Una convinzione che ho maturato nei sette decenni in cui ho calcato il suolo di questo pianeta è che il moderno rito delle elezioni è cosa del tutto inutile a decidere il destino di un Paese, tranne che per dare alle masse l’illusione della sovranità. Come diceva Mark Twain, “Se votare servisse a qualcosa, non ce lo lascerebbero fare”.
Sostanzialmente, chi viene eletto per recitare la sceneggiata del potere popolare, se non si vuole vedere la carriera politica immediatamente stroncata, deve recitare un copione che non è stato certo scritto da coloro che l’hanno eletto, ma dalle scarsamente visibili lobby affaristico-finanziarie a livello mondiale, i poteri forti, quello che uno dei pochi che hanno osato manifestare qualche occasionale ribellione al sistema, l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, ha definito il Deep State, cioè il potere profondo, contro cui anche chi è nominalmente a capo della più grande potenza mondiale, non può che battersi invano.
Un’elezione può cambiare i suonatori, ma la musica deve assolutamente rimanere la stessa. Gli esempi che dimostrano questa verità sono innumerevoli. Pensiamo per esempio all’abolizione del servizio militare di leva, che ha reso la nostra difesa totalmente dipendente dalle strutture NATO in cui è del tutto inserito il nostro “esercito professionale”. Non ci ha solo resi più dipendenti da un potere estraneo, ha cancellato un’importante occasione per permettere ai giovani provenienti dalle varie parti di questa Italia “troppo lunga e stretta”, diceva Napoleone, e ancora carica di fratture nella sua compagine nazionale, di conoscersi e integrarsi, peggio, ha concorso alla diffusione di uno stile di vita sempre più imbelle e svirilizzato.
Ebbene, questa scelta, che ci saremmo aspettati attuata da un governo di centrosinistra, fu invece attuata da un governo Berlusconi con una maggioranza di centrodestra, che certamente non fece che attuare il punto di un’agenda dettata altrove.
Altro esempio, la rinuncia ad avere una nostra moneta nazionale entrando nel mefitico ambiente dell’eurozona. Tutti ricordano la subdola promessa di Romano Prodi. “Con l’euro lavoreremo un giorno settimanale in meno, e guadagneremo come se lavorassimo un giorno in più”, invece si è rivelato esattamente il contrario e la nostra economia è diventata più fragile, il tutto di certo in ottemperanza di decisioni prese “più in alto” dei vari governi italiani.
Un’ulteriore riprova di tutto ciò, se ne avessimo avuto bisogno, la avremmo avuta con le elezioni politiche del 2022 e l’insediamento del governo Meloni di centrodestra, che in un anno e mezzo non ha fatto proprio nulla di diverso da quanto avrebbero continuato a fare i governi di centrosinistra, confermandoci la verità del detto “i suonatori sono cambiati, la musica è rimasta la stessa”, e per conseguenza l’inutilità del rito elettorale.
Per prima cosa, il cavallo di battaglia del centrodestra alle politiche del 2022, ossia l’impegno a porre un freno all’immigrazione clandestina, è stato immediatamente accantonato. Poi, beh, non ci sono soldi per i servizi pubblici, la sanità, per la ricostruzione delle aree terremotate, ma se ne trovano a pioggia per mandare armi in Ucraina.
La cosa più vergognosa, probabilmente, oltre al totale servilismo verso USA e UE, è stato l’appoggio dato alla politica genocida di Israele contro il popolo palestinese, visualizzata addirittura illuminando Palazzo Chigi con i colori israeliani, e ancora di più il fatto di mistificare la legittima, umana indignazione di moltissima gente per quanto sta avvenendo oggi in Palestina, per una rinascita dell’antisemitismo di ottant’anni fa. Insomma, nulla di diverso o di meno ipocrita di quanto avrebbe fatto un governo di centrosinistra.
Il che ci conferma che gli elettori che votano hanno all’incirca la stessa possibilità di influenzare le sorti di un Paese, di quante i tifosi che seguono il calcio sul televisore di casa ne abbiano di influenzare l’esito di una partita.
Semmai, una certa utilità, una tornata elettorale la può avere in termini di sondaggio, per tastare il polso degli umori di un Paese, ed è appunto in quest’ottica che vorrei ora esaminare quanto è emerso dalle recenti elezioni europee e amministrative.
Il dato più evidente, sebbene non sia una sorpresa, perché rappresenta la manifestazione di una tendenza di lunghissimo periodo, emerso dalle elezioni europee, è la crescita dell’astensionismo che, fatto storico, in questa consultazione ha stavolta superato la soglia della metà degli aventi diritto al voto, coinvolgendo oltre il 51 per cento degli elettori.
Ci dicono che questo è tipico delle democrazie mature, ma questo, a sua volta, cosa significa, tranne il fatto che quanto più una democrazia ha una lunga storia alle spalle, tanto meno cittadini si illudono che l’esercizio del voto serva a cambiare qualcosa?
L’altro dato che colpisce, è che nelle elezioni amministrative che hanno accompagnato la tornata europea, e soprattutto nei ballottaggi seguiti due settimane dopo, la maggioranza di centrodestra che sostiene il governo, è uscita chiaramente battuta. Questo significa forse che la lunga luna di miele tra l’opinione pubblica nazionale e il centrodestra meloniano è finita.
D’altra parte, sarebbe ridicolo parlare di vittoria del centrosinistra, data la crescita dell’astensionismo che ormai coinvolge oltre metà dell’elettorato, questa consultazione non è stata una gara a chi acquisisce maggiori consensi, ma a chi ne perde di meno.
Se andiamo a esaminare come si è modificato il quadro della situazione partito per partito, il primo dato che occorre registrare, è, in casa leghista, il sostanziale fallimento dell’operazione Vannacci, perlomeno nel senso che la candidatura del generale ha sì portato a un lieve incremento di voti (sempre, s’intende, in termini non assoluti ma percentuali, cioè proporzionalmente ai voti effettivamente espressi, che si vanno sempre più riducendo per tutti, senza escludere che in termini assoluti esso possa essere stato pari a zero o negativo), ma assolutamente non nella proporzione che ci si aspettava, e che Salvini aveva più volte pronosticato, tanto che la Lega non solo non ha rimontato il distacco rispetto a Forza Italia, ma visto aumentare ancora la distanza.
Il generale Roberto Vannacci, con il suo libro Il mondo al contrario ha certamente dato voce a sentimenti profondi nell’opinione pubblica italiana, o almeno in quella parte di essa che non si fa più ipnotizzare e spingere a decisioni autolesioniste e suicide dalle astrazioni della sinistra, riguardo a immigrazione e gender ha avuto semplicemente il coraggio di dire le cose come stanno, di rappresentare il comune sentire di chi non vive in una visione del tutto deformata della realtà, nel mondo al contrario della sinistra post-comunista, e ciò gli ha guadagnato una discreta fetta di consenso presso l’opinione pubblica.
Qui è anche il caso di sottolineare che la presa di distanza espressa nei suoi confronti dall’attuale ministro della difesa Crosetto, che, ricordiamolo, è stato co-fondatore assieme a Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia, dimostra una volta di più che questa formazione non ha nulla a che spartire con noi.
Ma c’è un grosso ma, Vannacci risulta anomalo rispetto alla Lega. Io devo qui richiamare brevemente quanto ho scritto in Le nuove mutazioni. Il tentativo salviniano di far abbandonare alla Lega le velleità separatiste per trasformarla in un “normale” partito di destra, ha coinciso con la perdita di quell’identità forte che l’aveva sin qui caratterizzata nel fluido panorama politico italiano, e con una vistosa perdita di consensi. È probabile che lo “zoccolo duro” leghista sia ancora sostanzialmente separatista, cosa che mal si concilia con l’impostazione “nazionale” di Vannacci, e che questi le abbia fatto perdere voti quasi quanti gliene ha fatti guadagnare.
Forza Italia è in un certo senso il fenomeno più sorprendente. Nata come partito personale di Silvio Berlusconi, ha negli anni conosciuto un declino politico esattamente parallelo al declino fisico del suo leader dovuto all’età. Con la scomparsa del suo leader, ci sarebbe stato da aspettarsi che sparisse del tutto, invece, non solo ciò non è avvenuto, ma è in lenta risalita, o forse i suoi elettori sono sempre gli stessi, ma beneficiano di un peso crescente grazie al restringimento del corpo elettorale dovuto alla crescita dell’astensione.
Io non credo che ciò sia merito di Tajani che ne ha ereditato da Berlusconi la segreteria, un uomo che mi sembra desolatamente privo di carisma, ma penso si tratti di un fenomeno diverso, una resipiscenza tipicamente italiana per il modo in cui Berlusconi è stato trattato dalla magistratura e dai media infeudati a sinistra, quando era in vita. La stessa cosa che vediamo sta accadendo con il ricordo di Craxi.
La novità più vistosa nel campo della sinistra è stata il crollo dei Cinque Stelle, scesi improvvisamente sotto la soglia del 10 per cento. Tuttavia, sebbene quello fondato da Beppe Grillo si sia rivelato un partito-truffa che ha celato il suo essere di sinistra dietro una presunta trasversalità che gli ha permesso in passato di catturare consensi anche in altre aree, a mio parere c’è poco da rallegrarsene.
È infatti evidente che i voti persi dai Cinque Stelle si sono trasferiti pari pari in Alleanza Verdi e Sinistra, e il perché di ciò è anch’esso molto chiaro, il fatto che quest’ultima formazione ha candidato, e disgraziatamente portato al Parlamento Europeo Ilaria Salis. Potremmo dire che con l’operazione Salis, a Fratoianni è riuscito quello che non è riuscito a Salvini con l’operazione Vannacci.
E’ del tutto ovvio che questa estremista rossa condannata in Ungheria per la partecipazione a un reato violento, l’aggressione da parte di un gruppo di “compagni” contro due militanti di destra che sono stati ridotti in fin di vita (e questa gente, tra l’altro, è tanto coraggiosa da non agire mai se non in condizioni di netta superiorità numerica), e trasformata dalla sinistra con la sua solita ipocrisia in un’icona, una martire o una madonnina, non è una figura minimamente confrontabile con quella del generale Vannacci, ma sappiamo ormai per lunga esperienza che la realtà concreta delle cose ha pochissimo o nessun peso per un cervello di sinistra.
Quella di usare l’immunità parlamentare per togliere delinquenti dalle galere dove dovrebbero stare, è una vecchia prassi della sinistra. I più anziani ricorderanno il nome di Salvatore Moranino, un “eroe” della resistenza che, oltre a essersi lordato le mani di parecchio sangue innocente, era uso a denunciare alle SS i movimenti delle unità partigiane non comuniste, e anche chi ha qualche anno di meno ricorderà quello di Pietro Valpreda, l’anarchico che fu il vero responsabile della strage di piazza Fontana, che allo stesso modo il PCI tolse dalla galera prima che di essa fosse falsamente accusato lo “scomodo” editore Franco Freda (un eccellente e “democratico” modo, tra l’altro, per tappare la bocca a chi la pensa diversamente), e si desse il via a un’interminabile vicenda giudiziaria grottesca e kafkiana.
Questo istituto dell’immunità parlamentare è nato nel XIX secolo all’epoca delle rivoluzioni liberali. A quel tempo, serviva a impedire che i sovrani, dopo essere stati costretti a concedere costituzioni e parlamenti, potessero alterare le maggioranze parlamentari facendo incarcerare gli oppositori, ma oggi, in un contesto storico del tutto diverso, viene a significare “Noi onorevoli, noi privilegiati, noi casta, noi potere, siamo al disopra di tutto, anche della legge”.
Ma il problema più grave è un altro. Se la Salis è stata eletta al Parlamento Europeo, significa che qualcuno, e non pochi l’hanno votata. Sappiamo che “i compagni” hanno la testa piena di astrazioni e di illusioni, ma ugualmente stupisce che siano così privi di senso etico da sentirsi rappresentati da una delinquente finita in carcere per la partecipazione a un’azione dagli intenti assassini.
In realtà, la spiegazione c’è. Questa sinistra post-comunista che oggi ha abbracciato con entusiasmo da neofita i dogmi economici del neoliberismo, è rimasta comunista a livello di mentalità profonda, e uno dei tratti tipici del comunismo è proprio la sostituzione dell’etica con l’ideologia, ideologia che a sua volta non solo non disapprova, ma prescrive la soppressione fisica degli avversari politici.
L’etologia l’ha più volte dimostrato, e a questo proposito è impossibile non ricordare l’immenso lavoro compiuto dal grande Konrad Lorenz, naturalmente non un sistema di norme preciso e dettagliato fissato per iscritto, ma quello che potremmo definire un comune sentimento etico, la percezione di ciò che è bene e di ciò che è male, è largamente comune a tutte le culture umane.
Ebbene, il comunismo è riuscito proprio ad abolire questo sentimento etico largamente comune, ha dimostrato di essere ciò che, non metaforicamente ma tecnicamente, si può definire come perversione. Le ultime vicende ci dimostrano che questa perversione è ancora ben viva nella sinistra sedicente post-comunista.
Chiuderei commentando un’immagine che ci viene dalla convocazione del neonato Parlamento Europeo. Ilaria Salis si è fatta fotografare di fianco a Carola Rakete, del pari eletta in quota alla sinistra tedesca. Certamente ve la ricordate questa traghettatrice di allogeni clandestini sulle nostre coste, tanto per favorire e rendere più rapida la sostituzione etnica a nostro danno. Io penso che la Rakete debba essere considerata a tutti gli effetti una nemica dell’Italia, e, come dice il proverbio, “chi si somiglia, si piglia”.
Nemica, anzi nemiche dell’Italia, come lo è tutto ciò che oggi si nasconde sotto varie etichette più o meno ipocrite, ma che un tempo compariva sotto il simbolo truce e sanguinario della falce e martello.
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