Tra i (molti) mali che affliggono l’uomo contemporaneo, la vigliaccheria è forse il peggiore.
È vigliacco il tirannuccio di turno che col pretesto – e le bugie – della sicurezza sanitaria colpisce a morte l’economia del Paese, già provata da decenni di malgoverno.
Vigliacco due volte quando delega i dettagli normativi agli sceriffi locali, scaricando loro la responsabilità di firmare provvedimenti del tutto illogici e fortemente impopolari.
Vigliacco cento volte, e sfacciato, è un capo di governo che minaccia pubblicamente di chiudere le palestre. Anzi no, un essere tanto cieco e spregevole non è un capo di governo, non è un capo, forse non è nemmeno un uomo, «è una merdaccia!».
È un fatto gravissimo quello a cui abbiamo assistito in diretta TV la settimana scorsa: additare le palestre come attività pericolose e a rischio non significa solo colpire economicamente il settore sportivo. Instillare sospetto, diffidenza, paura ed odio per le attività praticate in palestra, non vuol dire solo umiliare gli sportivi e una intera categoria che lavora e sopravvive grazie a tutto ciò che è legato allo sport. Sopprimere lo sport equivale a uccidere l’uomo.
L’essere umano è un insieme inscindibile di soma (corpo) e psyché (anima, mente), principio – fondamentale, persino banale, ricavabile anche dall’osservazione empirica – che ben conoscevano gli antichi.
(le proteste dei cittadini di Napoli contro le politiche anti-Covid della giunta regionale e del Governo)
Il corpo umano non è fatto per stare sul divano davanti alla TV, ad assistere passivamente allo scempio della civiltà: notiziari faziosi e notizie false e tendenziose, politicanti e giornalai ignoranti e vanagloriosi, salotti in cui si alternano borghesucci snob a immondizia sub-umana, tonnellate di programmi di cucina, orde di medici e affini che si accapigliano per un quarto d’ora di celebrità.
Il corpo umano non è fatto per star seduto al computer, nemmeno se lo scopo è nobilitarsi con il lavoro o lo studio; né per vivere col telefono in mano, costretto all’unico sfogo dei social media, ad assistere al tracollo della decenza perpetrato da scimmie decorate con la medaglia – una grossa patacca tanto appariscente quanto volgare – di “influencer”.
Il corpo umano, lo scheletro, i muscoli, tutti gli organi, compreso il cervello con la mente e i sensi, è fatto per auto-sorreggersi e per muoversi. Può camminare per chilometri, correre, saltare, sollevare pesi, può fare un’infinità di cose che spesso nemmeno riusciamo ad immaginare.
Deve farle, è la sua natura. Un corpo in movimento è un corpo vivo, in salute, è un essere umano in atto, un uomo pienamente realizzato. Un corpo che, pur potendo, deliberatamente non fa nessuna di queste cose, non può definirsi un corpo umano, non può definirsi un animale e nemmeno un vegetale (persino le piante, a modo loro, “si muovono”): è solo un’aberrazione.
“L’attività fisica fa bene”, è risaputo; è un concetto che sembra ormai acquisito e conclamato: giova ai muscoli, alle ossa, all’umore e al sistema immunitario. Lo sport è in grado di interrompere una catena patologica e mortifera: si controlla più facilmente il peso corporeo, scongiurando gravi patologie legate a comportamenti alimentari errati e pericolosi, come la bulimia, l’anoressia, l’obesità. L’obesità a sua volta incide sul sistema cardio-circolatorio, il malfunzionamento del quale è la prima causa di molte malattie, l’infarto su tutte, ma è fattore di rischio anche per il famigerato Covid-19. Muovendosi, i muscoli, le ossa e le articolazioni rimangono in buona salute, riducendo il rischio di patologie collegate e tenendoci lontano da medici e farmaci anche nella vecchiaia. Ci sono innumerevoli studi, condotti da scienziati di tutto il mondo, sugli effetti benefici dello sport sul corpo umano, dalla riduzione dello stress al miglioramento digestivo, fino alla capacità di resistenza agli attacchi virali, e così via all’infinito, non è questa la sede per elencarli tutti.
Dunque l’attività fisica è parte dell’essenza umana, è indispensabile per il corretto funzionamento sia fisico che psichico dell’organismo umano, è essenziale come respirare aria salubre, bere acqua pulita e mangiare cibo sano, tutte azioni che vanno praticate sempre, e a maggior ragione in corso di una pandemia. Impedirla – o solo minacciare di farlo – è un atto scellerato e criminale, un attentato alla vita umana. Una vigliaccata.
Scrivo dalla Sicilia: lo sceriffo regionale, nefasto delegato del tiranno nazionale, ha dichiarato che le palestre resteranno, sì, aperte, ma con forti restrizioni di orari. Risultato: si penalizzerà tutta la fascia di persone che per esigenze familiari o di lavoro possono frequentare palestre e piscine soltanto prima delle 8 del mattino o dopo le 8 di sera, cioè un sacco di gente (e un sacco di soldi).
Un capitolo a parte andrebbe aperto sul divieto assoluto – nazionale – di praticare sport di contatto. Il pretesto è il solito, stramaledettissimo, metro di distanza, ma il sospetto è ben altro…
Non è solo questa politica ad essere vigliacca, con le sue task force, le sue OMS, le sue ISS, e tutto il suo linguaggio fatto di sigle vacue, neologismi grotteschi e anglicismi obbrobriosi.
Siamo vigliacchi pure noi. Noi dovremmo protestare contro la negazione del diritto a frequentare le palestre; noi dovremmo esigere incentivi anche economici allo sport; noi dovremmo pretendere che atleti e medici ci incalzino a fare sport, che ci ricordino che esso è la miglior medicina per tutti i mali del corpo e dello spirito, che dobbiamo fare sport anche se anziani, che dobbiamo uscire, camminare, nuotare, arrampicarci.
Invece assistiamo inerti alla pantomima: gli influencer che raccomandano la museruola. Gli inetti di internet, quelli che fanno i soldi (e li fanno fare agli altri) con la semplice imposizione del telefono, fotografandosi conciati come pagliacci. Tutto regolare, eravamo vigliacchi già quando applaudivamo la reginetta dei selfie in posa spavalda davanti alla Venere del Botticelli, consacrata madrina degli Uffizi, il museo più famoso d’Italia. Si disse che andava bene così, perché “aumenta il fatturato e porta i giovani al museo”. Vigliacchi. E falliti.
Se i giovani scoprono l’esistenza degli Uffizi da una foto come quella, vuol dire che abbiamo fallito.
Abbiamo fallito come genitori, come educatori, come insegnanti e come esseri umani, poiché non abbiamo saputo trasmettere l’importanza dell’Arte – patrimonio dell’umanità – ai futuri uomini.
Si chiudano allora le scuole e le università. E non dico chiuderle fisicamente, per passare alla modalità d’insegnamento telematica, ma chiuderle definitivamente, deprivarle del ruolo istituzionale di educazione e formazione, giacché non sono più all’altezza del compito.
Casermoni pieni di fantocci imbavagliati – allievi e docenti – privi di spirito critico, incapaci di pensare, impossibilitati a obiettare, ingozzati di fandonie e nozioni sterili: ecco cos’è la scuola oggi.
Dov’è finita la conoscenza? Che n’è stato della maieutica? Che patrimonio culturale abbiamo trasmesso ai nostri ragazzi, che valori stiamo tramandando?
Vigliacca la longa manus della politica sull’istruzione, vigliacchi i dirigenti scolastici proni, vigliacchi i docenti complici e vigliacchi i genitori compiacenti.
In fin dei conti, siamo vigliacchi ogni volta che usciamo da casa, con la museruola tirata su, ben stretta.
Abbiamo paura. Di una multa, di un microbo, di uno starnuto, di morire…
No, non è vero: abbiamo paura di vivere. Vigliacchi.
Alessandra Iacono
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