Capitolo 2°
L’Academia Secretorum Naturae
Ma oltre alla vita religiosa del convento, il Pignatelli dovette preoccuparsi di proseguire in quegli studi cui l’aveva iniziato il filosofo di Stilo. Ebbene, quali erano i circoli napoletani che fra Tommaso avrebbe potuto frequentare per soddisfare la sua curiosità e la forte sete di sapere?
In primo luogo troviamo l’Accademia dei Segreti fondata da Giovan Battista della Porta (1535-1615) (1) nel 1560 e chiusa nel 1578 quando però non era più ufficialmente operativa, per sospetto di eresia, dall’autorità vice-reale su ordine di Paolo V°.
Giovan Battista della Porta (1535-1615)
Giovambattista aveva pubblicato nel 1558 l’opera “Magiae naturalis sive de miraculis rerum naturalium libri IV” che gli valse la notorietà europea, ma anche l’accusa di stregoneria, opera che però già circolava negli ambienti colti napoletani.
Affresco con Seth ed Iside all’ingresso dell’Accademia dei Segreti di Napoli (1589)
“Erano tre i fratelli Della Porta, di antico e distinto lignaggio e di cultura ed erudizione maravigliose, Gio. Vincenzo, Gio. Battista e Gio. Ferrante; – scrive Luigi Amabile – parrebbe che un altro loro fratello a nome Francesco, primogenito, fosse morto giovanotto. (…) abitavano alla piazza della Carità, in quella casa posta a sinistra della Chiesa, dove da lungo tempo oramai si vede un albergo. Tutti e tre i fratelli erano amantissimi di lettere, e forse perché Pitagorici pregiavano grandemente la musica, fino ad aver tenuto a lungo in casa loro Filippo di Monte, a que’ tempi celebrato scrittore di musica; ma gli amici notavano maliziosamente che nessuno di loro avea potuto mai acquistare una buona intonazione nel canto. La loro casa fu sempre il luogo di ritrovo dei letterati napoletani e forestieri, e mano mano che ciascun fratello v’istituì qualche collezione, può dirsi che dall’intera Italia, come dalla Francia, dalla Spagna, dal Belgio, dalla Germania, dalla Polonia, non venivano uomini culti che non si dessero premura di visitare Pozzuoli e di essere ricevuti in casa Della Porta, non solo per le collezioni che vi si ammiravano, ma principalmente per l’erudizione che vi si apprendeva; giacchè possedevano una Biblioteca molto ricca, e non per semplice lusso, non essendovi volume che non avessero percorso, ritenendone ogni parte con una prontezza che facea stordire, sicchè erano gli arbitri di ogni quistione erudita. (….) Quanto a Gio. Battista Della Porta, tutti sanno che egli si spinse assai più in alto. Studiò presso Gio. Antonio Pisano medico e filosofo riputatissimo, e gli si mostrò grato dedicando una delle sue opere al figliuolo di lui: fu ricercatore infaticabile, e all’amore per le buone lettere e per la drammaturgia unì la cultura della matematica, della fisica, dell’alchimia, di tutte le scienze naturali; fu anche vaghissimo della medicina, ed amante oltremodo della magia, dell’astrologia, delle scienze divinatorie in genere, ma combattendo la magia demoniaca e fondando la così detta da lui magia naturale. Tutti sanno che per lo meno contribuì potentemente all’invenzione del cannocchiale e della camera oscura, notando anche varii fenomeni fisici di alta importanza, che investigò e raccolse da ogni lato, percorrendo anche tutta l’Italia, la Francia, la Spagna, ma sempre con una tendenza verso il maraviglioso e lo strano, che veramente fa gran torto a lui e gran pena a chi si fa a leggere i suoi numerosi libri. Il Gran Duca di Toscana gli mandò il suo medico Punta per averne secreti; il Duca di Mantova Vincenzo Gonzaga si trattenne un pezzo in Napoli e ne frequentò sempre la casa; infine Rodolfo II Imperatore (nel 1604) gli scrisse e gli mandò il suo cappellano Cristiano Harmio per sollecitarlo che gli spedisse qualche suo discepolo pratico dell’arte. Ed egli allora, dopo di avere pubblicate tante opere ed avendone pure altre fra mano, si decise ancora a scrivere quel libro della Taumatologia etc. rimasto incompiuto e inedito. Ci asteniamo dal parlare delle sue opere, della sua Accademia de’ Segreti, della sua partecipazione all’Accademia de’ Lincei di Roma. Appena menzioneremo che egli ebbe un processo di S.to Ufficio, procuratogli certamente dall’astrologia giudiziaria ed esercizio de’ pronostici: (…) Il Campanella, giovane ed infiammato scrittore di una nuova filosofia che accennava ad essere sperimentale, oltracciò venuto da Calabria con la mente già eccitata verso la magia e le arti divinatorie, non poteva non frequentare la casa de’ Della Porta e non avervi lieta accoglienza. Verosimilmente le arti divinatorie e i pronostici furono il soggetto di molte conversazioni, trovandosi il Campanella sotto l’impressione dell’altissimo pronostico fattogli dall’Ebreo; ma a noi è pervenuto solamente il ricordo della conversazione (non disputa pubblica) avuta con Gio. Battista intorno al non potersi dar ragione della simpatia ed antipatia delle cose, come Gio. Battista aveva scritto nella Fisognomia, “mentre esaminavano insieme il libro già stampato”, la quale conversazione, oltre a una disputa pubblica avuta altrove precedentemente, diede occasione al Campanella di scrivere l’opera De sensu rerum; in quest’opera c’è talvolta il ricordo di qualche altro discorso passato tra lui e Gio. Battista, come p. es. a proposito delle formazioni dendritiche dell’argento. Ebbe inoltre il Campanella a profittare egli pure de’ consigli e de’ rimedii, che Gio. Battista dispensava ed amministrava personalmente a coloro i quali andavano a consultarlo; ne diremo or ora qualche cosa. Presso i Della Porta anche dovè conoscere Giulio Cortese, Colantonio Stigliola, Gio. Paolo Vernalione.; ma lo vedremo del pari citato insieme allo Stigliola e al Vernalione a proposito di un discorso passato tra loro intorno alla vicina fine del mondo, allorchè venne per la prima volta in Napoli poco avanti la congiura; avremo quindi campo di parlare di tutti costoro a tempo e luogo più opportuni. Dicemmo che il Campanella ebbe a profittare de’ consigli e rimedii di Gio. Battista Della Porta. Egli medesimo infatti, nella sua opera Medicinalium, ci lasciò scritto che guarì subito da una infiammazione di occhio mediante un collirio meraviglioso che il Della Porta usava, e che gl’instillò con le sue mani in presenza di molte persone. (…) Non dubitiamo quindi questa prima composizione dell’opera De sensu rerum sia stata essenzialmente quella medesima che oggi possediamo ricomposta. E dobbiamo notare che l’influenza del Della Porta riesce evidente in essa anche così ricomposta come ci è pervenuta, vedendovisi abbondare lo strano e il maraviglioso ad esuberanza; ma pure, in ispecie nel 4° libro che rappresenta la Magia, dove naturalmente il nome del Della Porta figura più volte, il Campanella comincia col fargli l’appunto che ha trattato quella scienza “solo historicamente senza rendere causa”, e soggiunge che “lo studio d’Imperato(2) può esser base in parte di retrovarla”. D’onde si vede che egli voleva la Magìa fondata sulle nozioni positive della storia naturale, e dava la più grande importanza al celebre Museo, che Ferrante Imperato teneva in sua casa, presso l’attuale palazzo delle Poste già de’ Duchi di Gravina, e che egli avea dovuto visitare come del resto lo visitavano tutte le persone non ignoranti che venivano a Napoli. Succede all’opera De sensu rerum il Carme Lucreziano De Philosophia Pithagoreorum, ispiratogli dalla lettura di Ocello Lucano e de’ detti di Platone: intorno ad esso sappiamo che non era di poco rilievo, poichè costava di tre libri; così difatti trovasi registrato ne’ documenti sopra citati, vale a dire negli elenchi delle opere del Campanella da lui medesimo formati ed annessi ad alcune sue lettere e ad un memoriale al Papa. Viene infine l’Esordio di una Nuova Metafisica co’ tre principii della necessità, fato ed armonia, che riteniamo avere avuto propriamente per titolo De rerum universitate; giacchè di un’opera appunto con questo titolo vedremo fatta menzione nel documento già citato del tempo in cui il Campanella passò a Firenze, e poi ancora in tutti gli altri elenchi delle sue opere che diè fuori durante la sua prigionia di Napoli, senza che nel Syntagma apparisca mai. (…) Considerata l’enorme mole dell’opera dell’Amabile è lecito dedurre da queste brevi note la straordinaria influenza che i Della Porta e la loro Accademia esercitarono sulla cultura napoletana con significativi riflessi su quella europea ed è suggestiva la notizia che lo stesso Campanella si ispirò a loro nella stesura de “Del senso delle cose e della magia”.
All’Accademia dei Segreti erano ammessi solo coloro che avessero dimostrato di conoscere i segreti naturali; nel 1563 aveva pubblicato i quattro libri “De Furtivis Literarum Notis, Vulgo De Ziferis”. Scrive Della Porta che l’accademico, oltre ad essere mago, deve essere anche astronomo, filosofo e matematico:
“…Che non sia ancora ignorante della Medicina, perché è molto simile ed hanno quasi parentela con quella, e sotto spetie di medicina incominciò a subintrare ed allettare le menti degli huomini, e ci porge ancora molto ajuto… Bisogna essere ancora molto intelligente della natura de’ semplici, cioè non semplice herbolajo, ma gran investigator delle piante..,.Né è cosa più disconveniente ad un’artefice non conoscer bene gli istrumenti de’ quali si serve; anzi questo giudicamo tanto importante che quasi di qua dipenda il tutto. Né men bisogna haver esatta cognizione di metalli, di minerali, delle gioie e delle pietre. Oltre a ciò stimo che ognuno debbia chiarissimamente saperequanto giovi saper l’arte del distillare, imitatrice della celeste pioggia…”
E’ del 1589 la ristampa a Napoli, in venti libri, della seconda edizione della Magia Naturalis, nella quale trattò la demonologia, la magia e il magnetismo. La prima edizione dell’opera di Campanella “De sensu rerum et magia” fu completata nel 1592 e fu riscritta in italiano nel 1604 l’anno prima che nascesse Pignatelli e quando ancora era vivo Della Porta essendo quest’ultimo deceduto a Napoli nel 1615. Bernardino Telesio, (4) autore del “De sensum natura” era morto a Cosenza nel 1588.
Per Della Porta bisogna che l’operatore della magia naturale “non sia ancora ignorante della Medicina, perché è molto simile ed hanno quasi parentela con quella, e sotto spetie di medicina incominciò a subintrare ed allettare le menti degli huomini, e ci porge ancora molto ajuto… Bisogna essere ancora molto intelligente della natura de’ semplici, cioè non semplice herbolajo, ma gran investigator delle piante. Né è cosa più disconveniente ad un’artefice non conoscer bene gli istrumenti de’ quali si serve; anzi questo giudicamo tanto importante che quasi di qua dipenda il tutto. Né men bisogna haver esatta cognizione di metalli, di minerali, delle gioie e delle pietre. Oltre a ciò stimo che ognuno debbia chiarissimamente sapere quanto giovi saper l’arte del distillare, imitatrice della celeste pioggia …. ” (5)
La sapienza ermetica e la magia naturale giunsero al Della Porta attraverso una corrente arcana della quale parla anche Lebano (6) nelle sue opere. Di questa Napoli occulta, terra misteriosa ed esotericamente privilegiata, si sa molto poco e quel poco, giunto fino a noi tramite prescelti e legittimi esponenti, è gelosamente custodito. In quest’ottica, la medicina e la spagiria sono terreni privilegiati del magistero magico ed è quindi naturale che, oltre alle più grandi ed universali figure di mago, come il Della Porta, le tracce più consistenti dell’alchimia napoletana, per tutto il periodo che si snoda a cavallo tra la seconda metà del XVI secolo e la prima del XVII, siano state trasmesse a medici e farmacisti. Tanto per citare un caso più recente e più prossimo a noi noto: Izar (al secolo il napoletano Pasquale de Servi) che iniziò Kremmerz (Ciro Formisano) all’ermetismo era un farmacista.
L’alchimia fu uno dei principali interessi del Della Porta; ad essa vi dedicò molto tempo fin dalla prima stesura della Magia naturale, ma per lui l’alchimia, di là di ogni lettura simbolica, è anzitutto esperienza, descrizione di dati sperimentali ed indicazioni pratiche. L’esperienza alchimistica secondo Della Porta si deve leggere piuttosto nella complessa concezione magico-astrologica, nella strutturata costruzione filosofica che attraverso magia, alchimia, astrologia, fisiognomica e numerologia doveva condurre il sapiente alla riscoperta dei meravigliosi effetti dalla natura prodotti dentro e fuori dell’uomo.
Come definire la prossimità di questi uomini dal punto di vista temporale e geografico? Pura coincidenza? Chi avrebbe il coraggio di chiamare “coincidenza” tutto ciò? Ma è chiaro che dal rogo di Campo dei Fiori del 1600 era partita una tale onda di luce e di energia da poter travolgere le mura delle città e i cumuli di malafede e di ignoranza che si erano addensati sull’intelligenza del nostro popolo e che avevano oscurato le menti, i cuori e la sensibilità dei suoi figli migliori. Quindi, non “coincidenza” ma consapevolezza che era giunto il momento di risuscitare dal deposito occulto della nostra sapienza antica la pura scienza trasmessaci dai nostri padri. Tutto si fece, si disse e si scrisse in quei pochi decenni e sull’urto di quell’onda prodigiosa di idee vacillarono papi e tremarono regni ai papi fedeli.
L’Academia Secretorum Naturae in italiano si chiamava Accademia dei Segreti: Accademia dei Misteri della Natura. Come abbiamo visto l’Accademia aveva la sede nella casa di della Porta nel fabbricato Due Porte di Napoli, così chiamato in riferimento a due ingressi di caverne. “I candidati per l’adesione dovevano presentare un fatto nuovo nella scienza naturale, come condizione di appartenenza”, ma per il resto l’adesione era libera e aperta.
Dell’ accademia dei Segreti ci rende una testimonianza (arricchita da contenuti chiaramente simbolici) Girolamo Ruscelli nel Proemio all’edizione del 1567 dei suoi Secreti:
“Quando io habitava nel Regno di Napoli, pochi anni innanzi ch’io venissi a Venetia, in una illustre città di quella provincia, trovandomi nella compagnia di XXIIII persone particolari, Et con esse il Principe et signor della terra, si diede principio ad una onorata Academia Filosofica, la qual per molti degni rispetti volsero che fusse et si chiamasse Secreta, la quale andò tuttavia procedendo felicemente di bene in meglio…Primieramente noi fummo XXIIII compagni particolari, tre Signori et capi nostri, cioè il Principe Signor della Terra, un suo parente et un ministro, che tutti insieme eravamo al numero di XVII…”.
L’Accademia si riuniva in seduta collettiva settimanale in quella speciale casa di cui abbiamo già parlato, appositamente costruita dal Principe, bellissima così di dentro come di fuori, che gli Accademici avevano risolto di chiamare Filosofia. E, naturalmente, la costruzione, nel rispetto del simbolismo ermetico, era dotata di tre piani, tre porte di ingresso e tre scale per i piani superiori. “L’intention nostra” scrive il Ruscelli “era stata primieramente di studiare et imparare noi stessi, non essendo studio né altro essercitio alcuno che più sia vero della filosofia naturale, che questo di far diligentissimo inquisitione, et come una vera anatomia delle cose et dell’operationi della Natura, in se stessa…”. La sua attività passò sotto l’oggetto di un indagine ecclesiastica e per ordine di papa Paolo V nel 1578 l’Accademia fu chiusa in sospetto di stregoneria.
In particolare Giovan Battista della Porta era stato accusato da Jean Bodin di essere un “mago venefico”, più esattamente un “grand Sorciere Neapolitain” per aver insegnato nella prima edizione della “Magia Naturalis” a preparare gli unguenti delle streghe e perciò meritevole di essere arso vivo sul rogo. Nonostante ciò era vivo in Napoli il ricordo del Della Porta il quale, prima di dar vita alla sua “Accademia dei Segreti”, aveva probabilmente frequentato l’Accademia Filosofica “Secreta” fondata da Girolamo Ruscelli nel 1540 e patrocinata dal principe Ferrante Sanseverino, patrizio accusato di aveva ideato una rivolta antispagnola e che si era rifugiato in Francia per sfuggire all’impiccagione e dove morì solo e abbandonato da tutti.
Quanto al Ruscelli, non meno terribili furono le sue vicende familiari e sempre per lo stesso motivo: la lotta all’inquisizione e al dominio spagnolo, per i cui ideali il proprio cognato Teofilo Panarelli era stato impiccato e bruciato a Roma nel 1572. Vista la similitudine degli argomenti che si studiavano nell’Accademia con quelli che aveva insegnato il Campanella nelle lezioni in carcere ai suoi discepoli è verosimile pensare che dopo la partenza dello stilese per Roma, il giovane Pignatelli si sia rivolto ad altri al fine di proseguire negli studi iniziati. Tra le materie oggetto di quelle lezioni e meritevoli della nostra attenzione primeggia, accanto all’astrologia, l’alchimia. E tra gli studiosi di alchimia i più diligenti e dedicati erano quasi tutti originari dalla stessa regione del nostro giovane frate, la Calabria. Oltre a ciò, le conversazioni più avvincenti erano di carattere politico ed era fresca nella memoria di tutti il processo e il supplizio di Tommaso Campanella, accusato di aver capeggiato una rivolta contro gli spagnoli in combutta con il turco infedele, rivolta che avrebbe preso il via in Calabria fino a giungere a Napoli dove si sarebbe dovuta concludere con l’abbattimento della tirannia spagnola. Non c’era casa o convento napoletani in cui questa amara vicenda non fosse entrata e non avesse fatto parlare di se al punto che il popolo napoletano in più occasioni aveva mostrato il suo malcontento per il trattamento che l’autorità spagnola aveva usato contro gli accusati della presunta ribellione.
E’ naturale presumere che anche un semplice accenno a questi fatti non poteva essere espresso pubblicamente. La monarchia iberica gettava in carcere tutti coloro che venivano semplicemente sfiorati dal sospetto di aver simpatizzato con i rivoltosi o di aver tramato contro la persona del re e la grave accusa di lesa maestà significava andare incontro a sicura morte. Per quanto a Napoli non mancassero a Pignatelli le persone con cui incontrarsi e i luoghi dove proseguire gli studi che egli prediligeva, il suo pensiero costante era rivolto sul suo maestro partito per Roma, finché non prese la decisione più giusta, quella di raggiungerlo nella Città Eterna. A Roma Tommaso Campanella era stato messo in libertà nel 1629 e viveva ritirato nel convento di Santa Maria sopra Minerva.
Ed è qui che il giovane frate lo raggiunse agli inizi del 1631.
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Note:
(1) Luigi Amabile, Fra Tommaso Campanella la sua congiura, i suoi processi, la sua pazzia, Napoli,1882.
Scrive “L’Irpinia”del 3-6-2019 nella“Dignità politica e rigore morale nella figura di Luigi Amabile”: In margine alle ricerche campanelliane aveva intanto avuto modo di far luce su un altro oscuro episodio di storia napoletana: La congiura del domenicano Tommaso Pignatelli condannato a morte nel 1634 per delitto di lesa maestà. Si rivelò ricercatore infaticabile diligentissimo raccoglitore e ordinatore di documenti, raro conoscitore degli organi di governo e del funzionamento del sistema amministrativo e giudiziario, sicuro biografo di una folla di personaggi di vario rilievo sì che le sue opere sulla vita di Tommaso Campanella di Tommaso Pignatelli e sull’Inquisizione sono ancora oggi non solo punto di riferimento obbligato di partenza per quanti vogliono studiare e approfondire tali argomenti ma più generalmente utilissima introduzione e – per chi pazientemente ne scopre le ricchezze talora celate nelle lunghe note e nelle ampie appendici – efficace insperato sussidio allo studio della storia napoletana durante il dominio spagnolo”.
(2) Ferrante Imperato (Napoli, 1550 – Napoli, 1631) è stato un farmacista e naturalista italiano. Sull’importanza di questo personaggio torneremo più avanti.
(3) Della Magia Naturale del Signor Gio. Battista Della Porta napolitano. Libri XX Napoli 1677, libro I pp. 9-10.
(4) Bernardino Telesio (Cosenza 1509-15889) la sua opera più importante: De rerum natura iuxta propria principia.
(5) Della Magia Naturale del sig. Gio. Battista Della Porta napolitano libri XX, Napoli, Bulifon, 1677, pag.4.
(6) Giustiniano Lebano (Napoli, 1882-1910) Tra le tantissime opere lasciateci spicca Del Mistero e della Iniziatura e altri scritti.
Roberto Sestito (continua…)