Di Fabio Calabrese
Non si tratta affatto di una tematica nuova, ma sarà bene tornare a parlarle una volta di più, poiché è un problema riguardo al quale nei nostri ambienti mi sembra regni molta pericolosa confusione. Spesso nella nostra “area” si trovano atteggiamenti di islamofilia che sono originati dall’avversione, perfettamente giustificata, per il sionismo e l’americanismo.
Se ci spostiamo di poco in ambienti non proprio “nostri” ma in qualche modo contigui, “di destra” o “leghisti”, vediamo che su questo aspetto ci troviamo all’estremo opposto, l’avversione, anch’essa pienamente giustificata, nei confronti dell’islam, spinge spesso ad assumere atteggiamenti filo-occidentali, filo-americani o addirittura filo-sionisti, ricalcando le posizioni, “la rabbia e l’orgoglio” della non rimpianta Oriana Fallaci.
Questa giornalista, antifascista viscerale, radicale più o meno chic, già staffetta partigiana nei suoi remoti anni giovanili, era quanto di più lontano possiamo immaginare da tutto ciò che possiamo considerare “nostro”, tuttavia, io penso che nel giudicare l’islam e la diffusione del fondamentalismo islamico contemporaneo un intollerabile rigurgito di barbarie, avesse perfettamente ragione.
A mio parere, l’essere islamofili per avversione verso l’american-sionismo o filo-americani e filo-sionisti per avversione verso l’islam, è come bere l’arsenico per dimostrare che non ci piace il cianuro o viceversa.
Ai popoli che sono sotto l’attacco di USraele non possiamo far mancare la nostra solidarietà, il popolo martire palestinese innanzi tutto, e poi l’Iran, ma questo – direi – NONOSTANTE siano popoli islamici, sul significato della cui cosa ci sarebbe comunque da discutere, perché tra i Palestinesi c’è una non trascurabile componente cristiana e l’Iran appartiene al ramo sciita del mondo islamico, e sappiamo bene che gli sciiti sono nel mirino del fondamentalismo islamico sunnita ad esempio in Yemen. In compenso, ad esempio l’Arabia Saudita, forse il più ortodosso e retrivo degli stati islamici, è buona amica degli Stati Uniti.
Essere islamofili è un assurdo logico: una religione totalizzante come l’islam non ammette condivisioni parziali; o ci si sottomette a essa completamente, oppure si è comunque miscredenti, infedeli, kafir. L’islamofilia è un fenomeno recente, e non so se gli islamici abbiano coniato un termine per indicare essa e gli islamofili. I comunisti ne avevano creato uno per indicare i “compagni di strada” occasionali, che mi pare perfetto per indicare anche gli islamofili: UTILI IDIOTI.
Ammettere che american-sionismo e islam ci sono entrambi estranei e nemici, significa ammettere che ci troviamo fra due fuochi, un tipo di ammissione certo spiacevole, ma è meglio prendere atto di una realtà sgradevole piuttosto che nascondere la testa nella sabbia.
Riguardo all’islam, occorre sottolineare che l’esistenza di un “islam moderato” corrisponde più a un pio desiderio da parte nostra che non a qualcosa che sia effettivamente reale. Si ignora o si vuole ignorare che il corano prescrive ai suoi accoliti di MENTIRE agli “infedeli” presentando un’immagine pacifica e benevola dell’islam là dove esso non sia in condizioni di prevalere su di loro con la forza.
Riguardo a questo punto, io devo esprimere un ringraziamento al nostro amico Joe Fallisi che mi ha segnalato un ampio articolo di Gregory M. Davis, Dar al-Islam e dar al-harb: La casa dell’Islam e la casa della Guerra, comparso in italiano su di un sito dal nome bizzarro: “L’immigrante bestemmiante”, è il testo è di un’importanza tale che non è possibile fare a meno di citarne un ampio stralcio:
“Le ingiunzioni violente del Corano e i precedenti violenti di Muhammad sono le basi per la visione Maomettana della storia e della politica. I Maomettani dividono il mondo in due sfere di influenza, la Casa dell’Islam (dar al-Islam) e la Casa della Guerra (dar al-harb). Islam significa sottomissione, quindi la Casa dell’Islam indica quelle nazioni che si sono sottomesse al dominio Maomettano e ubbidiscono alla Sharia. Il resto del mondo, che non accetta la Sharia e non è sottomesso, esiste in uno stato di ribellione o di guerra contro la volontà di Allah. E’ obbligo del dar al-Islam portare la guerra contro il dar al-harb finchè tutte le nazioni non si sottometteranno alla volontà di Allah e non accetteranno la Sharia. Il messaggio dell’Islam al mondo non-Maomettano è sempre lo stesso fin dai tempi di Muhammad: sottomettetevi o sarete conquistati. Gli unici momenti dai tempi di Muhammad in cui il dar al-Islam non è stato in guerra contro il dar al-harb sono stati quelli in cui il mondo Maomettano era troppo debole o diviso per combattere.
Le pause nella guerra che la Casa dell’Islam ha dichiarato contro la Casa della Guerra non indicano un abbandono della Jihad, ma un cambiamento strategico. E’ accettabile per una nazione Maomettana dichiarare la hudna, tregua, nei momenti in cui le nazioni infedeli sono troppo forti per potere fare guerra aperta.
La Jihad non è un assalto suicida, nemmeno mentre i Maomettani “uccidono e vengono uccisi” (Sura 9:111). Negli ultimi secoli il mondo Maomettano è stato troppo frammentato politicamente e troppo inferiore tecnologicamente per minacciare direttamente l’Occidente. Questa situazione sta cambiando.
Dato lo stato di guerra tra i due mondi, mentire sistematicamente agli infedeli è una parte integrante delle tattiche maomettane. Ripetere a pappagallo in tutto il dar-al-Harb che “L’Islam è una religione di pace” e che la violenza Maomettana è solo nelle menti malate dei fanatici, è una tecnica di disinformazione tesa a convincere il mondo infedele ad abbassare la guardia.
Ovviamente, ci sono dei Maomettani che credono sinceramente che la loro religione sia “pacifica”, ma solo perché sono ignoranti riguardo ad essa. Una eccezione è quella del teorico Egiziano Sayyid Qutb, che postulava nel suo “Islam and Universal Peace” che la vera pace nel mondo si avrà quando l’Islam lo conquisterà del tutto.
Una cosa importante è che ci sono molti Maomettani che definiscono l’Islam una religione di pace nel dar-al-Harb, mentre non ce ne sono nel dar-al-Islam. Un apostata Maomettano mi suggerì una prova da far fare a quegli occidentali che credono che l’Islam sia una religione di “pace e tolleranza”. La prova è provare ad affermare ciò in un qualunque angolo di strada di Ramallah, Riyadh, Islamabad, o in una qualunque città del mondo Maomettano. Mi ha assicurato che non sopravviverebbe cinque minuti.
{Un} problema riguardo la legge {per i Maomettani nel dar al-harb} nasce dall’antico principio legale Islamico del taqiyya, una parola la cui radice significa “rimanere fedele”, ma che in effetti significa “dissimulazione.”
Non è difficile capire che le implicazioni della taqiyya sono estremamente insidiose: in pratica è impossibile negoziare o comunicare con il dar al-Islam. E’ovvio che una comunità che si ritiene in guerra voglia ingannare gli avversari riguardo ai propri mezzi e alle proprie intenzioni.
Nei momenti in cui la forza superiore del dar-al-Harb richiede che la Jihad agisca in modo indiretto, la tendenza naturale di un Maomettano verso gli infedeli sarà quella di ingannare e nascondere. Rivelare francamente che il dar-al-Islam intende conquistare e saccheggiare il dar-al-Harb, proprio mentre esso ha maggior potere militare, sarebbe un atto di idiozia.
Fortunatamente per i Jihadisti, molti infedeli non sanno leggere il Corano e non si informano sulla figura di Muhammad, così che si fanno ingannare dalle omissioni e dalle citazioni selettive che danno l’impressione di una “religione di pace”. Un infedele che desidera credere in questa fantasia continuerà a crederci, dato che conosce solo una manciata di versetti accuratamente selezionati per fare apparire Muhammad come un uomo di grande pietà e carità. Basta scavare un po’ in profondità per scoprire l’inganno.
il concetto di “al-Taqiyya” è parte integrante dell’Islam, La parola “al-Taqiyya” significa letteralmente: “Nascondere o mentire sulle proprie opinioni, strategie, idee, convinzioni e/o idee religiose in un momento di pericolo, sia immediato che futuro, allo scopo di salvarsi da danni fisici o mentali”. In una parola, “Dissimulazione.”
Rifiutare la al-Taqiyya significa rifiutare il Corano”.
Punica fides, dicevano i Romani parlando di un popolo assai affine a quello in mezzo al quale è nato l’islam, rilevandone l’atavica propensione alla falsità e all’inganno. Dovrebbe essere chiaro che “l’islam moderato” è frutto della Taqiyya, la tendenza a ingannare gli “infedeli”, non solo non sentita come colpa, ma addirittura prescritta dal Corano. “L’islam moderato” esiste realmente solo nella testa di coloro che nel mondo non mussulmano non si rendono conto o non vogliono rendersi conto per paura che spinge a nascondere la testa nella sabbia, di che cosa sia realmente la religione del Profeta.
Non è qualcosa che ci viene completamente nuovo, è un atteggiamento che già conosciamo, il chiaro equivalente della RIMOZIONE PSICANALITICA di cui il comunismo sovietico era oggetto (e beneficiava) ai tempi della Guerra Fredda, quando da molti “occidentali” veniva trattato, si fingeva di considerarlo un’ideologia rispettabile invece dell’oppressivo sistema di tirannidi dalle mai venute meno intenzioni aggressive verso il mondo non comunista che in effetti era. Oggi la storia si ripete, e coloro che credono, si sforzano o fanno finta di credere all’islam moderato, probabilmente sono spesso gli stessi che allora si sforzavano di non vedere l’altra minaccia ai nostri confini orientali.
L’islam fondamentalista non è solo un rigurgito di barbarie che sarebbe dovuta sparire dalla storia umana con l’invenzione della scrittura, non è solo incivile, intollerante, ignorante, fanatico, violento verso chi non lo condivide, brutale verso le donne, ostile alla ricerca scientifica e via dicendo, è soprattutto oggi “la bandiera” della maggior parte delle genti allogene che stanno invadendo l’Europa.
Da questo punto di vista voglio essere chiaro: la contrapposizione religiosa penso c’entri poco o nulla. Fatte salve (ma fino a che punto?) le convinzioni religiose di ciascuno, ciò che ci deve premere innanzi tutto di conservare, è l’etnia europea, la sopravvivenza dell’uomo caucasico, “bianco”, la NOSTRA discendenza nelle generazioni future, e da questo punto di vista, se la massa degli immigrati che oggi raggiungono l’Europa fosse prevalentemente cristiana, non cambierebbe un bel nulla.
E’ razzismo questo? Solo se per razzismo si vuole intendere il normale istinto di autodifesa di una comunità o di un popolo: non ci si propone di sottomettere né tanto meno di sopprimere le etnie, le “razze” altrui, ma solo di permettere la sopravvivenza della nostra.
Occorre, bisogna dirlo, rendersi conto che le concezioni cristiano-democratiche-marxiste non sono, al riguardo, altro che pericolose utopie. L’ambiente, la cultura, l’apprendimento, non fanno di un essere umano quello che è, non possono se non, in una certa misura, modulare quel che già esiste a livello di potenzialità innate, che sono date dall’eredità biologica. Non è diverso da quel che succede in tutto il mondo vivente: il terreno, l’irrigazione, l’esposizione al sole, la temperatura, possono far sì che una pianta possa crescere più o meno rigogliosa, ma non potranno mai fare in modo che da un seme di mela si sviluppi un pero; allo stesso modo, un figlio di extracomunitari cresciuto o anche nato in Italia, non sarà mai “un italiano” dalla pelle un po’ più scura. O si pone un argine all’immigrazione, o il nostro destino è quello di essere soppiantati e basta.
Gli islamofili per avversione verso l’american-sionismo allo stesso modo di coloro che sono “occidentali” per avversione verso l’islam, dimenticano una cosa fondamentale, che gli uni e gli altri possono accordarsi ai danni dell’Europa e degli Europei in quel che a tutti gli effetti non è un confronto a due, ma una tragica partita a tre.
Lo si è visto bene nella crisi della ex Jugoslavia, dove una coalizione NATO-islamica ha cercato, peraltro senza riuscire ad annientarla definitivamente, di “spezzare le reni alla Serbia”.
Noi oggi abbiamo una serie di testimonianze che ci danno un quadro estremamente chiaro di cosa è oggi la Bosnia e di cosa è diventato il Kosovo strappato alla Serbia sotto l’egida della NATO e in mano ai mussulmani di etnia albanese. La seconda parte di questo saggio sarà in gran parte dedicata a focalizzare la drammatica situazione che l’aggressione alla Serbia da parte della (apparentemente!) innaturale coalizione NATO-islamica ha creato nei Balcani, ed il rischio a cui essa espone tutti noi.
Per prima cosa, però sarà bene chiedersi come sia stata possibile una simile alleanza apparentemente innaturale. Sarà forse bene, per prima cosa, richiamarci a un saggio di cui vi ho già parlato, Ebrei, islam e orientalismo già apparso sulla prestigiosa “National Vanguard” di Irmin Vinson. In esso, a differenza di molti altri che si sono occupati delle stesse tematiche, l’autore non nasconde il fatto che nella millenaria contrapposizione tra mondo islamico e “cristianità” europea che passa attraverso l’espansione califfale, le crociate, la reconquista iberica, la nuova espansione ottomana, il contrasto religioso non è che la maschera di un conflitto etnico, questo è un punto che emerge con estrema chiarezza:
. “Da un punto di vista cristiano, la Reconquista fu l’espulsione graduale, dall’XI e fino al XV secolo, degli infedeli musulmani dall’angolo sudoccidentale della Cristianità; in termini razziali, essa è stata letteralmente una guerra razziale contro i Mori, condotta da spagnoli, francesi e portoghesi, la cavalleria della Comunità bianca. In termini semplici, comprensibili a tutti, indipendentemente dall’appartenenza politica, è stata la fine di una dominazione straniera”.
Più chiari di così non si potrebbe essere, una chiarezza che squarcia come ragnatele le elucubrazioni di quanti hanno pensato e pensano di rivolgersi all’islam per avversione verso una religione estranea che del pari si è diffusa nel mondo europeo, i seguaci dell’ultimo Guenon in testa, l’adesione all’islam è per noi Europei inaccettabile; quel che l’islam ha condotto e continua a condurre da secoli contro la cristianità/Europa non è un conflitto religioso, ma, Vinson lo dice a chiare lettere: guerra razziale.
Riguardo ai tristi tempi attuali, Vinson scrive:
“Il massiccio venir meno della volontà di sopravvivenza degli Europei … ha permesso la crescente invasione islamica che ancora una volta muove all’assalto del nostro continente, questa volta senza incontrare (almeno fino ad ora) qualsiasi significativa resistenza. E non vi può essere dubbio che la vecchia visione occidentale dell’Islam come qualche cosa di alieno e ostile, una reazione ragionevole alla lunga storia delle invasioni musulmane, è stata quasi interamente sradicata. Quando la NATO decise di aiutare i terroristi musulmani nel Kosovo bombardando i Serbi a Belgrado, questa decisione, nominalmente occidentale, fu un chiaro segnale del venir meno di un’antica auto rappresentazione culturale. Ogni considerazione sul fatto che i Serbi sono europei e i Musulmani alieni ed estranei era svanita”.
Parole sulle quali occorrerebbe una profonda riflessione: “occidentalismo” giudeo-americano e islam non sono che le due branche di una tenaglia che sta stritolando l’Europa, e si tocca con mano tutta l’insensatezza da parte nostra del parteggiare per l’una o per l’altra.
Ciò che a questo punto rimane da capire, è il perché la resistenza che l’uomo europeo ha saputo manifestare per tanti secoli rispetto all’invasione allogena islamica, sia durante il periodo arabo califfale, sia durante quello ottomano sia oggi venuta meno, e prima ancora la “rappresentazione culturale” come ci dice Vinston del fatto che l’allogeno islamico ci è estraneo e nemico, e sarà il tema che affronteremo nella seconda parte di questo lavoro, oltre ad esaminare gli effetti della nuova, pericolosissima islamizzazione dell’area balcanica, ma fin d’ora non è difficile capire che essi sono in buona parte legati all’americanizzazione che il nostro continente ha subito e sta subendo per effetto della dominazione americana. Ci troviamo, appunto, tra due fuochi.
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