L’integrità dell’animo, la potenza magica di un uomo, è ciò che induce un naturale rispetto nei suoi confronti da parte delle altre creature: il mago non s’impone con la violenza, mai prevarica con la forza: la sua realizzazione interiore incute una sorta di naturale “devozione” nei suoi confronti da parte degli altri uomini, i quali, per un sottile senso gerarchico – da tutti percepito, coscientemente o meno – offrono ad esso il proprio rispetto con piacere. E quando lo calunniano è perché egli glielo permette, vestendo le spoglie del mendicante. Per il condottiero valoroso, si moriva con onore e nella gioia, quali compagni sul campo ed in ispirito. Chi invece impone il rispetto con la violenza, o tramite la propria posizione sociale (come può essere un primario di una clinica, un preside di un istituto, un politico ecc.. che non abbiano le qualifiche interiori per rivestire un ruolo di comando) non godrà mai della vera stima da parte dei propri sottoposti (i quali sono sottoposti obbedienti e apparentemente rispettosi non per libero desiderio di servire cavallerescamente un essere superiore ma per timore d’infrangere una regola, pena la perdita del lavoro, la bocciatura a scuola, una sanzione ecc..). Il vero capo, il condottiero, il dux, è riconosciuto tale dal gruppo: non forza la sua posizione. Chi s’impone come capo è un perdente. Chi ha bisogno di guardie armate e minacce per ottenere rispetto e consenso, è l’ultimo dei vili. La potenza nel senso di realizzazione occulta di stati superiori d’essere è sentita come si sente un odore. Il profano non capirà esattamente ciò che gli sta innanzi ma, senza bisogno di capire, si metterà al proprio posto come gli elettroni si dispongono automaticamente attorno al nucleo.
Questa sinarchia naturale è assente nei macro-ambiti della società di oggi in cui viene indotto forzatamente il rispetto verso uomini vili e meschini (autorità politiche, religiose, mediche ecc..) mentre la spontaneità di un ordine sociale tradizionale, cavalleresco, basato sull’onore, sulla dignità, sulla fedeltà, sulle virtù e sul valore del proprio animo è stato annientato. Questo concetto va capito, se si vuole orientarsi nel caos moderno: ciò che nel tempo è stato chiamato ordine tradizionale, riflesso del mondo divino in terra, ordine naturale, conforme alla legge della natura che un tempo ha guidato i popoli della terra, oggi non esiste più. Anzi, non solo non esiste più ma le forze contro-iniziatiche hanno costruito una società specularmente opposta a tali princìpi: il kaly-yuga in cui viviamo è la messa in atto di questo disegno, in cui la menzogna trionfa sulla verità, l’ingiusto sul giusto, il vizio sulla virtù e così via.
Vi è di più: esso, in quanto materialistico scimmiottamento dell’Uno metafisico, rappresenta il fondo della creazione nell’esperienza materiale quale intelligenza artificiale che governa e si impone sulle masse umane. Mi spiego meglio: l’intelligenza artificiale ha violentemente preso possesso delle vite della quasi totalità della popolazione mondiale e sta tracciando, catalogando, schedando ogni comportamento e tendenza di ogni singolo essere umano che riesca ad avvicinare (ci vuole molto poco). La tendenza dei prossimi anni, voluta da una gran parte dei burattinai che stanno muovendo le fila degli eventi mondiali, sarebbe quella di delegare sempre più all’intelligenza artificiale, ai computer e ai robot le mansioni che un tempo erano patrimonio umano. Già in alcuni paesi, come la Cina ad esempio, stanno testando da tempo dei modi per far sì che un computer – e non più una corte di giudici – sia in grado di processare un uomo. Stanno inoltre delegando decisioni importanti sulla limitazione di spostamenti e acquisti per i cittadini ad algoritmi che misurano la vita virtuale degli individui: dall’elaborazione dei dati raccolti limitano o permettono, ad esempio, di utilizzare una carta di credito, di acqusitare un biglietto aereo, di concedere un prestito e così via. Contemporaneamente, da Dubai al Giappone, stanno sperimentando i primi poliziotti robot e nella nostra Italia stanno già monitorando gli spostamenti degli indivdui tramite la geolocalizzazione dei telefonini e droni che leggono le targhe delle automobili – sarà poi un computer a dire se quello spostamento era o non era legittimo e se le persone hanno tenuto o meno la distanza di sicurezza imposta dalle nuove norme dittatoriali. Questo tipo di applicazione di codesti progressi tecnologici punta a paralizzare la vita, a chiudere il recinto dell’uomo dentro schemi sempre più serrati, con regole sempre più severe e ad esacerbare il ragionamento calcolatore a scapito dell’espressione dell’anima – imprevedibile e spontanea. La società nevrotica auspicata dall’élite che lavora giorno e notte a questo diabolico pervertimento del mondo, sarebbe una società governata in toto dalle macchine: un grande computer centrale – il grande e diabolico Uno – quale manifestazione dell’anti-spirito, dell’anti-Uno-metafisico o, per dirla in termini cristiani, manifestazione dell’anti-Cristo, sarebbe il signore di un mondo piatto e grigio: nulla dovrebbe sfuggire al suo controllo e i tentacoli dell’intelligenza artificiale prenderebbero il posto dei sistemi in parte ancora analogici che oggi regolano le vite umane. Ogni espressione di vita attiva e con vene personali sarebbe soppressa: i signori che governano il mondo odiano l’uomo che col suo genio si erge sopra la massa, odiano l’uomo che con spirito eroico e olimpico manifesti un’ideale divino, odiano l’uomo quale manifestazione dello Spirito Universale incarnato in una monade particolare. Il piano contro-iniziatico che sempre più si sta palesando innanzi agli occhi dei popoli, nel regno fisico è portato avanti da ceppi di famiglie nobili e loro lacchè che sono riusciti, negli ultimi decenni più che mai, ad uniformare le masse (1): il genio, l’intelligenza intuitiva e numinosa mette loro paura, così stanno facendo di tutto per creare popoli di pecore tutte uguali, che venerano gli stessi falsi miti da loro stessi spinti e appoggiati nel mondo della musica, dello spettacolo ecc.. per poter avere in mano la vita e l’anima – l’energia – di un sempre più cospicuo numero di individui.
Oggi, le misure coercitive che cavalcano lo spauracchio del virus, misure volte a privare l’umano delle poche libertà che gli erano rimaste, sono l’emblema di un’umanità de-spiritualizzata, legata alle sole funzioni biologiche, un’umanità che si identifica soltanto col principio corporale e che è disposta a passare una vita in casa e ad essere monitorata costantemente da un Grande Fratello digitale purché le sia garantito lo stare in vita. Questa umanità che accetta tali norme non si interroga sul come starà in vita, cedendo giorno dopo giorno le proprie libertà ad un potere che finge di averla a cuore. Un tempo oggi dimenticato, gli uomini e le donne morivano gloriosamente e con gioia per un’ideale, ergevano le idee e il proprio spirito al di sopra della vita biologica stessa e avrebbero visto come un’onta tremenda barattare la propria libertà per la garanzia della sopravvivenza biologica o della salute. Dove sono, oggi, gli uomini che amano la libertà più della sopravvivenza del corpo animale? Dov’è quell’Uomo compiuto che non trema di fronte alla pestilenza, come Agrippa che girava sereno per la città infetta (2), dov’è quell’uomo che va incontro all’eventualità della malattia e della morte con schiena dritta e senza cedere un brandello della propria libertà? Questo terrore che oggi dilaga tra la gente è l’emblema dell’uomo moderno, essere incompiuto, nevrotico, non realizzato nello spirito, legato alla sola vita fisica e fatto da essa schiavo, pronto a donare le libertà per cui i propri avi hanno combattuto purché gli venga garantita una parvenza larvale di salute – e purché chi non accetti questa nevrosi venga punito. Tale uomo che trema di fronte al virus, alla malattia e alla morte ed è pronto a dare pieni poteri al cancelliere Conte-Palpatin (per parafrasare Star Wars) o al cancelliere ConteAdam-Sutler (se si vuol parafrasare V per Vendetta) purché la pandemia finisca, è il prodotto fatto e finito della modernità, omuncolo bendato e intimorito che mai potrà veder la Luce. L’uomo, oggi, è più che mai figlio dei ciechi della caverna platonica, essere ottuso che viene bastanoto a sangue e si volta per dire “grazie” al proprio aguzzino, usando le poche energie rimastegli per attaccare il Liberato che, uscito dalla caverna e rientrato senza catene per annunciare l’inganno, sprona gli imprigionati a liberarsi. Ci rendiamo conto che queste sono soltanto brevi note ed ogni argomento toccato andrebbe approfondito e sviscerato ma, poiché è nostra intenzione ora scrivere un breve articolo e non un libro, ci limitiamo a quanto esposto fin qui, con l’augurio che qualche lettore possa trovare spunti di riflessione, di indagine e di azione.
Note:
1 – Ne abbiamo accennato nel nostro precedente lavoro, cfr. L’uomo alla Luce delle Cosmogonie Arcaiche, IV capitolo.
2 – Si veda la biografia di Agrippa scritta da Arturo Reghini, in C. Agrippa, La Filosofia Occulta o la Magia, vol. I, Mediterranee.
Stefano Moggio
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