Le vicende politiche degli ultimi giorni vanno lette in un’ottica costruttiva che metta al bando ogni forma di scoraggiamento. La questione fondamentale è capire che se da un lato la volontà democratica viene per l’ennesima volta calpestata da quello che è un vero e proprio golpe, fatto da politici anziché da tecnici. Dall’altro dobbiamo comprendere che è proprio la buona e vecchia democrazia liberale una delle cause fondamentali dei mali della nostra epoca. Per democrazia liberale intendiamo anche la costituzione repubblicana, della quale oramai si fa una semplice idolatria della carta, da un lato perché inattuata, dall’altro perché inattuabile in quanto lontana dallo “spirito del tempo”.
Si dirà che è stata scritta da grandi statisti e politici del novecento, quindi intoccabile! A parte che anche nei tempi attua
Di conseguenza l’idea è di interpretare questo messaggio in maniera “creativa”e “occidentale”, ipotizzando e lavorando in modo assiduo, costante ed elastico all’elaborazione di un nuovo assetto politico-organizzativo del nostro Stato, mirante alla rimodulazione della democrazia in senso non più liberale ma “pieno”, “organico”. E’ comprendendo questo discorso e l’importanza che, dunque, ricoprono le guide, sia nell’ambito delle comunità che degli Stati, che possiamo lanciare un’operazione di lunga durata e di una certa profondità. Per farlo bisogna tenere conto che la politica non è un’attività “statica” ma “dinamica”, la quale va diretta, interpretata ed adattata a seconda delle situazioni.
L’obbiettivo è avere anche in Italia una direzione che – sul modello Putin, Orban, o anche, su scala differente, Chavez e lo stesso Trump – sia il corrispettivo perfetto sia della “coscienza collettiva” italiana, che dello “spirito del tempo”. Il tutto con il supporto di un popolo, che se da un lato non può tenersi distante dalla vita comunitaria e politica come nelle democrazie procedurali liberali, allo stesso modo ha bisogno di una “guida”, che lo diriga e lo interpelli così come il basso ha bisogno dell’alto e viceversa.
Questa guida, il popolo e le forze storiche in atto in Italia, l’hanno già trovata ed è Matteo Salvini.
Al di là dei suoi errori tattici, o presunti tali, nelle ultime fasi del governo Conte I, al di là di megalomanie ampiamente fomentate dalla demagogia – forza nascosta e incontrollata della politica popolare dalla quale guardarsi –,al di là della fase di opposizione che coinvolgerà inevitabilmente le forze sovraniste e nazionali nel caso del Conte bis, a noi interessa la costruzione lenta e graduale di un “capo”. Sulla falsariga della categoria elaborata da Aleksandr Dugin in merito a Putin e alla dualità tra il Putin solare (quello costruito e alimentato dalle speranze del popolo, non solo russo, e viceversa) e quello lunare (degli affari interni), anche noi possiamo ipotizzare di costruire il nostro modello.
Una equivalenza tra l’essenza di un popolo e il suo capo che trova riscontri anche in altre esperienze, tipo quelle sopramenzionate di Orban e Trump, ma anche del Venezuela chavista dove vigeva il motto “Chavez è il Venezuela e il Venezuela è Chavez”, e dove è stato proprio tutto il lavorio politico “quotidiano” a formare la sua “guida”, indirizzandola su posizioni completamente diverse da quelle iniziali. Un modello salviniano che sia differente da quello delle beghe interne alla Lega, o peggio al centrodestra e al suo blocco sociale di riferimento troppo schiacciato su posizioni da discriminare o rettificare.
La costruzione di un “capo”, dunque, che va oltre la sua persona fisica, la sua area politica e addirittura del popolo italiano stesso, e che ovviamente tenga conto dei limiti e delle contraddizioni di essi. Un “centro aggregatore” di ambienti culturali, politici, economici di diverso tipo che abbiano contezza della battaglia per la sovranità e che non si esauriscano semplicemente entro i confini della Lega. Taluni di questi ambienti dal taglio più disparato e dall’ottima produzione culturale, informativa, metapolitica e artistica, devono ritirare questa inettitudine pragmatica o lo scoraggiamento momentaneo e capire che tutte le loro attività possono aver sfogo e direzione solo alla luce di un governo di questo tipo.
Solo un capo che possa avere davanti a sé perlomeno un decennio di potere politico, può mettere mano ai disastri dell’economia targata UE, con la letterale repressione finanziaria del sistema produttivo italiano, e l’affogamento di quello che fu il ceto medio, oramai “proletarizzato”, in tasse, tasse e tasse. La rottura degli “scellerati patti” con l’Eurosistema potrà garantire al paese oltre che di ripartire, anche di offrire servizi di qualità (sanità, scuola, polizia, trasporti, cultura, ecc.), e di iniziare un processo di riduzione del divario secolare tra nord e sud.
Sul fronte “interni” sarà necessaria una severa politica migratoria, con la chiusura definitiva delle frontiere, espulsione progressiva e totale di tutti gli immigrati clandestini dal territorio, e integrazione “effettiva” di coloro che hanno le carte in regola per stare. Il tutto in un’ottica geopolitica di prestigio nel mediterraneo e di “non ingerenza” negli affari interni della stessa zona afro-asiatica, sostenendo le eventuali esperienze a carattere sovranistico-identitario nascenti.
Ma al di là delle semplificazioni di un certo sovranismo à la page, che si interessa solo di cacciare quanti più immigrati possibili, altri ancora sono i problemi italiani. La questione sicurezza, cavallo di battaglia dell’ex Ministro. Abbiamo un paese letteralmente sotto attacco dalla criminalità organizzata, con il meridione completamente mangiato da questa forza “vampirica” e antitetica dell’uomo. Dinnanzi a questa sfida, ma anche all’esplosione di criminalità di piccolo taglio, o a quella sintomo della dissoluzione dei collanti che tengono in piedi la comunità e l’uomo stesso, che cosa può il codice penale liberale? A cosa serve il suo innumerevole insieme di leggi e codici, interpretati da magistrati progressisti sempre pronti a giustificare per ragioni “sociali” il carnefice, e magari incolpare il bersaglio mediatico-politico facile, e avvocati “garantisti” in grado di districarsi nei cavilli del diritto e quindi di far assolvere il colpevole? Una seria politica interna deve prevedere anche una modifica del sistema penale, che possa portare da un lato a una semplificazione di leggi e processi, con la possibilità di una parte terza, né il PM né l’avvocato, di emettere un giudizio unico negli interessi esclusivi dello Stato e sulla base della verità dei fatti.
Questa riforma va completata da una “nuova legislazione penale”,che preveda pene più dure ma anche più utili alla riparazione verso la comunità e alla reintegrazione del condannato stesso. Su tutte l’istituzione della pratica del “lavoro coatto”, anziché della reclusione, da realizzare o in istituti modello caserme o scuole, oppure in impiego direttamente sociale – es. il riassesto idrogeologico del territorio o di zone disastrate dalle mafie (Terra dei fuochi). Da guardare con interesse, in materia repressione verso i nemici dello Stato, sono le politiche adottate in Russia circa l’esclusione delle liste della cosiddetta “opposizione colorata” alle amministrative, l’accesso alle “dure” prigioni siberiane per oligarchi e corrotti,e l’invocazione della pena di morte per i trafficanti di droga da parte dallo stesso presidente Trump.
La questione ecologica deve essere un altro dei capisaldi di una sana politica nazionale, in grado di accettare e prevedere le sfide delle catastrofi possibili, se il sistema economico “turbocapitalistico” continuerà a disarticolare i cardini dell’ecosistema. Un discorso al netto dell’ambientalismo “gretino”, che invece nasconde la dottrina “panteistico-naturalistica” in voga presso le attuali élite, e mirante a sottomettere l’uomo alle forze della natura, per perseguirne la colpevolizzazione e l’eventuale drastica riduzione di presenza (neomalthusianesimo). Questo punto dovrà essere uno dei maggiori terreni di contesa per la costruzione dell’anima salviniana genuinamente “sovranista”, di contro a quella neoliberale o “iperindustrialista”, insieme alla lotta al finto garantismo giudiziario sempre pronto a far assolvere corrotti, evasori fiscali, speculatori, proprietari e dirigenti d’azienda criminali.
Così come fondamentale campo di battaglia sarà sicuramente la politica estera. E’ necessario un graduale allontanamento da USA – anche prendendo in considerazione l’eventuale edorsement di Trump al Conte bis –, NATO e Israele, compresi i loro alleati sauditi. Un’eventuale guida salviniana come da noi ipotizzata dovrà avere come interlocutore fondamentale la Russia e la presidenza Putin, custodi di quel bagaglio di valori “spirituali” che sono sotto attacco nell’occidente nichilista e “invertito”, e che solo con un’operazione di questo tipo potranno tornare in auge. Un tipo di politica estera, spregiudicata, “non allineata” che sia in grado di tessere alleanze e mettere in campo le più impensabili “simpatie” che possano giovare all’interesse nazionale. Una politica estera che deve inevitabilmente cambiare “campo”, non facendosi prendere dal pregiudizio “etnocentrico-occidentalistico”, e che, dunque, sia orientata verso Est.
Roberto Siconolfi
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