Il comandante francese Farge, rimasto isolato con un suo reparto in una zona raggiunta dai tedeschi telefona al suo comando: “Siamo perduti, ma abbiamo fatto il nostro dovere. Ora siamo circondati dai tedeschi ed è necessario che il punto tra cui ci troviamo sia fortemente battuto. Ordinate alla nostra artiglieria di tirare contro di noi!”.
In questa illustrazione, Beltrame ricorda un episodio avvenuto sul fronte occidentale nelle fila degli alleati francesi. Mi piace ricordare questo atto di eroismo anche se non fu compiuto da un italiano, contrariamente i francesi dimenticano spesso quanto siamo stati loro vicini durante il primo conflitto mondiale e preferiscono far studiare ai loro studenti, solo l’invio delle truppe francesi in Italia dopo Caporetto per arginare l’avanzata tedesca.
Fu invece in Francia, nella battaglia della Marna, che si decise il destino dell’ Europa: la velocissima avanzata tedesca attraverso il Belgio, l’immobilizzarsi del fronte, la guerra di trincea, le battaglie interminabili, e i rinforzi vennero proprio da noi.
Non si tratta certo di rifare in questa sede la conta di chi offrì più vite per la causa e vedere se furono più francesi o italiani a morire nella battaglia, si ricorda, semplicemente, un evento della nostra storia comune che spesso viene sottaciuto o ricordato con sufficienza.
Nel 1918 dalla primavera fino all’autunno avanzato, cioè fino alla vittoria, i tedeschi sferrarono attacchi in maniera continuativa e sistematica verso la linea del fronte francese, puntando, in uno sforzo finale, a raggiungere Parigi. I nostri soldati mandati a difendere la linea alleata, furono ben 40.000.
Verso la metà dell’estate il generale Ludendorff , essendo oramai giunto a meno di cento chilometri dalla capitale francese, scagliò l’ultima e decisiva offensiva impegnando tutti gli uomini a disposizione appoggiati da una possente artiglieria. I primi in linea a fronteggiare il nemico, che disponeva di forze nettamente superiori, furono proprio gli Italiani. La linea fu salvata resistendo agli attacchi per ben diciannove volte. Le truppe, agli ordini del generale Albricci, risposero con coraggio, con totale sprezzo del pericolo e portarono anche sette contrattacchi per scoraggiare il nemico dilagante. Nella regione di Champagne ove avvennero le battaglie, alla fine si contarono cinquemila morti e almeno altrettanti feriti. Una carneficina, di cui tuttora ci si può rendere conto visitando il cimitero militare di Bligny.
Pierre Milza, storico francese, racconta il significativo caso di un soldato italiano che ha combattuto al fianco dell’ esercito francese. Lazare Ponticelli, morto il 20 gennaio 2008 a 110 anni, ha ricevuto i funerali di Stato a Parigi, in presenza dell’allora presidente Nicolas Sarkozy e di Jacques Chirac. Ponticelli era nato nel 1897 a Bettola, un villaggio dell’Appennino emiliano che aveva abbandonato per emigrare in Francia. Arruolatosi a sedici anni come volontario nella Legione straniera, nel 1915 transitò nell’ esercito italiano e combattè fino al termine del conflitto come alpino. Tornato in Francia , in occasione del conferimento della Legion d’Onore, rifiutò una futura tumulazione al Pantheon dicendo “Non è giusto farmi questo onore, non per me, ma per tutti quelli che sono morti prima di me”.
E’ emblematico che la Francia , immemore del nostro “aiuto” , abbia reso onore al modesto ed eroico rappresentante italiano quale “ultimo superstite” dei veterani francesi della Grande Guerra.
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