9 Ottobre 2024
Filosofia

Sull’Odio – Flores Tovo

La parola odio può significare etimologicamente repulsione, rifiuto, avversione verso chi ci è o ci è diventato totalmente estraneo, oppure rodimento intimo verso se stessi. In entrambi i casi è rivolto verso qualcuno di determinato. Tuttavia esiste anche un altro tipo di odio che è  di tipo ideologico o religioso e che si può provare verso coloro coi quali non abbiamo nulla in comune e che avversiamo totalmente pur se in modo indeterminato: un qualcuno generico. L’odio è un sentimento passionale, ha le stesse caratteristiche di temporalità e di coerenza dell’amore. Esso è travolgente e ci prende totaliter  e per questo, se lo si prova, detta i ritmi della nostra esistenza e, addirittura, se è di tipo ideologico, ci può condizionare sia nelle scelte culturali che in quelle personali. Può capitare, per esempio, che l’amico di un nostro nemico diventi, pur non conoscendolo, egli stesso un nemico.

L’odio nella nostra attuale “società”, che è in realtà diventata solo una somma di individui anonimi, ha acquisito un significato altamente negativo. Esso viene equiparato alla malvagità, alla malevolenza, alla assoluta negatività. Il filosofo Spinoza  riteneva che gli affetti primari del nostro agire pratico, che nascono dalla combinazione dei desideri e dai pensieri degli uomini, fossero la Tristezza che abbassava l’uomo ad un grado minore di perfezione, e la Letizia che comportava un passaggio verso un maggiore perfezione. Egli pensava che da essi discendevano direttamente, in ordine geometrico, amore ed odio. L’amore aumentava lo sforzo di autoconservazione (il conatus) mentre l’odio, che era parallelamente l’opposto, lo deprimeva. Spinoza, inoltre, aggiungeva tra i valori assolutamente negativi i valori cristiani quali la compassione, il perdono, il pentimento, l’umiltà, che in effetti secondo la sua visione dovevano essere considerati valori vituperati, proprio perché deprimenti del conatus. Nietzsche proprio per questo motivo si dichiarò nella “Genealogia della morale” “spinoziano”.

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Tuttavia non si può non notare che in Spinoza c’era un evidente legame con la visione manichea ed anche cristiana (soprattutto calvinista), che separava nettamente l’amore dall’odio, considerando il primo il sentimento positivo per eccellenza e il secondo l’assolutamente negativo: il che è, come si diceva, il pensiero attuale dominante.

Ma è proprio sicuro che sia così?  Se ragioniamo con una logica basata sul principio di ragion sufficiente e dell’azione reciproca si può coscientemente notare  come l’amore cristiano, che ancora oggi viene propagandato per ogni dove, abbia contribuito a far commettere in realtà delitti di ogni possibile nefandezza.  Scriveva Nietzsche in suo folgorante aforisma: “Non il loro amore per gli uomini, ma l’impotenza del loro amore per gli uomini impedisce ai cristiani di oggi di – mandarci al rogo” (Af. 104, “Al di là del bene e del male. Con quanto detto non si vuole certo condannare l’amore in sé, che è un sentimento che può dare grandi felicità.  Tuttavia esso può procurare anche grandissimi dolori, soprattutto se lo si esterna come un assoluto bene. In tal caso l’amore assolutizzato conferisce a colui che lo profferisce uno status psicologico di superiorità, perché chi ama si sente buono, mentre quelli che non amano o meglio rifiutano il suo amore sono cattivi. Se poi il buono pretende di redimere il cattivo, e questi non accetta il suo amore,  allora accade storicamente come i redentori siano apparsi tra i peggiori criminali (Nietzsche è stato un maestro nello svelare questo meccanismo) (1).

Torniamo ad esaminare l’odio e ci si ponga la stessa domanda. E’ proprio vero che l’odio generi solo malvagità?

Ci sono certamente forme di odio, rivolte verso un determinato altro, che rivelano una malvagità connaturata nell’odiante: ci si riferisce in particolare agli invidiosi o agli avidi. Costoro non vogliono vedere (in-videre e a-videre) che altri abbiano più. Shakespeare ha creato figure immortali che rappresentano queste forme di odio: fra tutti Iago e Shylock. In questi casi l’odio assume caratteristiche assai vicine ad un male metafisico. Ma, come si diceva, l’odio è una passione travolgente, nel senso che avvolge e trapassa in varie forme. Se si afferma, ad esempio,  di odiare quella persona che ha ucciso volontariamente il proprio figlio o un genitore, ebbene questo odiare naturale è malvagio? Certo l’odio è pervaso da forti pulsioni aggressive. Quindi tali pulsioni sarebbero da trattenere? Il detto evangelico  cristiano “perdona il tuo nemico” è in realtà rivolto alla singola persona a cui si consiglia, per trovare la pace con sé, di perdonare il proprio nemico personale (“inimicus”) e non certo di perdonare il nemico pubblico (hostis). L’Hagakure del samurai imponeva invece l’obbligo della vendetta. Questione di punti di vista personali, ma che non riguardavano la collettività. San Pio V ordinò ai cattolici di fare festa per una settimana dopo la battaglia di Lepanto vinta contro il Turco il 7 ottobre del 1571. Il suo successore Gregorio XIII fece altrettanto l’anno successivo dopo la strage di S. Bartolomeo il 23/24 agosto. Innocenzo X rinnegò “ad aeternum”  la pace di Westfalia nel 1648 che introduceva la tolleranza religiosa in Europa. Così erano i papi fino al Concilio Vaticano II.

In realtà l’odio è un sentimento che non può essere definito negativo, sebbene contenga forme di violenta crudeltà, poiché è assolutamente normale e giusto odiare chi ci fa del male, e chi attenta alla nostra sicurezza e al nostro benessere, che sono i bisogni elementari di ogni uomo. In natura solo le pecore non sono aggressive, ma sono protette dal pastore e dai cani, ed i Krill (gamberetti), che sono il pasto prelibato delle balene, e che però hanno una straordinaria capacità riproduttiva.

L’amore è odio, l’odio è amore sono proposizioni che prese alla lettera nel senso comune dell’intendere appaiono contraddittorie e quindi incompatibili. Ma se si pensa in modo speculativo, alla Hegel per intenderci, si può constatare, e la storia umana lo dimostra in modo inconfutabile, che spesse volte l’amore genera violenza forse più dell’odio stesso, e che l’odio rivolto contro chi arreca gravi danni contro i singoli e la comunità genera amore. Amore ed odio sono opposti e distinti, ma anche complementari e combacianti. Sono due contrari in una unità profonda ed indissolubile.

Oggi, più dell’amore, tuttavia, c’è bisogno dell’odio. Odiare chi permette la deturpazione della nostra civiltà, dei nostri monumenti e della nostra cultura millenaria, odiare chi causa violenza e minaccia le nostre case, odiare chi attenta al nostro benessere per accumulare ricchezze mai viste, odiare i degenerati che ostentano la loro degenerazione è un dovere civico. Un dovere da compiere per amore della nostra terra, della nostra stirpe e lingua (la lingua di Dante). Un dovere che chi è uomo degno di essere tale non può non sentire profondamente dentro di sé.

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Nota:

(1) Si legga, a proposito, un  libro in 8 tomi da oltre 500 pagine l’uno, scritto dallo storico tedesco K.H. DESHNER, che si intitola significativamente “Storia criminale del cristianesimo” ed. Ariele. Un libro che si ferma alla fine del 1.500 e che quindi non racconta la guerra dei 30 anni che causò 50 milioni di morti europei su 100: sempre in nome dell’amore.

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Flores Tovo

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