Sabato 15 ottobre il Gruppo Escursionistico dell’Associazione Tradizionale Pietas – Nord Italia si è recato presso il comprensorio archeologico del Monsorino, sito all’interno del comune di Golasecca.
L’escursione ha preso le mosse dal confine con Somma Lombardo, a pochi chilometri di distanza dalle necropoli golasecchiane, all’imbocco del Sentiero E1, che si inoltra immediatamente nel bosco fino a raggiungere la maestosa Pineta del Vigano di Vergiate, all’interno della quale, dopo aver percorso un piacevole sentiero sterrato in discesa, è possibile scorgere il caratteristico e arcano Sass di Biss (“Pietra della Serpe” nel locale dialetto). Questo enorme masso erratico, di origine glaciale e dal colore verdastro, eletto monumento naturale nell’ambito del Parco del Ticino, appare quasi magicamente sotto la volta arborea. A uno sguardo più attento è possibile riscontrare la presenza di numerosissime coppelle di epoca preistorica-protostorica, incise sulla superficie e raggruppate secondo possibili criteri di disposizione meritevoli di approfondimento. La pioggia leggera che ci accompagna sino a questo masso, i segni incisi sullo stesso e la potente naturalità della zona circostante evocano un senso di profonda sacralità e non risulta difficile immaginare, anche solo per un attimo, la frequentazione a scopo sacrale tanto in epoca preistorica quanto in età celtica,.
Ma le necropoli celtiche di Golasecca sono ancora lontane e bisogna mettersi in cammino! Dopo aver attraversato la parte restante di bosco, raggiungiamo il piccolo abitato di Coarezza. Al termine di una ripida discesa, ecco comparire in tutta la sua bellezza il fiume Ticino, immerso nella bruma mattutina e completamente bordeggiato dalla vegetazione circostante. La strada che conduce verso la Diga della Miorina si snoda placida verso nord, in direzione del Lago Maggiore e, proprio nei pressi dell’imponente sbarramento, avvistiamo numerosissimi esemplari di folaghe e cormorani, appostati su piccoli isolotti rocciosi emergenti dalle acque, intenti a distenderele ali ad oriente nel tentativo di asciugarle, nonché un isolato ed elegante airone, con lo sguardo volto a meridione.
Dopo aver oltrepassato il pianoro erboso della Spiaggia della Melissa ci inoltriamo nel folto castagneto del Monte Gagliasco, sulle cui alture sorgono le necropoli di origine celtica. La Cultura di Golasecca deve il suo nome al luogo dei primi ritrovamenti, avvenuti ad opera dell’abate G. B. Giani (1788-1857) proprio sulle colline del Monsorino. Il sentiero si inerpica per alcune centinaia di metri, fino ai primi cromlech, indagati più a fondo dall’archeologo Pompeo Castelfranco nella seconda metà dell’Ottocento. La parola “cromlech” deriva dalla lingua gallese (significa letteralmente “pietra curva”) e indica un recinto circolare di pietre non lavorate che racchiude una o più sepolture. Queste “tombe a circolo”, di dimensioni variabili (dai 3 ai 10 metri di diametro) sono caratteristiche del comprensorio del Ticino e sono riscontrabili anche nella Svizzera Italiana. In un paio di cromlech riconosciamo facilmente una sorta di corridoio di accesso rettangolare, la cosiddetta allea, probabilmente deputata alla deposizione delle offerte o allo svolgimento dei riti in onore del defunto. I cromlech tuttora visibili al Monsorino sono attribuiti al cosiddetto Periodo Golasecca I, databili tra la seconda metà dell’VIII e tutto il VII secolo a.e.v..
Nell’area del Ticino il solo rito funebre impiegato era la cremazione, in genere nella forma indiretta. Il defunto era bruciato su un rogo preparato a parte, anche adiacente alla tomba, e le sue ceneri, raccolte dentro un’urna coperta da una ciotola o da pezzi di legno o cuoio, erano poi deposte nella tomba, scavata nella terra. I corredi (oggi conservati all’interno della sezione archeologica del Castello Sforzesco di Milano) ci consentono di comprendere la struttura gerarchizzata della società golasecchiana, con a capo un guerriero o capo-tribù la cui importanza si esprimeva anche con la deposizione nella tomba delle armi e degli oggetti che ne avevano manifestato il prestigio in vita (morsi equini, vasellame in bronzo, carri). Non dobbiamo poi dimenticare che i Golasecchiani rivestivano il ruolo di intermediari tra gli Etruschi e i Celti Transalpini, grazie al collegamento tramite il fiume Ticno con il Novarese e il Canton Ticino, e con le zone al di là delle Alpi tramite i passi alpini del San Bernardo, Sempione e San Gottardo. Numerosi oggetti etruschi e greci ritrovati nelle tombe golasecchiane sono la riprova di questo ruolo e sono leggibili, oltre che come acquisti veri e propri, come dazi o doni fatti ai capi locali dai commercianti stranieri.
L’escursione a Golasecca non poteva, infine, che concludersi con un lauto banchetto a base di tipicità locali presso la Locanda del Buon Cammino del vicino borgo agricolo di Cuirone, immerso nel verde e nella pace, ai piedi dei dolci pendii del Monte San Giacomo.
Gruppo Escursionistico A.T.P. – Nord Italia
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