. Pan. haer. 30, 13, 7). È l’adito di Gesù alla generazione divina, la nascita nel mondo spirituale e l’adozione di quella «consustanzialità» e somiglianza con il mondo luminoso che lo rendono «Figlio di Dio». Insegnamento cardine della gnosi aramaica che ritroviamo in un frammento del Vangelo degli Ebreitrascritto da Origene (In Ioh. 2, 12, 87) e ripreso da San Girolamo (In Mich.7, 6). Al battesimo lo Spirito appella Gesù quale proprio «figlio». Il Salvatore dice in prima persona:
ne del Mondo, Sophia emana un’immagine celeste, il velo cosmico, il «sipario» calato sulla tragedia dell’esistere; un velo che proietta la sua ombra sul «caos infinito», originando la sostanza liquida, la fonte spermatica del cosmo. Sophia si manifesta su queste acque del caos: da esse prende vita un Arconte, il Demiurgo omicida Ialdabaōth, che ha sembianze di leone, è androgino, e che i teleioi, i «perfetti» chiamano Ariēl.


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