Nel suo voluminoso studio sul pensiero cinese, il sinologo francese Marcel Granet constata come la politica ricopra un posto privilegiato per i Cinesi. Di fatto, per loro, la stessa storia del mondo non comincia prima di quella della civiltà. Essa si fonde con le biografie dei primi sovrani, a loro modo demiurghi, ma non tocca alcun tema cosmogonico. Gli esseri e le cose esistono in ragione dell’armonia (ho) istituita dai Santi Sovrani che hanno praticato l’arte essenziale della politica cinese: la Geomanzia (fong-chouei) [1].
Lo Spazio è formato in ragione del suo legame col Tempo e con il suo carattere liturgico. Esso, nello specifico, si ricollega alle assemblee di carattere religioso presiedute dal Capo a cui spetta la sistemazione dello Spazio. Lo Spazio (la Terra) è quadrato ed è diviso in quadrati. Ogni lato della Terra corrisponde ad un “oriente”. Il quadrato sacro attorno al quale si celebrano i riti rappresenta simbolicamente la totalità dell’Impero di mezzo [3]. Al di là dei quattro lati dello spazio imperiale si trovano quattro regioni che vengono chiamate i Quattro Mari [4]. In questi Mari abitano i “Barbari”. Costoro sono imparentati con differenti animali e partecipano in qualche modo alla natura delle bestie. La loro regione è uno spazio incolto, uno spazio diluito, un contenente senza contenuto (parafrasando le parole del metafisico francese René Guénon) [5]. Esso non sopporta che esseri imperfetti. È un mero spazio quantitativo (e non qualitativo) la cui estensione svanisce in virtù del fatto che non è socializzata. Non è uno spazio pieno in quanto le virtù del jen (solidarietà di gruppo) e dello yi (equità) non vi hanno trovato compiuta espressione. É una sorta di “regno della guerra”: idea che richiama la nozione islamica di Dar al-Harb (casa della guerra). Il quadrato sacro nel quale ci si riunisce per i riti non può che essere situato nella Capitale. Il luogo della sua ubicazione deve essere scelto dopo una precisa ispezione dell’estensione spaziale. Tale luogo deve necessariamente dare prova di essere un Axis Mundi: punto di congiunzione tra Cielo e Terra. Dunque, questo luogo, per la convergenza dei diversi climi e dei fiumi, deve rivelarsi il più vicino possibile al centro del mondo.
Di fatto, lo Spazio viene immaginato come composto di diversi settori corrispondenti ognuno ad una stagione che toccandosi per le punte si uniscono al centro di un quadrato formando una sorta di croce di Sant’Andrea (schema che, a suo tempo, Martin Heidegger aveva scelto per rappresentare il simbolo del Geviert: luogo di congiuzione tra Cielo, Terra, mortali e divini). Tale idea è rappresentata numericamente dal numero 5: il numero della Terra che rappresenta l’idea di gerarchia in quanto occupa il posto centrale nella serie dei numeri dispari 1, 3, 5, 7, 9. Il 5 costituisce il centro di una croce (questa volta tradizionale) e 4 sono le sue estremità. Ad esso di “contrappone” il 6, al centro della serie dei numeri pari 2, 4, 6, 8, 10 [6]. Essi, in una filosofia dei numeri, simile alla dottrina pitagorica, che a lungo ha brillato in Cina rappresentano il Cielo e la Terra che si scambiano gli attributi in una ierogamia da cui si genera l’Albero posto al centro dell’Universo: il suddetto Axis Mundi. A questo schema si può sovrapporre quello dell’insieme di cinque quadrati, l’uno dentro all’altro, in cui al centro si trova il Dominio Reale, ai confini i territori barbari e, nei quadrati mediani, i Vassalli la cui dignità si esprime attraverso la frequenza dei loro incontri col Capo che delega loro un potere da cui procede la qualità di coesione propria del territorio [7]. Il Sovrano trascorre quattro anni a ricevere i Vassalli; dopodiché egli rende le visite e percorre i feudi. Ogni cinque anni svolge un giro completo dell’Impero compiendo un viaggio regolato in modo che si trovi ad Est in Primavera, a Sud d’Estate, ad Ovest in Autunno, a Nord d’Inverno. Egli segue il cammino del Sole ed è egli stesso incarnazione del Principio Solare. Nozione che, nonostante le distorsioni della modernità, si ritrova in quel maoismo che ha riproposto l’insegnamento taoista rivestendolo di una terminologia mutuata dal marxismo-leninismo. L’identificazione del Capo con il Principio Solare è infatti un’immagine ricorrente nei canti della Rivoluzione cinese. In essi, ad esempio, si possono ritrovare concezioni di questo tipo: “Il Partito Comunista è simile al Sole; là dove esso dardeggia i suoi raggi, tutto si illumina”. Oppure: “Il pensiero di Mao è un Sole che non tramonta mai” [8]. Appare evidente come l’idea di centro abbia altresì un valore fondante per la civiltà cinese. Esso è infatti assimilabile con il concetto prettamente confuciano di “asse che non vacilla”. L’asse è la grande radice dell’Universo da cui si origina quell’armonia che è processo stesso dell’Universo [9].
Ancora una volta, volendo fare una “digressione nella contemporaneità”, l’idea di centro (asse) riflette quella del Partito che, nella Teoria delle Tre Rappresentanze di Jiang Zemin, indica/mostra: a) le direzioni e le richieste di sviluppo delle forze produttive avanzate; b) gli orientamenti di una cultura avanzata; c) gli interessi e l’unità del popolo cinese [10]. Senza considerare che gli stessi cicli quinquennali dell’Impero ricordano da vicino la programmazione economica socialista diretta dal Partito e rivolta all’innalzamento del popolo e della sua felicità. Un compito che nel mondo cinese tradizionale spettava di diritto al Sovrano “degno di tale nome”. Oggi come ieri Spazio e Tempo hanno valore reale e pieno solo nelle occasioni arricchite dalla vita in comune. Essi si condensano nel momento in cui un gruppo umano giunge a concepirsi come unità permanente e totale. Spazio e Tempo, dunque, hanno caratteri esclusivamente qualitativi e non quantitativi. L’idea di quantità, come si è già avuto modo di intuire, non ha alcun ruolo nelle speculazioni filosofiche cinesi. Questo pensiero è dominato dall’idea che il contrasto ed il congiungimento ritmico di due aspetti concreti caratterizzi l’Universo. Lo Yin e lo Yang, Basso e Alto, Terra e Cielo, Oscurità e Luce, Femminile e Maschile indicano anche aspetti antitetici delle suddette categorie. Lo Yin evoca l’idea di tempo freddo e piovoso, un cielo coperto o un versante ombroso. Mentre lo Yang risveglia l’idea di assolamento e di calore, di un versante soleggiato e, di conseguenza, la buona esposizione per la costruzione di una città. Ma la legge della contraddizione interna alle cose (la legge dell’unità degli opposti Yin e Yang) si riflette anche in quella dicotomia Occidente/Oriente che ha assunto un ruolo centrale nella scienza geopolitica sin dall’elaborazione teorica di uno dei suoi padri: Rudolf Kjellen. Il pensatore svedese, infatti, riprendendo delle nozioni derivate dalla Geografia Sacra, identificava nell’Occidente uno spazio esistenziale incline al progresso e nell’Oriente la sua diretta controparte completamente rivolta verso il rispetto della Tradizione. Tale concezione è propria anche di alcune correnti esoteriche dell’Islam che identifcano nell’Occidente la terra delle ombre e nell’Oriente la terra delle luci (idea elaborata sia da Avicenna che da Sohrawardi). Questa dicotomia nel pensiero cinese rimane più sfumata. Occidente ed Oriente, pur differenti, si compenetrano ed in qualche modo si co-appartengono (per utilizzare una terminologia heideggeriana) come la via della Destra e quella della Sinistra. Dunque, non dovrebbe sorprendere il fatto che la proiezione geopolitica cinese si sia storicamente rivolta verso le direttrici Sud/Sud-Ovest/Ovest.
Ora, se in Occidente (inteso come estremità occidentale del continente eurasiatico e non come “Occidente geopolitico” a guida anglo-americana) la Destra (il Bene) prevale sulla Sinistra (il Male); in Cina sia la Destra che la Sinistra vengono onorate, sebbene quest’ultima, identificata con l’Oriente, abbia una posizione di rilievo. Il Capo, quando accoglie i Vassalli, li accoglie con lo sguardo rivolto verso Sud, con il Nord alle sue spalle. Di conseguenza, ha l’Est alla sua sinistra (lo Yang) e l’Ovest alla sua destra (Yin). La Sinistra e l’Oriente sono il Capo, il Cielo, il Sole sorgente e vittorioso. La Destra è il Ponente: la Terra. Essa è il Femminile, l’Autunno e il raccolto. Mentre la Sinistra è il Maschile, l’attività politica, militare e religiosa. Così, l’Oriente è dominato dall’influsso dello Yang ed il Ponente da quello dello Yin. Essi rappresentano l’Alto e il Basso. Ma senza il Basso non c’è l’Alto. Una leggenda racconta di come ad Yu il Grande venne affidato il compito di regolare il mondo disciplinando i fiumi e dividendo la Terra (quadrata) in nove regioni (quadrate). Ad egli venne donato l’Hong fan (opera di Saggezza divisa in nove punti) da una tartaruga uscita dal fiume Lo. La tartaruga è l’immagine del Mondo in cui si uniscono Alto e Basso. Il suo carapace, infatti, è quadrato in basso e rotondo in alto [11]. I filosofi cinesi trasmettevano queste leggende non meno dei poeti. Queste venivano utilizzate nelle loro argomentazioni molto più delle “teorie razionali” dei dotti. Così, il carapace della tartaruga poteva essere sostituito sia dal palazzo (già ampiamente citato) che dal carro (baldacchino circolare e base quadrata) con il quale il Sovrano compie il suo viaggio verso i quattro orienti seguendo la via del Sole. Negli angoli sperduti del carro quadrato (la Terra) e non ricoperti dal baldacchino (il Cielo) dimorano gli esseri che hanno natura mostruosa o divina. Ad essi appartiene l’Occidente, contrada delle Nove Oscurità e spazio del Grande Kunlun: la montagna sacra protagonista di una nota lirica di Mao Tse Tung [12]. Questo è un luogo al contempo di luce e tenebra. Superba replica dei Cieli, sul monte Kunlun si trovano giardini pensili ed alberi che producono perle e giada. Ma qui risiede anche la Regina d’Occidente Si-wang-mou. Essa, scarmigliata come una strega, vive in fondo ad una caverna dalla quale diffonde la peste. È una Dea della Morte, ma da essa si può ottenere al contempo l’erba di lunga vita.
Note:
[1] M. Granet, Il pensiero cinese, Adelphi Edizioni, Milano 1971, p. 290.
[2] Nei Dialoghi confuciani (noti anche con il nome Analecta) si legge: “Il Maestro (Confucio) dice, la virtù contenuta nella dottrina del mezzo è dell’ordine più alto. Ma è stata a lungo rara tra gli uomini”. Concezioni simili si ritrovano in tutte le civiltà del continente eurasiatico, dal mondo persiano a quello greco. Un coro dell’Edipo a Colono di Sofocle, ad esempio, recita: “Chi vuol vivere oltre il limite giusto e la misura dimentica, cela in sé palese stoltezza”.
[3] L’insieme di queste pratiche fu raccolta nel confuciano Libro dei Riti (Liji), uno dei Cinque Classici del canone del Maestro cinese.
[4] Una simile suddivisione dello Spazio si ritrova nella geografia sacra del mondo iranico. Secondo l’idea iranica, all’origine, la terra fu instaurata come un tutto continuo, ma in seguito all’oppressione delle potenze demoniache si trovò ad essere divisa in sette keshvar. I keshvar, afferma il grande iranista Henry Corbin, più che “climi”, sono zone della terra secondo una rappresentazione analoga a quella dell’orbis latino. Il keshvar centrale è chiamato Xvaniratha (“ruota luminosa”); quello orientale Savahi; quello occidentale Arezahi; quelli meridionali sono rispettivamente Fradadhafshu e Vidadhafshu; mentre i due a nord si chiamano Vourubareshti e Vourujareshti. “Quanto alla loro posizione – scrive Corbin – essa è dedotta astronomicamente in rapporto al keshvar che è il centro, e la cui presenza è in tal modo situativa dello spazio prima di essere essa stessa situata nella spazio. In altri termini si tratta non di regioni distribuite in uno spazio dato preliminarmente, spazio omogeneo o quantitativo, ma della struttura tipica di uno spazio qualitativo”. Xvaniratha rappresenta la totalità dello spazio geografico accessibile all’uomo. Questo è stato a sua volta diviso in sette regioni secondo uno schema costruito, tra gli altri, dallo studioso iraniano al-Biruni (970-1050 d. C.). Secondo questo schema, il cerchio centrale è costituito dal paese iranico intorno al quale vengono raggruppati altri sei cerchi, tangenti tra loro e di raggio uguali, rappresentanti, a nord, il mondo slavo-bizantino ed il Turkestan; a sud, l’Arabia e l’India; ad ovest, la Siria e l’Egitto; ad est, la Cina e il Tibet. Si veda a questo proposito H. Corbin, Corpo spirituale e Terra celeste. Dall’Iran mazdeo all’Iran sciita, Adelphi Edizioni, Milano 1986.
[5] Si veda R. Guénon, Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi, Adelphi Edizioni, Milano 1982.
[6] È possibile creare due “quadrati magico-rituali”, intercambiabili, che rappresentano il simbolo solare della svastica: uno con centro 5 e l’altro con centro 6. Nel quadrato con centro 5, mentre i numeri pari, posti agli angoli, segnano le estremità dei bracci della croce uncinata, i numeri dispari occupano le posizioni cardinali. Nel quadrato con centro 6 avviene il contrario: i numeri pari sono ai posti cardinali ed i numeri dispari agli angoli.
[7] Il pensiero cinese, ivi cit., p. 123.
[8] C. Mutti, Maoismo e Tradizione, Quaderni del Veltro, Settembre 1973.
[9] Si veda Confucio, L’asse che non vacilla – Studio Integrale (a cura di E. Pound), Ghibli, Milano 2013.
[10] Testo completo del rapporto di Jiang Zemin al 16° congresso del Partito (8 novembre 2002), consultabile su www.fmprc.gov.cn.
[11] M. Granet, La religione dei cinesi, Adelphi Edizioni, Milano 1973, p. 102.
[12] La poesia recita così: “Ma io dico al Monte Kunlun; non vogliamo tutta la tua altezza / non vogliamo tutta la tua neve. / Cosa accadrebbe se sguainassi una spada così lunga da toccare il cielo / e con essa ti spaccassi in tre pezzi? / Ne darei uno all’Europa / uno all’America, / e ne terrei uno per la Cina. / Grande pace regnerebbe sulla terra / e vi sarebbe equamente freddo e caldo su tutto il globo”.
Daniele Perra
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