La notizia gli italiani l’hanno appresa dai telegiornali di qualche sera fa: il parlamento ucraino ha votato il nuovo governo; e di tale governo fanno parte tre cittadini stranieri, cui il Presidente della Repubblica ha prontamente conferito la cittadinanza ucraina. La maggior parte degli ascoltatori non ha attribuito particolare importanza alla vicenda, dai più giudicata una semplice bizzarrìa. L’indomani, quasi tutti i giornali italiani hanno relegato la notizia negli angoli più remoti dedicati alla politica internazionale. Con qualche eccezione, come quelle rappresentate dai quotidiani “La Stampa” e “Il Sole 24 Ore”. Da queste fonti ho appreso delle notizie che (condite con alcune mie riflessioni più che mai eretiche) ritengo possano servire a capire qualcosa di più sulla spinosa vicenda ucraina. Ma non solo su questa: anche sui fatti italiani di un recente passato, e forse – spero di sbagliarmi – su certi scenari che determinati ambienti vorrebbero riproporre anche in Italia.
Procediamo con ordine. I tre ministri stranieri – uno dei quali neanche parla l’ucraino – sono Natalie Jaresko (statunitense) alle Finanze, Aivaras Abromavicius (lituano ma già dipendente dal Dipartimento di Stato USA) all’Economia, e Aleksandr Kvitashvili (georgiano ma di accese simpatie filoamericane) alla Sanità. Un’altra ventina di elementi stranieri, inoltre, saranno collocati nei vari Ministeri, come Sottosegretari o comunque in posizioni-chiave. La qualcosa comporterà immancabilmente che, anche nei dicasteri guidati da cittadini ucraini, le linee-guida della pubblica amministrazione saranno stabilite da soggetti estranei. La formazione del nuovo governo – si tenga presente – era stata pubblicamente sollecitata dal Vicepresidente degli Stati Uniti, Joe Biden. Il figlio di Biden, Hunter (sia detto tra parentesi) ha trovato anche lui il modo di “piazzarsi” in Ucraina: per la precisione, nel consiglio d’amministrazione della società petrolifera Burisma Holdings. Guarda caso, la Burisma – apprendo da “La Stampa” – è titolare dei diritti di sfruttamento dei giacimenti di gas scisto del Donbas; ma tali diritti potrà sfruttare soltanto dopo aver sottratto quella regione al controllo delle milizie filorusse. Chiusa la parentesi.
Alle amorevoli sollecitazioni del vice di Obama si era prontamente associato il Fondo Monetario Internazionale, l’organismo internazionale (ma egemonizzato dagli USA) i cui prestiti hanno finora consentito alla “nuova” Ucraina di sopravvivere, ma che dovrebbe allargare ulteriormente i cordoni della borsa per non far fallire una Ucraina privata del “soccorso invernale” russo.
Ma non è tutto. Perché l’elemento più interessante dell’intera vicenda è che la composizione del nuovo governo – quel governo che oltreatlantico tanto trepidamente attendevano – era stata commissionata non so da chi (ma probabilmente dal Presidente-magnate Porošhenko) a due società di “cacciatori di teste”, cioè – fuori dal gergo – specializzate nella individuazione dei manager cui affidare particolari incombenze. Attenzione: non l’incarico di individuare dei candidati all’interno dei partiti ucraini, ma fra gli ucraini residenti all’estero, fra gli stranieri residenti in Ucraina, e fra i cittadini stranieri che potessero vantare una qualche origine o relazione con l’Ucraina.
Procediamo; e chiedo scusa ai lettori per questo intricato gioco dell’oca. Sembra che la parcella per questa singolare ricerca di personale non sia stata pagata dalla Presidenza della Repubblica, ma dalla International Renaissance Foundation, organizzazione “non governativa” ufficialmente ucraina, ma in realtà eterodiretta. È infatti una costola della Open Society Foundations, l’organizzazione di George Soros che opera in molte nazioni per promuovere governi ispirati al concetto americano di democrazia e, naturalmente, alla libertà dei “mercati”. George Soros – ed è questo il primo aggancio con le vicende italiane – è un ebreo ungherese divenuto cittadino americano, che si è segnalato per la sua spregiudicatezza nelle speculazioni finanziarie. A noi italiani quella spregiudicatezza («come operatore di mercato non mi preoccupo delle conseguenze delle mie operazioni finanziarie») ha fatto molto male nel 1992, quando le sue manovre speculative ci causarono una perdita valutaria di 48 miliardi di dollari, all’origine della successiva svalutazione del 30% della lira italiana.
Tornando al nuovo governo ucraino, la sua singolare composizione non mi sorprende. È semplicemente la certificazione che questo sia espressione di quei poteri forti che – lo ho sempre sostenuto – sono all’origine della rivolta “spontanea” del febbraio scorso.
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C’è un aspetto dei fatti ucraini che mi inquieta particolarmente. La sensazione che si tratti di un assaggio, di un ballon d’essai, per dirla alla francese. Che si sia voluto far passare il messaggio – diretto agli europei – che non è detto che i popoli debbano essere governati da elementi tratti dal loro seno, e che possano benissimo essere amministrati da soggetti stranieri, purché “competenti”. Dove la “competenza” coincide con la disponibilità a massacrare le popolazioni in nome della libertà dei mercati.
Anche l’ultimo declassamento decretato da Standard & Poors per i titoli italiani (siamo oramai appena ad un gradino più su dei titoli-spazzatura) mi sembra compatibile con un disegno più vasto: quello che porterebbe ad un sostanziale commissariamento dell’Italia da parte del Fondo Monetario Internazionale e dei suoi reggicoda europei. Ecco che, in un contesto del genere, il governo italiano potrebbe essere integrato da una pattuglia di “competenti” made in USA, cui spetterebbe il còmpito di adottare le misure più dure.
Intanto – lo scrive Maria Grazia Bruzzone su “La Stampa – Opinioni” – il giulivo cinguettatore fiorentino ha annunziato, proprio in questi giorni, che sarà dato l’incarico a manager stranieri di sovrintendere ai nostri principali “giacimenti” di beni culturali. Avete capito? L’Italia, che esporta “cervelli” in tutto il mondo e per tutte le materie dello scibile umano, non riesce a trovarne qualche decina che si occupino dei suoi siti archeologici e dei suoi monumenti. Ma forse questi manager stranieri avranno qualche particolare “competenza”. Chessò, per esempio, nel campo delle privatizzazioni.
Certo, non siamo ancòra ai livelli brutalmente colonialisti dell’Ucraina. Ma, nel nostro piccolo, facciamo la nostra porca figura. D’altro canto, noi italiani siamo stati tanto bravi che, dopo essere stati affossati da George Soros, gli abbiamo conferito una laurea honoris causa in scienze politiche. Per comportamenti analoghi – cioè per aver speculato contro le rispettive monete nazionali – in Idonesia lo hanno condannato all’ergastolo in contumacia e in Malesia alla pena di morte. Noi gli abbiamo dato una laurea. Possiamo ben prenderci il lusso, quindi, di assumere esperti stranieri per un settore in cui siamo maestri.
E speriamo che ci si fermi lì.
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