Oggi più che mai, sentiamo la necessità di riscoprirci padroni di una forte identità che non sia mai più violata da pseudo-culture consumiste provenienti da est ed ovest. Una forte identità nazionale che sfocia naturalmente in una identità europea.
Storia, sangue, terra.
Un popolo che torna a confidare nelle proprie radici e nel proprio spirito e in quello dei popoli vicini, sfruttando il modello che rese grande l’Impero Romano. È questo il senso di ciò che siamo e che siamo destinati ad essere e non la storiella delle radici cristiane, tanto cara ai maestri del dividi et impera. Mezzi di informazione, politici rampanti ed intellettuali dell’ultima ora, soprattutto a seguito degli ultimi attentati terroristici, ne fanno un ottimo cavallo di battaglia, traghettandoci verso una deriva sempre più populista.
Una forte consapevolezza identitaria è la chiave che abbiamo a disposizione per liberarci dal giogo oppressivo delle democrazie plutocratiche e delle usurocrazie sioniste che hanno disperso il ruolo centrale dell’Europa sullo scacchiere internazionale, saccheggiandola; relegandone i suoi popoli ad una schiavitù invisibile e lacerante.
Non possiamo parlare di identità, tralasciando la solidarietà. Per solidarietà, badate bene, non si abbia da intendere, l’ibrida farsa della globalizzazione sfrenata che ha demolito ogni forma di confine, neutralizzando ogni difesa, bensì “il rapporto di fratellanza e reciproco sostegno che collega i componenti di una collettività nel sentimento di appartenenza e nella coscienza di comuni interessi e comuni finalità” (fonte enciclopedia Treccani). È il destino dell’Europa, non può essere altrimenti.
Abbiamo permesso che popoli senza storia ne cultura ci piegassero, ci siamo dimenticati chi siamo stati e chi siamo. Abbiamo messo in un angolo la nostra identità, la nostra wille zur macht, l’inarrestabile volontà di potenza che come un muro di scudi, ci protegge e rende impenetrabili, ebbene, è tempo di nuove barricate! È tempo che la sovranità europea non resti un nostalgico, ultimo baluardo.
Popoli europei, sovrani e fratelli, dalla forte identità, non più pedine ma protagonisti, tanto forti da fronteggiare e respingere la speculazione capitalistica, che sia la sempre nota a stelle e strisce o la neonata targata BRICS.
Non si tratta nemmeno di una disperata arringa nichilista poiché non c’è il bisogno di essere “anti” qualcosa, quando si è sicuri di ciò che si è. Adesso non c’è più spazio per la paura e del resto cosa potrebbe esser peggio della situazione in cui versiamo? Il confronto non può destabilizzarci, perché l’amore, il senso di appartenenza, non si possono spiegare soprattutto agli invasori politically correct, stucchevoli nel loro buonismo. Non si può spiegare la fiamma che arde dentro cavalcando la storia da Sparta all’Impero, parlando di Termopili, o Carlo Magno, della battaglia di Poitiers, Vienna assediata, lo scontro di civiltà a Lepanto, la corte di Federico II di Svevia, la profonda bellezza del disegno imperiale di Napoleone. Le rivoluzioni, il Risorgimento. Il battito che sale e l’emozione inarrestabile pensando al Novecento, tanto che servirebbero fiumi di parole per poterlo raccontare.
Ancora storia, ancora sangue, ancora terra.
Taytotes, identitas, identitat, identità, per smantellare ed abbattere il modello odierno di integrazione, color arcobaleno, che ci hanno propinato e ci siamo lasciati imporre. Un’integrazione forzata, decisa a tavolino, che in primis ha mirato a destituire la centralità e l’egemonia culturale del nostro continente, teatrino oggi di guerre ed occupazioni, pedana di un braccio di ferro continuo tra quelle potenze che non hanno mai smesso di giocare alla guerra fredda, salvo poi stipulare accordi in virtù degli interessi del dio denaro.
È difficile mantenere la rotta quando il mare è in tempesta, è difficile credere e riconoscere la propria identità, quando anche i tuoi riferimenti culturali agli occhi dei più sembrano eresie da mitomani e le nostre menti sono bombardate modelli che proprio non possono appartenerci, figli e prodotti di un turbocapitalismo consumista che rade al suolo ogni certezza o quasi. Stop, reset, ripartiamo. C’è ancora qualcuno che ha ben chiaro di che pasta è fatto, c’è chi ancora sceglie e forse arranca ma resta in piedi tra le rovine, allora NO! Non è ancora finita.
Niemals, ci disse qualcuno.