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div style="line-height: 115%; text-align: justify; text-indent: 19.85pt;">Il fatto è che qui il potere mondialista deve aver sbagliato i suoi calcoli, perché la Russia uscita dalle macerie dell’Unione Sovietica si è rimessa in piedi e ha ricominciato a riprendere il posto di grande potenza planetaria ben prima di quanto ci si aspettasse, e questo offre una RELATIVA protezione al cristianesimo ortodosso almeno in quella non piccola area di mondo che va da Kaliningrad a Vladivostok. Se nel cristianesimo c’è qualcosa che possiamo chiamare realmente tradizionale, non si trova nel cattolicesimo ma qui. Non è possibile, ad esempio, non ricordare l’altissima testimonianza morale di Aleksander Solgenitsin.
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Tradizione, cristianesimo, mondialismo
- by Fabio Calabrese
- 24 Gennaio 2014
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- 11 anni ago
Di Fabio Calabrese
Il nostro Joe Fallisi è una persona che, tanto meglio conosco tanto più scopro l’affinità del suo spirito con il mio. Ultimamente, ha postato su facebook una domanda che forse nella sua per nulla ovvia semplicità, è la più seria e importante che ci si possa porre nei confronti del cosiddetto pensiero tradizionale: come è possibile che quella tradizione primordiale che dovrebbe stare a fondamento di tutte le forme di spiritualità, finisca poi per incanalarsi nella gora putrescente del pensiero abramitico?
Una risposta non può, purtroppo, essere semplice e diretta come la domanda. Almeno in parte, io penso, la si può trovare in un’affermazione di Max Weber, il padre della sociologia: “Le istituzioni tendono a creare uomini che credono in esse”.
E’ abbastanza chiaro cosa significhi? Immaginiamo un’antica sovversione, un “bolscevismo dell’antichità” che a un certo punto prende il potere su di un vasto ecumene. Immaginiamo pure che sia la cosa più anti-tradizionale concepibile, che attacchi l’ordine sociale, i rapporti di fedeltà tra il cittadino e la propria “polis”, gli stessi rapporti familiari, che sia venuto a mettere “il figlio contro il padre, a moglie contro il marito, il fratello contro il fratello”, che sia pure riuscito a provocare la dissoluzione di un potente impero.
Bene, ciò non toglie che dal momento in cui sarà riuscito a prendere il potere, a diventare istituzione, a protrarre il proprio dominio per secoli, avrà anche plasmato persone nella sua mentalità, persone che non guarderanno o leggeranno attraverso le sue lenti deformanti un passato che si allontana nel tempo, e vedranno in esso “la tradizione”.
Naturalmente, i primi a essere perseguitati come sovversivi ed eretici, saranno coloro che saranno rimasti fedeli o cercheranno di riallacciarsi all’antica tradizione, coloro che rimpiangeranno la grandezza del passato impero che si era posto la missione (siamo sempre nel regno dell’ipotesi) di “dare leggi al mondo, debellare i superbi, perdonare i vinti”, e che nei suoi momenti di grandezza era stato all’altezza di questo compito.
Uomini come quelli che avranno portato al potere l’antica sovversione nella nostra ricostruzione ipotetica, non nutriranno alcun interesse per la verità e la coerenza, saranno interessati soprattutto al mantenimento del potere, al consolidamento e all’espansione dell’istituzione, saranno falsi, untuosi, “preteschi” e non avranno scrupolo a impadronirsi delle vestigia morte dell’antica tradizione, ad esempio, ornandosi dei titoli formali di ciò che hanno distrutto come – per esempio – “romano pontefice”, a presentarsi come i continuatori di ciò che hanno usurpato, oppure andando incontro al popolino trasformando in “loro” santi le antiche divinità e in “loro” festività le antiche ricorrenze troppo radicate per essere cancellate, che so, facendo diventare l’antica celebrazione del solstizio invernale il compleanno del loro messia che nessuno in realtà sa quando sia nato (e nemmeno se sia davvero esistito).
Sull’antica sovversione si sarà incrostata una patina di tradizione, ma il nucleo sovversivo di questa dottrina sarà sempre lì, pronto a manifestarsi di quando in quando, ad esempio con una rabbiosa opposizione “guelfa” al tentativo di riportare in vita l’antico impero. E poi basterà, magari a oltre mille anni dalla presa del potere, che un monaco si accorga dello scarto che esiste tra la dottrina originaria e la prassi concreta dell’istituzione, per rimettere in discussione tutto quanto.
A questo punto, facilmente, l’originario spirito sovversivo riprenderebbe vita e vigore al di fuori dell’istituzione e, almeno in un primo momento, contro di essa. Esso potrebbe, attraverso altri uomini e istituzioni, intraprendere una nuova ascesa al potere, per diventare qualcosa di simile a ciò che oggi conosciamo come il moderno movimento mondialista, il movimento della modernità, dell’anti-tradizione.
Se qualcuno volesse vedere in questa ricostruzione ipotetica delle analogie con la storia del cristianesimo e dell’Europa negli ultimi due millenni, sarebbe difficile smentirlo.
A questo punto, non è difficile capire cosa mai siano questi tradizionalisti cattolici: puramente e semplicemente dei conservatori, gli ultimi epigoni di un modo di pensare che ha dominato l’Europa per secoli, e che non capiscono o si rifiutano di capire che il nostro tempo non lascia ormai altra scelta che accodarsi all’ondata della modernità, del “progresso”, del mondialismo, o ribellarsi ad essa in nome del legame primordiale con i nostri antenati, riscoprendo le leggi eterne del Sangue e del Suolo.
Ciò dove costoro sbagliano, è soprattutto la convinzione che la Chiesa cattolica possa offrire resistenza al mondialismo e al potere planetario che quest’ultimo ha ormai costruito dietro le quinte degli stati ancora teoricamente sovrani, o semplicemente che voglia farlo. Non può e non vuole, per diversi motivi, il primo dei quali, è che ne condivide lo stesso DNA cosmopolita. Oggi l’immigrazione selvaggia e incontrollata dal sud del mondo, e di questo ci sono prove a pacchi, è uno strumento accortamente manovrato per portare alla distruzione dei popoli europei. Forse che dalla Chiesa è mai venuta una parola contro di essa? Ma scherziamo! Quelle che abbiamo sentito sono solo le solite giaculatorie buoniste sulla solidarietà e l’accoglienza, questo per due motivi: il primo che il cristianesimo è per sua natura cosmopolita e portato a negare il principio di nazionalità, il secondo è che solo tra genti scarsamente acculturale come quelle che provengono dal sud del mondo la Chiesa può sperare ancora di arruolare nuove torme di fedeli e nuovi adepti per i ranghi ormai sempre più assottigliati del clero.
C’è un’altra ragione di fondo che non è stata adeguatamente sviscerata: quando noi parliamo di cattolicesimo, parliamo di una realtà in cui l’aspetto istituzione è nettamente preminente sull’aspetto dottrinale, o quest’ultimo esiste in funzione del primo. Non affronterà mai frontalmente un potere più forte, e farà di tutto per non rendersi conto dell’intenzione di quest’ultimo di sradicarla. Essa ha una lunghissima tradizione, per dirla con padre Dante, di “puttaneggiar coi regi”, di mantenere il proprio potere a forza di compromessi e transazioni morali.
Durante la seconda guerra mondiale, nell’attesa di sapere quale sarebbe stata la parte vincitrice dell’immane conflitto, la Chiesa cattolica ha dimostrato un’abilità davvero ammirevole nel tenere il piede in due scarpe. C’erano prelati che guardavano con simpatia all’Asse in nome della crociata contro il bolscevismo, altri invece che guardavano con simpatia agli Alleati in nome della crociata antifascista, ma in realtà si trattava di un gioco delle parti, e il papa Pio XII copriva tutti con una politica debitamente ambigua.
Dopo il conflitto, i prelati pro-Asse rientrarono silenziosamente nei ranghi, mentre gli antifascisti furono premiati per aver puntato sul cavallo vincente, fra questi, quello che nel periodo prebellico era stato forse il più accanito esponente dell’antifascismo ecclesiastico, il cardinale Roncalli, che diventò il successore di Pio XII.
Roncalli, Giovanni XXIII, allo stesso modo di Bergoglio oggi, fu molto abile a costruirsi un’immagine di ingenua paciosità, era invece un politico raffinato, che ha guidato la Chiesa nella spregiudicata operazione nota come Concilio Vaticano Secondo, il cui significato – sebbene chiarissimo – sembra ancora sfuggire a molti. Tuttavia lo si comprende subito se si tiene a mente la situazione degli anni ’60. La seconda guerra mondiale si era conclusa non solo con la rottura dell’alleanza fra i vincitori, ma con il comunismo staliniano in atteggiamento aggressivo di conquista verso il “mondo libero” mentre il mondo occidentale era arroccato in una posizione puramente difensiva. Di lì a poco la decolonizzazione aveva portato all’emergere quasi dappertutto nel Terzo Mondo di regimi filo-sovietici o apertamente comunisti, comprese le Americhe (Cuba). Come se non bastasse, le stesse società occidentali erano percorse da fremiti, malcontenti, atteggiamenti di ribellione di cui le sinistre sapevano abilmente approfittare, e che da lì a poco sarebbero esplosi nella contestazione del ’68. Ce n’era abbastanza di che pensare che la “guerra fredda” si sarebbe potuta concludere relativamente a breve con la vittoria planetaria del comunismo.
La Chiesa conciliare fece ciò che era consono alla tradizione ecclesiastica, ciò che la Chiesa aveva sempre fatto nei secoli: prepararsi a saltare sul carro del vincitore!
Grazie al Cielo, grazie a qualche dio che certamente non è quello apparso a Mosè sul Sinai, almeno stavolta “lo spirito santo” aveva preso una solenne cantonata.
La Guerra Fredda si è conclusa, come tutti sappiamo, col disfacimento dell’Unione Sovietica, con “la vittoria” della parte occidentale. O meglio, il potere mondialista che stava dietro a entrambe, a un certo punto ha deciso di far prevalere il puro potere economico su quel barlume di ansia di giustizia sociale che era stato alla base del comunismo, così come durante la seconda guerra mondiale era stato decretato che le ragioni dell’oro schiacciassero quelle del sangue.
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Quando si costruisce qualcosa di positivo, occorre impegnarsi molto per non vederlo disperdere dall’incalzare degli eventi, ma il male va raramente perduto: quelle stesse trasformazioni introdotte nella Chiesa in vista dell’abbraccio col comunismo, la rendono oggi funzionale agli interessi del potere mondialista, e/o forse hanno innescato un processo destinato a non fermarsi, come una reazione a catena.
Come ha scritto Alfonso Piscitelli in un bel saggio “Perché non possiamo non dirci pagani”, “La verità è che il cristianesimo dei nostri tempi da un lato sta riscoprendo la sua autentica radice ebraica e si sta liberando di ogni sovrastruttura greco-romana, dall’altro sta spostando il suo baricentro fuori dall’Europa”.
Una Chiesa sempre più ibrida, sempre più meticcia, sempre meno europea, che sempre più fuori dall’Europa recluta le sue maestranze, ogni giorno più lontana dall’animo europeo, da quella tradizione europea che in certi momenti, ammettiamolo pure, ha parzialmente e provvisoriamente incarnato. Una Chiesa aperta a tutto e a tutti, meno che alle tradizioni europee e allo spirito dell’Europa, che ha trovato in Bergoglio il suo uomo-simbolo. I tradizionalisti cattolici non vogliono rendersene conto, ma è da mezzo secolo che hanno perso non solo la loro battaglia, ma la loro ragion d’essere.
Tuttavia, questo al potere mondialista ancora verosimilmente non basta. Guardiamoci intorno senza nasconderci dietro un dito: la concentrazione del potere economico in poche mani, in un unico centro planetario, non basta, non è che uno strumento: noi vediamo che o strumento economico viene usato per provocare crisi, nell’illusione di uscire dalle quali, gli stati nazionali sono obbligati a cedere pezzi sempre più consistenti della propria sovranità a quell’istituzione-truffa che è la UE, che non rappresenta l’Europa ma è uno strumento per dominarla.
Che la maggiore autorità religiosa e morale del mondo occidentale sia rappresentata da qualcosa che non è interamente sotto il suo controllo, questa per esso è un’anomalia da ridurre. Ecco dunque che le varianti storiche della religione cristiana vanno soppiantate dalla nuova fede dell’Occidente, il giudeo-cristianesimo, sintesi di due delle tre religioni abramitiche, a cui l’islam dovrebbe finire per accodarsi, sebbene al presente esistano delle frizioni.
E’ curioso che debba essere io a rilevare questa situazione dalla quale il cattolicesimo dovrebbe finire per essere travolto, laddove gli intellettuali tradizionalisti cattolici non sembrano rilevare il pericolo: si mobilitano contro il paganesimo e contro il buddismo ma sembra non abbiano il coraggio di dire una parola contro l’islam e nemmeno accorgersi del neo-giudaismo mondialista strisciante, e non parliamo solo di fanatici come don Nitoglia, ma anche di intelletti fini come Maurizio Blondet.
In realtà però, è logico, ad accecarli è prima di tutto una visione distorta delle cose: credono ancora che la Chiesa abbia sulle società europee la stessa “presa” che aveva all’indomani del Concilio di Trento, e la convinzione di essere guidati da un magistero infallibile li rende ciechi alle minacce che alla Chiesa sono portate dall’interno.
Storicamente, il cristianesimo si presenta diviso nelle tre varianti cattolica, ortodossa, protestante. Il protestantesimo, sebbene suddiviso in una molteplicità di varianti, specialmente sotto la specie del calvinismo “made in USA” E’ GIA’ di per sé giudeo-cristianesimo, è quasi totalmente veterotestamentario, e veramente ci vuole una considerevole faccia tosta per proclamarsi cristiani quando non si tiene praticamente in alcun conto il Nuovo Testamento. E’ piuttosto di un neo-giudaismo che si dovrebbe parlare. Si può ricordare che non molti anni fa la pellicola “La passione di Cristo” di Mel Gibson è andata incontro alle critiche più feroci, compresa quella – sempre buona per tutti gli usi – di antisemitismo. Gibson ha avuto la pessima idea di ricordare ai suoi connazionali che ebraismo e cristianesimo non sarebbero esattamente la stessa cosa. Veramente non si può far altro che convenire con Silvano Lorenzoni quando afferma che “Un calvinista è un ebreo in tutto, fuorché nel nome”. Questo è talmente vero nella pratica, che tra i calvinisti americani si sta persino diffondendo la prassi di far circoncidere i figli.
Delle tre varianti del cristianesimo, quella PER ORA meno minacciata di un totale assorbimento nel giudeo-cristianesimo mondialista, è quella ortodossa, ed è certamente questa la ragione dell’ODIO che il mondialismo manifesta verso di essa, odio che ben si è visto nella crisi della ex Jugoslavia con l’appoggio NATO all’innaturale alleanza fra cattolici croati e mussulmani bosniaci contro i serbi ortodossi, nella mancata solidarietà alla Russia contro il terrorismo islamico, nella simpatia con cui i media occidentali hanno sostenuto gruppi e comportamenti blasfemi come quello delle Putsy Riot.
Riguardo al cattolicesimo, il potere mondialista ha sviluppato una strategia di attacco-assorbimento doppia: esterna e interna. La prima forma attualmente è quasi abbandonata, mentre la seconda è in pieno corso perché, evidentemente, si dimostra molto più efficace.
Se voi ricordate, qualche anno fa, la Chiesa cattolica era bersaglio di attacchi molto violenti che sfruttavano certe sue “debolezze” delle quali stranamente oggi non si parla più: i preti pedofili, la ricchezza accumulata dal Vaticano con metodi non certo trasparenti, la collusione dello IOR, la banca vaticana, con la criminalità organizzata, certe istituzioni come le famigerate “Madleine” in Irlanda che hanno praticato una vera e propria forma di schiavismo verso certe categorie come le ragazze madri. Tutto ciò, beninteso, era assolutamente reale e pedofilia e corruzione continuano a imperversare ancora adesso nella Chiesa, ma il punto da cogliere è, come mai cose che esistevano da secoli e tutti facevano finta di non sapere, sono venute fuori tutte insieme in quel momento?
Un’altra più subdola forma di attacco, è stata rappresentata dalla creazione artefatta di un “nuovo modello” di cristianesimo costruito pescando tra i cascami di un esoterismo artefatto, che abbiamo visto presentato nel brutto romanzo di Dan Brown “Il codice Da Vinci” e nell’ancor più brutto film che ne è stato tratto, l’uno e l’altro pompati mediaticamente a un successo planetario del tutto sproporzionato al loro reale valore.
Tuttavia, questa strategia è stata in gran parte abbandonata: meglio, per il potere mondialista, conseguire i suoi scopi senza provocare resistenze, gradualmente e inavvertitamente, la penetrazione interna si è rivelata molto più efficace, e lo snodo principale di essa è stata proprio l’elezione al seggio pontificale di Bergoglio. Bergoglio è l’uomo del mondialismo dentro la Chiesa, una Chiesa la cui “missione spirituale” si riduce a far accettare agli Europei con minori resistenze possibili un’immigrazione allogena destinata a farli sparire come popoli. Al conclave dopo la morte di Woytila, Jorge Mario mancò l’elezione per una manciata di voti. Per imporlo come papa, non c’è stata neppure la pazienza di aspettare che Ratzinger morisse. Che l’abdicazione di Benedetto XVI sia stata un atto spontaneo, una decisione presa liberamente, questo penso che non lo vorrà credere nessuno. Le pressioni per indurlo a compiere questo atto per trovare un precedente a quale occorre risalire indietro nel tempo fino al duecento, a Celestino V, devono essere state enormi.
Qualche mese dopo l’abdicazione di Benedetto XVI, è stato diffuso in internet, e poi ripreso – buoni ultimi – dai telegiornali, come sempre autorizzati a diffondere le notizie che si sanno già, un filmato di una visita pastorale di Ratzinger in Polonia dell’anno precedente, dove si vedono i cardinali in fila uno dopo l’altro, che rifiutano ostentatamente di dargli la mano. Vi confesso che mi ha indignato. Indipendentemente dal fatto che quell’uomo fosse il papa, è tollerabile che si umili pubblicamente un uomo anziano e mite, che gli si neghi quel briciolo di rispetto a cui ha diritto chiunque? E questa, la Chiesa cattolica, è l’istituzione che pretende di insegnare la morale al mondo!
Ma adesso c’è Bergoglio, la faccia buonista del piano Kalergy, dello sterminio silenzioso dei popoli europei.
I cosiddetti tradizionalisti cattolici fanno finta di non accorgersene, ma ormai sono costretti a una scelta definitiva e comunque per loro dolorosa: o con l’Europa, i suoi popoli, le sue tradizioni, o con una Chiesa sempre più mondialista, meticcia, bastarda. “In mezzo” non c’è più posto.
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