8 Ottobre 2024
Tradizione Primordiale

STRADE DEL NORD. Il tema delle Origini Boreali in Herman Wirth e negli altri – Parte 3 – Michele Ruzzai

2.2 – Nord arcaico: miti orientali…

 

Nella Tradizione indù, il primo sotto-ciclo del Manvantara è rappresentato dal Krita Yuga, che è stato spesso accostato alla fase paradisiaca dell’Eden biblico e all’Età dell’Oro narrata da Esiodo (anche se, come detto, riteniamo le cinque Età esiodee non esattamente sovrapponibili agli Yuga indù). Secondo la cronologia che per brevità potremmo definire “Guénon/Georgel”, la sua durata dovette essere di quasi 26.000 anni – in buon accordo con alcune interpretazioni dei Purana indù che la quantificano in 25.000 anni (44) – in quanto estesasi tra circa 65.000 e 39.000 anni fa; ma l’idea che ci siamo fatti è che la parte pertinente alla “super-umanità” di cui in precedenza, vada collocata nella sua prima metà, grossomodo tra 65.000 e 52.000 anni fa (su questo punto, rimandiamo chi fosse interessato ad alcuni nostri specifici articoli) (45) e cioè nel cosiddetto “Primo Grande Anno” manvantarico. Per inciso, la suddivisione del nostro ciclo umano in cinque “Grandi Anni Platonici” (cinque come le Età esiodee…), ciascuno di durata pari a circa 13.000 anni ordinari e separato dagli altri da immani cataclismi (46), rappresenta una diversa ipotesi di suddivisione del Manvantara, approfondita soprattutto da Georgel (47), che comunque non è necessariamente incompatibile con quella dei quattro Yuga indù, di durata invece decrescente in rapporto 4-3-2-1. Dunque riteniamo che andrebbe collocato in tale lasso temporale, cioè nel primo “quinto” del nostro Manvantara, quello che per Guénon è l’”Uomo Primordiale” (48) ed il quale, come già accennato, rimanderebbe ad una fase aurorale, assolutamente primordiale, scaturita nel Nord del mondo ed alla quale seguirono altri momenti, altri sotto-cicli, legati ad altre aree del pianeta.

E’ soprattutto in merito all’importanza riservata al Nord per la Preistoria mondiale che il pensiero di Herman Wirth – pur egli non adottando il concetto di “ciclo”, né tantomeno la stessa cronologia di René Guénon – può essere effettivamente accostato a quello del metafisico francese. Per questo motivo ci sembra utile riassumere rapidamente tutti questi elementi – miti, rimandi, suggestioni – che a Wirth dovevano essere sicuramente noti, però con la dovuta premessa che si tratta di situazioni non del tutto omogenee tra loro, sia per quanto riguarda le tempistiche coinvolte (più o meno antiche), i soggetti interessati (più o meno ecumenici) ed anche le localizzazioni geografiche proposte: nel prosieguo degli articoli proveremo a mettere un po’ di ordine anche in tutti questi concetti, ma per il momento possiamo raccoglierli sotto il, molto generico, cappello di una “borealità preistorica”.

Se partiamo dall’Oriente asiatico, in Giappone vi è il Kojiki, il più antico testo tramandato, che menziona la coppia primordiale divina, Izanagi e Izanani, i quali si uniscono nella prima isola del mondo, Onogoro jima, dove il primo germoglio piantato diventa l’asse della terra, ed è in questa precisa isola edenica e “polare” che significativamente nasce la stirpe umana (49). Nella tradizione cinese, Julius Evola (50) menziona Li-Tze, c. V, c. III, che, in relazione ad un imperatore della prima dinastia, cita una terra primordiale sita nell’estremo Nord la quale, tuttavia, sarebbe stata caratterizzata da condizioni climatiche non sfavorevoli ed abitata da una forma super-umana, da “uomini trascendenti”. Una terra della quale la costante è la presenza di un monte centrale, che in alcuni casi è chiamato Hu-Ling (51), in altri Kunlun, e si troverebbe in corrispondenza della “grande colonna che sostiene il mondo”, chiara allusione all’asse terrestre (52). Un luogo dell’estremo settentrione asiatico che viene favolosamente ricordato anche in Tibet, nella tradizione buddista, cioè quella Shambhala che circonda il Polo Nord (53), senza dimenticare che sempre al Nord potrebbe riferirsi l’origine di una remotissima tradizione spirituale le cui forme magiche del Bön tibetano sarebbero oggi gli ultimi residui degeneri (54).

Moltissimi rimandi anche in contesto indo-iranico. Nella tradizione indù, ben strutturata è la geografia puranica dell’emisfero boreale, il quale viene suddiviso in varie macro-aree, o “varshas”; di queste, Ilâvrita è il varsha più interno, ad occupare la parte più elevata e centrale del mondo, e nel cui mezzo il Mārkaṇḍeya Purāṇa segnala ergersi il Monte Meru (55), letteralmente assiale, portando quindi tutto il vasto continente Ilâvrita a corrispondere alla primordiale terra edenica (56). Più nello specifico, Julius Evola (57) segnala i rimandi (II, 2; II, 1; II, 4) dei Vishnu-Purana dove si menziona la dottrina dei vari “dvipa”, cioè le varie “isole” successive nello sviluppo ciclico, tra le quali lo Shvetadvipa è il primo della serie e di localizzazione più precisamente polare (nonché la frequente menzione degli Uttarakura come di una razza originaria del Nord connessa a tali terre, anche se, come vedremo, tale riferimento potrebbe riguardare un momento più tardo). Il ricordo di questo primo Shvetadvipa, sovente si sovrappone a quello di una successiva isola, la Shakadvipa, posta nel “mare bianco” o “mare di latte”, il che pare un elemento abbastanza chiaro a favore di una localizzazione nel Mar Glaciale Artico, quindi in ogni caso ad elevatissima latitudine. Da un chiarimento diretto avuto con Giuseppe Acerbi (purtroppo scomparso qualche anno fa), è inoltre emerso che comunque le isole Shvetadvipa e Shakadvipa dovrebbero essere entrambe considerate come sotto-sezioni del summenzionato continente primordiale Ilâvrita, coprente tutto il Primo Grande Anno del Manvantara, ed il cui centro geografico sarebbe appunto costituito dal Monte Meru, o Sumeru (58): la sommità di questo, secondo il Ramajana iv. 32, costituirebbe la bianca dimora del supremo dio Varuna (59). Invece secondo il Kurma-purana, è del Vishnu solare la residenza nell’isola di Shvetadvipa, terra della quale nel Padma-purana si riferisce che in esso risiedono quei “grandi asceti” che Evola avvicina agli “uomini trascendenti” abitanti nel Nord citati dalla tradizione cinese (60). Più genericamente in un indefinito settentrione il Narayaniya Parvan del Mahabharata, cap II e III, riferisce di “uomini bianchi” che anticamente abitavano quelle contrade ed erano “sprovvisti di funzioni sensoriali”  (61), quindi probabilmente alludendo a quella situazione antropologica “super-umana” e non assimilabile all’attuale. Ma è soprattutto l’autore indù Bal Gangadhar Tilak che più approfonditamente si è addentrato in questi studi – e, al pari Herman Wirth, Julius Evola e René Guénon, menzioneremo spesso – anche se va rilevato che egli non si spinse oltre ad una datazione relativamente recente e allo specifico contesto della cultura vedica, analizzandone una moltitudine di riferimenti climatico-astronomici presenti nel Rig-Veda che sono riassunti nella sua opera principale (62) ed appaiono interpretabili in modo logico solo, appunto, da una prospettiva artica: giusto per fare un paio di esempi, il movimento delle stelle su piani orizzontali, o l’inconsueta dinamica dell’aurora che, citata nel passaggio del Rig-Veda VII, 76, 3, implica chiaramente un punto di osservazione posto al di sopra del Circolo Polare Artico (63). In “Forme tradizionali e cicli cosmici” (64) a Tilak si rifà anche Guénon, che altrove (65) rimanda genericamente ai Veda soprattutto in relazione al terzo Avatara di Vishnu – “Varaha”, il Cinghiale (66) – come figura particolarmente rappresentativa della sede nordica (67), la “Varahi”, di cui la radice “var” corrisponde a “bor” nelle lingue nordiche, da cui “borea”.

Per quanto concerne la tradizione iranica, Christophe Levalois (68) menziona l’Avesta, Vendidad, fargard 1, dove si descrive la mitica Airyanem-Vaejo (“Culla degli Ariani”: un vero e proprio punto di origine e di etnogenesi, sulla quale ovviamente torneremo) che conosceva, prima della sua fine, sette mesi di estate e cinque di inverno: una situazione chiaramente artica ma anche qui, come vedremo, di pertinenza probabilmente più limitata. Il Bundahish, ch. XV., 1-30, cita inoltre una terra dalle chiare caratteristiche polari come punto di origine addirittura della prima coppia umana, che qui invece sembrerebbe aver originato tutte le successive razze; ma tutta la tradizione iranica è permeata, come quella indù, da profondi elementi di geografia mitica, che descrivono il mondo come suddiviso in varie zone denominate “keshvar”, delle quali Kvanîras tiene, analogamente all’Ilâvrita indù, la posizione più centrale ed elevata, ed al centro della quale si trova il Polo Nord, cioè quell’Harâ-berezaiti che corrisponde al Monte Meru degli indù (69).

Non rari i rimandi boreali nemmeno nel Vicino Oriente. Nelle antiche concezioni mesopotamiche, William Fairfield Warren – importante autore statunitense vissuto a cavallo tra il XIX ed il XX secolo – ci segnala come la terra di Kharsak Kurra si collochi nel lontano Settentrione ed appaia del tutto equivalente all’Ilâvrita indù e al Kvanîras iranico (70), come anche il “Parades” dei Caldei assuma i tratti molto chiari della montagna polare dei primordi (71). In ambito giudaico vi è il monte Tabor che è del tutto analogo al Meru indù (72), mentre lo sconosciuto autore del Libro di Enoch afferma, come sempre lo studioso americano ci segnala, di aver addirittura raggiunto il Paradiso Terrestre dopo aver distintamente visto, a Nord, sette montagne piene di preziosi balsami e di alberi di cannella e pepe (73). Ancora Warren sottolinea la fortissima somiglianza della rappresentazione cosmologica talmudica soprattutto con quella taoista del Kunlun, che descrive un Paradiso celeste ed uno terrestre collegati tra loro proprio dall’asse di rotazione del pianeta (74), quindi un luogo superno e sede delle divinità corrispondente al Polo Nord celeste, ed il più basso Polo Nord terrestre da identificare invece con la sede umana dei primordi, cioè l’Eden biblico: il che tra l’altro confermerebbe che quest’ultimo non era collocato in un “altrove”, ma effettivamente nella dimensione materiale e corruttibile (75). Tuttavia vi è una tale prossimità fra il mondo arcaico e la dimensione divina da lasciare, nelle scritture veterotestamentarie, una chiara traccia dove si legge (76) che è la stessa dimora di Yahweh a trovarsi sul “monte dell’assemblea” collocato “nelle parti più remote del settentrione” (77). Dunque umano e divino che nei primordi tendono a sovrapporsi anche secondo i miti egizi, dove la “Terra degli Dei” è connessa al mitico regno di Râ – analogo, secondo Warren, a quello di Kronos dell’Età dell’oro – e che colloca nell’estremo Nord in quanto sempre legato al tema della grande montagna assiale, luogo peraltro dove l’uomo avrebbe anticamente consumato la sua ribellione con la conseguente rinuncia alla beatitudine originaria (78), punto sul quale torneremo. La totale sommersione delle antiche tradizioni del Vicino Oriente non ha comunque cancellato queste arcaiche tracce, che anzi sono riscontrabili anche nel più recente contesto islamico. Sohravardī in Persia – evidentemente influenzato dalle precedenti concezioni iraniche – e Ibn ʿArabī in Spagna, riprendono e sviluppano il mito del giardino polare dei primordi (79) che corrisponde a quella “Hurqalya”, o “terra celeste” posta nell’estremo settentrione (80), indagata soprattutto dal famoso orientalista Henry Corbin: ne “Il libro dell’uomo perfetto” scritto nel XV secolo da Abdol-Karim Gili (81) lo studioso francese ricorda che il paradiso nordico vi viene menzionato come “Terra delle anime”, mentre nella cosmologia elaborata da Avicenna, il settentrione rappresenta la direzione della “Terra di Luce” (82), ovvero quel vero “Oriente” del quale va superata l’accezione letterale di tipo geografico per abbracciarne una di dimensione più intima, connessa all’atto di “orientarsi” che solo l’incrollabile Polo Nord può assicurare (83).

 

 

NOTE

 

44   Martin Lings – Antiche fedi e moderne superstizioni – Il leone verde – 2002 – pag. 26

 

45   Michele Ruzzai – Il Polo, l’incorporeità, l’Androgine – Ereticamente.net – 03/04/2014 – https://www.ereticamente.net/2014/03/il-polo-lincorporeita-landrogine.html; Michele Ruzzai – Il Demiurgo e la possibilità negativa: caduta – Ereticamente.net – 14/03/2014 – https://www.ereticamente.net/2014/03/il-demiurgo-e-la-possibilita-negativa.html; Michele Ruzzai – Il Demiurgo e la possibilità positiva: plasmazione” – Ereticamente.net – 20/03/2014 – https://www.ereticamente.net/2014/03/il-demiurgo-e-la-possibilita-positiva.html

 

46   Annabella Lampugnani – Il ciclo nel pensiero greco fino ad Aristotele. Evoluzione storica di un’idea e sue implicazioni teoretiche – La nuova Italia editrice – 1968 – pag. 16

 

47   Gaston Georgel – Le quattro Età dell’umanità. Introduzione alla concezione ciclica della storia – Il Cerchio – 1982

 

48   René Guénon – La Grande Triade – Adelphi – 1991 – pagg. 82-84

 

49   William F. Warren – Paradise found. The cradle of the human race at the North Pole – Fredonia Books – 2002 (ristampa anastatica dell’edizione del 1885) – pagg. 140, 141

 

50   Julius Evola – Rivolta contro il mondo moderno – Edizioni Mediterranee – 1988 – pag. 238

 

51   Lyon Sprague de Camp – Il mito di Atlantide e i continenti scomparsi – Fanucci – 1980 – pag. 9

 

52   William F. Warren – Paradise found. The cradle of the human race at the North Pole – Fredonia Books – 2002 (ristampa anastatica dell’edizione del 1885) – pagg. 143, 144

 

53   Julius Evola – L’ipotesi iperborea – in: Arthos, n. 27-28 “La Tradizione artica”, 1983/1984, pag. 10;  Jean M. Riviere – Kalachakra. Iniziazione tantrica del Dalai Lama – Edizioni Mediterranee – 1988 – pagg. 70, 71

 

54   Julius Evola – Rivolta contro il mondo moderno – Edizioni Mediterranee – 1988 – pag. 237

 

55   Alessandro Grossato – Alcuni aspetti simbolici e morfologici del Monte Meru – in: AA.VV. (a cura di Alessandro Grossato), La montagna cosmica, Edizioni Medusa, 2010, pag. 93

 

56   William F. Warren – Paradise found. The cradle of the human race at the North Pole – Fredonia Books – 2002 (ristampa anastatica dell’edizione del 1885) – pagg. 150, 151

 

57   Julius Evola – Rivolta contro il mondo moderno – Edizioni Mediterranee – 1988 – pag. 236

 

58   Pietro Chierichetti (a cura) – Sette isole Sette oceani. Il Bhumiparvan: geografia, miti e misteri del Mahābhārata – Edizioni Ester – 2016 – pag. 50

 

59   Giuseppe Acerbi – La simbologia fitomorfica: l’orticoltura nel mito delle origini – in: Vie della Tradizione, n. 90, Aprile/Giugno 1993, pag. 84

 

60   Julius Evola – Rivolta contro il mondo moderno – Edizioni Mediterranee – 1988 – pag. 236

 

61   Christophe Levalois – La terra di luce. Il Nord e l’Origine – Edizioni Barbarossa – 1988 – pag. 49

 

62   Bal Gangadhar Tilak – La dimora artica nei Veda – ECIG – 1986

 

63   Christophe Levalois – La terra di luce. Il Nord e l’Origine – Edizioni Barbarossa – 1988 – pag. 20

 

64   René Guénon – Forme tradizionali e cicli cosmici – Edizioni Mediterranee – 1987 – pag. 29

 

65   René Guénon – Simboli della scienza sacra – Adelphi – 1990 – pagg. 146-147

 

66   Giuseppe Acerbi – Introduzione al Ciclo Avatarico, parte 2 – in: Heliodromos, n. 17, Primavera 2002, pag. 27; Claudio Mutti – Hyperborea – in: Heliodromos, n. 17, Primavera 2002, pag. 32

 

67   Nuccio D’Anna – René Guénon e le forme della Tradizione – Il Cerchio – 1989 – pagg. 62, 63

 

68   Christophe Levalois – La terra di luce. Il Nord e l’Origine – Edizioni Barbarossa – 1988 – pag. 23

 

69   William F. Warren – Paradise found. The cradle of the human race at the North Pole – Fredonia Books – 2002 (ristampa anastatica dell’edizione del 1885) – pagg. 155, 158, 162

 

70   William F. Warren – Paradise found. The cradle of the human race at the North Pole – Fredonia Books – 2002 (ristampa anastatica dell’edizione del 1885) – pag. 170

 

71   Giulia Bogliolo Bruna – Paese degli Iperborei, Ultima Thule, Paradiso Terrestre – in: Columbeis VI, Università di Genova, Facoltà di Lettere, Dipartimento di Archeologia Filologia Classica e loro tradizioni, 1997, pag. 172

 

72   Christophe Levalois – La terra di luce. Il Nord e l’Origine – Edizioni Barbarossa – 1988 – pag. 69

 

73   William F. Warren – Paradise found. The cradle of the human race at the North Pole – Fredonia Books – 2002 (ristampa anastatica dell’edizione del 1885) – pag. 20

 

74   William F. Warren – Paradise found. The cradle of the human race at the North Pole – Fredonia Books – 2002 (ristampa anastatica dell’edizione del 1885) – pag. 145

 

75   Frithjof Schuon – L’esoterismo come principio e come via – Edizioni Mediterranee – 1997 – pag. 88

 

76   Isaia 14, 13

 

77   Lynn Picknett – La storia segreta di Lucifero. Angelo del male o fonte luminosa di vita? – Newton & Compton editori – 2005 – pag. 31; Felice Vinci – I segreti di Omero nel Baltico. Nuove storie della preistoria – Leg Edizioni – 2021 – pag. 420

 

78   William F. Warren – Paradise found. The cradle of the human race at the North Pole – Fredonia Books – 2002 (ristampa anastatica dell’edizione del 1885) – pagg. 178, 179

 

79   Christophe Levalois – La terra di luce. Il Nord e l’Origine – Edizioni Barbarossa – 1988 – pag. 10

 

80   Claudio Mutti – Hyperborea – in: Vie della Tradizione, n. 125, Gennaio/Marzo 2002, pag. 32

 

81   Henry Corbin – Corpo spirituale e Terra celeste – Adelphi – 1986 – pagg. 157-160

 

82   Henry Corbin – Corpo spirituale e Terra celeste – Adelphi – 1986 – pag. 94

 

83   Henry Corbin – L’uomo di luce nel Sufismo iraniano – Edizioni Mediterranee – 1988 – pagg. 10, 12

 

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