[1] Salmo. Di Asaf. Dio presiede l’assemblea divina, giudica in mezzo agli dei:
[2] «Fino a quando emetterete sentenze ingiuste e sosterrete la parte dei malvagi?
[3] Difendete il debole e l’orfano, al povero e al misero fate giustizia!
[4] Salvate il debole e l’indigente, liberatelo dalla mano dei malvagi!».
[5] Non capiscono, non vogliono intendere, camminano nelle tenebre; vacillano tutte le fondamenta della terra.
[6] Io ho detto: «Voi siete dei, siete tutti figli dell’Altissimo,
[7] ma certo morirete come ogni uomo, cadrete come tutti i potenti».
[8] Alzati, o Dio, a giudicare la terra, perché a te appartengono tutte le genti!
Come abbiamo avuto modo di intravedere molteplici sono le traduzioni inerenti al Salterio e mutevoli le interpretazioni date ai suoi capitoli. La mutevole interpretazione trova eccellenza proprio nel Salmo 82(81) il quale è assurto anche al ruolo di “testimonianza” dell’ipotesi aliena. Non sorrida il lettore, ma questo è l’animo umano sempre rivolto al fantastico per sfuggire ad un quotidiano spesso deprimente. Orbene quasi ho pudicizia a spendere qualche riflessione in merito, ma, onde mostrare la perniciosità di una mente umana non educata, non mi posso esimere dal farlo. Venendo al punto focale della questione osserviamo che questo Salmo, e precisamente al versetto numero 1, traduce dei dall’ebraico Elohim. Sappiamo che nella Torah “Dio” non è univocamente denominato, ma assume una molteplicità di appellativi, a loro volta espressione dell’eterogenesi del testo. Ecco le vari denominazioni di Dio:
- Elohim indica gli dei, sia maschili che femminili. È plurale numerico di “divinità”.
- Jahvè è il nome personale di un dio maschio, il personaggio principale della Bibbia.
- Dio onnipotente – El-Shaddaï
- L’Altissimo – El-Elyon
- Il Dio che vede – El-Roï
- Il Dio d’Israele – El-Elohé-Israël
- Il Dio geloso – El-Kanna
- Il Dio vivente – El-Haï
- Il Dio eterno – El-Olam
- Il Signore e Maestro – Adonaï
- Dio Padre – Abba
- Il nome: YHVH
- Io sono – Ehyeh
- L’Eterno è uno – YHVH Ehad
- Dio mio rifugio – YHVH Misgav
- L’Amen – Amen Jahvè compare dal secondo capitolo della Genesi [Gen 2,4].
A tale molteplicità, di nomi e di appellativi, si contrappone il seguente ammonimento: “Zitto! Non si deve menzionare il nome del Signore” (Amos 6,10). Discende forse da questo monito il “nome ineffabile”, dal potere reale insito nell’esatta pronuncia del nome di Dio e la conseguente necessità di occultare la sostanza di tale flusso sonoro. È all’interno di questa moltitudine di denominazioni, assieme a considerazioni storiche e filosofiche, che dobbiamo muoverci per inquadrare correttamente la lettura di questo capitolo del Salterio e cercare di dare senso e continuità alla parola Elohim.
- Angeli ed Elohim
La prima ipotesi vedrebbe la parola Elohim come sinonimo di Angeli. Sappiamo come nel Testo Sacro non vi sia puntale indicazione del nome degli Angeli, che sono invece individuati, e lo vedremo presto, attraverso la permutazione di tre versetti dell’Esodo; tale genericità ha portato il cattolicesimo, a seguito di Papa Gregorio II, a far coincidere gli Elohim con il coro angelico delle Potestà. Inoltre dobbiamo rammentare come in alcuni passi della Septuaginta (LXX), da cui sono tratte le Vulgate, assistiamo alla traduzione dell’ebraico Elohim con angeloi (“angeli”) o pros to kriteriontouTheou (“davanti al giudizio di Dio”). Questa traduzione, ricordiamo le difformità del greco rispetto all’ebraico, ebbe un peso nella successiva edizione in latino del Vulgata; fino a giungere all’italiano “angeli” e “giudici”.
- Elohim e il primitivo politeismo ebraico.
La seconda tesi vede questo termine plurale come inclusione, come retaggio, della memoria religiosa politeista ebraica, che sovente riaffiora nell’Antico Testamento, come ad esempio la narrazione del Vitello d’Oro oppure, anche se con maggior sottigliezza, quando si descrive il sacerdozio di Aronne e ciò che esso ha comportato anche e soprattutto avendo memoria della morte dei suoi due figli, dell’olocausto dei capifamiglia e dei primogeniti che non volevano rinunciare al sacerdozio tribale e molto altro ancora. Alla tesi che Elohim sia un residuo dell’antico politeismo ebraico, si oppone Gesenius che asserisce:
«la supposizione che Elohim sia da considerarsi semplicemente un residuo di precedenti vedute politeiste (cioè come originariamente solo un plurale numerico) è perlomeno altamente improbabile e, inoltre, non spiegherebbe i plurali analoghi (sotto). Alla stessa classe (e probabilmente formata sull’analogia di elohim) appartengono i plurali kadoshim, che significano “il Santissimo” (solo di Yahweh, Osea 12:1, Proverbi 9:10,30:3 – cfr. Elhiymkadoshim in Giosuè 24:19 e il singolare aramaico “l’Altissimo”, Daniele 7:18,22,25) e probabilmente teraphim (solitamente preso nel senso di penati) l’immagine di un dio, usato soprattutto per ottenere oracoli. Certamente in 1 Samuele 19:13,16 si intende solo un’immagine; in molti altri passi si può intendere una singola immagine; unicamente in Zaccaria 10:2 può considerarsi naturale prenderlo per un plurale numerico.» (Wilhelm Gesenius, Hebrew Grammar).
La mia riflessione non risiede sul fatto che l’ebraismo primitivo fosse o non fosse politeista, quanto piuttosto che l’ebraismo primitivo si strutturasse come religione relativamente monoteista (monolatria), dove questo monoteismo “singolare” assumeva forma totemica. In altri termini, e rimandando ad ulteriori approfondimenti, l’ebreo si riconosce fedele ad un unico Dio, incidentalmente il più potente, ma non esclude l’esistenza per altri popoli (che di rimando sono spiritualmente diversi o inferiori) di altre divinità. Il Dio degli ebrei è il Dio dell’alleanza; il Dio che sceglie un popolo e che trova venerazione e nutrimento da immutabili rituali legati, nella loro forma originaria, al sacrificio di sangue. Questa tesi è propria anche dell’antropologo William Robertson Smith (Aberdeenshire, 8 novembre 1846 – 31 marzo 1894). Siffatta prospettiva permetterebbe di interpretare il Salmo, a mio avviso correttamente, nel seguente modo: È Iod He Vau He che, essendo il più Alto fra tutti gli Dei che governano e giudicano sulla vita e il destino degli uomini, presiede l’assemblea divina.
- Dio Trascendente e Dio Immanente
Ricordandoci di come la Bibbia, e al contempo anche il Salterio, abbia una genesi espressione di una pluralità di autori e che abbraccia un ampio periodo storico, è ovvio che mutevole è il concetto filosofico e religioso di Dio in essa raccolto ed espresso; abbiamo un Dio emotivamente e platealmente presente nella vita del suo popolo; un Dio che distrugge i nemici; un Dio che scatena cataclismi; un Dio che invia piaghe; un Dio in lotta, tramite i suoi sacerdoti, con le altre divinità; un Dio geloso del suo popolo. Al contempo, in altri passi, abbiamo un Dio che si nasconde; un Dio che si cela; un Dio irraggiungibile alle suppliche. In tale ottica possiamo vedere gli Elohim come le manifestazioni particolari di Dio e quindi come egli si mostri, tramite le opere soventi cruente, agli uomini. Ecco quindi che il Dio che presiede l’assem
“È stato stabilito contro i Giudici che deviano il giudizio e secondo l’ordine dei Salmi, sembra che anche questo canto (come il canto successivo) sia stato composto ai tempi di Yoshafat, il quale nominò Giudici in ogni città e li avvertì: “Sappiate ciò che fate, perché non l’uomo voi giudicate, ma Ha Shem ed Egli è con voi nel corso del procedimento giudiziario ed ora che sia il timore di Ha Shem su di voi” ……
“Elohim presiede la commissione dei potenti “(Tehilim 82,1): Elohim sta in piedi fra le parti in causa e i testimoni che vengono in giudizio. Essi devono stare in piedi e Elohim sta in piedi con loro. “Giudicherà in mezzo ai Giudici” (Tehilim 82,1). Egli sta anche fra i Giudici e giudica in mezzo a loro. L’atto del giudicare in mezzo ai giudici, descrive che Egli giudica in mezzo agli Elohim, cioè a dire che nel cuore dei Giudici vi è la parola di Elohim, che li avverte e dice loro: “Fino a quando giudicherete in modo ingiusto?”.
Ecco quindi come l’evidenza di questo Salmo, univocamente alla sua corretta contestualizzazione, sia riferita alla necessaria coerenza del corpo giudicante, onde prevenire lo scardinamento della vita civile del popolo, onde preservare la purezza del popolo e la sua conformità alla volontà divina che si estrinseca in quelle norme che debbono essere osservate. Sicuramente il momento maggiormente indicato per lavorare con questo capitolo del Salterio è riconducibile a quelle circostanze in cui si “teme” un giudizio, un’espressione, una condanna a noi ingiustamente sfavorevole. Al contempo è sicuramente utile, assieme al Salmo 58, utilizzare questo componimento quando siamo noi stessi a dover esprimere un giudizio compiuto verso altra persona o situazione.
(Tratto dal libro: I SALMI: Storia, Preghiera, Meditazione, Magia e Angeli)
Nota:
1 – Ecco perché nei Salmi incontriamo spesso la parola LEGGE.
Filippo Goti
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