8 Ottobre 2024
Tradizione Primordiale

STRADE DEL NORD. Il tema delle Origini Boreali in Herman Wirth e negli altri – Parte 17 – Michele Ruzzai

(alla fine dell’articolo, prima delle Note, è presente il link dell’articolo precedente)

 

8.3 – Lontane connessioni nordorientali

 

Avevamo già espresso alcune riserve sul fatto che l’Airyana Vaējah alla quale fa riferimento Tilak fosse la stessa terra nordica alla quale allude Herman Wirth ed ora possiamo aggiungere un ulteriore elemento che riteniamo vada in tale direzione. Se vogliamo identificare questa terra, in linea con il ricercatore indù, come Urheimat indoeuropea, riteniamo molto più consona una sua localizzazione ben più orientale rispetto a quella artico-nordatlantica di Wirth anche in virtù di un altro importante elemento: i rapporti particolarmente significativi che, all’interno del raggruppamento linguistico “eurasiatico” del quale si era parlato in precedenza, le lingue indoeuropee evidenzierebbero soprattutto con quelle uraliche (734).

E’ vero che i collegamenti della famiglia indoeuropea con altri raggruppamenti linguistici possono essere stati molteplici e di vario tipo, come ad esempio abbiamo visto con l’ainu, ma al confronto di quelli sussistenti con l’uralico sembrano tutti estremamente più deboli (735); decisamente meno accettati dai ricercatori anche i nessi con il semitico (736), da cui la difficoltà nell’accogliere l’idea di una Urheimat indoeuropea nel Vicino Oriente, sia nella versione anatolica di Renfrew (737) che in quella kurdo-sudcaucasica formulata da Gamkrelidze e Ivanov, della quale infatti Diakonov criticò la scarsa solidità di molti prestiti linguistici presentati a suo sostegno (738).

La sensibile vicinanza delle lingue indoeuropee con quelle uraliche ha inoltre portato alcuni autori ad ipotizzare, fra i due gruppi, l’esistenza di un tipo di rapporto ben più stretto di quello meramente “orizzontale” ed ad-stratico, cioè generante solo qualche prestito lessicale dovuto a prossimità geografica; ma anche molto più intimo di quanto ci si sarebbe potuto attendere da una convergenza di tipo “fusionale”, che come abbiamo visto era stata ipotizzata a suo tempo da linguisti quali Trubeckoj e Uhlenbeck e, più recentemente, da Péter Haidù (739). Tra Indoeuropei ed Uralici, cioè, è stata proposta anche l’idea – a nostro avviso, piuttosto convincente – di un’effettiva parentela filogenetica, ovvero la discendenza di entrambe le famiglie da un antenato comune (740): antenato che quindi avrebbe rappresentato una precedente fase unitaria “proto-indo-uralica” secondo il termine coniato da quello che è stato forse il principale esponente di questa linea di ricerca, il linguista svedese Björn Collinder (741). Una tendenza, per inciso, che sembra essersi sviluppata in senso speculare alla parallela revisione del nesso uralo-altaico, oggi infatti non più accettato come un tempo (742).

Ci sentiremmo inoltre di aggiungere che questo tronco indo-uralico avrebbe forse potuto rappresentare, in termini geografici, la ramificazione occidentale della più estesa macrofamiglia “eurasiatica” di Greenberg (o la “protoboreale” di Andreev, se non la “nostratica” di Illič-Svityč e Dolgopolskij – 743) e, in termini cronologici, una fase intermedia tra la prima formazione di questa e l’enucleazione finale delle singole famiglie linguistiche oggi osservabili nel settentrione del pianeta.

L’opzione di una particolare vicinanza filogenetica indo-uralica, peraltro, ci sembra più suggestiva ed anche più coerente con l’ipotesi di un’arcaica popolazione unitaria euro-siberiana occidentale accomunata sia da fattori culturali che bio-antropologici. Un’idea che in effetti non è nuova, se pensiamo alle teorie di Isaac Taylor su di una radice essenzialmente “finnica” della nostra famiglia etno-linguistica (744), o quelle a suo tempo formulate in ambito sovietico su di una vera e propria unità razziale uralico-indoeuropea imperniata essenzialmente sul tipo biondo-nordico (745): con vari autori, tra i quali Virchow e Childe, che non poterono non sottolineare la massiccia diffusione del biondismo tra le genti ugro-finniche (746), osservabile anche ai nostri giorni in una nazione come la Finlandia, dove non vi è motivo di credere che tale tratto non fosse diffuso anche tra i suoi abitanti più antichi (747). Di particolare interesse è inoltre il fatto che anche nella Germania degli anni ’30, l’Ahnenerbe – la nota associazione per la ricerca sulle eredità ancestrali indo-germaniche della quale, in un primo periodo, lo stesso Herman Wirth fu presidente – ebbe un dipartimento che si dedicò precipuamente allo studio dei parallelismi tra genti ariane e finniche per fare luce sulle loro possibili origini comuni (748).

Vedendola dall’altro lato, lo stesso Julius Evola segnalò un’importante “componente aria” presente tra le popolazioni uraliche ed altaiche (749), intendendo con questa proprio il tipo biondo-nordico. Un tipo che però, riteniamo, non andrebbe tanto considerato come un gruppo laterale/coevo a quello finno-asiatico e nel quale sarebbe penetrato, ma piuttosto come la comune ed arcaica radice razziale di base a partire dalla quale le due famiglie etno-linguistiche solo successivamente si sarebbero diversificate secondo le linee sostenute da autori quali De Lapouge e Zaborowski: cioè non nella prospettiva di Arii in senso stretto, ma di Arii in via di formazione (750) e lungo percorsi non dissimili da quelli ipotizzati da Isaac Taylor.

Se quindi teniamo presente che, come già accennato in precedenza, l’elemento biondo-nordico molto spesso è stato sovrapposto all’ethnos indoeuropeo, e ciò non solo nel periodo tra fine ‘800 e le due guerre mondiali ma anche più di recente in autori quali, ad esempio, Jean Haudry e Lothar Kilian (751), è evidente come ci troviamo davanti ad un trait d’union tra le due famiglie di importanza sicuramente non secondaria.

Ma tra i due gruppi sussitono diversi elementi che appaiono certamente condivisi anche sul piano culturale.

Elementi che siano più diffusi e trasversali tra i vari sottogruppi indoeuropei (un esempio può essere il simbolo del Cigno, presente un po’ ovunque – 752) o che invece siano particolarmente rappresentati soprattutto in alcuni di questi (come ad esempio proposto da Evel Gasparini precipuamente per il mondo slavo – 753) la loro presenza ci sembra comunque molto significativa. E probabilmente uno dei tratti culturali più interessanti che accomunano il mondo uralico a quello indoeuropeo è costituito dalle molteplici sopravvivenze di tipo sciamanico che, un po’ ovunque, sono riscontrabili nella nostra famiglia etnica (754).

Elementi quali, ad esempio, fenomeni di tipo estatico connessi all’uso di droghe sacre, discese agli inferi, bilocazioni, la stessa idea del “palo cosmico”, sarebbero senza dubbio riportabili al mondo nordeurasiatico e siberiano, ma molto probabilmente derivanti da un profondissimo substrato comune  protouralico / protoindoeuropeo e non solo da sporadici contatti relativamente recenti (755).

In effetti, da un lato, è razionalmente ammissibile che la presenza di questi tratti potrebbe anche essere riconducibile alla semplice prossimità geografica degli  Ugrofinni con i gruppi indoeuropei più settentrionali, come appunto gli Slavi (756) o i Germani: tra i secondi, ad esempio, sono altamente indicativi alcuni aspetti della stessa figura di Odino (757); il suo destriero Sleipnir con otto zampe, esattamente come i cavalli rappresentati in Siberia in relazione all’esperienza estatica degli sciamani; ma anche i suoi due corvi (Huggin – “il pensiero” e Muninn – “la memoria”) quasi fossero due spiriti guida; come potrebbero essere interpretati anche i suoi due lupi, Geri e Freki; la visibile similitudine fra il Thor scandinavo e l’Horagalles dei Lapponi, dio del fulmine con il martello (758); o alcune caratteristiche delle temibili Valchirie (759): in definitiva sembrano tutte sopravvivenze sciamaniche piuttosto evidenti ma, appunto, dall’origine più incerta.

Però, d’altro canto, non si può negare che numerosi elementi di questo tipo siano riscontrabili anche in gruppi indoeuropei molto più distanti dall’area uralica, come i Celti: ad esempio un tema particolarmente interessante in tale contesto è quello di Artù-Orso (760), come anche alcune funzioni ricoperte dai druidi, le frequenti metamorfosi mitiche in esseri simbolici, le magiche donne a guardia di fontane o laghi, le parti in metallo del corpo di certe figure leggendarie, la presenza di difetti nella deambulazione di alcuni personaggi, la particolare importanza rivestita dal ponte, il viaggio ultraterreno compiuto salendo su di un alto albero, la torre girevole che riproduce molto precisamente la raffigurazione dell’oltretomba nell’immaginario sciamanico, le leggende di morti ritornati in corpo che appaiono molto simili a certe credenze vampiriche, i vari collegamenti totemici nelle simbologie di rapaci e del cigno, l’accostamento tra l’aldilà ed i serpenti, le simbologie dell’acqua e la particolare figura della rana (761), la significativa similitudine tra il Graal e il Sampo del Kalevala finnico (762), il motivo delle donne-foca nella tradizione gaelica (763)… Insomma, una quantità di rimandi culturali talmente nutrita da porre seriamente la questione di come questi possano trovare luogo nel gruppo più occidentale della famiglia indoeuropea – quindi separato dal mondo uralico ad opera degli interposti popoli germanici, baltici e slavi – cosa che, dunque, rende estremamente problematica l’idea di un mero rapporto “adstratico” del mondo celtico con coeve influenze orientali (764): a meno di non presupporre un contatto avvenuto, come vedremo più in là, in aree sovra-scandinave / nordatlantiche, oppure – come qui sosteniamo – la provenienza delle due genti da un precedente e comune substrato di partenza.

E ci sentiremmo di aggiungere che una teoria non debba necessariamente escludere l’altra.

L’ipotesi del substrato comune può essere confermata, a maggior ragione, dall’analisi di aree ancora più lontane dal Nord eurasiatico rispetto a quella celtica, come il mondo pre-greco ed egeo-minoico (765) e quello più strettamente indoeuropeo / ellenico (766), se consideriamo i significativi tratti sciamanici conservatisi nei culti misterici di matrice orfica, eleusina, delfica, ecatica, opportunamente sottolineati da Angelo Tonelli (767), se non addirittura ravvisabili nello stesso Pitagora (768), ma anche in diversi aspetti della figura di Odisseo (769), nel pantheon divino con gli elementi rimandanti al mondo “acquatico” delle entità preolimpiche, in alcune caratteristiche di Hefestos (770) e di Hermes (771), nelle varie metamorfosi animalesche dell’Atena omerica (772) e nelle similitudini funzionali rilevate da Dumézil tra Eolo ed il dio lappone Bieka-Galles (773), arrivando fino al “luminoso” Apollo (774) ed il relativo culto: ad esempio con l’iperboreo Abari, devoto del Nume, che era dotato di significativi poteri oracolari e magici (775) da Mircea Eliade interpretati esattamente in quest’ottica (776). Senza dimenticare i non pochi elementi, che qui è veramente arduo riassumere, riscontrabili in luoghi, personaggi minori e maggiori, umani e divini della stessa Roma antica (777).

Ancora più a sud, miti e concezioni analoghe sono riscontrabili anche tra gli Iranici (778) – fino ad essere in parte reinterpretate persino nello zoroastrismo, come ad esempio nel caso della trasformazone in uccello (779) – ed addirittura in alcuni aspetti e ritualità del mondo indù (780).

Ma anche al di là del corpus mitologico precristiano e più strutturato dei singoli sottogruppi indoeuropei, va detto che evidenze flebili, ma non meno significative, di sopravvivenze sciamaniche sono riscontrabili anche nel fondo folklorico, ancora attuale o esauritosi solo da poco tempo, di tanti gruppi etnici del nostro continente: viaggi estatici, apparizioni semi-animalesche, battaglie rituali combattute sul piano “sottile”, sono rintracciabili in aree europee talmente distanti sia tra loro (Scozia, Francia, Svizzera, Germania occidentale, Italia settentrionale, penisola balcanica, Romania, Ucraina occidentale) che dal mondo lappone e nord-siberiano, che non sembra azzardato ricondurre il tutto a un remotissimo e comune substrato eurasiatico più che a sporadiche ed improbabili influenze “orizzontali” relativamente recenti (781). Di particolare interesse le battaglie rituali – anche, ammettiamolo, per le origini istriane di chi scrive – osservabili nel folklore di questa travagliata penisola nordadriatica: qui, ancora oggi si ricorda il caso di misteriosi e violentissimi scontri che, in particolari periodi dell’anno (le “quattro tempora”), vedono contrapposte le schiere delle entità maligne e nefaste a quelle degli spiriti benigni. Questi ultimi, i “krsniki”, sono coloro che, “nati con la camicia” (ovvero, con addosso la membrana amniotica – 782), appaiono fin da subito come dei predestinati a svolgere una funzione protettiva nei confronti della loro comunità, fino a dover “uscire da sé” nelle notti delle “quattro tempora” ed ingaggiare con i malvagi stregoni avversari – “strighi” (783) – dei furiosi scontri, spesso agli incroci di qualche sperduta strada di campagna: violentissime battaglie che appunto si verificano sul piano astrale, ma, da quanto è stato udito, non rimarrebbero prive di conseguenze a livello corporeo del “krsnik” nel frattempo rimasto, fisicamente, nel suo letto.

Una strutturazione, dunque, di tipo chiaramente sciamanico e quasi del tutto identica a quella registrata per i “benandanti” del vicino Friuli (784), anche per quanto concerne il non trascurabile dettaglio di essere pure essi “nati con la camicia” (785): il fenomeno dei “benandanti”, però, è molto probabile si sia esaurito ben prima di quello relativo ai “krsniki” istriani, dal momento che una ricerca su questi ultimi, condotta a suo tempo dal triestino Piero Del Bello, non solo su materiale d’archivio ma anche attraverso una serie di interviste nell’Istria interna, ne ha riscontrato l’ancora attiva presenza fino agli anni ’80 scorsi (786).

Ma comunque casi di battaglie rituali del tutto simili a quelle istriane e friulane sono riscontrabili in molte realtà regionali europee: in Corsica (i “mazzeri”), Slovenia, Dalmazia, Bosnia, Erzegovina, Montenegro, Ungheria (i “tàltos”), Ossezia (i “burkudzauta”), Livonia (i “lupi mannari”), e appunto in Lapponia con gli sciamani locali (787).

In definitiva, ci troviamo davanti a un quadro che evidenzia un collegamento così profondo – molto probabilmente di natura filogenetica – del mondo indoeuropeo con quello uralico, da portarci ora a riflettere se tali radici possano affondare ad analoghe profondità anche dal punto di vista storico.

 

 

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Parte 16

 

 

 

NOTE

 

734.  Gabriele Costa – Le origini della lingua poetica indeuropea. Voce, coscienza, transizione neolitica – Olschki Editore – 1998 – pag. 257; Iaroslav Lebedynsky – Gli Indoeuropei: fatti, dibattiti, soluzioni – Jaca Book –  Milano – 2011 – pag. 120;  J.P.Mallory – In Search of the Indo-Europeans. Language, Archaeology and Myth – Thames and Hudson – 1992 – pagg. 147, 148, 179; Paolo Ettore Santangelo – L’origine del linguaggio – Bompiani – 1949 – pag. 23; Alfredo Trombetti – L’unità d’origine del linguaggio – Libreria Treves di Luigi Beltrami – 1905 – pag. 16

 

735.  Francisco Villar – Gli Indoeuropei e le origini dell’Europa. Lingua e storia – Il Mulino – 1997 – pag. 648

 

736.  Eurialo De Michelis – L’origine degli indo-europei – Fratelli Bocca Editori – 1903 – pag. 682;  J.P.Mallory – In Search of the Indo-Europeans. Language, Archaeology and Myth – Thames and Hudson – 1992 – pag. 150; Pia Laviosa Zambotti – Le più antiche civiltà nordiche ed il problema degli Indo-Europei e degli Ugro-Finni – Casa Editrice Giuseppe Principato – 1941 – pag. 271

 

737.  Gabriele Costa – Le origini della lingua poetica indeuropea. Voce, coscienza, transizione neolitica – Olschki Editore – 1998 – pag. 257

 

738.  Francisco Villar – Gli Indoeuropei e le origini dell’Europa. Lingua e storia – Il Mulino – 1997 – pag. 68

 

739.  Harald Haarmann – Storia universale delle lingue. Dalle origini all’era digitale – Bollati Boringhieri – 2021 – pag. 173

 

740.  Eurialo De Michelis – L’origine degli indo-europei – Fratelli Bocca Editori – 1903 – pag. 465; Steven Roger Fischer – Breve storia del linguaggio – UTET – 2003 – pag. 68; Madison Grant – Il tramonto della grande razza – Editrice Thule Italia – 2020 – pagg. 214, 215; Harald Haarmann – Sulle tracce degli Indoeuropei. Dai nomadi neolitici alle prime civiltà avanzate – Bollati Boringhieri – 2022 – pag. 49; Giorgio Locchi – Prospettive indoeuropee – Settimo Sigillo – 2010 – pag. 23;  J.P.Mallory – In Search of the Indo-Europeans. Language, Archaeology and Myth – Thames and Hudson – 1992 – pag. 149; Federico Prizzi – Ahnenerbe in Finlandia. Le ricerche antropologiche sul fronte della Carelia – NovAntico Editrice – 2019 – pag. 223; Adriano Romualdi – Gli Indoeuropei. Origini e migrazioni – Edizioni di Ar – 1978 – pag. 31; P. Michele Schulien – L’unità del genere umano alla luce delle ultime risultanze antropologiche, linguistiche ed etnologiche – Società Editrice Vita e Pensiero – 1946 – pag. 31; Alfredo Trombetti – L’unità d’origine del linguaggio – Libreria Treves di Luigi Beltrami – 1905 – pag. 4

 

741.  Giacomo Devoto – Origini indeuropee – Sansoni – 1962 – pag. 35; Pia Laviosa Zambotti – Le più antiche civiltà nordiche ed il problema degli Indo-Europei e degli Ugro-Finni – Casa Editrice Giuseppe Principato – 1941 – pagg. 264, 265

 

742.  Claudio Mutti (a cura) – Kantele e Krez. Antologia del folklore uralico – Edizioni Arthos – 1979 – pag. III

 

743. Harald Haarmann – Sulle tracce degli Indoeuropei. Dai nomadi neolitici alle prime civiltà avanzate – Bollati Boringhieri – 2022 – pag. 50

 

744.  Georges Vacher De Lapouge – Definizione dell’Ariano – Centro Studi La Runa – 1999 – pag. 11; Eurialo De Michelis – L’origine degli indo-europei – Fratelli Bocca Editori – 1903 – pag. 499; Bal Gangadhar Tilak – La dimora artica nei Veda – ECIG – 1986 – pagg. 32, 33

 

745.  Pia Laviosa Zambotti – Le più antiche civiltà nordiche ed il problema degli Indo-Europei e degli Ugro-Finni – Casa Editrice Giuseppe Principato – 1941 – pag. 269

 

746.  Edoardo Castagna – Ariani. Origine, storia e redenzione di un mito che ha insanguinato il Novecento – Edizioni Medusa – 2012 – pagg. 37, 87; Aleksandr Dugin – Etnosociologia (2 voll.) – AGA Editrice – 2021 – 1° vol., pag. 104

 

747.  Fabio Calabrese – Alla ricerca delle origini – Ritter – 2020 – pag. 99; Francisco Villar – Gli Indoeuropei e le origini dell’Europa. Lingua e storia – Il Mulino – 1997 – pag. 54

 

748.  Heather Pringle – Il piano occulto. La setta segreta delle SS e la ricerca della razza ariana – Lindau – 2007 – pag. 138; Federico Prizzi – Ahnenerbe in Finlandia. Le ricerche antropologiche sul fronte della Carelia – NovAntico Editrice – 2019

 

749.  Julius Evola – Rivolta contro il mondo moderno – Edizioni Mediterranee – 1988 – pag. 287

 

750.  Eurialo De Michelis – L’origine degli indo-europei – Fratelli Bocca Editori – 1903 – pagg. 407, 443

 

751.  Jean Haudry – Gli Indoeuropei – Ar – 1999 – pagg. 165, 167, 168

 

752.  Claudio Mutti – Il simbolismo del Cigno nella tradizione Ob-Ugrica – in: Vie della Tradizione n. 14, Aprile/Giugno 1974, pag. 101

 

753.  Significativa l’opera “Il matriarcato slavo. Antropologia culturale dei Protoslavi” di Evel Gasparini, citata da Arnaldo Alberti, Gli Slavi, Mondadori, 1996, pag. 8

 

754.  Antonio Bonifacio – I popoli dell’Orsa Maggiore: lungo la via degli orsi e degli sciamani – Simmetria edizioni – 2020 – pag. 23; Mircea Eliade – Lo Sciamanismo e le tecniche dell’estasi – Edizioni Mediterranee – 1995 – pag. 402; Felice Vinci – I misteri della civiltà megalitica – La clessidra edizioni – 2020 – pag. 100

 

755.  Carla Corradi Musi – Sciamanesimo e flora sacra degli ugrofinni in una prospettiva indouralica ed amerindia del Nord – Carucci – 1988 – pagg. 25, 149; Carla Corradi Musi – Sciamanesimo in Eurasia. Dal mito alla tradizione – Aracne – 2008 – pagg. 142, 143; Gabriele Costa – Sciamanismo indeuropeo – Atti del Convegno Internazionale di Bologna, 4-5 maggio 2006 – pag. 12 – http://www.academia.edu/1269700/Sciamanismo_indeuropeo_in_C._CORRADI_MUSI_ed._Simboli_e_miti_della_tradizione_sciamanica._Atti_del_convegno_internazionale_Bologna_3-4_5_2006_Bologna_Carattere_2007_pp.85-95; Paolo Galloni – Le ombre della preistoria. Metamorfosi storiche dei Signori degli animali – Edizioni dell’Orso – 2007 – pagg. 71, 208; Marco M. Lenzi – Esoterismo tradizionale e profano – In: “Arthos” n. 6, 2° semestre 1999 – pag. 210

 

756.  Edgardo Tito Saronne – Sciamanesimo e stregoneria nella cultura degli Slavi – in: AA.VV. – Le origini sciamaniche della cultura europea – Quaderni di studi indo-mediterranei VII (2014) – Edizioni dell’Orso – pag. 376

 

757.  Antonio Bonifacio – L’Egitto dono di Atlantide – Edizioni Agpha Press – 1998 – pag. 129; Massimo Centini – Sogno e sciamani – in: Avallon, n. 43 “La sapienza velata. Sogno, visione, oracoli”, 1997, pag. 48; Paolo Galloni – Le ombre della preistoria. Metamorfosi storiche dei Signori degli animali – Edizioni dell’Orso – 2007 – pag. 135

 

758.  Paolo Galloni – Le ombre della preistoria. Metamorfosi storiche dei Signori degli animali – Edizioni dell’Orso – 2007 – pag. 69

 

759.  Gilberto Camilla, Massimo Centini – Sciamanismo e stregoneria – Ananke – 2006 – pag. 12

 

760.  Francesco Benozzo – Etnofilologia – Continuitas.org – pag. 7 – http://www.continuitas.org/texts/benozzo_etnofilologia.pdf

761.  Carla Corradi Musi – Lo sciamanesimo ugrofinnico e la tradizione celtica – in Studi celtici, vol. 3, anno 2004, articolo ora non più in linea, a suo tempo pubblicato sul sito: www.esoterismoemisteri.com,  pagg. 1, 4-7, 10, 12, 14, 15, 16, 18, 20

 

762.  Antonio Bonifacio – I popoli dell’Orsa Maggiore: lungo la via degli orsi e degli sciamani – Simmetria edizioni – 2020 – pag. 117

 

763.  Felice Vinci – I misteri della civiltà megalitica – La clessidra edizioni – 2020 – pag. 100

 

764.  Carla Corradi Musi – Sciamanesimo in Eurasia. Dal mito alla tradizione – Aracne – 2008 – pagg. 139, 140, 142, 143

 

765.  Carla Corradi Musi – Sciamanesimo in Eurasia. Dal mito alla tradizione – Aracne – 2008 – pag. 67; Felice Vinci – I misteri della civiltà megalitica – La clessidra edizioni – 2020 – pag. 100 – pag. 100

 

766.  Giorgio Colli – La sapienza greca – Adelphi Edizioni – anno 1990 – vol. 1 – pag. 45

 

767.  Marco M. Lenzi – Esoterismo tradizionale e profano – in: Arthos, n. 6, 2° Semestre 1999, pag. 210

 

768.  Elena Nonvellier – Figure sciamaniche tra mito e storia nel mondo greco antico – in: AA.VV. – Le origini sciamaniche della cultura europea – Quaderni di studi indo-mediterranei VII (2014) – Edizioni dell’Orso – pag. 199

 

769.  Antonio Bonifacio – I popoli dell’Orsa Maggiore: lungo la via degli orsi e degli sciamani – Simmetria edizioni – 2020 – pag. 160; Leonardo Magini – Sciamani a Roma antica – in: AA.VV. – Le origini sciamaniche della cultura europea – Quaderni di studi indo-mediterranei VII (2014) – Edizioni dell’Orso – pag. 209

 

770.  Nuccio D’Anna – La religiosità arcaica dell’Ellade – ECIG – 1986 – pagg. 25, 35

 

771.  Felice Vinci – I segreti di Omero nel Baltico. Nuove storie della preistoria – Leg Edizioni – 2021 – pag. 347

 

772.  Felice Vinci – I segreti di Omero nel Baltico. Nuove storie della preistoria – Leg Edizioni – 2021 – pagg. 69-70

 

773.  Felice Vinci – I segreti di Omero nel Baltico. Nuove storie della preistoria – Leg Edizioni – 2021 – pag. 78

 

774.  Mircea Eliade – Lo Sciamanismo e le tecniche dell’estasi – Edizioni Mediterranee – 1995 – pag. 414

 

775.  Elena Nonvellier – Figure sciamaniche tra mito e storia nel mondo greco antico – in: AA.VV. – Le origini sciamaniche della cultura europea – Quaderni di studi indo-mediterranei VII (2014) – Edizioni dell’Orso – pag. 186

 

776.  Mircea Eliade – Storia delle credenze e delle idee religiose. Vol. 1: Dall’età della pietra ai Misteri Eleusini  – Sansoni – 1999 – pagg. 298, 299

 

777.  Leonardo Magini – Sciamani a Roma antica – in: AA.VV. – Le origini sciamaniche della cultura europea – Quaderni di studi indo-mediterranei VII (2014) – Edizioni dell’Orso – pag. 210

 

778.  Gilberto Camilla, Massimo Centini – Sciamanismo e stregoneria – Ananke – 2006 – pag. 15

 

779.  Andrea Piras – Tratti sciamanici nello Zoroastrismo – in: Avallon, n. 49 “Il tamburo e l’estasi. Sciamanesimo d’oriente e d’occidente”, 2001, pagg. 8, 18

 

780.  Ananda Kentish Coomaraswamy – Il grande brivido. Saggi di simbolica e arte – Adelphi Edizioni – 1987 – pag. 457; Pio Filippani Ronconi – Psicologia fondamentale dello Shamanesimo in Asia ed in America – in: Vie della Tradizione n. 36, Ottobre/Dicembre 1979, pag. 177

 

781.  Carlo Ginzburg – Storia notturna. Una decifrazione del sabba – Einaudi Editore – 1989 – pagg. 74, 75, 114

 

782.  Gilberto Camilla, Massimo Centini – Sciamanismo e stregoneria – Ananke – 2006 – pagg. 23, 24

 

783.  Piero Del Bello – Contro gli spiriti del male, ecco il “Krsnik” (articolo purtroppo non più disponibile on-line)

 

784.  Carla Corradi Musi – Sciamanesimo e flora sacra degli ugrofinni in una prospettiva indouralica ed amerindia del Nord – Carucci – 1988 – pag. 148; Carlo Ginzburg – I benandanti. Stregoneria e culti agrari tra Cinquecento e Seicento – Einaudi – 2002 – pag. 200

 

785.  Carla Corradi Musi – Sciamanesimo in Eurasia. Dal mito alla tradizione – Aracne – 2008 – pag. 94

 

786.  Piero Del Bello – Spiegazione della sventura e terapia simbolica. Un caso istriano – Tesi di laurea in Storia delle tradizioni popolari, Università di Trieste, Anno Accademico 1986-87, Relatore prof. G.P. Gri (citata anche da Carlo Ginzburg, Storia notturna. Una decifrazione del sabba, Einaudi Editore, 1989, pag. 155)

 

787.  Carlo Ginzburg – Storia notturna. Una decifrazione del sabba – Einaudi Editore – 1989 – pagg. 74, 75

 

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