In tempi di ristrettezze economiche e temporali, di fronte alla decisione di partire all’ultimo momento, senza volersi arrendere ed andare a sbattere là dove troppo si spenderebbe, finendo, oltretutto, sommerso da orde di chiassosi vacanzieri, in quel caso, sembrerà strano, proprio in quell’antico bacino mediterraneo, ancora esistono realtà dove, nello stesso contesto, puoi girare e trovare una varietà di paesaggi deserti o quasi, senza soluzione di continuità e, cosa di non poco conto, a buon mercato. Uno di questi posti è la Grecia.
Ad ogni mio sbarco sul suolo di “Sterea Ellada”, (così come è chiamata nei depliant e nei manifesti ufficiali!), scopro lidi e siti mai sino a quel momento visitati, la cui bellezza eguaglia o supera quelli lì precedentemente visitati e che uno credeva essere i migliori in assoluto. Sbarco sul suolo di Sterea Ellada, in quel di Igoumenitsa, in una calda giornata ferragostana, a cavallo della mia fedele Suzuki V Strom 650. Trovata celermente una sistemazione per la notte, mi dirigo risolutamente verso una spiaggia del litorale ionico, l’ultima ad esser stata da me visitata tre anni prima, durante la mia ultima peregrinazione motociclistica in terra ellenica. E’ un posto particolare, a cui si accede passando attraverso una strada che scende da un ripido e deserto pendio montano, circondata da querce, castagni, ulivi, immersi in un contesto di innaturale silenzio, qui e là punteggiato da qualche solitaria radura e dalla presenza di una solitaria chiesetta ortodossa bianco calce. La spiaggia, sebbene animata dalla presenza di capanni, situati rigorosamente dietro di essa, e da bagnanti in sufficiente quantità, risulta essere incredibilmente silenziosa.
L’immersione nelle sue acque di un ammaliante celeste-cristallo, rappresenta per me il primo di una lunga serie di momenti a carattere iniziatico, in cui l’immersione in acque pure e chiare si fa contatto con la purezza delle numinose potenze che, tuttora in quei beati siti, sembrano qua e là riaffiorare. Ritemprato da quel bagno purificatore, dopo aver effettuato un brindisi all’indirizzo dell’Ellade, rimonto a cavalcioni della mia moto e mi dirigo verso sud. I dirupi montani presto vanno aprendosi sul mare, lasciando qui e là spazio a baie dalle acque scure ed incontaminate, poi d’improvviso il panorama cambia. Dalla cima di un declivo montano si apre un’immensa piana invasa dalle acque, alla fine della quale si apre una baia marina circondata da montagne. E’ il delta del fiume Acheronte, in cui confluiscono anche lo Stige ed il Piriflegetonte, fiumi infernali sacri agli Dei, vere e proprie vie d’accesso all’Ade.
L’intera regione ionica tra Igoumenitsa a Preveza sembra essere pervasa da questa strana atmosfera. Il panorama del delta è semplicemente spettacolare, costituito com’è da un reticolo di corsi d’acqua che si diramano a raggiera lungo tutta la sua estensione e che tanto riportano alla mente l’iconografia della mitica Atlantide, anch’essa circondata da un reticolo di acque dalla forma a raggiera… L’intera regione è sovrastata da spettacolari montagne, qui e là puntellate da siti come Dodoni e dai vari punti di partenza delle sorgenti dell’Acheronte. Montagne scure, i cui colori contrastano con la luminosità delle spiagge ioniche, quasi a voler rammentare la soverchiante presenza di Ade e Persefone in quelle zone.
La visita al sito del Nekromanteion, il tempio dedicato per l’appunto ad Ade/Plutone e Persefone, situato nel bel mezzo del delta, è, a questo punto, d’obbligo. Mura ciclopiche ed antiche rovine si susseguono sulla cima di un colle circondato da cipressi ed ulivi. Un antro sacro a Persefone, sorge proprio sottostante e dirimpettaio ai resti di una chiesa ortodossa, frettolosamente edificata quasi a voler cercare, inutilmente, di sovrastare e contrastare un qualcosa di profondamente connaturato alla natura di quei luoghi, costituendone la irrinunciabile dimensione archetipa.
Per quanto bello, silenzioso e suggestivo è il Nekromanteion, tanto chiassoso e cafone è il principale sito delle sorgenti del Sacro Acheronte. Turme di improvvisati imbecilli in gommone, camper parcheggiati, cavalieri dell’ultimo minuto, turme di turisti vocianti, pullman, hanno fatto di un bellissimo sito, un luogo veramente “infernale”, nel senso più spregevole e moderno. Vengo sorpreso dal sovrastante urlare in un incomprensibile dialetto di un famiglione di Salerno lì parcheggiato mentre, poco più in là, una distinta signora di Milano dalle taglie “forti”, chiede con tutta la voce che si trova in corpo, al proprio figliolo, se ha preso lo “sainetto” con le rispettive carabattole, il tutto in un infernale andirivieni di turisti, auto, costellato dalla presenza di bancarelle a profusione.
Senza neanche scendere dalla moto, tolgo il disturbo a tutta velocità, tornando ad immergermi nel silenzio di una campagna sconfinata, qua e là punteggiata da silenziosi borghetti. Al rientro ad Igoumenitsa, passando attraverso l’entroterra, incassata tra le montagne, in un panorama deserto, una immensa palude punteggiata di enormi ninfee, sembra volermi ribadire la divina irruenza di una selvaggia natura, di fronte al formicolare delle macchine che, nel loro frenetico sfrecciare, sembrano voler volutamente ignorare e sfregiare quanto hanno di fronte…la mia discesa nell’Ellade profonda continua, tra panorami mozzafiato e rovine che si stendono ieratiche spezzando la continuità tra campagne, lagune e spiagge solitarie…così ad Aktion, a pochi chilometri da Preveza, su una collinetta ventosa, posta tra una campagna ridente ed una silenziosa laguna, mi trovo a rivivere i fasti della fondazione augustea dello stato imperiale romano, attraverso l’edificazione di una città, Aktion per l’appunto, che ricordasse a tutti la strabiliante vittoria di Augusto su Marco Antonio, che sancì la Pax Romana sull’intero Mediterraneo.
E poi provare la vertigine di percorrere strette strade, in cima a dirupi montuosi pieni di pini, ammaliati dalla veduta aerea di distese di mare color turchese. Lefkada/Leucade, con il suo mare, è lì a ricordarmi che questa terra un tempo fu il soggiorno di Dei e Ninfe…la mia galoppata prosegue con una brusca sterzata verso nord, sino all’isola di Thassos che, si dice, per la sua bellezza fu scelta quale residenza, per qualche tempo, nientedimeno che da artisti del calibro di Fidia e Policleto. Un piccolo, ma ben fornito museo, mi offre lo spettacolo di una gigantesca statua di Kouros di età arcaica.
Tornando sui miei passi verso Ovest, passato il delizioso porto di Keramoti, circondato dallo sconfinato delta paludoso di un fiume, mi imbatto nella città portuale di Kavala, che uso quale base per le mie scorribande sulla deserta costa macedone. Parto con il rimpianto di non essere riuscito a visitare il locale museo archeologico.
Nel fare ritorno verso Ovest, non posso esimermi dal fare uno stop nella splendida penisola della Calcidica, passando attraverso montagne ricoperte di scure foreste ed un cielo pieno di nubi, non senza fare uno stop al sito dell’antica Olinto. Poi d’improvviso le nubi si bucano, lasciando spazio all’aerea visione di un golfo senza fine, orlato da spiagge immote. La penisola di Sitonia mi accoglierà per ben quattro giorni, con la sua infinita distesa di spiagge, montagne e golfi, senza soluzione di continuità. Nell’immergermi nel cristallino mare della spiaggia di Toroni, proverò l’incredibile sensazione di nuotare immerso in un oceano vivente; il suo tranquillo ma incessante muoversi mi riporta alla mente il respiro di Poseidone o di qualche altra più antica divinità che, come Oceano, sembrano riportarti all’arcaica dimensione dei miti orfici…dopo un lungo scorrere verso Ovest, tra pianure riarse dal sole e scure montagne, mi trovo a planare verso l’isola di Kerkyra/Corfù, cara agli Dei. Se è vero che questa, più delle altre, è sì un’isola turistica, vero altrettanto che sa offrire degli spettacoli di grandiosa solitudine, sia al proprio interno, attraverso vallate e montagne ricoperte di cipressi, ulivi, querce, che anche, ed inaspettatamente, attraverso spiagge solitarie.
Lascio la mitologica “Scheria” (cara alle peregrinazioni di Odisseo…), con il rimpianto di non esser riuscito a far visita al locale museo archeologico ed alla sua splendida testa di Gorgone perché miseramente chiuso (in piena stagione estiva, sic!) per lavori in corso!… Poi d’improvviso, a bordo del traghetto che mi riporta verso casa, come attraverso un repentino “satori”, mi sento nuovamente avvolto in quel mare cristallino, vedo in quelle alture cosparse di pini, cipressi, olivi e querce, in quelle scogliere a picco e nelle spiagge immote, non delle qualsivoglia località turistiche, bensì veri e propri giardini degli Dei, da cui ti aspetteresti di veder sbucare d’improvviso una Ninfa o un Fauno…e dunque, quelli che feci, non semplici bagni di mare, non semplici manifestazioni di sportiva esuberanza furono, ma veri e propri bagni lustrali, purificatori, avvolto dal respiro degli Dei, nella veste di una manifestazione del “genius loci”, dello spirito del luogo e dei suoi Dei in tutta la sua potenza.
Pertanto, ad oggi ancora, si può avvertire la presenza di Dei e Ninfe, che manifestano la loro presenza attraverso una incontaminata natura/naturans, lì a rinnovare il miracolo di una strabordante presenza sull’uomo ad ogni scorrer di frazione temporale, siano secondi, minuti, ore, giorni, settimane, mesi, anni, secoli, eoni, alla faccia di tutte le congetture eco-catastrofiste, lasciandoti con la sensazione che Sterea Ellada sia sempre lì, pronta ad accoglierti, immota nella propria divina bellezza. Resti archeologici, musei e quant’altro, per quanto importanti e formativi possano essere, andrebbero sempre accompagnati dalla percezione dell’archetipo che informa di sé una determinata località. In questo modo l’esperienza si fa conoscenza, da semplice e fotografico scorrere di immagini, si fa archetipo e bagaglio di sensazioni e conoscenza, permettendo, in tal modo, il superamento e la risoluzione dell’irrisolta dialettica tra teoria e prassi. In tal modo, la Filosofia si fa Vita e viceversa, superando lo sterile accademismo di certa cultura occidentale, che tutto ha inaridito e ridotto a semplice griglia di fredde ed anodine nozioni, unicamente funzionali al Moloch rappresentato dal Pensiero Tecno-Economico.
Il tornare a volgere lo sguardo al Politeismo, assume, in tal modo, la valenza di esperienza e metafora dell’affermazione della molteplicità della Vita, di fronte al monoteistico e monolitico affermarsi, a livello globale, dell’idea di un unico modello di pensiero, vita e sviluppo, così in cielo come in terra.
UMBERTO BIANCHI
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